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Messaggi del 18/04/2020

Previsioni di pandemie epocali..

Post n°2789 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte : articolo riportato dall'Internet

PANDEMIECoronavirus, era già tutto scritto

Coronavirus, era già tutto scritto

Èormai da settimane l'argomento di apertura di tutti i

notiziari e delle prime pagine dei giornali: il nuovo

Coronavirus (2019-nCoV), il letale morbo proveniente

dalla Cina autore della nuova pandemia di questo inizio

di anni Venti del terzo millennio.

I coronavirus sono una grande famiglia di virus che possono

causare diverse infezioni, dal comune raffreddore a malattie più

gravi come la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS)

e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS).

Il "salto" di specie

Spesso questi ceppi virali si selezionano e vivono all'interno di

varie specie animali, senza contaminare l'uomo.

Tuttavia in alcuni casi possono comparire nuovi virus che, precedente-

mente circolanti solo nel mondo animale, ad un certo momento

subiscono una mutazione e diventano patogeni anche per la nostra specie.

È un fenomeno ben noto (chiamato spill-over o salto di specie) e si pensa

che possa essere alla base anche dell'origine di quest'ultimo coronavirus

proveniente dalla Cina.

Al momento la comunità scientifica sta ancora cercando di identificare con

sicurezza la fonte dell'infezione: si parla di pipistrelli, di serpenti ed anche

di una specie di pangolino.

Fatto sta che sembrerebbe che i primi focolai si siano sviluppati nel grande

mercato del bestiame della città di Wuhan, capoluogo e città più popolosa

della provincia di Hubei, alla confluenza del Fiume Azzurro e del

fiume Han (e quindi in un punto geograficamente già predisposto alla

diffusione ed agli scambi).

Evento previsto anni fa, seguendo i cacciatori di virus

Questo fatto che oggi sta allarmando l'opinione pubblica mondiale e

che viene dipinto come uno sfortunato evento eccezionale, in realtà 

era stato ampiamente previsto, con impressionante precisione e dovizia

di particolari, sin dal 2012 dal giornalista e divulgatore scientifico David

Quammen, collaboratore del National Geographic.

Infatti nel suo libro "Spillover", ora pubblicato anche in italiano da Adelphi,

Quammen aveva previsto tutto, compreso il fatto che la "prossima pandemia"

sarebbe partita da un mercato del sud della Cina.

Ma Quammen non è un indovino: è solo un abile cronista che ha indagato

con straordinaria efficacia tra gli squilibri a cui abbiamo costretto il pianeta

Terra, dedicandosi in particolare al lavoro, spesso oscuro, dei "cacciatori

di virus".

Con il fiato sospeso per capire il meccanismo di diffusione

Scrive Quammen: «Non vengono da un altro pianeta e non nascono

dal nulla.

I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus

che oggi colpiscono gli animali, ma che potrebbero da un momento

all'altro fare un salto di specie - uno spillover in gergo tecnico - e

colpire anche gli esseri umani...».

Il libro è unico nel suo genere e davvero attualissimo: un misto tra un

saggio sulla storia della medicina ed un reportage, è stato scritto in se

i anni di lavoro nei quali l'autore ha seguito gli scienziati al lavoro nelle

foreste congolesi, nelle fattorie australiane e nei mercati delle affollate

città cinesi.

Quammen ha intervistato centinaia di testimoni, medici e sopravvissuti,

ha investigato e raccontato con stile quasi da poliziesco la corsa alla

comprensione dei meccanismi delle malattie.

E tra le pagine più avventurose, che tengono il lettore con il fiato sospeso

come quelle di un romanzo noir, è riuscito a cogliere la preoccupante

peculiarità di queste malattie.

Ovvero la continua ricerca, da parte di organismi estremamente adattabili

e resistenti quali sono i virus, di un nuovo equilibrio per poter sopravvivere.

L'uomo come "ospite perfetto"

Un nuovo efficace equilibrio tra gli squilibri causati dall'Uomo, che stermina

direttamente o indirettamente intere popolazioni di virus e che di fatto li

obbliga a cercare freneticamente nuove possibilità di sopravvivenza tra le

alterazioni degli ecosistemi indotte dall'azione antropogenica!

Ovvero il virus fa ciò che fa per necessità di sopravvivenza.

E la scelta della specie umana come nuovo ospite è quasi ovvia: è un

mammifero (ideale portatore), appartenente alla specie più popolosa e

diffusa del Pianeta (che tra l'altro mangia altri animali di diverse specie),

si muove molto e ovunque (e quindi facilita la diffusione del virus) ed è a

stretto contatto con molte specie animali sia domestiche sia selvatiche,

anche a causa della distruzione e trasformazione degli habitat.

Insomma gli spillover o salti di specie di patogeni ci sono sempre stati e

continueranno ad esserci. Non tutti diventeranno per fortuna pandemie,

ma ancora una volta, la loro letalità potenziale e la loro velocità di

diffusione non saranno frutto del caso.

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

I versi degli animali

Post n°2788 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

LA LISTA COMPLETA

Ecco i nomi di tutti i versi degli animali

Ecco i nomi di tutti i versi degli animali

"Non fare tutti quei versi, sembri una bestia!" Tutti prima

o poi abbiamo udito un richiamo del genere, tipico di una

madre impegnata  a gestire il figliolo discolo (ma a volte anche

qualche marito un po' troppo sbragato).

Eppure gli animali non emettono generici versi, ma richiami che

hanno sovente nomi precisi. Alcuni li conoscerete di sicuro, altri

invece sono meno noti.

Eccovi dunque, per la vostra curiosità e divertimento, un  elenco leggero

e spensierato  di oltre 50 "versi" di animali vari.

Potete usarlo anche come gioco con i vostri figli e nipoti o magari, s

e siete insegnanti, portarlo a scuola: successo assicurato con i bimbi

sino a 7 anni.

