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Messaggi di Ottobre 2018

Legge di bilancio, il problema non è economico. E Standard & Poor’s l’ha confermato

Post n°4333 pubblicato il 30 Ottobre 2018 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano  Economia Occulta | 28 ottobre 2018 

 

 

Standard & Poor’s non declassa il rating dell’Italia ma mette in guardia i mercati su un possibile futuro incerto. In altre parole il problema è politico prima che economico. E, infatti, ormai tutti si sono accorti che il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles è politico, come d’altronde fu politica la decisione di non salvare la Grecia nel 2010. E vediamo perché.

In primis, la Commissione o chi da dietro le quinte la dirigeva nel 2010 (cioè l’asse Parigi-Bruxelles), ha lasciato che fosse la pressione dei mercati a piegare la Grecia, pressione creata dalla esplicita disapprovazione dell’Unione europea. Così lo spread saliva e a ogni aumento il debito greco aumentava, le banche diventavano più povere e la disperazione cresceva. La strategia di Bruxelles è stata non intervenire e aspettare che la Grecia si piegasse e bussasse alla sua porta sotto la pressione dei mercati. E così è stato.

La bocciatura della legge di bilancio italiana ci ripropone la stessa strategia. L’idea è che durante le tre settimane concesse al nostro governo la pressione dei mercati lo costringa a cambiare rotta e a produrre un bilancio in linea con le direttive di Bruxelles. E qui ci imbattiamo in un secondo punto fondamentale, i parametri che vengono utilizzati per produrre tali direttive come è stato spiegato molto bene questa settimana in un articolo del Wall Street journal.

Secondo gli accordi di Maastricht il tetto massimo di deficit concesso agli stati membri è del 3% – al 2,4% quello proposto dall’Italia è ben al di sotto – e un deficit del 60% per Pil. Il trattato di Maastricht non è stato cambiato, tuttavia dal 2010 la Commissione ha introdotto un nuovo concetto di deficit, il deficit strutturale, che esclude dalla valutazione le tendenze cicliche dell’economia e gli eventi straordinari, come i disastri naturali. Il tetto del deficit strutturale viene suggerito annualmente da Bruxelles a ogni Stato membro secondo alcuni parametri che vedremo qui di seguito. Per l’Italia nel 2019 non deve superare lo 0,6% mentre la proposta del governo lo porterebbe allo 0,8%. La differenza tra questi due valori è il motivo della disputa tra Roma e Bruxelles.

Il vero problema è come viene calcolato il deficit strutturale, è infatti la differenza tra il Pil reale e quello potenziale quando un’economia è in piena occupazione, non ha spinte inflazioniste ed è pienamente capitalizzata. Secondo gli italiani, Bruxelles ha usato proiezioni troppo ottimiste per il nostro Paese e cioè uno scarto positivo dello 0,5% tra i due valori, si tenga presente che le proiezioni per la Germania danno uno scarto positivo dello 0,6%! Con una scarto così piccolo, è facile per Bruxelles imporre all’Italia un bilancio non espansivo ma che presenti una strategia di tagli per ridurre il debito in una fase economica reputata positiva. Secondo stime più realiste la differenza tra il Pil reale e quello diciamo ideale dell’Italia oscilla tra il -4 e il -5%, siamo quindi lontanissimi dalle proiezioni di Bruxelles e in un territorio economico completamente diverso. La legge del bilancio, invece, ha utilizzato uno scarto negativo dell’1,2%.

Al di là dei numeri e delle proiezioni il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles evidenzia politiche economiche opposte e impossibili da conciliare. Per la seconda l’economia italiana non ha bisogno di nessuno stimolo, al contrario è pronta per una riduzione del debito attraverso tagli della spesa, aumento delle imposte, ad esempio l’Iva, e prolungamento dell’età pensionabile. Per i due partiti al governo invece le condizioni economiche del paese sono inaccettabili ed è necessaria una spinta per rilanciare il volano della crescita. In fondo è su questa piattaforma che sono stati eletti.

La domanda che tutti si pongono è chi la spunterà questa volta, se l’Italia verrà presa di mira dai mercati e dovrà piegarsi sotto il peso schiacciante di uno spread in salita o se invece le cose andranno diversamente. Con la Brexit alle porte, un presidente americano palesemente anti europeista, le guerre dei dazi sulle due sponde dell’Atlantico e Putin che paradossalmente potrebbe diventare l’ago della bilancia di nuovi equilibri internazionali, è possibile che i mercati reputino la strategia italiana vincente nel lungo periodo e scommettano proprio sul bilancio bocciato da Bruxelles.

Come dicono gli anglosassoni la finanziaria italiana del 2019 sarebbe un game changer, un giro di boa spettacolare. In fondo, dopo il voto della Brexit e l’elezione di Trump tutto è possibile anche una nuova Europa.

