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Messaggi di Aprile 2020

Di chi sono e chi controlla le agenzie di rating

Post n°4576 pubblicato il 29 Aprile 2020 da ninograg1
 

Fonte: Mario Bolzonello blog 1 febbraio 2017

Chi controlla le agenzie di rating?
Marcello Pamio – 28/11/2011

Nessuno le controlla, sono una manciata a livello mondiale, ma tre fanno il bello e cattivo tempo.
Declassano intere economie e debiti di paesi sovrani.
Le agenzie di rating, sono piene di conflitti d’interessi e corresponsabili di una crisi sistemica mondiale. [1]
Nonostante le dichiarate doti chiaroveggenti, sono state “incapaci” di vedere l’avvicinarsi della crisi americana dei sub-prime nel 2007, prodotti da loro dotati di tripla A, fino al giorno del loro crollo; non sono riuscite a prevedere la crisi del debito sovrano della zona euro, come sottolinea il Fondo Monteario Internazionale, e neppure il fallimento della Lehman Brothers nel 2008. [2]
Fino all’ultimo non si accorsero di nulla, come mai? Sviste? Incapacità professionale? O strategie mirate?
Per dare una risposta, è necessario osservare chi le controlla.
Verranno analizzate in proporzione alla quota di mercato del settore rating.

Moody’s Corporation
Fondata nel 1909 è presente in 26 paesi e ha circa 4500 impiegati.
Rappresenta il 40% della quota di mercato del settore rating
La sede principale si trova a New York, nella Sixt Avenue.
I proprietari di Moody’s sono:

 

- Berckshire Hathaway Inc. (Warren E. Buffet): 12,80%

- Capital World Investors: 12,60%

- The Vanguard Group Inc. (5,02%)

- Price (T. Rowe) Associates Inc. : 5,95%

- BlackRock Fund Advisors (3,68%)

- State Street Global Advisors (3,24%)

- Decine di altri investitori

Il 24 settembre 2002 un elicottero è atterrato sul prato di Waddedson Manor nella proprietà nel Buckinghamshire, in Inghilterra.
Dall'elicottero sono scesi Warren Buffet (a sinistra), ufficialmente il secondo uomo più ricco del mondo, in realtà un giocatore di basso rango e Arnold Schwarzenegger, a quel tempo candidato Governatore della California.
Il patron di casa era nientepopodimeno che Nataniel Charles Jacob Rothschild (a destra), erede della dinastia europea di fantamiliardari e uno degli uomini più influenti e potenti del mondo.
Warren Buffet è infatti uno dei tanti agenti Rothschild.

Standard & Poor’s
Fondata nel 1860 è presente in 23 paesi e impiega circa 10.000 persone.
Rappresenta il 39% della quota di mercato del settore rating.
La sua sede principale si trova a New York.
La proprietà è di McGraw-Hill Companies Inc., il colosso delle comunicazioni, dell’editoria e costruzioni, presente in quasi tutti i settori economici.
Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, membro del Board of Directors della United Technologies (multinazionale statunitense dell’aviazione e armamenti) e membro del Committee on Directors Affairs della Conoco Phillips (colosso del petrolio ed energia).

Gli azionisti della McGraw-Hill sono [3]:

- Capital World Investors (10,26%),

- The Vanguard Group Inc. (4,58%),

- BlackRock Fund Advisors (4,47%),

- State Street Global Advisors (4,25%),

- Oppenheimer Funds Inc. (4,04%),

- JANA Partners LLC (3,48%),

- e decine di altri investitori.

Al primo posto tra gli azionisti di McGraw-Hill, figura il Capital World Investors: una delle più grandi società di gestione del risparmio U.S.A. [4].
Oggi Capital è il primo azionista di McGraw Hill (il gruppo che controlla Standard & Poor's) e nello stesso tempo è anche il primo socio della concorrente Moody's. [5]
Un altro affezionato alle agenzie di rating è il fondo americano: State Street Corp.
State Street infatti è il secondo azionista di McGraw Hill/Standard & Poor’s e il settimo di Moody's.

Gli azionisti di State Street Corporation sono:

- Barlays Plc,

- Citigroup Inc.,

- General Electric Co.,

- Invesco International Ltd.,

- Northern Trust Corp.,

- Putnam LLC,

- Vanguard Group,

Lo stesso dicasi per l’altro fondo USA, BlackRock: è l'undicesimo socio di Moody's e il sesto della concorrente.
Gli azionisti attuali di BlackRock Financial Management Inc. sono: Merrill Lynch & Co. (49,8%) e P.N.C. Financial Services Group Inc.
La banca d’investimento Merrill Lynch nel settembre 2008, dopo la crisi finanziaria e un periodo di forti perdite è stata acquistata dalla Bank of America, i cui azionisti sono: Barclays Plc., FMR Corporation, State Street Corporation, Axa, Putnam LLC, Vanguard Group, Capital Research & Management Inc., e pochi altri.