 Ecco tutti i versi

  1. Lo zirlo del tordo (in generale e più specificatamente del Tordo bottaccio)
  2. Lo striscio di un Tordo sassello
  3. Il gracchiare del corvo e della cornacchia
  4. Il tubare delle tortore e dei colombi
  5. La gallina chioccia o crocchia
  6. Il gallo canta e chicchiricchia
  7. Il cinguettìo dei passeri
  8. Il garrito della Rondine
  9. Il trillo dell'Allodola
  10. Il pettirosso chiccola
  11. Il codirosso ciarla
  12. Il canarino semplicemente canta
  13. La risata del picchio verde (ma anche della Iena)
  14. Il ticchettìo dei codibugnoli e dello Scricciolo
  15. Il gorgheggio dell'usignolo
  16. Il chiurlare del chiurlo e dell'assiolo
  17. Il "bacio" del beccaccino
  18. Il cigno e il barbagianni soffiano
  19. Il pavone paupula
  20. Il bramito del cervo
  21. Il capriolo rantega e abbaia
  22. Il cinghiale grufola e grugnisce
  23. La giraffa landisce
  24. Il raglio dell'asino
  25. Il nitrito del cavallo
  26. Il belato della pecora e della capra
  27. Il muggito del bue e della mucca
  28. L'ululato del lupo e del coyote
  29. L'abbaiare del cane
  30. La volpe guaiola
  31. Il fischio della marmotta e della poiana
  32. Il ruggito del leone e della tigre
  33. Il brontolare del giaguaro
  34. L'orso ruglia e bruisce
  35. Il miagolìo e il soffio del gatto ,del puma e dei felini in generale
  36. Il barrito dell'elefante
  37. Le scimmie urlano e farfugliano
  38. Il nitrito e il muggito del coccodrillo e del caimano
  39. Lo squittìo del topo ma anche dello scoiattolo.
  40. Il Furetto potpotta
  41. Il gracidìo della rana
  42. L'aquila e il falco gridano o stridono
  43. Il gufo bubola e soffia
  44. L'avvoltoio pulpa
  45. Lo starnazzo delle anatre e lo schiamazzo delle oche
  46. Il tacchino gloglotta
  47. Il pulcino pìgola
  48. Il sibilo del cobra
  49. Il biacco invece soffia
  50. Il frinire delle cicale
  51. La zanzara zufola e ronza
  52. Il ronzare o il bombire dell'ape, del bombo e del calabrone
  53.  e più in generale degli insetti volatori
  54. Il coniglio ziga

E infine se la mucca fa "muuu", la balena dovrebbe fare "baaaa"? 

Freddure a  parte,  la balena "canta" 

 
 
 

No alla plastica...

Post n°2787 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

CONSIGLI PRATICI PER VIVERE ZERO WASTED

all'acciaio al vetro, le alternative alle bottiglie di plastica

Dall'acciaio al vetro, le alternative alle bottiglie di plastica

Ci sono tanti cambiamenti che possiamo apportare al nostro

stile di vita per contribuire a ridurre il proprio impatto ambientale.

Tra tutti, ce n'è uno in particolare che non richiede grandi sforzi e

i cui effetti possono davvero fare la differenza: sto parlando

dell'abitudine di bere acqua nelle bottiglie di plastica.

Vale la pena ricordare le ragioni per cui la plastica è tra i materiali

che bisogna cercare di evitare il più possibile: secondo diverse stime,

ne ricicliamo solo il 30% e il resto, viste le difficoltà nello smaltirlo,

finisce in fiumi, mari e oceani.

In particolare, la produzione di bottiglie di plastica, tra le fasi di lavorazione,

packaging e trasporto, produce sei volte il suo peso di CO2, rendendole

uno dei prodotti di largo consumo più inquinanti, soprattutto se si pensa

alla quantità di cui se ne fa uso ogni giorno.

Le alternative

Non possiamo fare a meno dell'acqua, ma possiamo dire no alle bottiglie

in plastica.

La prima vera alternativa alle bottiglie di plastica è la borraccia in acciaio.

La maggior parte delle borracce attualmente in commercio sono fatte apposita-

mente per essere trasportate ovunque, mantengono l'acqua fresca per diverse

ore e sono più leggere rispetto ai più classici thermos.

A casa, si possono usare bottiglie in vetro, riutilizzabili all'infinito e più

gieniche rispetto alle bottiglie in plastica.

Un'ottima soluzione per riempire le bottiglie - e sul lungo periodo anche la

più conveniente - è l'installazione di un sistema di filtraggio dell'acqua.

Anche l'acqua dei rubinetti dei comuni italiani potabile e sicura quanto

quella in bottiglia, visto che il rischio di contaminazioni batteriche è

praticamente nullo.

Se nella vostra città l'acqua è potabile ma il gusto lascia a desiderare non

dovete arrendervi: potete, ad esempio, aggiungere alle vostre bottiglie dei 

bastoncini in carbone attivo che, messi a bagno nell'acqua, in poche ore

le donano un gusto migliore.

Gli stick di carbone migliorano il sapore dell'acqua

In molti comuni e città italiane sono inoltre presenti distributori gratuiti

di acqua, dove i residenti si possono recare per riempire le proprie bottiglie.

I vantaggio del no alla plastica

Se inizierete ad usare una borraccia in metallo vi renderete subito conto

degli enormi vantaggi che ne conseguono.

Portare con sé una borraccia consente di bere ogni volta che si ha sete e ricorda

di bere anche quando ce ne si dimentica. In più, con una borraccia termica,

l'acqua rimane fresca tutto il giorno, anche nelle giornate più calde.

Bere acqua in bottiglie di plastica rimaste sotto il sole è infatti sconsigliabile,

perché la plastica può contenere composti come il bisfenolo A (BPA) che

viene rilasciato nell'acqua con il calore, con effetti dannosi sull'apparato

endocrino.

Non a caso in Europa le bottiglie d'acqua e i giocattoli per i bambini devono

essere BPA-free.

Portare ovunque la propria borraccia è anche un ottimo modo per risparmiare:

è vero che l'acqua è relativamente economica, ma avere con sé una borraccia

permette di riempirla gratuitamente ogni volta che ce n'è l'occasione.

Come se non bastasse, liberarsi dalle bottiglie di plastica significa anche 

liberarsi della noia di trasportare pesanti bottiglie a casa e nella spazzatura

una volta terminate.

I medici ci dicono di bere almeno due litri di acqua al giorno, quindi almeno

una bottiglia ogni giorno per 365 giorni all'anno.

I conti sono presto fatti, ognuno di noi in una vita utilizza circa 30 mila bottiglie.

Moltiplicate questa quantità per 7 miliardi di persone...

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Un ibrido chiamato caracat...