Economia Occulta | 28 ottobre 2018

 

 

 
 
 

Cina, Xi Jinping al comando militare: “Preparatevi a guerra”

Post n°4332 pubblicato il 29 Ottobre 2018 da ninograg1
 

Fonte: W.S.I. 29 ottobre 2018, di Alessandra Caparello

 

Preparatevi alla guerra. L’avvertimento arriva dal presidente cinese  Xi Jinping al comando militare di Pechino durante una delle numerose visite che il presidente ha fatto durante un viaggio di quattro giorni nella provincia della Cina meridionale.

Una delle missioni principali affidate al Southern Theatre Command – una delle cinque zone di guerra affidate alla supervisione dell’esercito cinese – è il monitoraggio del Mar Cinese Meridionale, un’area in cui le tensioni e le attività militari che coinvolgono Cina, Stati Uniti e altre potenze sono cresciute costantemente. All’inizio di questo mese, un cacciatorpediniere cinese è quasi entrato in collisione con una nave da guerra statunitense dopo aver fatto quello che gli americani hanno descritto come una manovra “non sicura e poco professionale” nel tentativo di avvertirlo di lasciare l’area.

Il Southern Theatre Command ha dovuto sostenere una “pesante responsabilità militare” negli ultimi anni (…) è necessario rafforzare la missione … e concentrare i preparativi per combattere una guerra. Dobbiamo prendere in considerazione tutte le situazioni complesse e fare di conseguenza piani di emergenza. Dobbiamo intensificare gli esercizi di preparazione al combattimento, esercizi congiunti ed esercizi di confronto per migliorare le capacità dei soldati e la preparazione alla guerra.

Così il presidente cinese nel suo discorso. Secondo osservatori militari le parole di Xi hanno probabilmente lo scopo di sollevare il molare e reiterare le rivendicazioni territoriali di Pechino nel Mar Cinese Meridionale come ha sostenuto  Collin Koh, ricercatore presso la Scuola di Studi Internazionali di S. Rajaratnam presso l’Università tecnologica di Nanyang a Singapore.

Secondo Koh l’avvertimento al Southern Theatre Command è anche un chiaro segno indirizzato alle forze indipendentiste a Taiwan dopo che le relazioni tra Pechino e Taipei sono peggiorate da quando Tsai Ing-wen, partito indipendentista democratico progressista, è stato eletto presidente di Taiwan nel 2016.

 

 
 
 

Generale USA: “alta probabilità guerra con Cina”

Post n°4331 pubblicato il 26 Ottobre 2018 da ninograg1
 

Fonte: Sputnik news

Il tenente generale degli Stati Uniti, Ben Hodges, ex comandante delle forze di terra in Europa, ha dichiarato al Forum sulla sicurezza di Varsavia che c’è un alta probabilità che tra quindici anni inizia una guerra con la Cina. È riportato da Sputnik International.

L'ex generale ha invitato l'Europa a prestare maggiore attenzione alla propria difesa, perché gli Stati Uniti devono concentrarsi sulla regione del Pacifico e sulla "minaccia cinese".

"Gli Stati Uniti hanno bisogno di un sostegno europeo molto forte, credo che tra 15 anni questo non sia inevitabile, ma c'è un'alta probabilità che gli Stati Uniti entreranno in guerra con la Cina", ha detto il generale.

Hodges ha aggiunto che, nonostante lo spostamento delle priorità geopolitiche, l'impegno statunitense nei confronti dell'Alleanza del Nord Atlantico rimane irremovibile.

In precedenza, il sondaggio del Military Times ha mostrato che quasi la metà del personale militare americano ritiene che il proprio paese sarà presto coinvolto in una guerra su vasta scala.

 
 
 

Alert Inps: sei milioni di pensionati vivono con meno di 1000 euro al mese

Post n°4330 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da ninograg1
 

Fonte: W.S.I. 25 ottobre 2018, di Alessandra Caparello

 

Sei milioni i pensionati italiani con un reddito da pensione sotto i mille euro al mese (il 37,5% del totale) e tra questi oltre il 64% (3,85 milioni) è rappresentato da donne. Lo dice l’INPS  nel suo ultimo Monitoraggio sui flussi di pensionamento da cui emerge come tra le donne pensionate il 45,9% ha meno di 1.000 euro al mese.

Le persone che possono contare su oltre 5.000 euro lordi al mese sono 266.180 (l’1,7% dei pensionati) in stragrande maggioranza (80,8%) uomini. L’istituto guidato da Tito Boeri sottolinea anche come tra gennaio e settembre soprattutto a causa dell’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia delle donne e per gli assegni sociali scattato nel 2018 (da 65 anni e sette mesi a 66 anni e sette mesi) crollano le nuove pensioni, 349.621 a fronte delle 454.534 liquidate nei primi nove mesi del 2017. Il crollo si è registrato soprattutto nei nuovi assegni sociali passati da 57.758 a 13.168 (-77%).

