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Recensioni: GLI ATTORTELLATI, il ristorante dove il cerchio si chiude
Arrivi e noti subito qualcosa di diverso: non è l'abituale colonica dei contadini come mi ricordavo da bambino, con volatili che girellano nell'aia fra assonnati gatti, con piccoli escrementi a testimoniare l'apparente libertà di chi comunque ha già segnato dalla nascita la sua fine naturale, ma non è neppure il ristorante della cascina che di rurale ha solamente le foto affisse alle pareti e gli attrezzi che ormai hanno assunto il solo carattere ornamentale. Il ristorante Gli Attortigliati, è molto più simile al paesaggio del Mulino Bianco, tanto sembra irreale. Ho sempre pensato infatti che la precisione che traspariva in quella pubblicità, con contadini vestiti di abiti lindi e strumenti ognuno al loro posto, non avesse nessuna corrispondenza con la realtà, così come difficilmente avrei pensato di trovare tanta serenità là dove i risultati sono frutto di un'intera giornata di un lavoro duro, spesso legato alle condizioni climatiche e quindi senza certezze e svolto prima fra campi e stalle e poi nella cascina trasformata a ristorante, in un continuo mutarsi di ruoli che non trapelano tuttavia nel suo attuale regista, Massimiliano, nessuna sembianza camaleontica, tanto è sempre spontaneo e naturalmente accattivante il sorriso di quel giovane omone padre di sei figli.
Ed eccoci quindi a Massimiliano, lo chef/fattore direi io, a capo adesso di un'azienda di famiglia dove pure continua a prestare la sua opera l'ultrasettantenne padre e dove sono attivi gli altri fatelli, più quattro/cinque collaboratori esterni nelle varie attività di questa azienda dove sono allevati 140 suini, ed un numero che non ricordo di capre ed altri animali. Come tutte le tenute Maremmane, sono presenti cavalli (non destinati all'alimentazione), ma non ci sono bovini. Nel nostro breve dialogare sull'azienda, Massimiliano si dichiarava veramente soddisfatto di aver trovato un giovane italiano che si curava con inaspettata passione delle stalle.
Il mio capitare in questo ristorante rurale, è stato di per se casuale, essendomi recato li per altri motivi, una riunione che di per sè niente o poco aveva a che fare con l'ambiente circostante. Alla riunione, dopo l'intervento iniziale del relatore, prende la parola proprio Massimiliano, che con le proprie affermazioni ed il suo indirizzo per affrontare varie problematiche attuali, mi trovava perfettamente in sintonia tanto che il mio intervento successivo risulterà inutile se non per aderire alla linea già indicata da lui e che, non certo per spirito di ospitalità, risulterà poi quella approvata dalla stragrande maggioranza dei partecipanti.
Ma lasciamo i preamboli e veniamo al sodo: il pane e companatico entrambi prodotti in fattoria.
Dismessi gli abiti da congressista, Massimiliano si trasformava in quello che per sua stessa affermazione, rappresentava per lui un dolce passatempo: la cucina. Divisa nera eccolo apparire in sala. Immediatamente la mole mi ricorda il celebre e celebrato cuoco Cannavucciolo http://www.antoninocannavacciuolo.it/ , ma tale accostamento rischia di essere ingeneroso per entrambi; da una parte lo chef pluristellato che non accetterebbe mai di essere chiamato cuoco e dall'altra un Massimiliano che invece ama servire i suoi piatti corposi e ricchi di genuina sostanza; da un lato lo chef della categoria di coloro che amano farsi fotografare con divise linde in un orto troppo spesso inesistente, dall'altra il cuoco che il contadino e allevatore lo fa davvero e che chiude a tutto tondo il cerchio del km 0.
Una curiosità, parlando dei migliri chef italiani, Massimiliano dimostrava chiara e naturale simpatia per Fulvio Pierangelini, non a caso conosciuto come "il cuoco semplice" e quindi più vicino a lui per il tipo di cucina.
Bando alle chiacchere, io sono a cazzeggiare ma Massimiliano deve lavorare ed ecco che il ristorante assume veramente una veste diversa dal solito: un tre chiletti di farina, prende forma a vulcano su un tavolo in acciaio a bella vista sulla sala da pranzo ed ecco che al centro Massimiliano inizia a rompere una serie innumerevole di uova, io ne ho contate una quarantina ma forse erano di più.