Post n°2786 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

ALLARME "FELINO PERICOLOSO" A MILANO

Tutti a caccia di un caracal... ma era solo un caracat

Tutti a caccia di un caracal... ma era solo un caracat


L'allarme felino pericoloso a Milano viaggia via social quando sulla

pagina FB di Palazzo Marino, la sede della municipalità, è comparso

un post che chiedeva l'aiuto dei cittadini per rintracciare una persona,

vista in giro per la città con un caracal al guinzaglio.

La foto diffusa da Palazzo Marino

Illegale possederne uno in Italia

Il caracal (Caracal caracal) è un felino di medie dimensioni, con un

areale che spazia dall'Africa all'Asia, che non può essere legittimament

e detenuto in Italia essendo inserito nell'elenco degli animali pericolosi

per la salute e l'incolumità pubblica.

 Pur essendo un felino addomesticabile (nella teoria ma certo non è legale),

come il serval e il ghepardo usati fin dai tempi antichi per la caccia, il felino

fotografato più volte in città non era un caracal.

Caracat, il felino in miniatura che costa 10mila Euro

Il piccolo felino diventato le cui immagino sono diventate virali in poche

ore era in realtà semplicemente un caracat, ovvero un ibrido ottenuto

(in Italia è una pratica vietata in quanto ne è vietata la detenzione)

incrociando un caracal maschio con una gatta abissina.

Da questo incrocio si ottengono ibridi fertili che, dopo la terza generazione,

possono essere venduti sulla rete in tutto il mondo, o almeno nei paesi che

lo consentono.

Animali destinati a ricchi acquirenti, con uno spiccato esibizionismo oppure

in cerca di facili guadagni, visto che una coppia di caracat può assicurare

ai padroni ingenti entrate: il prezzo di un cucciolo infatti è intorno ai 10.000 Euro.

Il caracat, quindi, pur mantenendo un'indole molto attiva e una dimensione

di tutto rispetto (15 kg) è soltanto uno dei gatti creati a tavolino per rispondere

alla moda malata del momento: possedere repliche nell'aspetto dei felini selvatici,

pur senza esserlo.

Altri esempi di questa innaturale creazione sono i gatti savannah, ottenuti incrociando

un maschio di serval con una gatta siamese oppure i bengala che sono ibridi creati

dall'incrocio fra un gatto domestico e un gatto tigrillo sudamericano e ancora gli

ashera, incrocio tra gatto selvatico africano e gattopardo asiatico, i più cari e simili

a piccoli giaguari.

Niente di pericoloso quindi, ma, se vogliamo, qualcosa di molto inquietante perché

l'uomo si sostituisce a madre natura e alla selezione naturale creando "mostri" per

nulla, comunque, adatti alla vita cittadina.

La proprietaria del caracat è stata rintracciata e diffidata dal Garante dei diritti

degli animali di Milano dal portare l'animale a spasso per la città.

La padrona, una cittadina della Repubblica Ceca, che avrebbe dichiarato di essere

in Italia per sottoporre il cucciolo a un'operazione chirurgica.

Ancora da chiarire il tipo d'intervento e l'unica certezza attualmente pare essere

il fatto che la signora abbia acquistato l'esemplare per farlo accoppiare, con un

altro caracat femmina di cui è già in possesso.

Da sempre l'uomo ama circondarsi di animali esotici, dimenticando spesso

il loro benessere e le necessità che derivano dall'evoluzione di ogni specie.

Per aggirare norme e divieti negli ultimi anni si è sviluppata la scorciatoia

dell'ibridazione, replicando animali con un aspetto molto simile ai loro progenitori

selvatici. 

Gli ibridi di quarta generazione (quelli successivi agli F3), perdono la loro connota-

zione di felini selvatici dal punto di vista tecnico giuridico e possono quindi essere

venduti senza incorrere nelle maglie della legge.

Sul web si possono trovare in vendita animali di ogni genere, com'è dimostrato

dal fatto che ogni tanto vengono trovati, anche in Italia, animali vietati come i

due giovani puma illecitamente detenuti e quindi sequestrati recentemente in

Piemonte.

Per ragioni di sicurezza ma anche per tutelare gli animali molti esperti del settore

ritengono che sia necessaria una maggior regolamentazione, sia sulla creazione

e detenzione di questi ibridi che per ottenere un maggior controllo di quanto

viene messo in vendita sulla rete.

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Allenamento con i tursiopi..

Post n°2785 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

MA SOLO PER SCOPI EDUCATIVI

Da oggi si potrà nuotare in vasca con i delfini

Da oggi si potrà nuotare in vasca con i delfini

Ascioglimento delle Camere già avvenuto è uscito in

questi ultimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale l'ultimo decreto

del ministro Galletti in merito alla custodia di animali

selvatici in cattività. In realtà, si tratta semplicemente della

modifica di alcuni paragrafi della direttiva 1999/22/CE

sufficienti però, in sostanza, a consentire una pratica finora

vietata: il nuoto con i delfini dei non addetti ai lavori in

ambiente controllato, cioè nei delfinari.

A seguito del decreto il mondo ambientalista è insorto

spingendo il ministero dell'Ambiente e della Tutela del Mare

a specificare che "non si tratta di un via libera a questa attività

ma una semplice deroga nell'ambito di iniziative di educazione

ambientale senza scopo ludico" che, peraltro, venivano già in

parte praticate.

Probabilmente, però, il ministro non ha colto il senso della polemica:

 il problema, infatti, è proprio pensare che esista una qualche forma

di educazione nell'entrare in acqua con animali detenuti, è il caso di

dirlo, in pochi metri quadrati d'acqua quando in natura sono abituati

a nuotare per chilometri e chilometri al giorno.

Certo, in questo caso, parliamo di animali quasi tutti nati in cattività,

alcuni anche di seconda o terza generazione, il cui eventuale

reinserimento in natura sarebbe faccenda molto complessa (tuttavia,

c'è chi l'ha tentato, talvolta con successo, ma i rischi e i costi sono

altissimi), ma il concetto non cambia.

In Italia le strutture che mantengono

in cattività i delfini (tutti tursiopi) sono l'acquario di Genova e

Oltremare di Riccione, che hanno una visione per così dire più

"espositiva", appartenenti alla Costa Group, e Zoomarine di Pomezia

di proprietà di una multinazionale messicana.

