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Storia, mare e vino: la mia città

Post n°378 pubblicato il 16 Agosto 2008 da koradgl1
 

Le origini di Manduria sono avvolte nel mito e nella leggenda.
La fantasia popolare e l’immaginazione degli scrittori le hanno spesso accreditato degli antenati illustri. Pare sia stata fondata dai Fenici circa 1500 anni prima della venuta di Cristo. Così, uno storico locale, ha descritto un possibile atto di fondazione:
- Sbarcati i Fenici sul litorale ionico, percorsero parecchie terre in cerca di sito rigoglioso per fondarvi la colonia. Giunti vicino al fonte, furono colpiti dalla gigantesca figura di un albero di mandorlo. Il mandorlo era, a loro parere, indizio di fertilità e robustezza, e perché trovato in prossimità di sorgenti limpide e pure, nell’insieme intuirono della fertilità del terreno e della ubertosità dei pascoli. Con la complicità della fabulazione romanzesca, Fènelon, nelle avventure di Telemaco, mette in bocca a Idomeneo (proveniente da Creta) queste parole:
- Quando giunsi a questi lidi, vi ritrovai i Manduriani, gente barbara e selvaggia che viveva nelle foreste di cacciagione e di quei frutti che di per sé stessi producono gli alberi. Costoro, talmente si spaventarono delle nostre armi e dei nostri navigli, che immediatamente presero a fuggire e si ritirarono nelle montagne.
- Ma le ardite ricostruzioni storiche e le affascinanti invenzioni letterarie hanno dovuto lasciare il posto alle indagini archeologiche.
Furono i Messapi, popoazione di origine indoeuropea, ad insediarsi stabilmente in questa terra e a porre le basi per la creazione di una forma di civiltà del tutto peculiare.
Manduria, come città messapica, ebbe un ruolo di primissimo piano per la sua floridità economica e la sua posizione strategico – militare.
Per secoli, le sue gigantesche mura costituirono un valido baluardo contro le pretese egemoniche della colonia greca di Taranto.
Tito Livio la chiama , città guerriera che fu capace di respingere tutti gli assalti dei Tarantini e dei Greci loro alleati nelle guerre da essi condotte contro i popoli vicini per le conquiste territoriali.
Qui Archidamo III, Re di Sparta, nel 338 a.C., venne sconfitto e ucciso durante un cruento combattimento; qui ancora altre vittorie arrisero ai manduriani finché la città non venne assediata e presa da Annibale che in seguito la difese contro l’assalto delle legioni romane, che furono disfatte.
Ma ecco arrivare Quinto Fabio Massimo che nel 209 a.C. la riprese distruggendola e portando via prigionieri tremila dei suoi valorosi abitanti.
Di essa non sarebbero rimasti che splendidi resti, muta e solenne testimonianza di una passata grandezza.
Anticamente Manduria era difesa da una doppia conta di mura che misurava un perimetro di 5.556 metri.
Fra l’una e l’altra cinta esisteva uno spazio che pare svolgesse la funzione di piazza.
Alla dippia cinta muraria faceva riscontro un doppio ordine di fossati che dovevano rendere difficile l’accesso alla città in tempo di guerra.
Nella nostra città antica si entrava attraverso quattro porte: a nord “Porta Brenna”, ad est “Porta Sybar”, a sud “Porta Nettuno” e ad ovest “Porta Taras” .
Secondo la tradizione Manduria aveva un palazzo reale che sorgeva ad ovest e in prossimità del Fonte Pliniano.
Casalnuovo,
redatto dall'arciprete Lupo Donato Bruno, costituisce lo stemma cittadino.
E' una grande caverna naturale di 18 metri di diametro e 8 metri di
altezza, accessibile da una larga scala a due rampe, con 20 gradini,
scavata nella roccia anticamente.