Da li in poi è tutto un armonioso e sapiente movimento d'impasto che Massimiliano esegue senza l'ausilio di macchine, sulla spianatoia che intanto ha preso posizione sul tavolo; solo da ultimo la pasta sarà tirata con la specifica macchina.
Il nome Attortellati, ha un chiaro riferimento a quello che è il piatto principe: i tortelli. Ecco quindi la farcia con un composto di ricotta, spinaci e ...... e quando mai un cuoco ti dirà l'esatta consistenza di un suo piatto? Vallo a domandare a Pierangelini che prodotti utilizzava per la sua celebratissima "vellutata di ceci con gamberi". Anche per i tortelli di Massimiliano resterà un segreto che non ho neppure provato a farmi svelare; quello che tuttavia non poteva rimanere segreto, era il sapore delicato di quella farcia.
I passaggi successivi li lascio a voi, io vado direttamente a tavola ed ecco il tortello impiattato da me, dopo che ci era stato servito alla vecchia maniera, ovvero in vassoio.
Nel parlare comune, la matematica non è in'opinione, ma se vi dicessi che in un piatto ho messo un tortello, nella mente comune si penserebbe che non ho mangiato un tubo di niente, ed allora ecco che vi metto la foto del primo tortello, tanto perchè comprendiate la quantità di tale prelibatezza. Primo? Si primo, perchè poi è arrivato un secondo vassoio in quanto, come affermato dallo stesso Massimiliano, non possono essere cotti tanti tortelli insieme.
Ho altre foto, ma sarebbe inutile farvele vedere, poichè a differenza della moda che adesso imperversa nel web, la bellezza dei piatti serviti al ristorante rurale "Gli Attortellati" sta nella sostanza, una sostanza che viene come abbiamo visto, dal generare piatti espressi con prodotti naturali provenienti quasi totalmente dall'azienda agricola.
Ad ogni buon conto, e tanto per godere a farvi venire quel sottile languorino con aumento della salivazione, vi posso dire che i tortelli erano preceduti da un ottimo antipasto fatto di affettati, crostino di polenta e baccalà, tre tipi di formaggi con splendida mostarda e indimenticabile peperonata in agrodolce; dimenticavo la torta salata. Direi che può bastare! Sie..., un colpo anche al secondo ed allora ecco il capriolo con purè e ...... rinunciamo all'altro piatto. Icchè si beve? La cantina è ben fornita ed il sommelier Nicola (attestati appesi e ben visibili sulla parete), si dimostrerà ottimo consulente. Tuttavia, non per sminuire il suo lavoro, ma ho sempre ritenuto che un ottimo ristorante con quelle caratteristiche, debba fornire un vino di mescita di ottimo stampo e così e stato!
Ed allora quale il menù? Gli attortellati non potevano che stupire anche in questo. Ti rendi conto che il menù varia da giorno a giorno, ma è uguale per tutti i commensali della stessa giornata; fin qui niente di particolarmente ........ particolare se non fosse che chi prenota per primo, decide quello che mangiano tutti gli altri. Sul sito internet http://www.gliattortellati.com/ potrete vedere i menù per i rimanenti giorni di gennaio e per i giorni di febbraio già prenotati, e decidere quale giorno è di vostro maggiore gradimento, oppure cercare di essere il primo a decidere il menù qualova vi siano giorni vuoti, ricordandovi comunque di prenotare prima di recarvi a Grosseto in Strada Provinciale 40 Trappola , 39.
Adesso è il momento dei saluti, ma certo non senza un ottimo caffè prima di riprendere la strada per Firenze e provincia. Ed ecco quindi che appare una tradizionale e vissuta macchina da caffè moka con la quale al tavolo viene servito l'aromatico liquido nero in tazze di diverse varietà di colore. Stupiti? All'inizio si, piacevolmente stupiti, ma a pensarci bene, un caffè espresso sarebbe stato fuori luogo in quel ristorante rurale! Alla prossima e un saluto a Massimiliano e alla famiglia Pepi http://www.gliattortellati.com/mamma-grazia-famiglia-pepi/
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