La rilevazione è stata effettuata il 2 ottobre 2018, sottolinea l’INPS, e quindi nei prossimi mesi i dati esposti subiranno delle variazioni in relazione allo smaltimento delle domande ancora in giacenza. L’istituto poi sottolinea come mentre nel 2017  i requisiti di età per la pensione di vecchiaia e quelli di anzianità per la pensione anticipata sono rimasti immutati rispetto al 2016, nel 2018 invece si conclude il percorso di equiparazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne nel settore dei dipendenti privati e dei lavoratori autonomi.

Così la pensione di vecchiaia nel 2018 viene infatti erogata al raggiungimento dell’età di 66 anni e 7 mesi sia per gli uomini che per le donne, arrivando quindi alla completa armonizzazione dei requisiti per tutti i lavoratori dipendenti privati ed i lavoratori autonomi. Per quanto riguarda invece la pensione anticipata, per il 2018 non sono previsti cambiamenti nei requisiti per la generalità dei lavoratori, ma entra stabilmente a regime la possibilità di pensionamento anticipato con soli 41 anni di contributi, per i cosiddetti “lavoratori precoci”.

 

 
 
 

Non solo l’Italia: un altro grande paese preoccupa Bruxelles

Post n°4329 pubblicato il 24 Ottobre 2018 da ninograg1
 

Fonte: W.S.I. 24 ottobre 2018, di Alessandra Caparello 

 

Non è solo l’Italia a preoccupare Bruxelles. La Francia, la seconda economia più grande d’Europa, ha ricevuto un’ avvertimento dall’Ue la settimana scorsa, secondo cui la riduzione del debito prevista per il 2019 dal governo Macron non rispetta le proposte che Parigi aveva precedentemente concordato con l’UE.

Anche la Spagna, il Belgio, il Portogallo e la Slovenia sono stati richiamati dall’UE. Ma soffermandoci sulla Francia, il piano di bilancio del 2019 prevede che il deficit strutturale, ossia la differenza tra le spese e le entrate, escluse le voci una tantum, scenda dello 0,1 per cento quest’anno e dello 0,3 per cento nel 2019. Lo scorso aprile Parigi aveva concordato una riduzione annuale dello 0,6% del PIL per il disavanzo strutturale. Anche se il tono dell’avvertimento arrivato da Bruxelles a Parigi è stato più morbido di quello verso Roma, i due paesi hanno in realtà forse più somiglianze che differenze come scrive Silvia Amaro della Cnbc.

La legge di bilancio francese per il 2019 dimostra che il governo conta molto su entrate molto ottimistiche per raggiungere il consolidamento fiscale e che la spesa è di nuovo fuori controllo”.

Così Daniel Lacalle, capo economista e responsabile degli investimenti di Tressis Gestion. Anche l’Italia è stata criticata per avere previsioni economiche molto ottimistiche nel suo piano di bilancio 2019. I dati dell’agenzia di statistica europea, Eurostat, mostrano che, da quando ha iniziato a raccogliere i dati francesi nel 1978, la Francia non ha mai registrato un’eccedenza di bilancio. Anche l’Italia, che fornisce dati dal 1995, non ha mai presentato un’eccedenza di bilancio.

Florian Hense, economista di Berenberg, ha detto che a prima vista il bilancio francese potrebbe essere anche peggiore di quello italiano, ma c’è una grande differenza.

“Presi nel loro valore nominale, i piani del bilancio francesi non sembrano molto migliori di quelli italiani, o addirittura peggiori. Ma, mentre la Francia sta lavorando in modo credibile per migliorare il suo potenziale di crescita a lungo termine (rafforzando sia la domanda che l’offerta dell’economia), l’Italia sta facendo il contrario (si pensi alla riforma pensioni e alla spesa fiscale incanalata verso i consumi piuttosto che verso gli investimenti)”.

Nel complesso, la Francia ha promesso di ridurre il debito pubblico totale nel 2019, ma con un margine molto sottile. Mentre il debito della Francia dovrebbe raggiungere il 98,7% del PIL nel 2018, si prevede una sua riduzione di 0,1 punti percentuali nel 2019 al 98,6%. Guardando all’Italia, il governo giallo-verde ha dichiarato che il rapporto debito/PIL del Paese scenderà dal 131,2% del PIL nel 2017 al 126,7% nel 2021. Numeri più alti quindi.

Le regole fiscali europee suggeriscono che i paesi membri non dovrebbero superare un rapporto debito/PIL del 60%. I dati di Eurostat hanno dimostrato che entrambi i paesi fondatori dell’UE hanno lottato per mantenere il rapporto debito/PIL al di sotto di tale soglia, ma la situazione sembra peggiore in Italia, dove dal 1995 il rapporto debito/PIL è sempre stato superiore al 100%.

 

 
 
 

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