La celebrità del Fonte risale a Plinio il Vecchio il quale ne parla nel suo libro “Storia Naturale”.
Questo grandioso e singolare monumento archeologico, sito all ’ interno della cinta muraria, è costituito da un vasto speco sotterraneo, in parte artificiale, a cui si accede da una monumentale scalinata scavata nella roccia, interrotta da due pianerottoli; larga circa 2.5 m. e formata da venti comodi scalini.
Nel centro sorge una costruzione muraria di forma circolare che affianca una vaschetta in cui sfocia una vena d’acqua perenne. Tutta la grotta si illumina naturalmente attraverso la scalinata e un lucernario nella “volta” che all'esterno è racchiuso da blocchi quadrati formanti un cilindro ed al cui interno vegeta un vetustissimo mandorlo.
Per quanto riguarda le origini della grotta, alcuni hanno affermato che essa sia stata scavata dall’uomo e ciò si deduce dai segni di piccone ai lati della scalinata; altri sostengono, invece, che “lu scegnu” è il tipo perfetto delle grotte naturali formate dalle infiltrazioni di acqua satura di anidride carbonica. Sulla parete posta a nord della grotta è visibile un numero che chiude l’accesso di una seconda e minore grotta.
In quest’ultima l’acqua gocciola stilla a stilla dai giunti di stratificazione dei banchi calcarei, che poggiano sulla formazione argillosa sottostante.
Tutta l’acqua che filtra dalle pareti e dalla “volta” in un continuo gocciolare si raccoglie in una vaschetta naturale e da lì, per mezzo di un condotto sotterraneo, giunge nella vasca al centro della grotta principale.
Il fenomeno idraulico, descritto da Plinio e da questo chiamato “miraculum”, è stato sempre diversamente interpretato dagli studiosi, archeologi, filosofi e idrologi, tanto da dare luogo a memoria,
discussioni, talvolta, polemiche.
Il fenomeno è certamente meno misterioso di quanto può sembrare e agli scritti specifici si rimanda il lettore desideroso di approfondire l’argomento. A questo monumento misterioso è legata tutta la leggenda e la tradizione messapica della nostra gente: l’albero sacro di mandorlo piantato sui margini del lucernario, ai cui rami i guerrieri messapici, reduci dalle vittorie sui nemici, appendevano le mandorle d’oro; la chioccia con i pulcini d’oro, preda di guerra acquisita ai danni dei tarantini, conservata nella grotta e guardata perennemente da una cerva sacra (la cerva regia “cervarezza”); la provvista d’acqua fatta da Annibale per la guarnigione cartaginese durante il lungo assedio Quinto Fabio Massimo.




Placido lo scenario al sorgere del sole, così come infuocato al tramonto, la zona costiera di Manduria offre delle bellissime spiagge e un mare pulito.Il suo litorale è prevalentemente sabbioso,basso e orlato da dune naturali, sormontate dal sempreverde ginepro, dal profumato timo e da tante numerose piante tipiche della macchia mediterranea.

Particolarmente suggestiva è l’insenatura di Torre Colimena ,che offre un’interessante esempio di vegetazione sulle spiagge sabbiose, anche se i bagnanti preferiscono la scogliera vicina o la spiaggia prospiciente la Salina.


D’importante valore biologico e naturalistico è il fiume Chidro, nei pressi di S. Pietro in Bevagna, che presenta caratteristiche idrografiche molto rare, vista la natura calcarea del territorio ed è sfondo di tradizioni locali e antiche leggende.

I fondali prospicienti la foce offrono uno spettacolo suggestivo, grazie al rinvenimento di numerosi sarcofagi (di varie dimensioni) di alto interesse archeologico, meta ambita di percorsi.

Un’altra area di particolare interesse naturalistico, (Legge Regionale n. 19/97), è la “zona umida” che va dalla Salina alle “Paludi del Conte”, con la presenza di vegetazione mediterranea e dune sabbiose.


