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"Psicotecnologie per l'ottimizzazione di un percorso CyberComunicaTTivo in ambiente di CyberArguzia" (!!??!!) - Questo blog é diventato un albergo - GRAZIE per avervi soggiornato.

 

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Auguri di cuore

Post n°429 pubblicato il 24 Dicembre 2008 da ipermarco1
 

 
 
 

L'Albero di Natale

Post n°428 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da ipermarco1

 
 
 

Perché il Natale?

Post n°427 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da ipermarco1
 


Torna Natale, torna ancora una volta...
ma del Natale in realtà non importa molto a nessuno...

Vacanze e relax, shopping, doni, grandi abbuffate... questo si che è importante.
Per me è tempo di aver un po di tempo, magari per poter tornare a scrivere, seriamente, questo si che è importante.

Eppure vedo, come in realtà sempre accade, che quel che penso io non coincide... no... con quello che pensano gli altri.

Vedo gente triste nel momento in cui dovrebbe esser più felice...
vedo gente triste perché vede gente felice...
vedo gente triste mentre non fa ciò che gli altri possono fare...
e allora collego... collego tutto... e torno a capire.

Cos'è la felicità degli altri se non è anche la tua?
Cos'è il sorriso degli altri se non sorridi anche tu?
Cos'è la tua felicità se non è la felicità degli altri?
Cos'è il Natale se non si ha nulla da festeggiare?
No, non è un pensiero così vasto... non è un pensiero così generale...
non è un pensiero mirato su chi, purtroppo, non può festeggiare...
è un pensiero dedicato a chi può e a chi potrebbe...
ma, per un motivo o per un altro, non è e non fa.

Un pensiero misterioso, così come è iniziato, misteriosamente.

Una verità sconvolgente.. la verità vera del Natale!
Perché ci sono così tante persone tristi a Natale?
Perché?
Se il Natale simboleggia, o dovrebbe simboleggiare, tutto l'opposto?
Perché?
Se una persona ride ce ne sono cento che piangono?
Perché?

Mi sono accorto che vivendo con noncuranza molte emozioni... le ho perse... e, provando disperatamente a recuperarle, le ho rivissute... vuote... così come sarebbe meglio non viverle mai.

Ma in realtà ho capito... ho capito perché questa festa è così... bugiarda.

So per certo che sognando non si muore mai...
So per certo che vivendo si deve piangere per forza...
So per certo che mentre tu ridi e vivi, qualcuno piange e muore.

Ma tutto questo perché?
Perché questo Natale... perché il Natale?
Cos'ha di così dopante?
Di così sconvolgente?
Perché una festa che dovrebbe portare allegria...
porta angoscia, tristezza, ipocrisia, falsità... solitudine?

Forse abbiamo tutti bisogno di questa grande bugia,
di credere che tutto vada bene,
illuderci di essere generosi e buoni,
abbiamo bisogno di fuggire da un mondo di menzogne per poter star meglio almeno un po'.

Io me ne fotto del Natale... così come ho sempre fatto...
Dopo aver capito ancora una volta che nulla cambierà col Natale,
dopo aver capito che il viaggio è quello che conta...
ma che senza la meta esso con esisterà mai.

Perché in fondo le persone buone possono nascere ogni giorno
i buoni propositi e la generosità dovrebbero essere ogni giorno...
perché solo a Natale?

 
 
 

En este lado del mismo mar

Post n°426 pubblicato il 20 Novembre 2008 da ipermarco1
 


En este lado del mismo mar.. in questa sponda dello stesso mare, lei lascia che il vento le scosti i capelli, mentre la luna si specchia nei suoi occhi umidi e nell’acqua senza onde. La sabbia silenziosa accoglie la schiuma tra le sue braccia. Las luz de la ciudad van apagandose soavemente... le luci del paese si addormentano piano, permettendo al buio di coprirle. Una música lejana... una musica lontana attraversa le distanze sine distraerla... senza distrarla.

