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Mezzomilione di visite

Post n°419 pubblicato il 25 Ottobre 2008 da ipermarco1
 

Col precedente post ho esagerato un bel po' lo ammetto e quindi viro subito sul faceto.



Mi accorgo, con stupore, di aver ottenuto quasi mezzomilione di
visite con questo stupido video che intitolai "Tanga Contest" caricandolo su YouTube. Lo feci un paio di anni fa certamente vittima degli effetti collaterali di qualche buon rosso barricato... nel rivederlo dopo un po' di tempo mi chiedo: ma che avrà di tanto speciale sta cazzata?

 
 
 

Tumulti

Post n°418 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da ipermarco1
 


Innanzi alle immagini delle scuole occupate e dei tumulti studenteschi una strana sensazione mi pervade: mi sento intellettualmente disperso.

Non ho vissuto in maniera attiva i tempi del '68, ero ancora piccino, ma la sua eredità l'ho percepita e sentita sulla mia pelle. Una enorme differenza si interpone tra i due fenomeni. Nel '68 si lottava per la conquista dei diritti, per liberarsi di uno stato troppo stato, per una emancipazione di idee e costumi... adesso si lotta perché questa emancipazione non ci schiacci tutti e si tende a chiede allo stato di essere più stato. Nella durezza dello specifico, si chiede di continuare a stipendiare, pagare tutto e tutti senza fare troppe storie.

Ma chi ce l'ha il tempo per la competizione culturale, per la meritocrazia, per l'affermazione di istituzioni e formatori con al seguito programmi, metodi e proposte... in questa società contano solo i numeri, le percentuali, i sondaggi, i soldi... l'economia, ma chi se ne frega di metodologia pedagogica e di diffusione della cultura con la crisi che incalza!!!!!

Premetto che non condivido il metodo con cui gli attuali governanti (ma quelli vecchi non erano da meno in quanto ad incompetenza) vorrebbero risvegliare valori e regole nella scuola di oggi, questa maniera tutta economica di trattare i problemi è per me inammissibile una sorta di stupidità allo stato brado. Ammetto che la nostra scuola non è un'efficiente organizzazione dedita alla formazione, la ritengo senza autorevolezza, un pessimo esempio insomma per la generazione di domani. L'ambiente universitario lo conosco bene e conosco anche quello della scuola dell'obbligo e vi dico che... insomma... senza entrare nei dettagli... che la scuola non è fatta da vittime sottopagate ed eccellenze incomprese ma l'anima di tutto il meccanismo è la mera ricerca del padre di ogni problema: lo stipendio... poco in porta cosa dare in cambio... l'importante è strappare uno stipendio.

Io non ho mai goduto di uno stipendio, forse non so bene cosa rappresenti, vivo di parcelle, diritti, onorari tutte cose non automaticamente rinnovabili, se mi ammalo non guadagno, se avrò un figlio non mi potrò astenere dal lavoro per congedo parentale, se scrivo un post sono cosciente che tolgo tempo al più remunerativo lavoro, non godrò di una pensione da parlamentare nonostante paghi più tasse di un deputato e forse neppure da metalmeccanico;  come una formica devo escogitare, da solo,  qualcosa per garantirmi una serena vecchiaia. Vivo nel precariato più assoluto e senza uno straccio di contratto o di tutela, sono un professionista e quindi evasore e ladro, per definizione, ma solo per definizione sindacale, nemico della classe operaia... !

A volte mi chiedo: se tutti ambiscono allo stipendio fisso ed inamovibile credo sia cosa che procuri innumerevoli vantaggi!!!

Scorgo ovunque i segni di questo irrefrenabile movimento di pensiero che mira ad un fantomatico diritto ad uno stipendio fisso. Non diritto al lavoro ed opportunità sia chiaro, non diritto a condizioni che possano stimolare la personali capacità professionali, ma solo diritto allo stipendio. Come se essere riusciti a arrabattare un titolo di studio sancisca questo diritto senza entrare nel merito di reali capacità produttive. Questo non va bene, non si vive di solo stipendio fisso, insomma esiste una strada alternativa che si chiama esercitare la propria professione, o il mestiere... per liberare i propri talenti non serve la raccomandazione. Ma ci vuole coraggio e reale competenza questo lo ammetto.

Del resto quando in una società le facoltà economico-scientifiche prevalgono su quelle letterarie che ci si può aspettare?