La struttura già offriva ai visitatori, per 150 euro a testa, la possibilità

di partecipare al programma "Emozione Delfini - un giorno da addestratore"

 con una sessione pratica direttamente in vasca (senza toccare, almeno

finora, i cetacei).

Il passaggio a gestione messicana non è casuale dato che proprio in

Messico, uno degli ultimi paesi in cui era consentito catturare in mare

i delfini per i delfinari, i parchi acquatici sono numerosi e molto

redditizi e vi si praticano esperienze di nuoto e contatto con gli animali. 

I clienti sono soprattutto ricchi nordamericani o stranieri disposti a

pagare centinaia di dollari per una foto con un "bacio" del delfino,

per essere spinti sotto i piedi dai cetacei o trascinati in acqua aggrappati

alle pinne pettorali.

Attorno a queste strutture si è costruito un vero mondo fatto di matrimoni

con i delfini, feste di vario genere, possibilità di contatto con i cetacei anche

per bambini di un anno di età e poi una sorta di pet therapy con ragazzi con

varie patologie, soprattutto psichiche. Su questo punto è bene ricordare che

un delfino non è meno intelligente di un cane, principale animale utilizzato

per questa attività, ma ha un approccio totalmente diverso con gli esseri

umani, basato più sulla simpatica che sull'empatia, sulla curiosità piuttosto

che sul compiacimento, com'è invece per Fido.

In Italia, per fortuna, non si mai arrivati a tali livelli e strutture volte al puro

divertimento, come Gardaland, hanno rinunciato ai delfini tempo fa mentre

quelle non idonee sono state chiuse (come Rimini).

Ma pur senza mettere in dubbio l'amore e la professionalità delle persone

che operano nelle strutture rimaste con questi animali incredibili il problema

è quanto il loro benessere possa essere reale tra le mura di poche vasche

(per legge devono essere più d'una).

Essendo animali altamente sensibili, intelligenti e curiosi hanno bisogno di

continui stimoli (provate a lanciare e riprendere ripetutamente un mazzo di

chiavi davanti al vetro di una vasca e immediatamente i delfini accorreranno

eccitati per la novità producendo abbondanti bolle dallo sfiatatoi, come a

chiederti cosa fai, e rispondendo al gioco tentando di prenderlo con la bocca),

di esplorare, scoprire interagire con i propri simili e difficilmente qualche

palla e un cerchio potranno essere sufficienti sostituti.

Negli anni diversi addestratori hanno fatto dietrofront a cominciare

dall'americano Ric O'Barry, che ha poi partecipato all'imperdibile

documentario The Cove (sull'orrore della cattura-massacro di delfini

di varie specie da parte dei giapponesi a Taiji), fino allo spagnolo

Albert Lopez che ha lavorato anche a Genova e Oltremare di cui è

stato responsabile addestratore.

Confessandosi con la stampa Lopez ha ammesso che per quanto

l'equipe si adoperi per rendere la vita dei delfini dei delfinari migliore

stress, solitudine e sofferenza ai forti suoni sono inevitabili.

 Non a caso in tutto il mondo non sono mancati piccoli incidenti in cui i

delfini, spaventati o stressati, hanno avuto segni di aggressività verso le

persone in acqua, ma probabilmente anche questo fa parte, per il ministro,

del presunto percorso educativo.

Infine, se vogliamo parlare di tutela dei cetacei, gli esperti hanno dimostrato

che non ci sono benefici per questi animali anche in considerazione del

fatto che le specie più usate come i tursiopi al momento non sono in

pericolo di estinzione - pur subendo il deupauperamento ittico dei mari e

l'inquinamento.

Al contrario, i delfinari giustificano e sostengono la crudele caccia ai delfini

a Taiji che ogni anno porta alla distruzione di branchi e famiglie, fino a quel

momento legatissimi, e alla morte di moltissimi individui.

Come può esserci educazione in tutto questo?

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FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Sul consumo di cibi strani...

Post n°2784 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Riflessioni di Blogteca

Di seguito viene riportato un articolo sulla possibile

fruizione alimentare di locuste, definita una importante

fonte di proteine.

Certo che la sovrappopolazione del pianeta nei paesi del

terzo e del quarto mondo, la diminuzione preoccupante

delle risorse di prima necessità, e in tal caso ci si riferisce

alla mancanza di risorse alimentari, portano alla ricerca di

altre soluzioni a problemi che si prospettano estremi e

sicuramente molto complessi, che richiedono soluzioni

complesse ed articolate.

Non è la prima volta che si sente parlare di consumo

alimentare di locuste e scorpioni, anzi, all'EXPO' di Milano del

2015,tali risorse facevano bella mostra di sè negli stand dei

paesi africani che parteciparono all'evento.

Da allora sono passati cinque anni e oggi, nel 2020, siamo

tutti bloccati dal lockdown a causa del COVID19, un virus

trasmesso all'uomo dai pipistrelli nonchè dai serpenti, venduti

vivi nei mercati cinesi per il consumo alimentare, che sta

facendo migliaia di morti e ancora non abbiamo imparato la

lezione e cioè che noialtri europei occidentali siamo abituati

alle nostre tradizioni gastronomiche da secoli, che sono

scritti nel nostro DNA collettivo.Non viene in mente a

nessuno che consumare risorse alimentari cui i popoli europei

non sono abituati, significa passare di pandemia in pandemia

in un seguito mai più finito, che rischia di durare secoli,

prima di abituarsi "all'ordine nuovo" e prima che questo sia

riscritto nel DNA collettivo ci vorranno secoli se non millenni,

e proprio nel mondo globale, in cui si stanno verificando le

emigrazioni e le fusioni storiche e preistoriche millenarie,

sotto una nuova etichetta.

 
 
 

I cibi alternativi...

Post n°2783 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riporato dall'Internet

DA FLAGELLO A RISORSACavallette: la soluzione è nel piatto

Cavallette: la soluzione è nel piatto

Iventi del deserto portano ancora oggi con sé "nuvole" di miliardi

di insaziabili locuste che distruggono ettari di raccolto in poco

tempo; all'arrivo degli ortotteri, le coltivazioni subiscono violente

devastazioni capaci di portare alla fame interi villaggi e comunità

umane in tutto il mondo, dalla Penisola Arabica all'India, dalla Bolivia

all'Argentina, dal Madagascar alla Russia.

