Sogno e realtà
Quando è il momento opportuno tutti siamo in grado di realizzare i nostri sogni
ARRESTATECI TUTTI
Chiudetemi il blog, mandatemi in cella perché eventuali multe io non le pagherò per nessuan ragione, fatemi qualsiasi altra angheria, ma la mia voce urlerà sempre il suo dissenso allo scellerato operato di certi governanti.
Le parole che seguono sono di Concita De Gregorio, io ne sottoscrivo ogni virgola.
Molto più di un bavaglio
Quel che sta accadendo in Italia è qualcosa che riguarda il mondo intero. Si sta scrivendo una legge che impedisce il lavoro d'indagine, che favorisce le mafie, che imbavaglia la stampa. Confinarla ad una sacrosanta rivendicazione del diritto di cronaca ed accontentarsi di qualche modifica in favore di editori e giornalisti è un errore. Non si tratta solo di mantenere intatta la possibilità di raccontare crimini e malaffare: si tratta prima ancora di non impedire il lavoro di chi indaga. Lasciare la libertà di parola e limitare gli strumenti di lotta al crimine otterrebbe alla fine lo stesso risultato: silenzio. E' una legge che mette in pericolo il Paese che ci è stato consegnato da chi ci ha preceduto a prezzo di enormi sacrifici. Abbiamo il dovere di conservarlo per chi verrà dopo di noi, il dovere di disobbedire. Fate pure la vostra legge: noi non la rispetteremo.
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Da indymedia toscanaI napoletani sono vigliacchi, i milanesi no
Confrontando l'atteggiamento dei media nei confronti di due fatti di cronaca nera, avvenuti uno l'anno scorso a Napoli l'altro ieri a Milano, si constata che i nostri giornalisti, così pronti a ergersi a Soloni quando si tratta di cronaca nera napoletana, diventano improvvisamente guardinghi e pesano le parole prima di dire qualcosa che possa offendere i milanesi.
La notizia del giorno 26 maggio di un anno fa fu l’uccisione alla stazione cumana della metropolitana di Napoli del giovane rumeno Petru Birladeandu, vittima incolpevole di un regolamento di conti tra bande criminali. Una telecamera della stazione riprese l’agonia del giovane e la disperazione di sua moglie che chiedeva aiuto ai passanti, che invece procedevano oltre. Il taglio generale della notizia fu l’indifferenza dei passanti, flagellata dall’indignazione di tutti i mezzobusti televisivi.
Sarò prevenuto ma io non ho mai avuto l’impressione che i giornalisti fossero una categoria particolarmente coraggiosa. A volte, nel mio pregiudizio, ho addirittura il sospetto che la codardia e il servilismo siano attitudini utili in quella carriera. Perciò non sono particolarmente bendisposto verso i predicozzi che vengono da quei pulpiti quando l’argomento è il coraggio degli ALTRI cittadini. Di fatto occorreva scavare ben bene nelle cronache di quei giorni per scoprire che in realtà i soccorsi erano arrivati per chiamate fatte dai cellulari di alcuni presenti, e che dunque la tesi dell’indifferenza generale era un po’ tirata per i capelli. Particolarmente se si tiene conto che i presenti in quel momento avevano tutte le ragioni per credere di essere in un posto pericoloso, dove volavano pallottole.
Potremmo anche scomodare la sociologia e la psicologia sociale, che ci avvertono che in realtà la gente è meno indifferente di quanto non si creda, e non si fa paralizzare così facilmente dalla paura. Ma per un meccanismo noto come “riprova sociale” che blocca l’iniziativa in quei casi di emergenza che hanno luogo in pubblico la gente non interviene o rimane immobile. La gente è molto preoccupata di “fare la cosa” giusta, il che significa ottenere l’approvazione ed evitare il biasimo degli altri: è un condizionamento biologico dovuto alla nostra natura profonda di esseri gregari. Con opportuno addestramento si può insegnare alle persone ad agire in maniera appropriata durante le emergenze, ma in assenza di ciò non dovremmo essere troppo severi nel giudicare l’immobilismo degli altri. Chi ha studiato il problema ci informa anche che se una sola persona rompe l’incantesimo e accorre al soccorso dello sventurato, subito anche altre persone si faranno avanti. Forse i napoletani non meritavano quel simbolico bagno di pece e di piume che i soloni del piccolo schermo riservarono loro.
Ma l’impulso del giornalista a “tematizzare” è spesso una tentazione a cui è impossibile resistere. “Tematizzare” significa non raccontare i fatti con scrupolosa precisione, ma inquadrarli in una tesi o tema precostituito. La tematizzazione è uno dei procedimenti preferiti del sensazionalismo giornalistico, che mira più a suscitare reazioni emotive che a informare la gente. E uno dei temi o cliché più ricorrenti è quello dell’indifferenza della gente di fonte all’immediato bisogno di aiuto di un loro simile.
Qualcuno potrebbe prendere le difese dei giornalisti e dire che non tutti hanno studiato sociologia e psicologia sociale, non tutti conoscono il meccanismo della “riprova sociale”, e che dunque un loro errore nel modo di raccontare la notizia non dovrebbe subito far pensare a un desiderio di sensazionalismo. Può darsi, ma giudicate voi…
… questa mattina, sentendo ai tg i resoconti dell’uccisione di Emlou Arvesu, la filippina quarantenne massacrata a pugni a Milano da un pugile ucraino, ho sentito le dichiarazioni di un’altra donna filippina che ha assistito all’aggressione (Jesus Espinoza, la portiera dello stabile di fronte a cui ha avuto luogo l’omicidio). La donna ha detto che il pestaggio è durato a lungo, e per tutto il tempo lei ha invocato l’intervento dei passanti, che però hanno tirato dritto. Ora guardate titoli, sottotitoli e occhielli dei gionali: il tema dell’indifferenza o è assente o è dato con rilievo del tutto secondario. Ma perché a Napoli la notizia centrale era l’indifferenza dei cittadini mentre a Milano è la furiosa aggressione di un uomo ucraino a una donna filippina, benché anche in questo caso la gente non sia intervenuta? Dubito che nel frattempo i giornalisti abbiano studiato la “riprova sociale” e siano diventati più professionali. Mi sembra piuttosto che il sensazionalismo scatti in maniera selettiva, e che i nostri giornalisti così pronti a ergersi a Soloni quando si tratta di cronaca nera napoletana, diventino improvvisamente guardinghi e pesino le parole prima di dire qualcosa che possa offendere i milanesi.
Sarà perché lo status civile riconosciuto dei napoletani è più basso di quello dei milanesi, e che possano essere calunniati con più disinvoltura dei milanesi?
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