Sogno e realtà
Quando è il momento opportuno tutti siamo in grado di realizzare i nostri sogni
ARRESTATECI TUTTI
Chiudetemi il blog, mandatemi in cella perché eventuali multe io non le pagherò per nessuan ragione, fatemi qualsiasi altra angheria, ma la mia voce urlerà sempre il suo dissenso allo scellerato operato di certi governanti.
Le parole che seguono sono di Concita De Gregorio, io ne sottoscrivo ogni virgola.
Molto più di un bavaglio
Quel che sta accadendo in Italia è qualcosa che riguarda il mondo intero. Si sta scrivendo una legge che impedisce il lavoro d'indagine, che favorisce le mafie, che imbavaglia la stampa. Confinarla ad una sacrosanta rivendicazione del diritto di cronaca ed accontentarsi di qualche modifica in favore di editori e giornalisti è un errore. Non si tratta solo di mantenere intatta la possibilità di raccontare crimini e malaffare: si tratta prima ancora di non impedire il lavoro di chi indaga. Lasciare la libertà di parola e limitare gli strumenti di lotta al crimine otterrebbe alla fine lo stesso risultato: silenzio. E' una legge che mette in pericolo il Paese che ci è stato consegnato da chi ci ha preceduto a prezzo di enormi sacrifici. Abbiamo il dovere di conservarlo per chi verrà dopo di noi, il dovere di disobbedire. Fate pure la vostra legge: noi non la rispetteremo.
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NOTE LEGALI
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I lager nazisti sono stati un orrendo e compiuto esperimento totalitario contro l'umanità; al loro interno sono stati deportati ebrei, omosessuali, rom, oppositori politici, prostitute e psicopatici. Chiusi agli sguardi di tutto il mondo esterno, dentro di essi si è consumata una delle pagine più buie della storia umana. Oggi i Cie, centri di identificazione ed espulsione, sono strutture in cui i migranti possono essere detenuti fino a sei mesi in attesa di asilo politico, oppure rimpatriati. Il reato di clandestinità è un reato che punisce un individuo con la detenzione per il semplice fatto di essere immigrato e quindi potenzialmente pericoloso, non per aver effetivamente commesso un crimine.
I Cie sono strutture fatiscenti in cui migranti e associazioni umanitarie, da Msf a Amnesty, denunciano carenze igienico-sanitarie, somministrazione di cibo scadente, sovraffolamento, assistenza medica inadeguata, ma anche distribuzione di psicofarmaci, abusi e violenze.
Solo qualche giorno fa Daniele Giovanardi degno fratello del più noto diceva "Lo stupro? In strutture come il CIE può capitare" Commentando un tentativo di stupro avvenuto nel Cie di Modena da parte di tre reclusi nei confronti di un quarto, un giovane nigeriano. Non deve capitare mai! Ma queste parole non a caso giungono a solo tre settimane dall'incidente probatorio previsto per l'8 giugno nel caso di tentato stupro di Joy ed Hellen di fronte a Vittorio Addesso il vigilante accusato dalla donna. Parole che seguono la linea di pensiero razzista secondo cui la violenza fa notizia quando operata dagli stranieri taciuta e coperta quando fatta da italiani ancor più rappresentanti di questo stato con la complicità di molti.
Prego chi, ancora non assuefatto a questo stato di cose, volesse ribellarsi e dichiarare la propria estraneità a queste vergogne italiche di firmare l'appello che segue.
A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà personale – nonché momento estremo del controllo sociale.
Voluti dall’Unione Europea per affermare la propria definizione di fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi in atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e peggiorati dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della politica espressa dal nostro Paese nei confronti degli “stranieri”, in un percorso che dal rifiuto porta alla rimozione, alla negazione dell’altro. Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che introducendo il “reato di clandestinità”, nega il principio di eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono chiamati “ospiti”, riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver varcato una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e aspirare a un futuro migliore. L’esistenza dei Cie si colloca nel disegno di chi vuole uomini e donne migranti in perenne condizione di ricattabilità, impossibilitati ad accedere a percorsi di regolarizzazione, scorie finali di chi è espulso dal circuito produttivo dopo essere stato sfruttato e costretto alla clandestinizzazione.
Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta, furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da queste strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, provvedono a far trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a entrare. Ma basta guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno dietro quelle sbarre, per ritrovarsi in faccia una realtà celata e rimossa.
Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un impegno duraturo.
Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello spettacolo, si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa. Quella di forzare l’omertà che consente tale vergogna e di raccontare.
Raccontare con onestà, non fermandosi all’apparenza ma per comunicare quanto sia importante chiudere tutti i Cie.
Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo istituzionale. Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie diventeranno simboli di una vergogna passata, da visitare per non dimenticare, per non ripetere.
CLICCA QUI per firmare l'appello.
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