Continuando a spulciare, si ritrovano sempre e solo gli stessi nomi, gli stessi azionisti che da una parte e dall’altra controllano i gruppi bancari o i fondi d’investimento che a loro volta controllano le agenzie di rating.
Non è strano quindi che a Lisbona la Procura ha aperto un'inchiesta dopo aver ricevuto una denuncia da alcuni professori che puntano il dito proprio sul fatto che i principali azionisti di Moody's e Standard & Poor's siano gli stessi grandi fondi americani.

In pratica i grandi fondi USA sono da un lato gli investitori che utilizzano i rating per decidere quali obbligazioni comprare, e dall'altro sono anche i "padroni" delle agenzie che stilano le pagelle. [6] Non male come conflitto d’interesse.
Ma tale conflitto è ancora più occulto e gravoso se pensiamo che oggi pochissime famiglie, come per esempio i Rothschild, sono in grado di controllare tutto quanto attraverso agenzie, società e agenti.

Banchieri/filantropi/agenti come Warren Buffet e George Soros, tanto per citare i più famosi, che servono la causa speculando a destra e a manca con i loro fondi miliardari.
La strategia è sempre la stessa: Problema-Reazione-Soluzione.
Accendono la miccia e scatenano le guerre nei vari paesi, per distruggere tutto quello che si può distruggere, per poi ricostruire, guadagnandoci sopra.
Declassano i debiti nazionali, per poi specularci sopra e alla fine comprare le aziende e società importanti con gli spiccioli.

http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTmb1sh7RD2g165IN27UFidKaMvUPx2UpBEScMdepFwYUmSvg1euFOfVvAwEcco quello che è successo in Italia.
Nel mese di agosto 1992, Standard & Poor’s declassa il debito italiano e casualmente a settembre, l’ebreo di origine ungheRere George Soros, specula sterlina contro lira.
Risultato? Svalutazione del 30% della lira, uscita dallo S.M.E. (mercato europeo).
In questa maniera i capitali anglo-statunitensi che sono arrivati nel nostro paese per comprare a prezzi stracciati, aziende e società importanti per l’intera Italia: Iri, Enel, Ina, Eni, Cirio, ecc.
Il declassamento del debito italiano da parte di Standard & Poor’s, è stata la testa di ariete che ha permesso la speculazione spietata e criminale.
Questo è il modo in cui vengono usate le Agenzie di Rating, tutte controllate dai soliti noti.

Fitch Ratings
Fondata nel 1913 è presente in 51 paesi e occupa circa 2000 persone.
Rappresenta il 16% della quota di mercato del settore rating
Le sedi principali si trovano a New York e Londra.
E’ di proprietà di Fitch Group, i cui azionisti sono: la francese Fimalac (60%), Hearst Corporation (40%).

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questa è solo una parte del post. Per leggerlo tutto, ve lo suggerisco, cliccate qui

 
 
 

Coronavirus, la crisi aumenta i seguaci della teoria per cui le banche centrali devono stampare moneta. Ma ci sono molti rischi

Post n°4575 pubblicato il 25 Aprile 2020 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano 25 Aprile 2020

Coraggio o disperazione? Posto che spesso il secondo discende dalla prima, la domanda sorge inevitabile leggendo di investitori di Wall Street e banche che auspicano che le banche centrali facciano proprie le teorie della MMT. Di cosa stiamo parlando? La Modern Monetary Theory è un’ardita teoria monetaria che ripensa drasticamente il rapporto tra un governo e la banca centrale, in un paese con sovranità monetaria. La Banca stampa moneta dal nulla, “money out of thin air”, per finanziare le spese del governo che deve favorire il raggiungimento della piena occupazione. Le risorse non arrivano quindi solo dalle tasse, che servono soprattutto per regolare il livello di inflazione, e si spezza la dipendenza dai mercati finanziari. Deficit e debiti non sono più un problema poiché lo Stato può sempre stampare il denaro necessario per evitare il default.

