Scrive Eraldo Affinati a proposito dei romanzi:
"Servono a perpetuare l'illusione di poter comprendere il senso della vita. Producono intensità. Anche se a fondo perduto"
Post n°283 pubblicato il 09 Dicembre 2009 da ditz
Emmaus ti delude se t'aspetti tanto. Se non t'aspetti niente allora serve. Serve a dirti che non c'è la parola delusione in certe cose. Ti delude chi ti toglie il gioco. Ma con chi non hai mai giocato allora niente. Nihil. Zero tituli. E invece il libro lavora il lettore ai fianchi, ben benino. E poi non lo abbatte. Non lo atterrisce. Il gancio va a vuoto. Emmaus sparisce dietro una piega dell'io narrante scombinato: eppure la partenza era così invitante. Emmaus è un richiamo del nostro tempo. Un inganno in piena regola. Ma nemmeno per polemica, le dico queste cose. Certo, qui c'è il talento giovanile sedotto dalla compassata e pantofolaia età di mezzo, un tedio giusto appena accennato per frenare l'assalto ormonale dei personaggi: un tedio - mi sarebbe piaciuto - un po' pavesiano. Invece si rimane impietriti dentro il mistero della fede senza nemmeno un po 'di fede nel mistero di questo romanzo breve. Molto decolorato, troppo secco al punto che voglio intenderla come un'enfasi al rovescio. "E la vita è crudele più che vana".
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Post n°282 pubblicato il 06 Settembre 2009 da ditz
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Post n°281 pubblicato il 06 Settembre 2009 da ditz
In clandestinità ti sottraggo |
Post n°280 pubblicato il 03 Settembre 2009 da ditz
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Post n°278 pubblicato il 03 Agosto 2009 da ditz
"Non importa se è dura, ditz. Se, quando rileggi, senti male e vorresti far finta di non essere capace di scrivere alcune parole... è che le parole rompono: ti tirano l'angolo della maglietta e ti disfano l'onda dei capelli che stai sistemando da due ore. E, allora, io voglio imparare, cerco di imparare a farle stare in un foglio queste parole. Anche se sento male." fionamay |
Post n°277 pubblicato il 31 Luglio 2009 da ditz
Ogni tanto mi viene in mente Dio. Accanto a lui Federico Fellini gli dà qualche dritta su come inquadrare la scena. La camera dall'alto ci schiaccia le gambe fino a farcele nane. Le teste più grandi del corpo vanno avanti e indietro. Come formiche che noi umani scalciamo in una nuvola di polvere. Mettiamola così: ci sono tutti, lì, a guardare. Si aspettanto tanto da noi. Non deludiamoli almeno la notte lunga che lascia nei balconi del mondo mezza luna a forma di spicchio d'arancia. |
Post n°276 pubblicato il 29 Luglio 2009 da ditz
Oggi ho comprato un nuovo paio di occhiali da sole. E poi mi son detto che il cellulare non va bene. Penso che prenderò l'iphone. E gli occhiali che ho preso sanno di tuffo al cuore: wayfarer, per chi ricorda. Per l'esattezza me ne sono andato in giro per le strade del centro della mia città - compreso assurdo giretto sul tapis roulant - e mentre mi trascinavo col cervello in stand-by, mi sentivo come il vecchietto di Fiorello che si ostina a smadonnarsi i glutei sullo step!!!! I Wayfarer, per inciso, sono i mitici occhiali di Bob Dylan. Ma so che la cosa non attenua affatto la gravità della scelta. Valga come attenuante il colore: nero. |
Post n°274 pubblicato il 23 Luglio 2009 da ditz
"La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità. E’ l’ignoto di sé, della propria mente, del proprio corpo. Non è neppure una riflessione, scrivere è una facoltà che si ha fuori di noi, parallelamente a noi, di un altro che appare e si fa avanti, invisibile, dotato di pensiero, d’ira, e che talvolta, per questo stesso motivo, è in pericolo di rimetterci la vita. Lo scritto arriva come il vento, è nudo, è l’inchiostro, è lo scritto, e passa come niente altro passa nella vita, niente di più, se non la vita stessa." |
Post n°271 pubblicato il 12 Luglio 2009 da ditz
Una cosa abbastanza ripugnante è quando qualcuno racconta palle. E lo fa sempre e comunque. Hai una sensazione che ti scivola addosso e che è difficile pure definire. Non so: il termine non mi sovviene. Se uno ci pensa: stare lì in balia di qualche contaballe. Avere pure la caparbietà di dire Guarda che stai dicendo una fesseria/cazzata/palla/pallazza/bugia/non-verità/minchiata/puttanata/ma va' là/evita!/e così via... E a quel punto scatta la reazione. Chi? Io?????
