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Bios VIII

Post n°58 pubblicato il 25 Agosto 2007 da Biosbios
 
Tag: Bios

 

L'estate non voleva proprio andarsene. In città si respirava ancora il caldo, non più il caldo di prima, ma le giornate erano ancora piene di sole e senza aria fresca. L'anno prima aveva piovuto tutto il mese di Agosto, quest'inverno ha fatto sempre bel tempo e niente neve in montagna. E' uno dei ritornelli che si sente al bar, molti discutono di queste stranezze climatiche. E' colpa dell'uomo, degli Americani, degli Ufo, delle glaciazioni, il pianeta si sta stufando di noi, è solo una questione ciclica, tra poco qui ci nutriremo di noci di cocco, di scarafaggi, usciremo a cena con le scimmie, ritorneremo scimmie, moriremo tutti, tu morirai, anzi i tuoi figli, perchè i tuoi avranno una campana di vetro? certo, moriranno solo i poveri, la brava gente, chi beve un bianco?



Quando riaprirono le scuole i bambini potevano passare ancora parecchio tempo piacevole all'aperto, nel cortile, sotto lo sguardo protettivo delle maestre. Bios passava per il suo sentiero alle solite ore, rallentava l'andatura, già lenta di suo, e scambiava saluti e sorrisi e piccoli regali con i piccoli che subito al suo passare si facevano sotto la recinzione di tubi che circondava la scuola tutti festosi. Pasqualino era sempre tra i primi ad accorrere. E' lui che mi racconta quello che avviene alla scuola. Sua madre, vedova, abita sopra il bar della Rita, ogni tanto mi chiede la cortesia di andare a prendere suo figlio, quando per motivi di lavoro non può andarci lei. E nel tragitto che separa la scuola da casa sua, Pasqualino mi racconta tutte le sue avventure.


Gli incontri tra Bios e i bambini alla scuola erano brevi, giusto il tempo di salutarsi, stringere qualche manina che sgaiattolava fuori dalle barre di metallo. Le maestre, appena si accorgevano della sua presenza, cominciavano a richiamare i bambini a gran voce senza muoversi dalla tettoia in fondo al cortile sotto la quale usavano stare all'ombra. Non ci voleva molto a capire che lui stava passando perché in pochi secondi tutti i bambini sparsi nel cortile si ammassavano correndo veloci presso la recinzione urlando come matti Ecco Bios!. Il preside della scuola aveva dato direttive ben chiare alle maestre: evitare che quel lazzarone anarchico avesse contatti con i bambini, lo chiedevano le madri. Ma quell'anno arrivò una nuova maestra, molto carina, ai bambini piaceva molto, aveva fatto delle supplenze l'anno prima. Lei non sostava come tutte le colleghe sotto la tettoia protette dall'ombra, preferiva rimanere tra i bambini e giocare con loro. Quando passava Bios i bambini potevano trattenersi più tempo con lui grazie alla nuova maestra. Lei li richiamava, a suo modo, andava presso la recinzione, e li esortava ad allontanarsi carezzandoli sulla testa, con un tono di voce dolce e per nulla intimidatorio. Anche lei stessa sembrava interessata a sentire cosa dicesse Bios e con il passare dei giorni i suoi richiami si ammorbidivano sempre più. Un giorno Bios arrivò tenendo nella mano un osso di seppia che gli aveva regalato Marco, il pescivendolo della via, e spiegò ai bambini che si trattava dello scheletro delle seppie. Un bambino disse che suo padre lo dava da mangiare ai canarini, Bios annuì e disse: fa bene per il becco e aggiunse che lo mangiano anche le tartarughe perchè l'osso di seppia contiene molto calcio e fa bene al loro carapace che è la casa che esse si portano appresso. Parlò delle doti straordinarie della seppia, la sua capacità incredibile di cambiare colore per mimetizzarsi, lo spruzzo d'inchiostro che espelle quando è in pericolo, le uova che la femmina depone che sembrano grappoli d'uva, la sua abilità di muoversi nell'acqua come un'astronave. I bambini ascoltavano con grande piacere, si passavano di mano in mano l'osso di seppia per vederlo, toccarlo, il piccolo Luca chiese perchè Bios non potesse fare il maestro nella scuola, Marzia sgridò Achille che le stava pestando un piede, Pasqualino tirava la nuova maestra per la mano per convincerla a stare lì con loro e ritardare il rientro, la piccola Bruna teneva un braccio alzato perchè voleva fare domande.