Perla” del nostro litorale è da ritenersi senza dubbio la marina di S. Pietro in Bevagna. Qui sorge l’omonimo Santuario, dove una pia tradizione dice che l’Apostolo Pietro, sbarcato nel 42 o 45 d. C. insieme con i due Apostoli Andrea e Marco, celebrasse il divino sacrificio. Attualmente il tempietto originario si trova alle spalle al di sotto del piano stradale. Fu rifatto nel Settecento dall’Arcivescovo di Brindisi che fece costruire anche alcune case in prossimità della chiesa, case poi rifatte nel XIII
sec. dai padri Cassinesi.La presenza di tali Padri diede impulso al culto di S. Pietro e i pellegrinaggi aumentarono a tal punto che si cercò di organizzarli in periodi stabiliti e precisamente per i primi tre giorni di Aprile, i tre giorni precedenti l’Ascensione e il 28 e il 29 Giugno. Tutti questi giorni erano detti delle Perdonanze perché era possibile lucrare l’indulgenza plenaria e il movimentato afflusso di pellegrini in questi giorni costituisce un esempio tipico di grande religiosità popolare
Famosa è la “processione arborea per la pioggia”, che si svolge nei periodi di siccità calamitosa, con movimentato flusso di popolo. Questa chiesa rovinò più volte e più volte fu riedificata. Verso la fine del XV secolo i Padri di Aversa fecero costruire la torre quadrangolare che incorporò la cappella esistente.

La costruzione della chiesa attuale risale al 1902 ed è ora affidata alle cure del parroco locale. Muovendo da S. Pietro in Bevagna s’ inco ntra, verso ovest, la “zona umida” di Borraco con il torrente e l’omonima Torre.


PRIMITIVO DI MANDURIA


Il “velluto” liquido, il vero “maschio”, il sangue della terra di Manduria Il Primitivo è il vino tipico della zona della provincia di Taranto ( dove le sue uve occupano il 70% della superficie coltivata). Il nome gli deriva dal periodo di maturazione della vite(prima metà di settembre), piuttosto in anticipo sulle uve dalle quali si ottengono altri vini; con opportuni trattamenti della pianta è anche possibile ottenere due raccolte: la seconda, tra la fine di settembre ed i primi di ottobre,meno abbondantemente e dal sapore meno zuccherino.Il “Primitivo“ possiede le caratteristiche del miglior Borgogna (non sono in frequenti gli acquisti di viticoltori francesi negli anni di magra per le loro uve), tanto da far sospettare che le prime piante siano state portate nella zona da frati o pellegrini provenienti dalla Francia. Probabilmente in seguito alla massiccia emigrazione verso gli Stati Uniti di inizio secolo, qualche pianta di vite sale a bordo di un piroscafo diretto verso la California , tant’è che è possibile riscontrare una certa similarità con il rinomato Zinfandel di quella zona; proprio grazie al suo gusto caratteristico il Primitivo gode di un notevole favore anche tra il pubblico statunitense, come è ampiamente dimostrato da numerosi e apprezzati tasting tenuti in diversi Stati . Il vino “Primitivo”, che prende il nome da Manduria, quarto comune viticolo d’Italia per tenimenti di vigneti, dopo Marsala, Mazara del Vallo e Brindisi, ha avuto per più di un secolo la principale funzione di migliorare, irrobustire e arricchire altri vini rossi da pasto, famosi, ma deboli, prodotti in altre parti d’Italia e anche nel Nord Europa.
Il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllate (1975) ha finalmente consacrato il pregio e la nobiltà del “Primitivo”.


Fonte Una ricerca dei ragazzi della scuola Media Marugj-Frank


A llu istitu mia nci penza lu Signori,
no mi servi né rrobba né sartori,
pi llu 'nviernu tegnu 'nu mantu ti lana
ca  mi tifendi ti la tramuntana,
mi lu lleu quannu màsciu eni e llu rricalu a ci mi manteni;
tu puru ca sta ssienti 
stu nduinieddu ti ni pue' fari nu bellu mantieddu.

Questo è un indivinello manduriano provate a tradurre e indovinare...


 
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koradgl1 il 17/08/08 alle 09:22 via WEB
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