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Post n°269 pubblicato il 11 Luglio 2009 da ditz
Le volte che sono rinato e non me n'ero accorto. Mi sento così sereno quando trovo |
Post n°268 pubblicato il 26 Giugno 2009 da ditz
C'è una distesa di fogli. Sembrano sdraiati al sole artificiale della lampada. Ci sono telefonini sparsi. Almeno tre. E trillano a ritmo. Ciascuno al momento giusto. Poi che c'è. Vediamo. La stampante. Qualche mappa concettuale come souvenir. C'è un libro ma s'intravede appena: ecco il neo di Marylin in copertina. Poi c'è una Divina commedia. Qualche penna. Fogli scritti. Spillatrice professional. Bicchieri portaoggetti. Il libro delle figure retoriche. Una bottiglia di tè verde. Il Baldi di Letteratura italiana: immancabile. C'è un cappello con visiera. Ah ecco. Un libro di sbocchi professionali. Di questi tempi. Con la scuola pubblica verso la chiusura definitiva. E poi c'è Ossi di seppia di Montale con gli ultimi due versi di Falsetto: Ti guardiamo noi, della razza |
Post n°267 pubblicato il 17 Giugno 2009 da ditz
Dopo che vedi "Valzer con Bashir" se ti alzi in piedi subito rischi di cadere per via di quelle visioni che ti rimangono per ore stazionarie, irremovibili nella mente perplessa, confusa da quella lucente bellezza, dalla lucida razione di arte che ci spetta: gli occhi gialli dei cani, randagi e neri, che avanzano da una memoria che si sfolla. E il cielo? Giallo anche quello. C'è un lirismo in "Valzer con Bashir" che la mia testa bacata me lo fa paragonare a un libro, a un poema: "Farsalia" di Lucano. Perché uno si aspetta che un film "di guerra" parli di guerra. O che un libro "di guerra" parli di guerra. E invece scopri che questo film e quel libro parlano sì di guerra ma ne parlano con un livello lirico inversamente proporzionale al livello retorico-enfatico di tante interviste sulla guerra. "Valzer con Bashir" si prende la briga del documentario ma documentario non è. La prima ora è un viaggio filosofico-esistenziale nelle vostre vite che manco ve ne accorgete. La bellezza sconvolgente delle immagini, la forza lirica delle parole, la sapiente regia nel miscelare l'orrore della guerra, il mancato ricordo, il senso di colpa, la strage di Sabra e Chatila con il vortice di bellezza dell'animazione, col disegno computerizzato, sofisticato, dettagliato. Tutto questo dentro la mente di Ari Folman diventa un meravigliosa tragico documento poetico della guerra con gli occhi di un diciottenne che piano piano vede riaffiorare dal buio della dimenticanza un rigagnolo di ricordi. E scava, e chiede, e cerca. E trova un gioiello: la paura di morire si mischia alla guerra-spettacolo osservata dai balconi delle case. L'ossimoro spiagge-mimetica militare. E ancora la discoteca e i mitra. E il rettangolo trasparente da cui guardare la strada che avanza: ed è l'occhio di un cingolato. Poi una esplosione. E la fuga dei ragazzini-soldato verso la morte. Tranne uno. Che per salvarsi fugge di notte verso il nero del mare. Gli monta in groppa e comincia a nuotare. Eccola la fuga del soldato verso il mare. Di notte. A nuoto. Verso luci lontane. L'onda si dilata e il grandangolo la rende più onda. Più ampia. Alla fine la stanchezza. Come un panno-straccio. Il soldato da nuotatore si fa relitto trascinato dalla corrente. E la paura ci perseguita mentre perseguita lui. Fino all'ultima onda: la spiaggia. La salvezza. Il sospiro di sollievo. Lui e noi, all'unisono. Guardare "Valzer con Bashir" è tirare un sospiro di sollievo: dire che nonostante tutto ne vale la pena. Se leggi una pagina di Lucano più o meno si hanno quelle sensazioni lì. "Quando i soldati, occupato il Foro, ricevettero l'ordine Quis furor, o cives, quae tanta licentia ferri. Una follia davvero immane è questa licenza delle armi. Che non è propriamente una licenza tipo 007 con licenza d'uccidere. Forse è più un offrire sangue senza senso. Un sacrificio vano. L'immagine dei cavalli colpiti a morte, stramazzati, segnano la polveriera dei nostri ricordi: e si illumina la spia rossa che segna un nome sotto: Eugenio Montale. Poi ci clicchi sopra e sbuca pure Guernica di Picasso. Agiti bene: eccolo Freud. I sogni, i numeri, le cordicelle del pensiero aggrappate alla notte. Il defribillatore cerebrale aperto, la valvola di sfogo sfriziona aria di sogni dai buchini onirici, raccattapalle attentissimi prendono servizio appena chiudiamo gli occhi, o appena ci remmizziamo. Torni indietro: c'è sempre Marco Anneo Lucano. La storia dentro alla poesia. Si chiude il valzer di Ari Foman. Un valzer sconsideratamente perfetto |