En este lado del mismo mar... in questa sponda dello stesso mare, mentre la noche... la notte spazza via il giorno, lui cammina senza meta oltre la strada. Scosta una bottiglia con il piede mentre lo sguardo si perde nel nulla. Apretar los labios... le labbra stringono l’ennesima sigaretta quema en la oscuridad... che brucia nel buio. Le mani affondano nelle tasche dei pantaloni in cerca di qualsiasi cosa.

Nell’altro margine de esta noche... di questa notte, è scomparso tutto d’intorno, le immagini sfocate dalle lacrime si confondono. Lei non smette di lasciarsi accarezzare dal vento. La bandiera rossa sbatte nel palo di ferro. La sabbia è più umida e frías... fredda sotto i piedi. Como su corazón.... come il suo cuore. Como esta noche... come questa notte.

In questo margine della stessa sera, a lui non resta che stringere il collo della bottiglia nella mano. Para engañar si... per illudersi che quel tepore nello stomaco possa durare per sempre. Para olvidar... per dimenticare. Il rombo di una macchina rimane sospeso sull’asfalto poco lontano. A la luz de lluvia se mezcla con la oscuridad... una pioggia leggera si confonde con l’oscurità. Si spegne l’insegna blu del bar vicino a quel boschetto che mi raccontano no hay más.. non c'è più.

Dove l’occhio di lui non sa arrivare, lei s’incammina lenta verso la solita malinconia. Verso lo stesso tetto. Hacia la misma cama demasiado grande... verso lo stesso letto troppo grande. Il vento non sa coprire le sue orme, come non sa asciugare le sue lacrime sospese nella notte. Un brandello di gonna si specchia nella vetrina en indiferente silencio... nel silenzio indifferente.

Dove l’occhio di lei non può arrivare, lui abbandona su sin mirarlas estrellas... il suo sguardo alle stelle, sin mirar... senza guardarle. Si stringe al petto un desiderio sputato in faccia al cielo. Soffocandolo. La bottiglia giace al suo fianco come muta sentinella. I muri gridano il loro silenzio. Si fa difficile da ingoiare el sabor amargo de la vida... il gusto amaro della vita. L’illusione disillusa. La saliva impastata di vino y cigarrillos... e sigarette.

En el espacio del amor... nello spazio dell’amore, è spogliata la strada, è nudo l’oggi come ieri e domani. Nuda la vita senza la tua coperta rimboccata. Ogni angolo, ogni nota, ogni sorriso mi parla di te. Siamo orfani sconosciuti. Espalhados... dispersi nello stesso labirinto eretto nella speranza di fuggirvi. Abbiamo concesso a questo mare di riempire il vuoto che ci divide. Anziché colmarlo. Lluvia... la pioggia si fa mare e ci allontana, lasciandoci a questo mare di riempire il vuoto che ci divide. Anziché colmarlo. Piuttosto para llenarlo con nosotros... di riempirlo di noi. La pioggia si fa mare e ci allontana, dejándonos perdidos... lasciandoci smarriti.

Due solitudini che non sanno più incontrarsi.
Due solitudini che non sanno smettere di cercarsi.

Dos soledad en este lado del mismo mar

 
 
 

Once upon a time  SPIDERMAN

Post n°425 pubblicato il 18 Novembre 2008 da ipermarco1
 



Oggi vi voglio confidare un segreto.

Ci fu un tempo in cui ero convinto di essere l’uomo ragno. Non parlavo con nessuno di questa mia convinzione e me ne stavo tutto il giorno rintanato in angoli umidi e polverosi, frequentavo biblioteche e librerie, mercatini e musei. Sapevo di avere i superpoteri tipici dell’uomo ragno, quelli di cui tutti siamo a conoscenza attraverso il cinema la TV e sopratutto i fumetti... ma in effetti non li usai mai.

Non si poteva escludere che fossi impazzito, che il mio cervello si fosse attorcigliato, liquefatto, imputridito, scaduto, beccato dagli uccelli, nido di vespe, sceso nella spina dorsale fino alle caviglie e perso nei calzini. Insomma avete capito. Intendo quando diventi sordo e insensibile e ti fumi una sigaretta dopo l'altra e gli occhi girano veloci e roteano lungo l’asse come un mappamondo. Allora ti dicono che sei pazzo, scemo, esibizionista, anarchico, terrone, fascista e patofobico. Vedi gli oggetti che si muovono e parli con loro, ma soprattutto sei sicuro di essere l’uomo ragno. Sai che se solo volessi strisceresti su una parete e lanceresti ragnatele, penzoleresti dal lampadario ed usciresti di casa usando la finestra... ma non lo fai.