Il mondo post-moderno è governato da commercialisti, economisti, finanzieri, ingegneri, avvocati (Il buon Dio me ne scampi), magistrati, burocrati, politici e faccendieri (e qui mi scappa da piangere)... che ci aspettiamo? Che esempi cogliamo da questi personaggi. Osservate il Governo nazionale, da chi è formato? Che professionalità concorrono a formare la saggia ed autorevole guida di una nazione? Fate una rapida analisi di ministri e politici di vertice e che trovate? Di nuovo il solito campionario: avvocati, commercialisti, ragionieri, palazzinari, economisti, speculatori, professori non di fatto, ex-sindaci (quelli vanno via come il pane), qualche medico (pensate a quello che ha combinato un medico alla giuda di una città come Catania e raggelatevi il sangue), sindacalisti (e qui tocchiamo il fondo), subrettine... non mi viene in mente nessun poeta o letterato o filosofo o latinista o statista o studioso di qualsivoglia disciplina umanistica o sociale e neppure psicotecnologi (ma questo mestiere lo faccio solo io quindi... difficile vedermi coinvolto in certi ambienti).

La scuola, la formazione, i giovani, la classe dirigente, l'economia di domani, il futuro... di questo si discute in questi giorni.... mica roba da poco.

Mi viene in mente l'Emilio. Come chi è l'Emilio? Avete pensato a Fede vero? CAPRONI !!!!!

Emilio era un ragazzo allontanato dalla società ed educato in una villa in campagna da un educatore che non impone all'allievo alcuna visione preconcetta indotta dalla società, ma cerca di far emergere l'istintiva e naturale curiosità del ragazzo verso gli accadimenti naturali. Non avete ancora capito lo so. Vedete e proprio qui la differenza qualitativa tra fare le cose sapendo e farle ignorando... buio pesto su tutto se non un ostentato servilismo verso il cinico e spietato Dio che sta distruggendo il pianeta: il denaro. Questa è la realtà post-moderna.

Dovrei adesso scrivere dell'evoluzione della società da moderna a post-moderna e forse lo farò se non perdo il filo del discorso ma prima vi voglio, brevemente, spiegare chi è l'Emilio.

Il personaggio prende vita nella metà del 1700 nella mente di un giovane autodidatta scapestrato ed errabondo, che, inconsapevolmente diede vita al fondamento di tutta la pedagogia moderna (con  l'Emilio appunto, è un suo libro) e non solo! Nonostante fosse un dissidente precursore della rivoluzione Francese, per certi versi lo ritengo l'antesignano del romanticismo (dove teorizza la voce del cuore, del sentimento, come guida che porta sempre al bene senza possibilità di errore) e per questo mi sta simpatico. Adesso sarà chiaro che sto parlando di Jean-Jacques ROUSSEAU. Un personaggio che ha affascinato un periodo della mia vita, ed in cui mi sono spesso ritrovato.

L'idea centrale della filosofia di Rousseau è quella del "buon selvaggio". In pratica il Nostro ritiene che ogni uomo nasce buono e giusto, e se diventa ingiusto la causa è da ricercare nella società che ne corrompe l'originario stato di purezza. Questo stato originario di purezza è il cosiddetto "stato di natura", ovvero quella condizione propria dell'uomo selvaggio che vive assecondando le sole leggi naturali.

L'uomo naturale trova in modo innato il giusto equilibrio con il mondo in cui vive, non desidera nulla che non possa avere, guarda il mondo con un'ingenuità benevola che lo porta necessariamente ad agire secondo principi giusti. Tutta la struttura morale delle società civili è quindi, per Rousseau, imposizione arbitraria e artificiale di un codice di comportamento che va a sovrapporsi, cancellandolo, lo stato di correttezza morale innata. Il buon selvaggio agisce infatti secondo il proprio istinto, un istinto che si armonizza naturalmente e necessariamente con la realtà che vive (è in questa armonia che si trova rappresentata la giustezza della sue azioni), mentre la società favorirebbe il pensiero razionale che porta al freddo calcolo e al cinismo tipico delle civiltà moderne.