Post n°266 pubblicato il 08 Giugno 2009 da ditz
Ti porto nel porto sepolto. Quando mi ricordo
Lo spazio bianco che circonda la parola. |
Post n°265 pubblicato il 08 Giugno 2009 da ditz
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Post n°261 pubblicato il 26 Maggio 2009 da ditz
Fabio mi sa di bugiardo. Fila via troppo spedito. Quell'effe parte in quarta attaccata alla a. Se ne fotte se la bilabiale cerca di occludere. Solo per attimo. Poi la bocca s' apre ed è uno sgomento in forma di dittongo. Ci sono nomi che escono leggeri. Spuntano a piacere. Non li avevi mica interrogati. Fabio sfora, appena sfiora. Una camera d'aria col suo chiodo appena tirato. Titti prende la vita a spicchi e fa dannare i mariti. Tre volte t, come un tre volte in croce. Sbatte a destra e a manca l'orlo della bocca mentre la lingua preme sui denti e si richiude vergognata su quelle i intirizzite dal freddo, dalla tormenta del mondo di fuori. Emma lampeggia. Lascia come se volesse continuare. continua (ma anche no) |
Post n°260 pubblicato il 24 Maggio 2009 da ditz
«E sul piatto il pesce morto, fetente. Era enorme, giallo, con gli occhi molli e cianòtici dopo l’impudicizia e la nudità; con la bocca rotondo-aperta pareva gli avessero dato a suggere, per finirlo, il tubo del gas. E nel cestello i funghi dall’odor di piedi; per aria mosche e anzi alcuni mosconi, due calabroni, una o forse due vespe, un farfallone impazzito contro la specchiera: e, computò subito, stringendo i denti, un adeguato contingente di pulci». La cognizione del dolore
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Post n°259 pubblicato il 19 Maggio 2009 da ditz
La parola chiave è stata approssimazione. Tutto con Ranieri m’è sembrato fortemente approssimativo. Sì, è così. Schemi d’attacco inesistenti. Una sorta d’astrattismo vacuo e imponderabile. Una dinastia del nullismo. Il nichilismo disperato e disperante. Una progressiva e insanabile resa. L’anticalcio a tutti i costi. Uno juventino medio non poteva tollerare oltre. Una liberazione, in definitiva. Una liberazione da metodi antidiluviani. L’unico ricordo positivo è stato “la difesa alta”. Non si capisce perché indietreggiando piano piano si sia finiti in area di rigore. Catenaccio e palla fai tu. No, la Juve che m’immagino non può essere questa. Senza un trequartista. Senza uno straccio di rifinitura. Marchionni aveva il compito di fare il terzino, l’ala e d’accentrarsi a mo’ di rifinitore. Ma spostalo a terzino. Così quando scende sulla destra crossa decentemente. La qualità aumenta e così via. Mai una intuizione. Mai. Anche a costo di perdere la faccia. Il vuoto. La noia. Il tedio. La nebbia. Un compito in classe svolto per far contento l'insegnante. Una pioggia di banalità. Un pensare in piccolo. La provinciale quasi felice di perdere ma di aver lottato con coraggio fino alla fine. Ma la cosa che più di tutte mal digerivo era lessicale. Ranieri aveva una specie di intercalare che a volte mi rimaneva in mente dopo l'intervista finta del post partita: per cui. Per cui questo e per cui quello. Alla fine ti rintrona la testa e lo ripete in eerno, quel per cui. A furia di usare per cui, si finisce per perdere. Inevitabile. Anche se poi partono a raffica i denigratori dei denigratori. E allora ecco il festival delle ovvietà tipo ma era un brav'uomo, gli dobbiamo delle scuse, ma non è il solo responsabile, l'hanno cacciato ingiustamente... manco fosse un nobile cassintegrato. Ma mi facci il piacere... Per cui... emh, chiudiamola qui.