Troppo bello per essere vero? Si. In effetti la teoria non sembra solidissima, sotto diversi aspetti L’impressione complessiva è un po’ quella di qualcuno che prova a sollevarsi tirando verso l’alto i lacci delle sue scarpe. La storia abbonda di disastri causati dall”avanti tutta” gridato alle rotative delle banche centrali. Il più noto, e tragico, è quello della Repubblica di Weimar, quando le banconote stampate a più non posso per pagare le riparazioni di guerra decise a Versailles finirono per essere usate per tappezzare le case e alimentare i camini. Una situazione che favorì l’avvento del nazionalsocialismo.

Oggi la moneta non è ancorata a nessun bene fisico e il suo valore dipende solo nella fiducia che vi si ripone come mezzo di pagamento e dalla sua relativa scarsità. Quando è troppa e perde la sua capacità di conservare valore questa fiducia evapora molto velocemente con conseguenze catastrofiche. Non solo. La teoria dà per scontato che la spesa pubblica sia diretta a interventi che agevolino una condizione in cui tutti lavorano. Ma l’accesso senza limiti, o quasi, al denaro è ingenerare la premessa per assistere all’esplosione di spese clientelari e inefficienti, dettate da interessi politici. Per tenere dritto il timone serve quindi un’amministrazione pubblica integerrima ed efficiente.

Fino a ieri parlare di MMT in ambienti della finanza tradizionale avrebbe suscitato risatine nel migliore dei casi e accompagnamenti coatti all’uscita nei peggiori. Ma questi non sono tempi normali. E soprattutto gli investitori si sono abituati a chiedere sempre di più a mamma Fed o mamma Bce, pur di scampare a dolorose perdite. In questo momento approfittano di un consenso verso forme di politiche monetarie che va consolidandosi in maniera trasversale, soprattutto negli Stati Uniti. A favore della MMT si sono già espressi il senatore democratico Bernie Sanders e la sua pupilla Alexandra Ocasio Cortez. Anche colossi della gestione del risparmio come Pimco o banche d’affari Morgan Stanley la prospettano come una delle opzioni. C’è molta attesa per il libro di prossima uscita “The deficit myth” della docente Stephanie Kelton, una delle principali propugnatrici di questa teoria. Come ha ricordato il New York Times lo stesso presidente Donald Trump “gioca” con concetti che rimandano a questa teoria quando afferma che “non c’è pericolo di default perché noi possiamo stampare soldi”.

Spezziamo una lancia a favore dei cavalieri della MMT. Se c’è un momento in cui le banche centrali devono e forse possono osare andare oltre l’ortodossia è questo. In via del tutto eccezionale e temporanea (sottolineato due volte), in una fase in cui l’inflazione non esiste (ed esisterà ancora meno con il petrolio su livelli incredibilmente bassi) e quindi il peso dei debiti non si riduce nel tempo, potrebbe essere di una qualche utilità sperimentare anche le soluzioni più ardite. A condizione che le banche centrali si tengano aperta una via d’uscita. La Federal Reserve sta in fondo già flirtando con politiche monetarie. Ha accettato di acquistare titoli di Stato direttamente dal Tesoro riducendone il tasso di interesse.

Ancora un po’ più in là si è spinta la Bank Of England che ha deciso di finanziare temporaneamente il Tesoro bypassando completamente il mercato. In fondo come diceva Rilke “a volte i draghi della nostra vita sono solo principesse che aspettano di vederci almeno una volta belli e coraggiosi”. Mai però lasciarsi andare all’illusione più pericolosa di tutte: che stampare moneta sia di per sé la soluzione dei problemi. La banca centrale può aiutare, far guadagnare tempo, ma non può mantenere in vita all’infinito un’economia moribonda. E più si usano farmaci più difficile diventa smettere.

 
 
 

Tema della Giornata della Terra 2020: azione per il clima

Post n°4574 pubblicato il 21 Aprile 2020 da ninograg1
 

Fonte: Earthday

Le enormi sfide - ma anche le enormi opportunità - di agire sui cambiamenti climatici hanno distinto la questione come argomento più urgente per il 50 ° anniversario. Il cambiamento climatico rappresenta la più grande sfida per il futuro dell'umanità e dei sistemi di supporto vitale che rendono il nostro mondo abitabile.

Alla fine del 2020, le nazioni dovrebbero aumentare i loro impegni nazionali per l'accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici. È giunto il momento per i cittadini di chiedere maggiori ambizioni globali per affrontare la nostra crisi climatica. A meno che tutti i paesi del mondo non si intensifichino - e si intensifichino con urgenza e ambizione - stiamo consegnando le generazioni attuali e future a un futuro pericoloso.