Da questo dotto punto di vista credo sia chiaro quello che sta succedendo. I nostri politici ci insegnano il cinismo, la priorità degli interessi personali, ci abbagliano con il potere,  con auto blu, aerei privati, stipendi da favola e privilegi a non finire.... e noi poveri "ex-buoni selvaggi" come reagiamo? Con cortei e manifestazioni strumentalizzati da altri politici che ambiscono a tali privilegi negati. E poi se una ragazzina intelligente, belloccia ed ambiziosa vede la subrettina che fà la parlamentare o il ministro (e non me frega nulla delle capacità oggettive di tale personaggio) é facile che pensi che quella sia la strada più corta per la propria affermazione, meglio fare carriera piegandosi a mostrare le tette che piegarsi su dei libri!!!! O il giovane rampante fighetto attratto da auto, coca e champagne... cercherà il modo più rapido e spregiudicato per realizzare il suo sogno più grande (vedi denaro) e se si occupa di finanza poveri coloro che gli affideranno i risparmi!!!!

Se la civiltà corrompe irrimediabilmente l'equilibrio naturale ottimale, su quali principi deve fondarsi un sistema educativo rispettoso dello stato di natura?

Il problema della giusta educazione dell'uomo è il problema di come impedire alle strutture sociali di corrompere e vanificare l'innato approccio alla natura propria del buon selvaggio. La pressione della società compare, in un individuo, fin dai primi anni della sua infanzia, e questa pressione non può che formarne in modo erroneo la mente.

L'educazione di un individuo si divide in tre momenti: la natura educa i sensi, l'insegnamento la mente e l'esperienza i comportamenti. L'educazione deve trovare un giusto equilibrio tra questi diversi momenti educativi.

La corretta educazione, sostiene Rosseau, deve quindi procedere nella direzione di intervenire in minima parte sul naturale sviluppo dell'individuo, l'educazione deve essere passiva, non invasiva, non deve in sostanza intervenire sul naturale sviluppo dell'individuo, innatamente portato a trovare da sé il giusto approccio ai problemi e il giusto equilibrio fra i momenti educativi. L'educatore deve evitare all'alunno le cattive influenze morali della società, deve incoraggiarne l'innata curiosità e predisporlo ad una crescita spontanea, non mediata da fattori esterni degeneranti.

Il filosofo Ludwig Feuerbach avrebbe pragmaticamente sintetizzato il concetto in: “noi siamo ciò che mangiamo”.... insomma!!!!

Se la società corrompe una originaria purezza dell'uomo, essa limita la sua libertà e lo riduce in catene. Come liberare l'uomo dalle sue catene senza ritornare ad una vita guidata dall'istinto primitivo, cosa ormai impraticabile?

Il problema è trovare una forma sociale che garantisca allo stesso tempo la sicurezza collettiva e la libertà individuale. Rousseau diffida delle idee democratiche, ovvero non pensa che il problema si possa risolvere solamente decidendo quali libertà individuali debbano essere limitate o meno.

L'unico modo per creare una società assolutamente armonica è la limitazione totale delle libertà individuali in favore di un contratto sociale condiviso da tutti gli uomini. Quello che Rousseau propone non è uno stato assoluto e autoritario, il cittadino non è sottoposto ad alcuna autorità, ogni uomo deve cambiare però la sua coscienza, mutare profondamente nel suo essere, superando l'egoismo proprio degli individui e dimenticando la proprietà privata espressione della volontà egocentrica, adeguandosi a scelte non più personali ma collettive, in nome della volontà generale.

Accidenti ma questo tipo era un rivoluzionario comunista????

In fondo per i suoi tempi lo è stato. La tesi per cui la giusta forma di governo deve fondarsi sulla rinuncia dell'individualità dei cittadini in favore della volontà generale dello Stato e della società, è alla base di numerose forme dittatoriali quali, ad esempio, il Terrore di Robespierre, ma è anche alla radice di altri totalitarismi più moderni. Senz'altro non era nelle intenzioni di Rousseau giustificare tali forme di governo, tutto parte però da una critica al sistema democratico implicita nella sua visione politica. Ed è qui il baco del sistema democratico: la strumentalizzazione politica.

Per Rousseau lo stato democratico non può rappresentare il bene comune perché si riduce solamente a un dominio della maggioranza su una minoranza, la quale resterà necessariamente inascoltata. Inoltre, nella forma di stato democratico, il bene comune viene stabilito in forza di una mera somma algebrica dei singoli egoismi individuali, che non potranno mai diventare bene comune, ma solo interesse individuale imposto alla collettività (tale somma di egoismi non potrà mai diventare coscienza civile altruistica). La volontà generale non deve essere qualcosa di imposto ma deve essere quella coscienza delle istanze collettive che proviene dall'interiorizzazione di una corretta etica dell'altruismo.