Insetti insaziabili

Le specie che arrecano i maggiori danni alle coltivazioni sono la locusta

del deserto (Schistocerca gregaria), la Schistocerca cancellata, che

colpisce in sud America, e la Locusta migratoria.

Le locuste sono così dannose perché polifaghe, si nutrono cioè di differenti

specie vegetali, ne mangiano non solo le foglie ma anche i frutti, i germogli

e i semi, radendo al suolo intere piantagioni; tra le coltivazioni maggiormente

colpite troviamo quelle più importanti per la salute dell'uomo: il mais,

il riso, l'orzo, il sorgo, la canna da zucchero, il cotone, la palma da dattero,

il banano, le distese di erba, il grano, solo per citarne alcune.

Una fonte importante di proteine

Molti studiosi sono al lavoro per individuare, e quindi ostacolare, i

meccanismi con cui le cavallette si uniscono in sciami, per prevederne

le migrazioni - che seguono l'andamento delle piogge e dei mutamenti

climatici - oppure per trovare sostanze naturali sostitutive dei pesticidi

per debellarle.

Tuttavia, in molti paesi africani e asiatici le cavallette costituiscono anche

una risorsa dalla notte dei tempi.

I pastori e i contadini hanno saputo convivere con la calamità naturale nel

modo più semplice, cioè cibandosene nei periodi di carestia.

Dal Rwanda allo Yemen, dal Nepal Indonesia ma anche in Messico e in

Thailandia vengono servite locuste, cavallette e grilli in tutte le salse, buone

come le patatine fritte, dicono, preparate come spiedini o arrostite o trifolate,

in tortillas piccanti, in padella o alla piastra.

Gli insetti, in particolare locuste e grilli, hanno un contenuto proteico

importante, paragonabile a quello della carne.

Gli studiosi stanno concentrando gli sforzi delle loro ricerche nella valutazione

degli elementi nutritivi presenti nelle varie specie per capire se l'organismo

umano sia in grado di assimilare bene le proteine e il ferro che contengono.

Dunque, cibo abbondante e proteico, ricco di fibre, colesterolo buono

, vitamine e minerali...chissà che la soluzione al flagello non sia

proprio da ricercare nel piatto.

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FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

Vittoria per gli orsi della luna.

Post n°2782 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

IN VIETNAM

Vittoria per gli orsi della luna: chiuse le fattorie della bile

Vittoria per gli orsi della luna: chiuse le fattorie della bile


Potranno essere finalmente liberati gli oltre 1000 orsi della

luna (Ursus thibetanus) ancora detenuti nelle terribili fattorie

della bile vietnamite, veri e propri luoghi di tortura dove si

estrae la bile agli animali, da vivi, a scopi medici.

Già dichiarate illegali dal 1992, ma rimaste funzionanti per via

di un espediente, queste "aziende agricole" detengono gli orsi

in piccolissime gabbie drogandoli e tenendoli costantemente

collegati a una cannula che risucchia l'ambito liquido dalla cistifellea.

In alternativa, viene praticato chirurgicamente un foro nell'addome

dell'animale che resta sempre aperto sgocciolando bile "liberamente".

Così come per ossa di tigre e corni di rinoceronti, la bile degli orsi è

considerata dalla medicina tradizionale cinese un toccasana per molti

disturbi, dalla febbre ai problemi di fegato fino alle piaghe agli occhi.

Un rimedio che ha portato la specie sull'orlo dell'estinzione anche

perché fino agli anni '80 gli animali venivano uccisi.

Grazie all'intervento dell'associazione Animals Asia che da anni si

batte contro questa barbara pratica, il governo vietnamita, dopo

l'accordo del 2015 che vieta, entro il 2020, la prescrizione di medicinali

a base di bile di orso, ha fatto un altro passo avanti firmando un

protocollo d'intesa per il trasferimento effettivo degli orsi ancora

prigionieri in nuovi santuari dell'associazione.

Fattorie ancora aperte in Cina e in Corea

Ma è solo una piccola vittoria considerando che in Cina e Corea del

sud questa pratica è ancora legale e molto diffusa, prassi a cui si aggiunge

il bracconaggio su orsi liberi (la bile su orsi selvatici è considerata più efficace).

 In Cina in particolare, si parla di circa 10 mila orsi  della luna attualmente

costretti nelle fattorie della bile. 

Qui, a causa della mancata possibilità di movimento, delle infezioni e di

malattie il tasso di mortalità e di sofferenza è altissimo così come i casi

di ferite autoindotte che costringono gli allevatori a esportare agli animali

denti e unghie. Nel 2000 Animals Asia ha ottenuto la liberazione di 500

orsi della luna cinesi, ma la strada è ancora lunga.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

I risultati di una ricerca tedesca.

Post n°2781 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato

dall'Internet

​Spugne da cucina come le feci e lavarle non serve

​Spugne da cucina come le feci e lavarle non serve


Più che pulire, le spugnette da cucina sporcano le stoviglie

e le superfici con cui entrano in contatto.

E lo fanno diffondendo i miliardi di batteri di cui pullulano,

complici anche i fattori favorevoli al proliferare dei micro

organismi: caldo, umidità e materiale organico.

Questo è quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori

dell'università tedesca di Furtwangen.

 Secondo le analisi, peggio delle spugne da cucina - in quanto a

batteri - ci sarebbero solo le feci.

Miliardi di batteri

«Abbiamo rilevato la stessa densità di batteri che si registra nelle

feci umane - ha detto il professor Markus Egert, autore dello studio.

Non c'è altro posto al mondo che sia tanto sporco e contaminato».

A leggere i numeri, ci sarebbe da gettare immediatamente le spugnette:

 un centimetro cubo ospita ben 82 miliardi di batteri, appartenenti

a 362 specie differenti.

Tra questi c'è anche Moraxella osloensis, il batterio responsabile

dell'odore sgradevole e che - nelle le persone immunodepresse -

potrebbe causare infezioni.

Anche lavarle non serve ​

La soluzione, dunque, è lavare le spugne in lavatrice, oppure metterle

nel microonde per uccidere i batteri? No, secondo i ricercatori. 

Perché questo servirebbe ad eliminare solo i batteri più deboli, ma non

attaccherebbe quelli più pericolosi e più aggressivi.