La Giornata della Terra 2020 sarà molto più di un giorno. Deve essere un momento storico in cui i cittadini del mondo insorgono in un appello unito per la creatività, l'innovazione, l'ambizione e il coraggio di cui abbiamo bisogno per affrontare la nostra crisi climatica e cogliere le enormi opportunità di un futuro a zero emissioni di carbonio.

 
 
 

Coronavirus, la preoccupazione dell'economista: "Allarmismo funzionale alla speculazione finanziaria

Post n°4573 pubblicato il 19 Aprile 2020 da ninograg1
 

Fonte: Youtube

 

 

non molti minuti da osservare ma carichi di significati

 
 
 

C’è un’intima relazione tra pandemie, progresso e modernità. Ma questa volta è diverso

Post n°4572 pubblicato il 13 Aprile 2020 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Loretta Napoleoni Economia Occulta - 12 Aprile 2020

 

Le due parole più comuni che si trovano nelle notizie sono pandemia e recessione mondiale. Due parole che descrivono eventi che in passato hanno causato il crollo di intere civiltà. Ciò che temiamo oggi è proprio questo, un finale apocalittico della nostra società, tra le più avanzate della storia dell’uomo. Ma questa volta è diverso: il Covid-19 non ci distruggerà. Fino ad ora la lezione della storia ci ha guidato permettendoci di evitare la catastrofe. Una catastrofe causata dal nostro folle desiderio di onnipotenza, di schiavizzare la natura e di sconfiggere la morte. Ma non siamo ancora in salvo, tutto dipende da come ci comporteremo quando la pandemia se ne sarà andata e si potrà tornare alla cosiddetta normalità.

In passato, a gettare i semi della distruzione sono stati modernità, “progresso”, tecnologia e arroganza umana. Questa volta non è diverso: le cause profonde della pandemia e il possibile collasso dell’economia globalizzata derivano dall’industrializzazione incontrollabile e dalla selvaggia tempesta di modernità che ha distrutto il delicato equilibrio degli ecosistemi in alcune regioni del mondo. Una crescita senza precedenti della popolazione mondiale, grazie alla medicina moderna, ha anche trasformato la nostra specie in una sorta di cancro della natura: siamo troppi, consumiamo troppo e distruggiamo le risorse più velocemente di quanto possano riprodursi.

La prima volta che il lato oscuro della modernità ci ha colpitoè stato agli albori della civiltà, nella transizione dal Paleolitico al Neolitico intorno al 10.000 – 8.000 a.C. Alla società di cacciatori-raccoglitori – egalitaria, tribale e basata su un’economia di sussistenza – si sostituì una società agraria. La gente iniziò a coltivare il terreno e ad addomesticare gli animali, allo stesso tempo si cominciò ad accumulare scorte e venne introdotta la proprietà privata. Questa semplice transizione, resa possibile da scoperte tecnologiche come l’uso dei semi per piantare i raccolti e l’utilizzo degli animali domestici in agricoltura produsse anche le prime disuguaglianze di ricchezza.

Il Neolitico fu anche caratterizzato dalla nascita di villaggi, dove la gente viveva a stretto contatto, alcuni centri arrivarono ad avere una popolazione di 20.000 abitanti. I ricchi usavano i poveri come forza lavoro. Quando arrivava la carestia, i primi sopravvivevano grazie alle scorte ed i secondi morivano di fame. Quando scoppiava la guerra, i poveri la combattevano ed i ricchi la sovvenzionavano. Il ciclo di vita e di morte del Neolitico era dunque basato sulla ricchezza e non più sulla natura come avveniva nel Paleolitico.

Il nuovo stile di vita portò carestia e nuove malattie, spesso causate dalla vicinanza degli esseri umani con gli animali. Tuttavia, il progresso e la modernità fecero crescere la popolazione in quanto erano più facilmente disponibili cibi nutrienti. Poi, intorno al 6.000 – 5.000 a.C., la popolazione dell’Europa subì una caduta improvvisa e, fino a pochi anni’ fa misteriosa, al punto che si rischiò l’estinzione in tutto il continente. Questo periodo è noto come declino del Neolitico.

Nessuno sapeva esattamente cosa fosse successo fino al 2015 quando in un’antica tomba in Svezia, gli archeologi scoprirono il corpo di una donna della fine del Neolitico che era morta a causa del più antico ceppo del batterio mortale che ha ucciso centinaia di milioni di persone nel corso dei millenni, la Yersinia pestis, comunemente noto come il batterio della peste. La donna era morta a causa della versione più antica del genoma della peste, la madre di tutte le future pestilenze.