OHHHHHHH

Questo lo dicevano nel 1700, accidenti ma non è quello che sta succedendo? La dittatura democratica è quella che stiamo vivendo... o no? Il non ascolto e l'emarginazione delle minoranze non è la realtà del nostro paese?

«La democrazia che uccide la democrazia, la democrazia che si suicida puntandosi la politica alle tempie» potrebbe essere l'argomento unico all'ordine del giorno di un ideale tavolo di concertazione a cui vorrei che sedessero i capi del nostro governo, ciò che resta delle opposizioni, i novelli rivoluzionari ed IO accompagnato dalla storia e dai miei obsoleti libri a discutere di "rifondazione democratica"... Non ci voglio i sindacati, e nemmeno un bel numero di magistrati, non vedo che utilità possano dare ad un discorso di rifondazione della democrazia.

Ai tumultuosi, specialmente ai sedicenti universitari, e sopra tutti quegli studenti che ho ascoltato in un servizio televisivo a cui si chiedeva perchè manifestassero e la cui risposta è stata "non so bene ma sono contro"... vorrei consigliare la lettura del pensiero di LYOTARD, e subito dopo di dedicarsi ad attività più consone alle proprie aspirazioni intellettuali: andare a raccogliere pomodori penso sia giusta sistemazione. Perché sono questi i giovani che sotto i 40anni sono ancora a combattere con tesi ed esami, che si lamenteranno del precariato, che inveiranno contro una società corrotta di cui ignorano le origini e le dinamiche, che riempiranno piazze gridando retorici slogan, che frequenteranno blog, affolleranno atenei e teatri animati da abili manipolatori dell'ovvio con barba, parolaccia in canna, pancia piena e conto in banca che garantisce un sereno futuro.

Ma  250 anni sono passati dal mitico Rosseau e la storia facendo il suo corso ci ha insegnato un sacco di cose, per esempio conferma che il sistema democratico/politico non è un buon sistema di organizzazione sociale, che l'altruismo è utopia ma anche che l'individualismo non è il male peggiore.  Ficcatevi nella testa che i grandi movimenti della modernità quali l'illuminismo, l'idealismo e il marxismo, sono morti. Essi possedevano la pretesa di racchiudere il senso dell'intera realtà entro un principio unitario: la ragione per il primo, il movimento totalizzante dello spirito per il secondo, le leggi materialiste della realtà per il terzo. La post-modernità è caratterizzata invece dalla caduta di queste pretese e dal conseguente sfaldamento delle certezze stabili che possono indicare all'uomo un qualsiasi sentiero definitivo.

La fine della pretesa di dare un senso unitario alla realtà comporta quindi il manifestarsi, nel periodo post-moderno, della diversità del senso delle cose, una diversità che è irriducibile, non può venir in alcun modo negata da un qualsiasi principio unificatore. Ogni ambito della realtà è dotato di una sua personalità, ogni tentativo di edificare un senso unitario è solo apparenza. La realtà è differenza, molteplicità irriducibile, mutamento non ingabbiabile entro un unico schema.

Tale caratteristica non è un male. Lyotard afferma che tale diversità irriducibile della realtà è cosa positiva, in quanto rispondente alla realtà autentica delle cose. Essa può produrre maggiore ricchezza culturale, laddove prima il principio unico pretendeva di costringere ogni cosa entro la sua rigida legge e spegneva ogni possibile innovazione e negava ogni possibile apertura.

In questo contesto è dunque irraggiungibile anche la pretesa di trovare un fondamento certo alla morale: ogni tentativo di fondare stabilmente un'etica legandola a una qualsiasi legge fondante è destinata a fallire, (ricordate l'utopica teoria dell'altruismo di Rousseau) poiché la diversità irriducibile, che è l'aspetto autentico della realtà, impedisce all'uomo di trovare realmente quel senso stabile e assoluto del “tutto” che invece fu la pretesa e il progetto primo delle filosofie del passato.

Cari tumultuosi comprendo che state solo facendo quello che i vostri impauriti docenti vi suggeriscono ma è davvero il caso di recriminare, di metterci la vostra faccia in questo riassetto economico della scuola? Ve la dovete cavare da soli il futuro è capitalista ed individualista e se non imparate a ragionare con la vostra testa la vedo molto dura. Avete il governo che avete scelto ed adesso protestate contro coloro che avete scelto per amministravi? Quindi protestate contro voi stessi!!! Se credete che questa gente non esegua correttamente la delega... calcio in culo e li cambiate....  che senso ha protestare contro la democrazia stessa????

