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Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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Canzoni... anema & core

Post n°170 pubblicato il 20 Agosto 2007 da bimbadepoca
 

Se ho scelto di parlare delle melodie partenopee, non è dovuto all'ottuso campanilismo che pervade noi napoletani. Orgogliosi a tal punto dell'iconografia classica della pizza e del mandolino, che sembriamo, ad occhi profani, ignorare allegramente i troppi problemi quotidiani.

No, oggi non voglio parlare delle mille contraddizioni della mia città, del rapporto di ripulsa e passione carnale che mi lega ad essa, indissolubilmente.
No, questo è un post "leggero", ispirato da un gioco di Nonsolonero, il quale nel suo blog sta scegliendo le dieci canzoni più belle della nostra musica.
A proposito votate ...

Canzoni e musiche che appartengono, di diritto, al patrimonio culturale di chi è nato e vissuto a Napoli. Ma nello stesso tempo canzoni  che per l'universalità della musica appartengono a tutti, che riecheggiano uguali ad ogni latitudine del mondo.
Sono le canzoni che ascoltavo da bambina, quelle che uscivano dalle finestre spalancate sul vicolo, accompagnate da voci melodiose di donne. Canti d'amori e nenie intrise di nostalgia.

Raccontano storie di un'epoca passata. La più bella mi fu raccontata nei giardini di Castel Sant'Angelo nell'ambito di una manifestazione estiva alla quale, nei sei anni che ho vissuto a Roma, non sono mai mancata.
Erano serate di musica classica, durante le quali giovani e sconosciuti tenori davano dimostrazione delle loro abilità canore esibendosi nelle arie d'opera più famose e nella canzone per antonomasia: quella napoletana.
Il presentatore della serata era solito narrare l'antefatto di ogni canzone, fu così che venni a scoprire la storia di Voce 'e notte.
Eduardo Nicolardi, s'innamorò ricambiato di una giovanissima ragazza, già promessa ad un ricco ed anziano signorotto, che fu costretta a sposare contro la sua stessa volontà.
Le parole di questa  canzone sono un urlo di rabbia e gelosia, una serenata dispettosa...

Si 'sta voce, che chiagne 'int''a nuttata,
te sceta 'o sposo, nun avé paura...
Vide ch'è senza nomme 'a serenata,
dille ca dorme e che se rassicura...

Dille accussí: "Chi canta 'int'a 'sta via
o sarrá pazzo o more 'e gelusia!


Per fortuna lo "sposo" non ebbe lunga vita (aveva più di 70 anni) e così i due giovani innamorati poterono coronare il loro sogno d'amore, allietato, in perfetta tradizione napoletana,  dalla nascita di mezza dozzina di figli.
Quando il tenore cominciò a cantare fu come sentirla per la prima volta, come potevo io, ragazzina melanconica, non lasciarmi commuovere dall'intensità di questo sentimento reso immortale nella più bella canzone d'amore di tutti i tempi.

Ma le canzoni napoletane possono essere anche il linguaggio comune che unisce generazioni differenti.
Ricordo un'estate di tanti anni fa, avevo preso l'abitudine di cenare a casa di una ragazza conosciuta in funicolare, era la badante di un'anziana e silenziosa signora, un'ottantenne completamente assente nel buio della sua malattia. 
Una sera portai a cena due miei amici, i quali dopo mangiato cominciarono a cantare, accompagnandosi con chitarra e mandolino.
Fu la prima ed unica volta che vidi l'anziana signora rianimarsi e partecipare con noi, arrivando a suggerire lei stessa le canzoni che voleva ascoltare, ripescando da chissà quali abissi della memoria le parole esatte.
Parole che qualcuno aveva forse cantato per lei. E aveva gli occhi lucidi e l'aria trasognata.
Ma quella sera E. cantava per me ed ero io ad avere gli occhi lucidi per l'incanto di quello che stavo vivendo in quel momento. Un amore racchiuso nelle parole di una canzone antica... un amore unico uguale a milioni di altri.

Te voglio tantu bene
Te voglio tantu bene
T'o ddico zittu, zittu, zittu...
Ca si alluco 'a gente
ca nun sape niente,
pò sentì: 
Te voglio bene!


 
 
 
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