«La conclusione è che solo cambiare settimanalmente le spugnette

riesce ad evitare la contaminazione di alimenti e superfici - ha concluso

il ricercatore -. In alternativa, si può utilizzare la spugna della cucina

per pulire ambienti meno sensibili dal punto di vista dei batteri come,

ad esempio, il bagno».

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Dian Fossey

Post n°2780 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

PICCOLE STORIE DI GRANDI NATURALISTI

La misteriosa morte di Dian Fossey, primatologa

che studiò i gorilla

La misteriosa morte di Dian Fossey, primatologa che studiò i gorilla

La sera del 26 dicembre 1985, al centro di ricerca di Karisoke

in Ruanda, uno sconosciuto si aprì un varco tra le assi della

capanna più grande e assalì a colpi di machete Dian Fossey,

ponendo così brutalmente fine alla sua vita.

Aveva solo 53 anni.

Le indagini portate avanti dal governo ruandese sulla morte

della scienziata americana condussero all'accusa di omicidio

nei confronti del suo assistente, il giovane connazionale Wayne

McGuire, che però riuscì a rifugiarsi negli Stati Uniti, evitando

così la cattura.

Ma la condanna del ragazzo non convinse mai davvero nessuno:

nei suoi ultimi anni Dian Fossey, a causa di un carattere spigoloso

e della guerra senza esclusione di colpi che mandava avanti ormai

da tempo nei confronti dei bracconieri, si era fatta numerosi nemici.

Attualmente, pur restando un delitto senza colpevole, la convinzione

più diffusa è che l'uccisione della primatologa sia stata organizzata

dai bracconieri locali.

L'eredità di Dian Fossey

Ma, a parte la tristissima fine, qual è l'eredità che Dian Fossey ha

lasciato ai posteri? Di sicuro la sua esperienza quasi ventennale tra

le fredde foreste ai piedi dei vulcani Virunga ha consegnato alla storia

della scienza il più lungo e dettagliato studio sul gorilla di montagna,

una varietà a grave rischio di estinzione.

Varietà minacciata anche dai conflitti degli uomini, a cui hanno fatto

da sfondo per decenni le martoriate terre di Congo, Uganda e Ruanda,

territorio naturale di questi animali.

L'esperienza di Dian Fossey si è tradotta anche in "Gorilla nella nebbia",

un approfondito, appassionato ma al tempo stesso distaccato e rigoroso

testo scientifico sui gorilla, da cui è stato liberamente tratto un omonimo

film di grande successo, interpretato da Sigourney Weaver.

E poi ha insegnato a scienziati e conservazionisti a combattere il

bracconaggio su tutti i fronti, senza timori o esclusione di colpi; ha regalato

alla storia, insieme ai contributi di Jane Goodall e Birutė Galdikas, l'epopea

delle "Trimates", le tre scienziate inviate da Louis Leakey a studiare le

grandi scimmie antropomorfe nei loro territori naturali; ma, più di ogni

altra cosa, ha restituito al gorilla l'immagine che realmente gli si addice,

quella di un animale pacifico, intelligente, empatico: lontano anni luce

da quella bestia feroce e pericolosa, troppo a lungo parte dell'immaginario

collettivo a causa di film e libri d'avventura.

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

La Natura in Leonardo Da inci

Post n°2779 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte:articolo riportato dall'Internet

IL DISEGNO DEL MONDO DEL GENIO DI VINCI

Leonardo e la natura, un rapporto da indagare

Leonardo e la natura, un rapporto da indagareLeonardo da Vinci Due studi di granchio (1478-1482 circa)

penna e inchiostro bruno Wallraf-Richartz-Museum &

Fondation Corboud, Colonia

Palazzo Reale a Milano ha aperto le porte per la più grande mostra

mai realizzata in Italia dedicata a Leonardo: "Leonardo da Vinci

1452-1519. Il disegno del mondo". Curata da Pietro Marani e Maria

Teresa Florio, la rassegna resterà aperta fino al 19 luglio

(mostraleonardodavinci.it). Raccoglie oltre duecento opere provenienti

da musei e istituzioni di tutto il mondo, tra cui Louvre, Royal

Collection di Windsor, National Gallery Art di Washington,

Pinacoteca Ambrosiana, Musei Vaticani.

Di Leonardo si è scritto e detto molto. Spesso gli sono state attribuite

anche invenzioni che in realtà non gli appartengono e altrettanto di

frequente la sua figura è stata riletta in chiavi originali ma non sempre

aderenti al vero.

Qualcuno ogni tanto ha messo in luce la sua sensibilità verso la natura,

e questo invece è un dato di fatto. Magari è un azzardo affermare che

con lui è nata l'ecologia (è stato detto anche questo), ma certamente

la sua genialità si è espressa anche in questo campo.

Fu il primo scienziato che studiò la natura non per dominarla, ma

semplicemente per comprenderla.

Leonardo ebbe un profondo rispetto per tutte le forme di vita e manifestò

sempre un enorme interesse, quasi una venerazione, per la complessità e

la varietà della biosfera.

Non smise mai di pensare che l'ingegnosità della natura fosse superiore

al disegno umano e comprese che sarebbe stato saggio rispettarla e

imparare da essa.

Nei suoi lavori rappresentò spesso piante nel loro habitat e molti disegni

testimoniano quanto fossero avanzati i suoi studi botanici, quando la

botanica era ancora in una fase puramente descrittiva ed era considerata

perlopiù accessoria alle arti medicamentose.

La Sala delle Asse al Castello Sforzesco di Milano offre uno straordinario

esempio di questa sua sensibilità. Ma anche celebri dipinti, come la Vergine

delle Rocce, rivelano la sua straordinaria capacità di restituirci una

traduzione scientifica dell'immagine visiva, che in Leonardo non è solo

un'impressione della realtà, ma una sua accurata documentazione.

In mostra a Milano ci sono altri efficaci esempi: due studi di granchio,

studi per un orso incedente, paesaggi, studi sul movimento del cavallo,

studi sul corso e sui gorghi dell'acqua e i meravigliosi diluvi.

C'è poi un altro aspetto importante: Leonardo da Vinci è stato pittore,

scienziato e ingegnere, uomo di ingegno e talento universale.

Questa sua capacità di dedicarsi contemporaneamente a più studi e

di leggere la complessità e la profondità dei fenomeni naturali

restituisce agli occhi di un moderno osservatore la figura di un uomo

che aveva già elaborato un approccio olistico.

