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Un blog creato da alexisdg10 il 01/02/2005

Arrancame la vida!

la realtà, i sogni, la politica, l'amore, la rabbia e l'allegria: la mia vita

 
 

 

AREA PERSONALE

 

       Soft Colors | Colores SuavesCOLORES EN AGUA

 

"Sólo los besos son más placenteros que las palabras" 

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FERMIAMO LA GUERRA

per tutte le infanzie rubate

per i legami strappati

per i fiori recisi

per le andate senza ritorno

per tutti i “progetti-uomo” mai realizzati

per tutte le ferite dell’abbandono

per tutto il freddo

per tutta la paura

per tutto l’odio

per tutta la fame

per tutto il non amore…

 

SOLO LIBERTà...E GIUSTIZIA

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ALDA MERINI

E tutti noi costretti dentro
le ombre del vino
non abbiamo parole nè potere
per invogliare altri avventori.
Siamo osti senza domande
riceviamo tutti
solo che abbiano un cuore.
Siamo poeti fatti di vesti pesanti
e intime calure di bosco,
siamo contadini che portano
la terra a Venere
siamo usurai pieni di croci
siamo conventi che non hanno sangue
siamo una fede senza profeti
ma siamo poeti.
Soli come le bestie
buttati per ogni fango
senza una casa libera
nè un sasso per sentimento