Un altro giorno Bios si presentò con una statuetta di pietra in mano e disse: guardate questa figura femminile come si presenta, florida, con grandi seni, un ventre gonfio che sembra aspetti un figlio, tutto è abbondante e pieno, vedete? I bambini se la passarono di mano in mano per vederla, toccarla. Disse loro che molte tribù antichissime rappresentavano il loro Dio in questo modo, come una Dea Madre o Madre Terra, che proteggeva la fertilità dei raccolti, la ricchezza della selvaggina o della semplice vegetazione, cose che assicuravano la sopravvivenza, e quella donna dalle forme abbondanti simboleggiava tutte le fasi vitali degli esseri umani, la nascita, il matrimonio, la morte, perfino la rinascita. I bambini erano tutti eccitati e tempestavano di domande quell'uomo malvestito che incideva i sassi nei ritagli di tempo. La maestra si dava da fare per calmare i bimbi, chiese che non parlassero tutti assieme e di non litigare per avere prima degli altri la statuina di pietra. Bios cercava di rispondere a tutti e mentre spiegava a Pasqualino che queste statuette ritrovate un po' ovunque in Europa risalivano a circa dieci mila anni fa, la maestra gli chiese: ma lei ha un titolo di studio? Lui rispose: a quell'epoca nessuno l'aveva.

Foto Shamanainteriore


Bios prese la palla al balzo e portò ogni volta qualcosa da mostrare. Portò un fossile di conchiglia, un minerale, una sezione di albero, un frammento di alveare, un nocciolo di pesca, una pigna. Finchè un giorno arrivò, tra il boato generale dei bambini impazziti, indossando un bellissimo copricapo pellirossa con tutte le piume colorate che per una volta nascondevano la selva oscura che Bios teneva per capigliatura. Quando i bambini si calmarono Bios consegnò ad ognuno di loro un biglietto che conteneva un pensiero o una preghiera di capi tribù indiani. Chiese a Pasqualino di leggere ad alta voce la preghiera Cherokee che conteneva il suo foglietto e lui imposto il silenzio a tutti i suoi compagni di scuola, si schiarì la voce, e quasi urlando così disse:



Oh Grande Spirito,
concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare,
e la Saggezza di capirne la differenza.



Un giorno andai a sedermi su una panchina di fronte alla scuola. Da lì potevo vedere tutto senza essere notato, perchè mi trovavo a una certa distanza. Bios arrivò, con la sua andatura, con i suoi vestiti, teneva in mano un oggetto lungo, sembrava di legno, sembrava fosse una pipa di legno, passò quell'oggetto ai bambini che a turno lo osservavano incuriositi. Vidi la nuova maestra sorridente vicina ai bambini, vidi il gruppo delle maestre in fondo al cortile, sotto la tettoia che fumavano nervose, vidi Bios ciondolare e gesticolare con le mani mentre dava spiegazioni e raccontava. Alla fine i bambini vennero fatti rientrare nelle aule, dopo un cerimoniale di saluti, con strette di mano e bacini. La maestra rimase sola con Bios, si parlavano. Erano davvero molto vicini, solo la distanza dell'inferriata li divideva. Mentre lei parlava impugnò con la sua mano destra il tubo di ferro che si trovava davanti e così rimase per tutto il tempo della conversazione. Presto si salutarono, lei mandò un bacio con il palmo della mano, Bios fece altrettanto. La guardava andarsene di spalle e attraversare il grande cortile, lei indossava un vestito leggero, azzurro, stretto in vita, attillato ai fianchi, i capelli biondi raccolti e ornati. Lui mise la sua mano destra dove l'aveva tenuta lei fino a pochi secondi prima, impugnò anche lui quella stessa porzione di tubo metallico, quasi volesse sentire il calore della sua mano azzurra.

 
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