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La mia città è morta. Lo hanno detto al telegiornale, non volevo crederci, hanno detto per l'esattezza: è morta la città di Brescia. Stavo facendo sciogliere del burro nel tegame, adoro il profumo che sprigiona il burro quando cuoce, e sento alle mie spalle uscire dalla tv questa notizia. Ma dai, dico, proprio adesso che mi stavo mettendo a tavola. L'appetito scompare, la notizia è degna di attenzione, ascolto il servizio con una specie di angoscia dentro, sa di burro bruciato, cerco di capire, mi gratto la nuca senza convinzione, non si conosce la causa di questa tragedia, alzo il volume già alto, dicono che è successo stanotte, nessun boato nessuna epidemia nessun veleno nell'acquedotto, ma dappertutto corpi umani distesi senza vita, li vedo nello schermo, impressionante, inquadrature un po' traballanti, l'operatore cammina e riprende, la voce del giornalista è concitata, mette disagio, mette paura. Il servizio finisce, torna la linea in studio, Cesara passa un'altra notizia, il mulo Gelsomino è stato adottato da una famiglia giapponese che vive in Piemonte da 20 anni, anni fa abbiamo adottato un bambino, dice il capofamiglia Matsuo Basho sorridente, adesso si è fatto uomo e preferiamo adottare animali, sopratutto pesci, sempre zitti e buoni per il sushi quando trapassano e adesso adottiamo il mulo Gelsomino. Finalmente riesco a spegnere la tv, devo capire cosa è accaduto alla mia città, mi mantengo calmo, penso subito ai miei familiari, gli amici, a quasi tutte le ex, ai vicini di pianerottolo, alla ragazza mora che lava le scale il martedi, penso a tutto il mio mondo fatto di persone, rivedo quei cadaveri appena andati in onda riversi a terra in strane posizioni nelle piazze a me familiari, come fossero morti all'istante. Chiamo subito mio fratello sul cellulare mentre mi affaccio alla finestra e guardo il palazzo di fronte per cercare qualche prova evidente, non c'è campo, il mio cellulare è muto, sotto nel prato un cane caga, saranno morti solo gli umani, osservo di nuovo la facciata del condominio di fronte, scruto le finestre ad una ad una, non appare un' anima viva, da una finestra semiaperta una tenda sbatte mossa da una folata d'aria, mi accorgo che c'è un silenzio insolito, passa la tangenziale poco lontano, manca quel sottofondo di mezzi in movimento eterno. Non mi va di uscire e fare un giro in auto, ieri sera la spia della riserva lampeggiava, ho pochissima benzina e se anche il benzinaio è morto resto a piedi. Provo a chiamare usando il telefono fisso ma quando compongo il prefisso telefonico una voce mi avvisa che il numero è inesistente e non riesco nemmeno a completare le cifre. Comincio a preoccuparmi e fare strane congetture, qualcosa non va, mi getto fuori dalla porta e suono il campanello dei miei vicini di pianerottolo, padre madre e due figlie, ma non c'è nessuno in casa, cioè, nessuno viene alla porta. Vorrei suonare ancora e aspettare ancora, vorrei far passare tutte le porte, mi viene in mente che potrei andare sotto in portineria e far suonare tutti i citofoni come da piccolo, ma sento il mio cellulare squillare dentro casa mia, rientro, sul display compare un numero che non ho in rubrica, è un numero singolare che per un attimo mi desta stupore, una cifra ripetuta una dozzina di volte 11111111111 insomma non è il momento di congetture, si sarà abbonato per primo, e rispondo Si pronto! pronto! Sento un respiro ma questa persona non parla Pronto con chi parlo? E' vero che sono tutti morti? Ancora silenzio per qualche attimo eterno e questo respiro calmo, poi la voce parla: Il morto sei tu.
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