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Sogno e realtà

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Ipazia

Post n°948 pubblicato il 23 Aprile 2010 da koradgl1
 

Ogni donna conosce bene, perché vissuti sulla propria pelle, gli ostacoli insormontabili che le si pongono sul cammino, in un mondo in cui la sopraffazione ha radici ataviche che scendono fin nella notte dei tempi e sulle quali le religioni hanno tratto la cultura misogina comune a tutte o quasi e non certo prerogativa solo di quella islamica spesso demonizzata solamente perché sconosciuta.
Di fatto esaminando la religione cristiana non c’è molto da stare allegri per il continuo paragone tra eva, maria e la maddalena. Queste figure sono una specie di assi che il misogino ha sempre a sua disposizione. La vergine madre è la sola figura femminile assurta ad un ruolo importante da comprimario e, agli albori del cristianesimo, anche decontestualizzata dal dualismo moderno che ci vuole madonne o puttane senza via di scampo, sviluppatosi poi grazie ai vari studiosi della chiesa che hanno pensato che l’uomo sia fatto ad immagine spirituale di Dio e Maria, la prescelta, la benedetta tra le donne,  in quanto vergine incontaminata dalla carnalità in antitesi ad Eva simbolo per eccellenza di tutte le altre donne che indurrebbero al peccato. Una storia che si ripete all’infinito e che culmina nella caccia alle streghe, o nei manicomi cui venivano recluse le ragazze che osavano ribellarsi a questo stato di cose precostituite. Qualsiasi atteggiamento d'indipendenza, qualsiasi sfida o resistenza alla posizione dominante degli uomini venivano duramente repressi e rinchiusi nella categoria della devianza o della pazzia. O della stregoneria.
Esce oggi, finalmente, nelle sale Agorà dopo essere stato sottoposto a censura preventiva, ma fortemente voluto dalla gente ed invocato a gran voce dal popolo della rete.
Dire al mondo che il cristianesimo è stato segnato dai fondamentalismi fa paura a questo mondo specie quando poi narra di una martire pagana che forse per prima combatté la sua personale battaglia tra scienza e fede.

La fama di Ipazia ingiustamente oscurata forse è giunta fino a noi solo a causa della sua tragica fine

Quella femmina fatta a pezzi... (Alessandra Colla)


"Seguace delle dottrine neoplatoniche, e orientata verso una conciliazione delle teorie platoniche e aristoteliche, divenne ben presto celebre per il suo vasto sapere e per la sua bellezza: nei suoi Poèmes antiques Leconte de Lisle ne fa una giovane donna, e parla dello «spirito di Platone» e del «corpo di Afrodite» mirabilmente congiunti. La realtà storica è un po’ diversa, giacché nel 415 Ipazia doveva avere all’incirca fra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. Autrice indubbia di commenti a opere di Apollonio, Diofanto e Tolomeo, di lei non ci è giunto alcuno scritto, ma si sa che le sue lezioni erano frequentatissime in grazia della sua abilità di oratrice e del suo scrupoloso attenersi al pensiero autenticamente platonico e aristotelico. In un’epoca in cui l’oscurantismo tipico di un sistema statale corrotto e fatiscente si compiaceva di fariseismi e cacce alle streghe (e più che mai la donna e la ragione erano considerate opera delle potenze maligne), la vergine Ipazia era (stando a quanto ne dice ancora Cassiodoro Epifanio) stimata e rispettata «per la sua castità e integrità di costumi». Non bastano quindi — non possono bastare — l’invidia, la maldicenza e il risentimento in senso nietzscheano a spiegare la fine oltraggiosa riservata a Ipazia da un gruppo di straccioni fanatici: a monte, sicuramente, c’è ben altro.
Nonostante l’atmosfera di terrore e di morte aleggiante su Alessandria in disfacimento, simbolo della ben più vasta crisi che stava attanagliando tutto il mondo civile allora conosciuto, e a dispetto dell’ardore religioso troppo presto e troppo facilmente mischiato all’ingiustizia della forza e del numero, non mancavano gli spiriti liberi: fra questi erano Sinesio [7], allievo di Ipazia prima e vescovo cristiano poi, che non mancò mai di intrattenere con lei rapporti di pura e profonda amicizia, né venne meno, anche dopo la conversione, agli elevati precetti filosofici neoplatonici; e Oreste, prefetto di Alessandria, del quale ancora Cassiodoro ci dice che s’incontrava di frequente con Ipazia, presumibilmente per gli stessi motivi di Sinesio. In realtà (almeno secondo quanto riporta la Historia ecclesiastica tripartita), sembra che nei tempi immediatamente precedenti l’assassinio di Ipazia — non viene specificato se si tratti di giorni, settimane, mesi o forse di più ancora: ma non ci sembra improbabile supporre un lasso di tempo piuttosto lungo, se ci soffermiamo un attimo a considerare le conseguenze scaturite dagli editti del 391 e 392 — sembra, dunque, che violenze e soprusi venissero perpetrati ai danni dei cristiani di Alessandria e delle zone limitrofe. Gli incidenti non dovettero essere, tutto sommato, di scarsissima rilevanza, se è vero che i monaci del deserto (cui fa cenno Leconte de Lisle) stanziati sul monte Nitia calarono su Alessandria e «nel nome di Cirillo diedero zelantemente inizio a scontri» con la popolazione. I primi tumulti non ebbero un esito molto felice per i monaci, giacché si conclusero con l’uccisione di Ammonio, uno dei quattro «venerabili uomini» che «reggevano i monasteri dell’Egitto» (gli altri tre erano Dioscoro, Eusebio ed Eutimio).
Fu probabilmente in quell’occasione che Ipazia, preoccupata dell’incolumità di quanti le erano cari, consigliò Oreste di diradare e fors’anche di interrompere i rapporti, soprattutto quelli di amicizia, col vescovo Cirillo. L’ascendente di Ipazia sulle autorità civili di Alessandria, del resto, doveva essere notevole, e non si limitò forse a manifestarsi solo in questa circostanza: certo è che la Historia ecclesiastica tripartita e altre fonti ancora testimoniano che Ipazia venne ritenuta colpevole delle persecuzioni nei confronti del vescovo Cirillo — persecuzioni seguite alle intemperanze giustificate dai monaci del deserto, a torto o a ragione, nel nome, appunto, di Cirillo —, e per questo motivo massacrata barbaramente. A pochi giorni dalla celebrazione di un nuovo rito d’amore, la Pasqua, nel nome di un nuovo dio di misericordia… "


Essere colta, bella ed intelligente faceva paura allora e probabilmente anche oggi perché spezza quel dualismo preconcetto di bello o intelligente alla base della mercificazione dei corpi femminili e della denigrazione del nostro operato.  Ipazia  è vista quasi come un’ aliena, se solo ci si guarda intorno e si considerano i modelli femminili che oggi si offrono e ci vengono offerti.
E fa paura che si mostrino gli orrori dei fondamentalismi da qualsiasi parte giungano, ancor più in Italia dove duemila anni di Vaticano non sono una realtà da sottovalutare, e il peso del condizionamento cristiano-cattolico sul costume e sulla società italiani si fa sentire fin troppo spesso, dal caso Englaro alla RU486, all’ingerenza politica in senso stretto.
In realtà quel film non è un complotto contro il cristianesimo, non è contro una o l’altra delle religioni ma contro ogni eccesso, perciò parlando di complotto forse la chiesa voleva tutelarsi dall’ennesima brutta figura.

 
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