Passione... Arte
Atmosfere intense, un connubio molto emozionale d'arte, letteratura, musica, poesia, sogni. Momenti di malinconia si mescolano con attimi di profonda passione
.•*´¨`*•...•¤**¤•..I am only myself, an artist and his paintbrush..•¤**¤•...•*´¨`*•.
"Passione" è un raccoglitore di materiale poetico, di letteratura, d'arte, dove la libertà di pensiero, di parola e soprattutto la libertà di penna, divengono protagoniste essenziali. Il Blog creato come mezzo di comunicazione si è trasformato in "libro virtuale", ricco di materiale poetico, di recensioni letterarie, di aforismi, di sogni. L'obiettivo dell'autrice è quello di trasmettere emozioni, facendo circolare l'arte della scrittura, della musica, della fotografia, della pittura... della vita.
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Messaggi del 26/04/2006
Il centro storico di Dozza, con la caratteristica forma a fuso, è posto sul crinale di una collina che domina la valle del Sellustra e digrada dolcemente verso la via Emilia. L’integrità dell’originale tessuto edilizio risalente al medioevo è rimasta salvaguardata, immune da interventi stridenti e la stretta simbiosi tra l’imponente rocca all’apice del paese e il sottostante insediamento residenziale, che segue il tracciato delle antiche mura, comunicano immediatamente l’armonia tra natura e intervento dell’uomo. Nel X secolo il borgo di Dozza aveva già il Palazzo Pretorio, la Chiesa, le abitazioni dei fittavoli, la fucina del fabbro e la bottega del falegname. Ancora oggi il borgo è percorso da due strade parallele che dalla porta d’ingresso terminano nello spiazzo della Rocca. Si accede al borgo da una porta ad arco del 1614, aperta nel Rivellino, opera di difesa tre-quattrocentesca a pianta rotonda e ora parzialmente interrata, insieme all’intero ponte levatoio. Nel 1614, infatti, venne costruita la strada del Calanco, in sostituzione di quella antichissima che collega il castello alla via Emilia e attraversava il torrente Sellustra al Mulino del Piano. Di conseguenza, il ponte levatoio che congiungeva il Rivellino alla rocchetta venne sostituito con uno in muratura, mentre il Rivellino venne interrato fin quasi all’altezza della cordonata e fu praticata un’apertura abbellita da un portale. Una nuova entrata, più ampia, sostituiva così l’antico ingresso al borgo medievale. Al Rivellino segue la porta della Rocchetta, eseguita nel 1250 dai Bolognesi a difesa dell’entrata, con la torre quadrata, ma ridotta nell’altezza originaria. L’antico assetto del Borgo medievale e della cinta muraria, nel tempo, fino alla Signoria di Caterina Sforza, ha subito continue variazioni e miglioramenti; oggi restano tratti delle mura e alcuni bastioni individuali fra le costruzioni, ma la struttura antica è rimasta intatta nell’andamento longitudinale delle strade: via XX Settembre e via De Amicis, anticamente dette Contragrande e Contracina. La Contragrande conserva ancora l’acciotolato di un tempo ed i bassi porticati sul quale si affacciano case basse e variopinte. La terza strada medievale è Vicolo Lorenzo Campeggi, il Contradino, che nasce dalla via XX Settembre e costeggiando le mura del versante ovest sbuca nel piazzale antistante la rocca sforzesca. Qui un belvedere si apre sulla Valsellustra, fino a Montecatone. |
LA ROCCA La Rocca fu costruita nel 1250 dal Comune di Bologna e ampliata nel 1310 da Romeo Pepoli. L’aspetto attuale si deve all’architetto Giorgio Marchesi che vi lavorò sul finire del ’400, ricostruendo parte delle cortine e fortificandola col torrione maggiore, il Torresino, splendido esemplare di architettura militare tardo quattrocentesca. Tali lavori si resero necessari per adattare la prima struttura fortificata alle nuove modalità difensive portate dalle armi da fuoco, ma hanno fatto perdere gran parte delle tracce della vecchia costruzione medievale. Il complesso è a pianta esagonale, con un perimetro di circa 200 metri. La trasformazione della Rocca da struttura puramente militare in palazzo signorile fu iniziata da Annibale, Baldassarre e Vincenzo Campeggi, che occuparono l’edificio nel 1565 e fu terminata da Antonio Campeggi nel 1594. I