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Post N° 553

Post n°553 pubblicato il 22 Novembre 2007 da alexisdg10

C’è un tizio che ho conosciuto anni fa, direi quasi venti. Era un ragazzo carino, timido, con i peletti al posto giusto, abbastanza erotico, pensavo allora. Ebbi una specie di storia con quel tizio, quasi vent’anni fa. Mi piaceva e a letto era una bomba. Era un po’ strano Gianni, questo lo notai subito. Veniva da una famiglia rigida, bigotta e sicuramente non troppo sana. Nessuno  dei suoi sapeva della sua omosessualità  né lui riusciva ad ammetterlo con se stesso. Il padre era un ex poliziotto in pensione, la madre una casalinga. Tutti e due avevano dei grossi problemi legati all’affettività.  Io ero  in un periodo in cui scambiavo una scopata per amore, avevo la testa confusa,  le braccia che facevano male tanto era la voglia di abbracciare qualcuno, chiunque fosse. C’è stato un tempo in cui ero così, l’ho già detto. Questo tizio veniva a casa mia regolarmente, due, tre volte a settimana, a scopare, nient’altro. Non si parlava mai di  nulla Gianni  ed io. Lui era un po’ tonto a dire il vero. E raccontava un sacco di bugie. Sulle prime non me ne accorsi nemmeno, poi incominciai a farci caso. Mi raccontava delle cose inesistenti. Per mia natura ero disposto a credere a tutto quello che aveva una parvenza di logica e non verificavo mai nulla. Anche oggi sono così. Do per scontato che gli altri siano come me e raramente ho bisogno di verifiche. Mentire non è nella mia natura e lo sforzo che dovrei compiere per farlo è troppo grande per le mie forze. Comunque a quel tempo ero più credulone del solito e poi mi piaceva tanto il suo corpo e volevo goderne il più a lungo possibile, per cui passavo allegramente sopra le sue bugie. Finché non scoprii, per puro caso, alcune verità ineluttabili sul suo conto. Gianni si era costruito  un mondo fantastico, un mondo parallelo dove gli sarebbe piaciuto vivere, il mondo che avrebbe voluto. Mi raccontava di far parte di una squadra di calcio amatoriale: non era vero. Mi diceva di avere un diploma da ragioniere: in realtà aveva la terza media. Mi parlava di trasferte con la sua squadra: immagino che trascorresse i pomeriggi nella sua casa, con i genitori disturbati, in una specie di antro che ho sempre immaginato letale e velenoso. Mi diceva un sacco di balle il povero Gianni. Il fatto è che mentiva su cose senza importanza. Non mentiva affinché io lo apprezzassi di più, mentiva per se stesso, faceva finta di essere davvero tutte le cose che diceva e ci credeva perfino, in un certo senso. Un giorno che ero in vena mi presi la briga di fare qualche indagine qua e là. Non fu tanto difficile. Scoprii che Gianni era stato costretto dal padre a seguire le sue orme in polizia, che poi aveva abbandonato poco dopo: “non ce la faceva” mi disse la persona che contattai e che conosceva meglio di me la sua situazione: “piangeva sempre. Del resto, Alex, se tu conoscessi i suoi..pensa che gli hanno preso un letto normale solo quando era adolescente, prima dormiva in un letto da bambino.” Questo fatto mi gettò nello sconforto. In seguito scoprii che Gianni, i cui disturbi mentali venivano regolarmente negati dai genitori, aveva fatto l’operario per qualche tempo in una ditta alle porte di Torino. Poi si era licenziato. Un giorno, alla luce di questi fatti, gli parlai a casa mia. Cercai di aiutarlo a capire, ma sbagliai mossa. Non avevo preso in considerazione che Gianni potesse essere veramente disturbato. Reagì con violenza e dopo una scenata uscì da me sconvolto. Me lo ritrovai sulla porta di casa completamente alterato qualche giorno dopo, che brandiva la Gazzetta dello Sport, dicendomi che quel giornale parlava di lui, che avrei dovuto credergli adesso, finalmente. Impaurito lo cacciai dall'appartamento, minacciando di chiamare i carabinieri e di farlo ricoverare. Dopo questo fatto incominciò a lasciarmi dei messaggi minatori sulla segreteria telefonica. Si era convinto che io potessi fargli avere un posto in RAI. Non so cosa passasse nel suo cervello malato. Poi scomparve all’improvviso. Di lui non se n’ebbe più traccia. Molto più avanti venni a sapere che era stato assunto presso un’assicurazione, grazie, credo, a qualche raccomandazione del padre-padrone. Più avanti ancora qualcuno mi disse che era stato licenziato da quel posto in malo modo: si era spacciato con alcuni clienti per il titolare ed era stato la causa di un sacco di guai. Ancora più avanti nel tempo mi dissero che sbarcava il lunario vendendo porta a porta dei  prodotti per la casa. Continuava a vivere coi suoi, in quell’antro maledetto, tetro e spaventoso. Un altro giorno una mia amica, assistente sociale della Asl, mi disse che Gianni si era presentato per un colloquio da loro. Non mi disse perché. Non glielo chiesi. Lo vidi ancora una volta, almeno dieci anni fa. Un po’ stempiato, magro, invecchiato, troppo per i suoi 30 anni di allora. Stamattina, sfogliando il giornale, gli occhi mi sono caduti sulla cronaca cittadina. “ Commesso di supermercato muore durante la pausa lavoro” diceva l’articolo. Un brevissimo articolo di cronaca scritto malissimo, probabilmente da una sottospecie di giornalista che doveva buttare giù il pezzo prima che il giornale andasse in stampa e c’era ancora uno spazio da riempire. “ Era il momento della pausa quando il povero Gianni Z. si è accasciato sul tavolo. Dai primi accertamenti sembra che il commesso sia stato colpito da emorragia cerebrale.” Accanto al trafiletto orribile la foto del povero Gianni, come lo ricordavo 20 anni fa, con tutti i suoi capelli, con il suo viso un po’ svanito, un filo di barba sulle guance. Lui, insomma. Ho scritto tutto questo non tanto perché mi abbia colpito questa morte tanto prematura , ma perché mi è tornato di colpo davanti agli occhi  il ritratto di una vita assurda, fatta di malattia e forse anche di degrado, una vita di cui non conoscerò mai appieno le sfumature e tutta la verità. E credo che nemmeno Gianni la conoscesse del tutto la sua vita. Quello che è certo è che non è riuscito a viverla. Una vita che si chiude così, in un modo tragico, piccolo e anche un po’ patetico. Una vita vissuta a metà, in bilico fra la realtà e il deliro. Il povero Gianni, che avrebbe tanto voluto comparire per una volta su di un quotidiano-la sua foto mentre tirava di rigore, driblava un avversario, segnava un  gol, di tacco o di testa-ci arriva adesso sul giornale, a quasi trent’otto anni ancora da compiere, alla fine di una vita difficile e in fondo inutile. Perché tutto è accaduto per niente. Tanto dolore  c’è stato per niente, in una patomima assurda e mediocre, in fondo, come la vita stessa. In mezzo a tanta solitudine, la scena collocata in un atro oscuro, un lettino d'angolo che da troppo tempo accoglieva il suo corpo già grande. Una vita ridotta ora ad una fototessera orrenda, una di quelle scattate dalle macchinette per la strada, una foto che gli avranno restituito all’anagrafe quando di foto gliene avrà portate quattro senza motivo. Data al giornale da un madre affranta e confusa, che forse, per un attimo, avrà maledetto il castello di mura nel quale aveva seppellito da sempre la realtà, insieme al marito padrone, in una successione di errori tragici, in una carenza d'amore profondissima e senza fine, che affonda le sue radici, vecchie come il mondo, non ricorda nemmeno lei più dove, tanto è vecchia la colpa. E l'amarezza. E la solitudine. E il dregrado. E lo stupore. E l'ignoranza. E la paura.