In tal senso forse non è poi così azzardato affermare che la sua piena

sintesi di arte e scienza era già intrisa di consapevolezza ecologica.

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COm

 
 
 

La tematica della Natura in J.Campbell.

Post n°2778 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articoloriportato dall'Internet

QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA

Campbell e la sacralità della Natura

Campbell e la sacralità della NaturaIl tentativo di entrare in armonia con quella grande sinfonia che è il mondo.

Questa è la risposta di Joseph Campbell, ad una domanda di Bill Moyers

(«Quindi quest'unica grande storia consiste nella nostra ricerca di un ruolo

nella rappresentazione?»).

Alla fine di tutto il nostro cercare, dei nostri numerosi percorsi, delle nostre

domande dovremmo avere almeno il tentativo di introdurci in questo mondo

meraviglioso in cui viviamo, che è una grande sinfonia vivente, naturale, vera.

E non bisogna assolutamente aver vinto il premio Nobel per approcciarsi a

questo tentativo primario; per iniziare è sufficiente guardarsi dentro, alzare

gli occhi e camminare.

Ci si accorgerà vivendo che nei secoli, anzi, nei millenni, molti esseri umani

hanno sviluppato un linguaggio ottimale per trasmettere valori, ideali, conoscenze,

misteri, tutto lo scibile umano, conscio e inconscio: il mito.

Solo racconti? Solo favole per la buona notte? Solo brevi proemi di alcuni poemi

epici che oramai non si leggono quasi più? Assolutamente no.

Campbell sapeva bene che il mito non è solo una "storiella", altrimenti non vi

avrebbe dedicato la sua intera esistenza.

Il mito può avere certamente diverse funzioni, e tra queste Campbell ne

ricorda una importante:

Santificare il paesaggio è una delle funzioni fondamentali della mitologia.

Ma perché chi si trova a guidare i nostri Paesi non legge di più determinati

testi? Eppure sembra basti poco.

Siamo in un epoca in cui il paesaggio di certo è poco tutelato; se poi

pensiamo alla nostra penisola, un amaro sorriso è la prima reazione spontanea.

La domanda è una: noi vediamo il paesaggio come un potenziale guadagno,

un sicuro profitto tradotto in banconote oppure esso è qualcosa di sacro che

offre all'uomo infinite opportunità e risorse per imparare a vivere rispettando

una grande sinfonia naturale?

Dunque, santificare il paesaggio dovrebbe diventare una priorità governativa,

oltre ad essere una funzione vitale della mitologia.

È probabile che ciò sia lontano dalla realtà, ma solo finché l'uomo non

cambierà il proprio modo di essere in rapporto al mondo che lo circonda,

tutto il mondo.

Avere una sensazione di sacro per la natura che ci circonda non è

scaramanzia, bigottismo o perdita di tempo.

Significa comprendere a fondo quello in cui siamo, fortunatamente,

immersi.

Ecco perché Campbell insiste sulla sacralità:

Credo sia stato Cicerone a dire che, quando entriamo in un grande

bosco avvertiamo la presenza di una divinità.

Ci sono boschi sacri ovunque. [...] Credo che questa sensazione della

presenza della creazione sia un sentimento fondamentale dell'uomo.


Joseph Campbell, (1904-1987), studiò letteratura alla Columbia

University, sanscrito e filosofia a Parigi e Monaco; è stato uno dei

più grandi studiosi di mitologia comparata.

Tra le sue opere, L'eroe dai mille volti, Miti di luce. Le citazioni di

questo articolo sono invece tratte da Il potere del mito (intervista di

Bill Moyers a J. Campbell).

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

La Natura in W.Whitman

Post n°2777 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA

Whitman, dai libri alla natura e dalla natura ai libri

Whitman, dai libri alla natura e dalla natura ai libri

174giugno 1880

Per veramente penetrare un grande quadro, o libro, o brano

di musica, architettura o scenario sublime - o anche per la prima

volta la normale luce del sole, o il paesaggio, o persino il mistero

dell'individualità, tra tutti il più curioso - sopravvengono nella vita

di un uomo cinque fortunati minuti, inseriti in un concorso fortuito

di circostanze, che portano a culminazione in un breve lampo anni

di letture e viaggi e pensamenti.

Questo caso me l'ha offerto oggi verso le due del pomeriggio, il Niagara,

con la sua superba severità del suo movimento, dei colori, e della mole

maestosa, in una breve, indescrivibile visione.

Walt Whitman, Giorni rappresentativi

È sempre tempo per osservare la Natura, è sempre la stagione giusta

per mettersi in cammino.

 Durante l'estate, probabilmente, grazie alle vacanze, si potrebbe avere

un'occasione in più.

Eppure non possiamo sapere quando verranno, nella vita di ciascuno,

cinque fortunati minuti, inseriti in un concorso fortuito di circostanze,

che ci potranno rivelare, tramite una visione, la comprensione di molti

nostri studi, di parecchie letture, di altrettanti viaggi e misteri.

Non potremmo nemmeno sapere fino a quale punto dovremmo

considerare fortuito il concorso di circostanze che ci potrebbe portare

ad una simile verità.

Del resto, non è sempre il caso.

E spesso non basta aver studiato sempre e molto; occorre uscire,

camminare, immergersi, toccare, sentire.

Allora si avranno più possibilità di poter cogliere l'arte, la poesia, la

scienza, i romanzi e, perché no?, la vita e la morte.

Ma, dato che spesso la vita stessa è un ciclo, è necessario avere una

certa sensibilità predisposta per poter avvicinarsi al mondo; sensibilità

che tramite la letteratura, l'arte, la musica si può alimentare.

Ed ecco un ciclo: dalla Natura si arriva ai libri, ma dai libri ci si

predispone alla Natura.

In effetti, anche Whitman, in un altro passo del suo diario autobiografico,

 Giorni rappresentativi, ammirando la costa marina, riconosce questo

fatto tangibile.

Quella distesa di onde e di rena bianco-grigia, salata, monotona, ottusa -

un'assenza così totale d'arte, libri, conversazioni, eleganza - così

indescrivibilmente rasserenante persino in questa giornata d'inverno -

austera, ma con un che di delicato, così spirituale - capace di smuovere

impalpabili abissi di emozione, più sottili di qualsiasi poesia, pittura

o musica ch'io abbia mai letto, visto o udito. (Ma a esser sinceri, non

sarà proprio perché ho letto quelle poesie e ascoltato quella musica?).