lavori di ristrutturazione e di ampliamento del possente edificio furono affidati ai Massari di Dozza (ossia ai capi pro tempore della Comunità) e si protrassero fino al 1594, col precipuo scopo di ricavare capaci e decorosi ambienti consoni alle funzioni di sede di rappresentanza feudale della rocca. Nel 1798, a seguito delle confische napoleoniche, la rocca fu sul punto di venire confiscata, ma il marchese Giacomo Malvezzi-Campeggi seppe scongiurare un simile provvedimento dimostrando con appositi memoriali che essa era stata acquistata per 4.000 scudi d’oro dal Cardinale Lorenzo Campeggi e che era stata in seguito più volte ampliata e restaurata dai Campeggi e dai Malvezzi-Campeggi, che ne avevano fatto la loro residenza. Pertanto, la costruzione era da considerarsi un bene allodiale, o comunque privato, e non un bene feudale e quindi non doveva soggiacere alla confisca. L’apertura al pubblico di questa dimora signorile è avvenuta nel 1960, quando l’edificio è stato acquistato dal Comune, grazie anche al sostegno della Provincia di Bologna. Dal 1999 è avviato un progetto di recupero e riqualificazione complessiva della Rocca ancora in corso, finanziato dal Comune e dalla Regione Emilia Romagna. |
I MURI DIPINTI L’arte si fa paesaggio urbano ed arreda i muri delle case, le strade e le piazze, dando luce ad ogni angolo ed aprendo suggestioni improvvise. Anche questo è Dozza. Per la precisione è la Biennale d’arte del "Muro Dipinto", singolare manifestazione settembrina di pittura sui muri delle case, nel corso della quale gli artisti dipingono "dal vivo", davanti al pubblico. La prima edizione fu organizzata dalla Pro Loco nel 1960, da un’idea di Tommaso Seragnoli e grazie alla collaborazione di altri cittadini dozzesi quali Fernando Baroncini, Ennio Sangiorgi, Gino Gardi, Mario Guermandi e Gino Nereidi. Da allora la manifestazione si è sempre più qualificata divenendo biennale d’arte moderna, nobilitata dalla partecipazione di importanti maestri della pittura, fra i quali Matta, Saetti, Sassu, Licata, Purificato, Brindisi, Sughi, Schweizer, Zancanaro, Frasnedi, Gagliardi, Mascellani e Zigaine. Il "Muro Dipinto" lasciò infatti, ben presto, la formula dell’estemporanea indiscriminata e fu una delle prime rassegne italiane ad abolire premi e graduatorie per puntare al primato dell’artista rispetto alle tentazioni egemoniche della critica. La storia del "Muro Dipinto" è quindi storia di artisti, o meglio di opere che vanno valutate per il loro valore intrinseco e non per la rispondenza a questa o quella tendenza, nella quale il tradizionale rapporto diretto città-artisti si consolida a beneficio del risultato complessivo. Sono stati oltre 200 gli artisti che hanno preso parte alle 18 edizioni fin qui svolte, trasformando il borgo medievale in un vero e proprio museo a cielo aperto, con oltre 90 affreschi ad impreziosire le facciate delle case. Da qualche anno vengono effettuate anche sessioni di restauro delle opere per garantirne la migliore conservazione. Un’edizione speciale del "Muro Dipinto" si è svolta nel 2000, nell’ambito di "Bologna capitale europea della Cultura". Alcuni "strappi" degli affreschi sono conservati nella Pinacoteca, allestita all’interno della Rocca |
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Arte, che sia essa Poesia, Musica, Arte scenica, avendo in sé il suo pieno, peculiare e insostituibile valore, può allargare e approfondire la nostra comprensione della verità.
L'Arte è una manifestazione dell'uomo che deve parlare all'uomo, in quanto lui solo ha occhi per comprenderla.
L'Arte ti artiglia lo stomaco. L'Arte ti fa respirare a pieni polmoni. L'Arte produce una patina colorata tra le cui trame si intravede qualcosa di vivo.
L'Arte viene associata al divino perché la silenziosa esplosione al calor bianco che produce è talmente carica di significanti non-significati che la mente non comprende, e l'uomo medio quando non comprende divinizza o peggio ne viene spaventato e ne fugge.
L'Arte non è una linea tracciata dalla tecnica o dalla raffinatezza d'intenti, è piuttosto il lamento dell'animo.
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