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Post n°258 pubblicato il 17 Maggio 2009 da ditz
Ragionier Montale. Dal Tecnico Commerciale al millenovecentosettantacinque. Dal diploma di ragioniere al Nobel. Dove sali? Sali in cima ai pensieri di quella casa dei doganieri, quella del Tu non ricordi. Ti ricordi Montale? Ti ricordi la casa dove il libeccio sferza da sempre. Chi ti sente quando dici che "l'arte è il compenso o il surrogato di chi non vive"? Scrivi Montale. Noi moduliamo il nostro fischio di richiamo per quando sarà l'ora. Ci commuove la tua timidezza. La sgretola il carico di parole portate in braccio oltre ogni bufera che sgronda, ci piace tenerci aggrappati alla memoria del crac di noci. Se sai chi va e chi resta, non ti sgomenta il nostro stare all'erta, affacciati al balcone delle idee, al respiro d'aria buona che sgronda dalle cimase dei tetti. Avresti voluto essere "scabro ed essenziale". Lo sappiamo, Montale. Invece ti sei fermato a osservare "il male che tarla il mondo, la piccola stortura d'una leva che arresta l'ordegno universale". Zitti anche noi, col nostro segreto in pugno, con le tue parole di quel mattino di vetro, con la solarita scrosciata del giallo di quei limoni. Montale, ragionier Montale. Hai ragionato bene. Di sragionare le cose normali. TI sei ficcato in questa dolcezza inquieta, nella navicella d'una fanghiglia mobile d'un rigagno assieme a Camillo Sbarbaro. Quelli che deridono la poesia, dacci retta: guidali. Anche se vanno a centottanta all'ora, sono fermi: non hanno mai ballato nel tango smorzato a raffiche dallo scirocco. Non hanno dileguato la ragione in cambio d'un istinto. Presidiano cubi invivibili senza libri. Ah l'uomo che se ne va sicuro...
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Post n°257 pubblicato il 17 Maggio 2009 da ditz
Un lamento disperso in forma di suono di parole come anime dissidenti e nervose capricciose bambine che s'urtano a un niente arriviste fanatiche non s'appellano al dubbio poi graffiano e sgomitano soddisfatte all'arrivo se corteggiano a vanvera giocano al doppiogioco sono chiacchiere al vento o diceria dell'untore un lamento disperso rompe mille certezze. Ci castigano quando le poniamo con cura dentro il fodero-pudore che chiamiamo silenzio dentro la notte più nera spiaccicata sul mondo di sei miliardi di zombi dissepolti o di guru è la notte più nera spiaccicata là in fondo quando c'è pure un tizio che rimane in ascolto e sa starsene zitto anche se arriva il suo turno tra le dita Argo il cieco lo solletica e lo cura. Un indennizzo discreto contro peripezie finte. |
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CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
È RIDICOLO CREDERE
che gli uomini di domani
possano essere uomini,
ridicolo pensare
che la scimmia sperasse
di camminare un giorno
su due zampe
é ridicolo
ipotecare il tempo
e lo è altrettanto
immaginare un tempo
suddiviso in piú tempi
e piú che mai
supporre che qualcosa
esista
fuori dall'esistibile,
il solo che si guarda
dall'esistere.
(Eugenio Montale, Satura; Satura II)
PARANOID ANDROID - RADIOHEAD
Please could you stop the noise
I'm trying to get some rest?
From all the unborn chicken voices in my head
What's that, what's that
When I am king you will be first against the wall
With your opinion which is of no consequence at all
What's that, what's that
Ambition makes you look pretty ugly
Kicking squealing gucci little piggy
You don't remember, you don't remember,
why don't you remember my name
Off with his head man, off with his head man
Why don't you remember my name?
I guess he does
Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
That's it sir, you're leaving,
the crackle of pig skin,
the dust and the screaming
The yuppies networking
the panic, the vomit,
the panic, the vomit
God loves his children,
God loves his children, yeah