Se credete di non avere alternative OK, fate di questa minaccia un opportunità.... Ben venga il numero chiuso, almeno vanno avanti i meritevoli (vigilate sui brogli piuttosto) , ben vengano i licenziamenti di un po' di professori (vigilate che siano cacciati gli assenteisti, quelli che fanno altre attività, parlamentari per esempio, e che siano tenuti quelli meritevoli, piuttosto), ben vengano i tagli alla ricerca (boicottate le ricerche utili solo a drenare contributi, piuttosto), ben venga la competizione tra le scuole (vigilate che sia seria e basata sui contenuti, piuttosto), ben venga il grembiule sempre (almeno la smettiamo con le sfilate di moda a scuola, piuttosto), ben venga un maggior coinvolgimento dei genitori nell'educazione dei figli (è un recupero di valori e non una privazione di diritti), ben venga il voto in condotta (almeno ridimensioniamo i bulletti di oggi probabili avvocati o politici di domani, piuttosto)... io introdurrei ancora altre restrizioni per evitare l'intasamento dell'università (vedi parcheggio) e del conseguente mercato del lavoro... non credo sia giusto sfornare numeri enormi di dottori che di dottrina non hanno molto da dire togliendo spazio a chi invece qualcosa l'ha imparata.  Ben venga ogni modifica insomma... voi tumultuosi invece di passare il tempo ad occupare scuole, organizzatevi per vigilare che la scuola sia una cosa seria, piuttosto... l'era post-moderna è epoca dl "individualità democratica".

Un individualismo basato su diritti sostenibili, che sia inteso come una presa di posizione contro l'atavica tendenza dei governi, comune sia a quelli democratici che agli altri, a considerare i cittadini dei pazienti, dei bambini, degli oggetti, delle sigle, delle armi, dei mezzi: tutto, tranne che delle persone.
Invece che facciamo? Come reagiamo? Rifiutando di essere individui e cerchiamo, al contrario, di diventare parti di qualcosa di più vasto, nascondendoci tra le maglie di partiti e movimenti. Accade così che si desidera ardentemente una sorta di oblio di sé. Coloro che nutrono questo desiderio vogliono perdere se stessi nel gruppo che li circonda, nella tribù. Ed è questa l'unica spiegazione socialmente valida a quella irritante risposta di cui parlavo prima: "non so perché manifesto ma sono contro".

Non si tratta di venir meno a se stessi per meglio godere delle meraviglie della realtà. Si tratta, piuttosto, di quella tendenza umana, a cui è molto difficile resistere, che Nietzsche chiamò la "mentalità del gregge".

L'individualismo in democrazia è una dottrina universalista: professa la sua fede nell'uguaglianza dell'umanità di ciascun individuo; sostiene che ognuno è qualcosa di più del gruppo a cui appartiene. Purtroppo, si tratta di concetti che oggi non godono di un largo consenso. Si vorrebbe sostituire all'universalismo dei diritti l'orgoglio di appartenere al proprio gruppo. Ma, a ben vedere, in una posizione simile si annida una assurdità. Ogni gruppo, infatti, prova il medesimo orgoglio che provano gli altri gruppi. Ciascuno di loro rivendica le stesse cose: non vuole riconoscere di possedere, quale tratto comune, l'umanità; non ammette che una persona sia qualcosa di più del gruppo di cui fa parte; misconosce la propria accidentalità e contingenza storica; non riconosce le diversità al proprio interno.

L'individualismo é la vera protesta contro la falsità dell'appartenenza al gruppo, e, quindi, una rivendicazione di una umanità comune. Pensateci!

Che senso ha dichiararsi di destra o di sinistra, che senso ha parlare di razzismo, che idiozia è rievocare i fantasmi del fascismo o del comunismo, che orgoglio c'è a dichiararsi padani, napoletani o pugliesi... che senso ha occupare una scuola solo perché gli altri lo fanno... siamo tutti uguali forse? NO la risposta è NO, siamo tutti diversi.