Un augurio per tutti ad avere ogni giorno cinque minuti simili...

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La Natura in K.G.Jung

Post n°2776 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

QUANDO LA NATURA

INCONTRA LA LETTERATURA

Carl Gustav Jung e l'eccezionale intelligenza della Natura

Carl Gustav Jung e l'eccezionale intelligenza della Natura

In un libro di James Hillman, Puer aeternus, tra le numerose

citazioni di Carl Gustav Jung, ve n'è una molto interessante che

può offrire spunti di riflessione e che conferma quanto possiamo

imparare dagli animali; implica quanto la Natura sia straordinaria

e vada difesa, vissuta da tutti noi.

Non aggiungerò altro, la parola ai testi.

«Zarathustra è un archetipo e dunque possiede la qualità
divina, la quale poggia sempre sull'animale. Per questo gli
dèi sono simboleggiati da animali; perfino lo Spirito Santo
è un uccello, tutti gli dèi dell'antichità come quelli dei popoli
primitivi sono contemporaneamente animali.
In realtà il Vecchio Saggio è una grossa scimmia, il che spiega
lo strano fascino che esercita.
Come tutti gli animali e le piante, la scimmia possiede istintivamente
la saggezza della natura, ma la saggezza è rappresentata da una
creatura che non è cosciente di sé, e quindi non può propriamente
dirsi saggezza.
Per esempio, la lucciola rappresenta il segreto di produrre luce
senza calore; l'uomo non è in grado di produrre il 98 per cento di
luce senza dispendio di calore, mentre la lucciola sì, conosce il segreto.
Se si potesse trasformare la lucciola in una creatura consapevole del
fatto di possedere un segreto simile, ecco che avremmo un uomo di
intelligenza e sapienza molto superiori alle nostre; sarebbe probabilmente
un grande scienziato o un grande inventore, capace di trasformare tutta
la nostra tecnologia.
Sicché il Vecchio Saggio, nel nostro caso Zarathustra, è la coscienza
della saggezza della scimmia; è la saggezza della natura, che è poi la
natura stessa, e se la natura avesse coscienza di sé, sarebbe un essere
superiore di sapienza e intelligenza eccezionali».

Ad oggi, viste le azioni umane, le decisioni dei politici, è possibile

ipotizzare che la Natura possiede realmente una sapienza e un'intelligenza

che la rendono un essere superiore e chi lo ha capito lotta anche per lei.

 
 
 

La Natura in I.Calvino

Post n°2775 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA

Calvino e la rivoluzione interiore

Calvino e la rivoluzione interiore

 

 

Ecco una riflessione che Calvino scrive in Palomar,

mentre il protagonista osserva il cielo stellato.

Questa osservazione delle stelle trasmette un sapere

instabile e contraddittorio, - pensa Palomar, - tutto il

contrario di quello che sapevano trarne gli antichi.

Sarà perché il suo rapporto col cielo è intermittente e

concitato, anziché una serena abitudine?

Se lui si obbligasse a contemplare le costellazioni notte

per notte e anno per anno, e a seguirne i corsi e i ricorsi

lungo i curvi binari della volta oscura, forse alla fine

conquisterebbe anche lui la nozione d'un tempo continuo

e immutabile, separato dal tempo labile e frammentario

degli accadimenti terrestri.

Ma basterebbe l'attenzione alle rivoluzioni celesti a marcare

in lui questa impronta? o non occorrerebbe soprattutto

una rivoluzione interiore, quale egli può supporre solo in

teoria, senza riuscirne a immaginare gli effetti sensibili

sulle sue emozioni e sui ritmi della mente?

I. Calvino, Palomar
E non può essere anche questo uno tra gli
innumerevoli fini della Natura? Suscitare
in noi una rivoluzione interiore attraverso la
sua contemplazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM

 
 
 

La Natura in G. Pascoli

Post n°2774 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA

Giovanni Pascoli e il conforto della foresta

Giovanni Pascoli e il conforto della foresta

Nella macchia


Errai nell'oblio della valle
tra ciuffi di stipe fiorite,
tra quercie rigonfie di galle;


errai nella macchia più sola,
per dove tra foglie marcite
spuntava l'azzurra vïola;


errai per i botri solinghi:
la cincia vedeva dai pini:
sbuffava i suoi piccoli ringhi
argentini.


Io siedo invisibile e solo
tra monti e foreste: la sera
non freme d'un grido, d'un volo.


Io siedo invisibile e fosco;
ma un cantico di capinera
si leva dal tacito bosco.


E il cantico all'ombre segrete
per dove invisibile io siedo,
con voce di flauto ripete,
Io ti vedo!


Giovanni Pascoli, da Myricae
All'atmosfera cupa, sola e fosca dell'animo del poeta, il quale
si percepisce invisibile, privo di sostanza, si contrappone la
vivacità della foresta.
Con i suoi alberi e i suoi animali questo luogo salva l'uomo dal
suo sentirsi abbandonato.
Il canto è essenziale e una capinera non si risparmia, offrendo
un appiglio fondamentale per il poeta: la Natura lo vede.
Non solo, ma lo accoglie così com'è, con le sue fragilità, le sue
incertezze, le sue solitudini e da qui lo riporta in piedi,
coinvolgendolo nella creazione, mostrandogli che oltre le
sofferenze c'è un altro approdo: tra foglie marcite / spuntava
l'azzurra vïola.

Ma un primo passo, fondamentale, è stato compiuto dal poeta stesso; 

senza questa sua iniziativa probabilmente l'incontro con la Natura

sarebbe giunto tardi, troppo tardi forse, senza escludere che magari

non sarebbe avvenuto del tutto.

Il poeta ha errato. Errai.

Questo verbo è posto molto in evidenza, tramite l'anafora.

Per tre volte si scrive che l'uomo ha camminato a lungo.

Errare non significa solo spostarsi, ma intende un camminare, girovagare

(fosse anche senza meta); eppure, senza questo errare, il poeta non

avrebbe ritrovato se stesso.

Come scrisse Khalil Gibran, solo chi «smarrisce la propria via

migliaia di volte troverà la strada di casa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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