Essere l’uomo ragno non è da tutti e non si può dire mica a tutti. Ci vuole un lavoro normale e abitudini discrete. La prima capacità richiesta per essere l’uomo ragno è quella mimetica, quella di confondersi tra la folla e tirare avanti silenziosamente nel traffico e negli uffici. Per essere come gli altri devi per prima cosa sudare come gli altri e svegliarti presto la mattina. Niente ci vorrebbe a tirare fuori la ragnatela e fiuu attraversare la strada e fiuu sgusciare nella baraonda del traffico.

Essere l’uomo ragno significa essere prima di tutto un uomo. Certo se solo avessi provato a lanciare una ragnatela o a fermare un treno in corsa, come nel film SPIDERMAN avrei capito che dai miei polsi non ci sarebbe potuto uscire niente altro che il mio sangue da scimunito che ero. E neanche la superforza usai mai in effetti. Quando l’ascensore nel mio condominio non funzionava salivo a piedi e alla fine il cuore impazziva nella scatola toracica e affannavo sempre. Ma non usai mai i superpoteri.

Continuavo la mia vita come se nulla fosse...

In quel periodo lavoravo sodo e studiavo parecchio. A volte la stanchezza arrivava così dolce che ci scivolavo dentro senza neanche accorgermene... la dimensione onirica stessa si confondeva con la realtà in quella confusione di luci e di ombre. Mentre affondavo rimbambito nella palude dei sogni, un giorno qualcosa mi riportò alla luce. Un fastidioso prurito al braccio destro. Andai per grattarmi e vidi un grosso ragno camminare lungo il mio braccio. Lo scacciai subito con l’altra mano e quel diavolo con venti zampe andò a pararsi sotto a delle scatole. Dalla rabbia cominciai a saltare sulle scatole vuote finché quel bastardo con trenta o cinquanta zampe diventò un tutt’uno con il pavimento. Restai nervoso tutto il giorno ma lavorai con più lena e più zelo del solito. Sentivo i bicipiti gonfiarsi e venire fuori le vene. Un vigore eccezionale vibrava nei miei muscoli, tesi come acciaio. La mia mente partoriva senza sforzo idee, soluzioni, proposte, entusiasmo, energia ed arguzia sprizzavano da tutti i pori.

Ritornai a casa attraversando velocemente la città, così veloce che la gente a stento riusciva a fissami sulla retina mentre io percepivo tutto e la vista si era allungata arrivando a mettere a fuoco anche oggetti a cento metri. Qualcosa in me stava cambiando. La stanchezza mi colse impreparato sul letto e scivolai nuovamente nella dimensione buia e imperscrutabile di Morfeo. Feci un sonno convulso e pieno di immagini confuse. Metafore buone si confondevano con presagi cattivi e al risveglio il lenzuolo madido di sudore testimoniava le lotte intestine dei miei neuroni. Mi risvegliai anche con una esuberante erezione che vibrava in mezzo alle cosce e me ne stetti un po' di minuti nel letto ad aspettare che tutto si normalizzasse prima di circolare per casa.

Da dove proveniva quel vigore? Cosa stava succedendo? Presi a grattarmi la bollicina che si era formata sul braccio e ad un tratto capii. Il morso del ragno mi aveva profuso energie nuove e adesso mi stavo mutando in un essere sublime! La mia rivincita sul mondo e su tutti quelli che dicevano che ero fissato con i libri prendeva il via da quel ragno. La cosa in fondo non mi stupì poi tanto perché in cuor mio ero certo di essere speciale, e i superpoteri da sempre albergavano in me anche se solo adesso ne prendevo coscienza. Sentivo tutti gli odori della terra e tutti i suoni e riuscivo a capire i pensieri degli animali ed a prevedere il futuro. Il prodigio che si stava compiendo era miracoloso.