Io non sono uguale al mio corregionale presidente di regione, o al mio connazionale presidente del consiglio sono diverso da te che mi leggi e tu sei diverso da me... sono diverso da chi vota destra ed anche da chi vota sinistra... io sono un individuo post-moderno appartengo a centro tribù ed a nessuna ed ho la mia "individualità democratica" che difendo e affermo secondo le mie ragioni non voglio smarrire del tutto la mia originaria natura di "buon selvaggio".

Smettetela di piangervi addosso, di farmi manipolare... l'unico momento in cui si esprime la propria "individualità democratica" è il voto. Se il popolo vota in massa un furbetto con i suoi gaglioffi al seguito, vi tocca assumervi tutti le democratiche responsabilità ed imparare a convivere nella consapevolezza che nessuno mai vi rappresenterà davvero. Non dimenticate mai che la democrazia è la più atroce delle dittature, la dittatura della maggioranza sulla minoranza e vi assicuro che è la peggiore, perché è l'unico regime legittimato dai popoli.

Credevate fosse bello vivere in un paese ove vigono libertà e democrazia vero? Ciò permette ai cittadini di criticare liberamente i politici e permette ai politici d’altrettanto liberamente fregarsene.

Impariamo ad affermare la nostra individualità, a vivere per ciò che siamo realmente, cerchiamo il nostro naturale equilibrio, impariamo a capire, a ruggire contro la politica ed il potere, invece che riunirci in greggi belanti che invocano: soldi.... soldi!!!!!

P.S. Accidenti come l'ho fatto lungo!!!!! Avevo promesso a me stesso di non filosofeggiare più in questo blog. Chiedo scusa ai pochi coraggiosi che hanno letto fin qui... ma sono essenzialmente un uomo che non si rassegna alla sua solitudine.

 
 
 

Quando sapevo volare

Post n°417 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da ipermarco1
 


Anche se la lucidità e la razionalità dell’età adulta me lo vorrebbero impedire, voglio, adesso, raccontarvi di quando da bambino volavo.

Riesco ancora a descrivere esattamente le dinamiche e le sensazioni. Non era sempre possibile volare. Bisognava attendere le giornate di giusto vento che non erano affatto frequenti. Ricordo che ogni mattina, mi alzavo e controllavo se ci fosse una brezza promettente. A volte attendevo per settimane e perfino mesi.

Alla fine, quel particolare vento arrivava, andavo sulla sommità della discesa e mi fermavo su in cima, allargavo le braccia e correvo veloce, sempre più veloce, fino a sollevarmi. Dapprima con fatica perché avvertivo improvvisamente il peso del mio corpo, ed una fitta di dolore mi attraversava e irrigidiva. Non fu né facile né immediato imparare a sopportare il dolore di esistere e più volte caddi, fino a quando capii che bisognava ignorarlo. Perchè quel dolore in realtà non c'è, è solo la somma dei propri pensieri e dei propri doveri che ci fanno restare pesantemente legati alla terra.

I primi voli furono timidi e inesperti. Tentai movimenti simili a quelli delle ali d’uccello, ma non era così che funzionava. Non era possibile contrastare la forza del vento, bisognava assecondarlo e mantenere le braccia aperte e semi rigide. Imparai a farmi trasportare e il vento mi prese con sé. Accarezzava le mie guance e premeva contro le braccia aperte. Mentre volavo e guardavo il paesaggio sotto di me diventare piccolo e lontano, mi liberavo di ogni peso e non parlo di quello corporeo.

Era facile a quel tempo volare, era facile lasciare attaccate alla terra le zavorre ed essere davvero ciò che desideravo essere e... volare, libero nell'aria....

Sono certo che se frugate nella vostra memoria vi accorgerete che ognuno di voi almeno una volta nella vita si è liberato della forza di gravita ed ha volato.

Non so con esattezza quando ho smesso di volare e sinceramente neppure quando ho iniziato.
 
Non so neppure quando ho smesso di considerarlo un ricordo e cominciato a parlarne come di una fantasia.

So, però, che nei momenti in cui la razionalità mi abbandona, torna ad essere il ricordo più bello.


 
 
 

Un posto

Post n°416 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da ipermarco1
 




Un posto, il mio posto.

Un'immensa distesa di cielo adagiato sulla terra. La stessa enorme quercia squarciata dalla forza del cielo, che vive sfregiata ma maestosa nonostante la sua tragica vicenda. Pietre e terra con arte e fatica disposte a proteggersi dalla natura che le ha generate. Il profilo lontano di case che nascono invece che i funghi, superflue ladre dimore che rubando la scena all'orizzonte. L’incessante rincorrersi degli uccelli nell'aria. L’aria libera di scorrazzare senza ostacoli, di spazzare la terra dalle foglie morte, di spingere il fumo di quel camino ancora più in alto. E' questo il posto.