Oggi sappiamo che ciò che ha quasi spazzato via la popolazione europea è stata una pandemia che si è diffusa in tutto il vecchio continente come un incendio grazie ai legami commerciali della popolazione neolitica in Europa, il primo esperimento di globalizzazione. Come facciamo a saperlo? La donna svedese viveva in una piccola comunità agricola, lontana dal centro del mondo neolitico dove scoppiò la pesta. La peste prospera in ambienti in cui grandi gruppi di persone vivono in spazi ristretti, condividono lo spazio con gli animali e il cibo immagazzinato e si riscontrano cattive condizioni sanitarie.

Dagli insediamenti neolitici più importanti la peste si diresse verso il piccolo villaggio agricolo svedese grazie a una vasta rete commerciale resa possibile dall’espansione dei carri trainati da animali. Così la malattia si diffuse lungo le rotte commerciali in tutto il continente e molto probabilmente causò il declino del Neolitico. Bisognerà aspettare fino al 2.500 a.C. affinché queste regioni vengano ripopolate dalle migrazioni provenienti dall’Asia centrale.

La peste del quattordicesimo secolo, nota come la morte nera, fu ugualmente tremenda, uccise un terzo della popolazione europea e causò il collasso del sistema economico basato sulla servitù della gleba. I baroni dovettero pagare per far coltivare la loro terra e, con una riserva di lavoro drasticamente ridotta, i braccianti agricoli ricevettero salari più alti. Il declino della popolazione spinse la ricerca tecnologica al fine di migliorare la produttività del lavoro, tra le invenzioni c’è l’aratro pesante. La produzione divenne più flessibile, innovativa ed efficiente.

La peste causò una rivoluzione in tutti i campi, dall’agricoltura all’economia alla tecnologia e alla vita sociale. Poiché la popolazione crollò le risorse non scarseggiarono più. Soprattutto, la peste dette vita ad una ridistribuzione della ricchezza che ha arricchito la società europea e portato a una maggiore alfabetizzazione, scolarità e progresso. Ciò ha reso possibile l’ascesa di una nuova classe sociale, quella che oggi chiamiamo classe media.

Sembra che esista una relazione intima tra pandemie, progresso e modernità. Nel corso della storia questi fenomeni si sono nutriti a vicenda, segnando grandi e traumatici cambiamenti nello sviluppo umano. Quando le società non possono adattarsi alla distruzione delle pandemie, collassano, ma è anche vero che quando una società collassa, può riprendersi e prosperare. Questa è la lezione di storia che stiamo imparando di nuovo oggi. E come sempre questo ciclo si svolge sullo sfondo di inimmaginabili tragedie umane.

È però improbabile che la nostra civiltà crollerà a causa di Covid-19. Oggi abbiamo gli strumenti, le conoscenze, la tecnologia e la comprensione per sopravvivere. Abbiamo anche compassione per le sofferenze umane. Prima di tutto, ci stiamo adattando: in tutto il mondo, le persone hanno accettato le raccomandazioni dei loro leader. Democrazie, dittature, società comuniste e di libero mercato hanno tutti abbandonato il loro stile di vita quotidiano e accettato di rintanarsi in casa. Questa è una prova notevole della nostra maturità come specie.

In secondo luogo, lo stato sta impedendo l’inevitabile collasso dell’economia, inondando le persone di denaro, permettendo loro di pagare l’affitto, comprare cibo e vestire le loro famiglie. Anche questo è senza precedenti. Durante la Grande Depressione ci volle quasi un decennio per mettere in atto il New Deal, a quel punto gli Stati Uniti erano precipitati nella profonda povertà. Oggi le nazioni resistono alla tentazione di introdurre misure protezioniste come hanno fatto dopo il crollo del 1929, che ha ampliato la recessione. In terzo luogo, la medicina moderna sta lavorando all’unisono, le nazioni condividono informazioni, scoperte e cure. Troveremo il vaccino, è solo una questione di tempo.

Il coronavirus non ci sconfiggerà, ma ciò che potrebbe far crollare la nostra civiltà è come ci comporteremo dopo la pandemia. Se torniamo alla vita che stavamo conducendo fino a dicembre 2019 – il consumo costante come se le risorse fossero davvero infinite – un altro virus molto più forte e più sinistro comparirà, e questa volta potrebbe essere l’ultimo.

 
 
 

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