Ne parlai con la mia fidanzata dell'epoca, si chiamava Giada, che una volta mi disse che riusciva a parlare con i morti. Non è che ci parlasse propriamente, nel senso di una discussione vera e propria, ma riusciva a stabilire una connessione con loro attraverso delle onde celebrabili. Erano i morti che si mettevano in contatto con lei e lei poteva solo ascoltarli senza riuscire a porre loro delle domande. Le regalai perfino un libro che trattava il paranormale così da potersi documentare sul suo caso, ed aveva scoperto di essere una medium unidirezionale.

Secondo il libro lei era una specie di antenna ricevente tra due dimensioni diverse. Quando me lo raccontò, le credetti e quindi vantavo un credito nei suoi confronti. Gli dissi che avevo una cosa da raccontarle e che dovevamo parlarne da soli. Lei intese che si trattava di qualcosa di delicato e restammo tutto il giorno in silenzio finché non avemmo l’occasione di parlarne. Gli raccontai tutto. Gli dissi che ero l’uomo ragno. Dapprincipio Giada restò sconcertata, e disse che ero completamente impazzito. Quella  visionaria che parlava con i morti osava dirmi che ero IO il pazzo.

Disse che avevo bisogno di uscire, magari di drogarmi un po' e di smetterla di dedicare tanto tempo a trafficare con storia, letteratura e filosofia. Gli urlai in faccia che mi aveva deluso perché pensavo che lei fosse una persona più sensibile degli altri e, visto che c’eravamo, gli confessai che quella cosa dei morti era proprio una stronzata e forse era lei che aveva bisogno di andare a riordinarsi le idee.

Lavorai rabbioso come un cane tutto il giorno, producendo in quantità industriale idee e soluzioni... se solo avessi potuto avrei trasformato tutto in un bozzolo gigantesco di ragnatela, ed ero sicuro che la mia volontà sarebbe bastata per farlo. Giada mi prendeva per il culo ogni volta che ci vedevamo, faceva finta di arrampicarsi sulle pareti, oppure si metteva a terra a camminare come i ragni.

Lasciai Giada dopo pochi giorni e non parlai più con nessuno dei miei poteri. La gente pensava che io fossi strano, ma io custodivo il mio segreto. Cambiai lavoro ma appena potevo mi rintanavo nella mia camera a trafficare con libri e pensieri. Progettai grandi piani per salvare cose e persone e per ristabilire l’ordine nel  mondo. Tutto era semplice ai miei occhi... la scintilla della consapevolezza oramai mi aveva reso cieco... Mi ritrovavo più sapiente degli altri, su ogni argomento avevo una mia idea e mi chiedevo come fosse possibile che chi comandava davvero non avesse nemmeno un centesimo del mio sapere, non comprendesse cose era davvero giusto per la gente.

Ma, insistendo nei miei studi e nelle mie ricerche mi accorsi che da millenni il mondo era popolato di supereroi. Capì di non essere solo e che uomini molto più dotati di me attraverso filosofia, letteratura e scienza dimostravano poteri e capacità superiori per comprende la vita e gli accadimenti.

Andai avanti in queste condizioni per mesi. Mi sentivo piccolo ed ignorante innanzi alla saggezza di tanti autentici supereroi che si erano avvicendati nella storia, ma nello stesso tempo provavo rabbia verso il mondo reale, cercavo una vendetta per i delitti che la gente comune subiva e per le ingiustizie a cui ogni giorno assistevo. Mi chiedevo come fosse possibile tanta stupidità.

Poi un giorno capì che il mondo reale non è fatto per i supereroi, e che faceva comodo al potere relegarli in una dimensione virtuale fatta di fumetti certo... ma sopratutto di libri e di "cultura".

Capì che non c'è spazio per gli uomini ragno nel mondo reale ma solo per formiche, cicale, cavallette e... calabroni famelici.

 
 
 
 
 

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Un blog di: ipermarco1
Data di creazione: 31/03/2006
 

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