Un posto, lo stesso posto.

Sempre uguale eppure così diverso. Con il sole giallo che nuota nell’azzurro del cielo o con grigie nubi che sopprimono la luce del giorno. Con il verde che esplode nella terra e tra i rami o con il colore spoglio e monotonale della terra resa arida dal morso del freddo. Con il tiepido soffio della brezza che sa accarezzare o con il pungente graffio del vento che sa gelare.

Un posto, minacciato dal tempo.

Lo stesso silenzio. A cui concedere una sosta. A cui regalare i propri pensieri. Terra capace di assorbire le lacrime. Acqua che sa riflettere un sorriso. Solitudine che presta l’orecchio alle mie più intime parole. Scrigno di segreti ed intenti. Lo stesso sasso dove sedermi per sguinzagliare lo sguardo. Non ho mai smesso di tornarci in quel posto. Ne sento il richiamo. Per poter chiedere o per sentire risposte. Per dire grazie. Per raccontare. Per piangere.

Un posto, un magico posto.

La magia che anestetizza il dolore di ogni mia ferita sanguinante. Di quelle ferite che la gioventù fa sembrare inguaribili e la maturità imperdonabili. Lo strazio che galleggia nell’aria diluendosi nella sua vastità. Il sangue che cola in lacrime sulla terra che, paziente, lo assorbe. Il dolore si frantuma nella stessa roccia che mi accoglie. Il soffio del vento coagula la breccia. I rami della quercia sembravano invitarmi ad un abbraccio. E' sempre così, la magia di quel posto fa nuova pelle che cela le sue cicatrici.

Quel posto, è il mio posto.

E’ stato quel posto a generarmi, a darmi la vita. Ed in lui mi ricongiungo quando il dolore di vivere incalza. Mi giunge l’abbaiare lontano di un cucciolo festoso. Seguo il volo irregolare di un uccello che gioca planando leggero. Vedo le foglie cadere leggere. Guardo con serenità la natura spogliarsi di tutti i suoi averi, sapendo che tutto rinascerà più rigoglioso e maestoso di prima...  Poi, quando tutto si ferma... posso iniziare a raccontarmi. E lui mi ascolta... paziente, senza mai giudicare.

Intanto si fa sera.

 
 
 

Parole inutili

Post n°415 pubblicato il 07 Ottobre 2008 da ipermarco1
 


Troppe, troppe parole.
Inutili, sbagliate, cattive,
provocanti, sdolcinate, bugiarde...
parole parole parole.

Troppe parole inutili.

Se sapessi misurarle,
invece di intrattenermi in serials di messaggi,
scriverei solo "Raggiungimi".

Se usassi meno aggettivi,
invece di tante romanticherie,
direi solo "A me piaci".

Se tagliassi tutto ciò che non serve,
invece di far finta di chiacchierare del più e del meno,
direi solo "Ti voglio".

Se sapessi riassumere,
invece di avvilirmi nei rancori,
direi solo "Baciami".

Se sapessi frenare la lingua,
invece di balbettare teorie filosofiche,
direi solo "Vorrei fossi mia".

Se fermassi questo inutile discorso,
invece di fare tanti giri di parole,
direi solo "Vengo da te".

Se dicessi esattamente ciò che penso,
invece di rovistare nel mio umore stanco,
direi solo "Mi manchi".

Se avessi il dono della sintesi,
invece di questo post senza senso,
direi solo "Ti amo".

Troppe, troppe parole.
Inutili, sbagliate, cattive,
provocanti, sdolcinate, bugiarde...
parole parole parole.

Troppe parole inutili.

Le parole nascondono le mie paure.
Come i vestiti coprono il tuo corpo.

Allora vieni da me e spogliati.
Vedrai che poi io taccio.

 
 
 
 
 

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Un blog di: ipermarco1
Data di creazione: 31/03/2006
 

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- Le zucche "vuote"
- Depenna il 7
- A cosa pensi?
- un tramonto domani
- Un libro brutto
- Poligamia
- Solo un caffè
- Musica maestro
- DEDICATO
- Aspettando Natale
- Un Natale un po' speciale
- SexyNewYear
 

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