http://it.youtube.com/watch?v=wF9j3GRBihQ

 
 
 
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Questo blog è nato come  luogo di svago, come luogo di scambio di opinioni e  di idee, come luogo di confronto,  un posto dove ascoltare un pò di musica e leggere qualcosa . Magari, a volte, qualcosa di stimolante e persino d' interessante. 
E non necessariamente perchè lo scrivo io. 
Un luogo dove poter interagire liberamente. Tutti possono entrare, leggere e commentare purchè si esprima un 'opinione senza offendere chi la pensa diversamente. La libertà di ognuno di noi  cessa  nel momento in cui lede quella di un altro.  La maggior parte delle foto e degli scritti in questo blog  sono  miei, ma alcuni sono anche tratti dal web. Dove possibile sono citati gli autori e le fonti. Se  per disattenzione o perchè non disponibili,  accadesse  che in qualche modo qualcuno di sentisse leso, può tranquillamente scrivermi e la foto o il post verranno rimossi. In questo blog è lecito parlare di tutto. Ed è lecito dissentire. Come è pure  lecito e auspicabile costruire. Il dissenso è legittimo quando è finalizzato alla costruzione e non alla mera distruzione fine a se stessa. Nessun commento sarà mai rimosso o censurato.

 

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PER I VOSTRI VIAGGI CONSAPEVOLI

 Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
I bambini della luna fiutano e aggirano le loro capanne.
Verranno le iguane vive a mordere gli uomini che non sognano
e colui che fugge col cuore spezzato troverà alle cantonate
l'incredibile coccodrillo tranquillo sotto la tenera protesta degli astri. 
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
C'è un morto nel cimitero più lontano
che si lamenta da tre anni
perché ha un paesaggio secco nel ginocchio;
e il fanciullo che hanno seppellito stamane piangeva tanto
che fu necessario chiamare i cani per farlo tacere 
Non è sogno la vita. All'erta! All'erta! All'erta!
Precipitiamo dalle scale per mangiare la terra bagnata
o saliamo al margine della neve con il coro delle dalie morte.
Ma non c'è oblio né sonno:
carne viva. I baci legano le bocche
in un groviglio di vene recenti
e, a chi gli duole, il suo dolore gli dorrà senza tregua
e, chi teme la morte, se la porterà sulle spalle. 
 Un giorno
i cavalli vivranno nelle taverne
e le formiche infuriate
aggrediranno i cieli gialli che si rifugiano negli occhi delle vacche. 
Un altro giorno
vedremo la resurrezione delle farfalle dissecate
e andando in un paesaggio di spugne grigie e di navi mute
vedremo brillare il nostro anello e scaturire farfalle dalla nostra lingua.
All'erta! All'erta! All'erta!
Quelli macchiati ancora di fanghiglia e acquazzone,
quel ragazzo che piange perché non sa l'invenzione del ponte
o quel morto cui rimane soltanto la testa e una scarpa,
bisogna portarli al muro dove stanno in attesa iguane e serpenti,
dove aspetta la dentatura dell'orso,
dove aspetta la mano mummificata del bambino
e la pelle del cammello s'arriccia con un violento brivido azzurro. 
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno chiude gli occhi,
frustatelo, figli miei, frustatelo!
Permanga un panorama di occhi aperti
e amare piaghe accese.
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Ve l'ho detto.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno nella notte ha troppo musco alle tempie,
aprite le botole affinché veda sotto la luna
i bicchieri falsi, il veleno e il teschio dei teatri.

Federico Garcia Lorca

 sul comodino ( ma anche per terra e sotto il letto)

 

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Locandina Il tè nel desertoimmagine 
 

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