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Fatti non foste a viver come bruti

"... Non vogliate negar l’esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
"

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)

 

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La storia insegna, 2 Sallustio

Post n°140 pubblicato il 16 Febbraio 2007 da unamicoincomune
 

E non solo quelli che erano complici della congiura avevano la mente stravolta, ma tutta intera la plebe, per

cupidigia di novità, approvava le imprese di Catilina. Evidentemente faceva ciò secondo la sua consuetudine. Infatti,

nello Stato, coloro che non hanno beni invidiano sempre i cittadini dabbene, esaltano i malvagi, esecrano il vecchio,

bramano il nuovo, per odio della loro condizione desiderano un radicale mutamento, vivono senza pena di torbidi e di

sommosse perché la miseria mette facilmente al riparo da ogni danno. Ma la plebe romana aveva davvero molte ragioni

di gettarsi nel tumulto. Prima di tutto, coloro i quali dovunque emergevano per turpitudine e sfrontatezza, poi gli altri

che avevano con vita svergognata dissipato il patrimonio, infine tutti coloro che un'ignominia o un delitto aveva

scacciato dalla patria, tutti costoro erano confluiti a Roma come in una sentina. Poi, molti, memori della vittoria di Silla,

poiché vedevano alcuni semplici soldati divenuti senatori, altri così ricchi da trascorrere il tempo in un lusso regale,

ognuno, se prendeva le armi, sperava dalla vittoria le medesime cose. Inoltre la gioventù che nei campi con il lavoro

manuale pativa la miseria, stimolata dalle largizioni pubbliche e private, aveva preferito l'ozio urbano a un lavoro

ingrato. Essi e tutti gli altri vivevano del pubblico danno. Non c'era dunque da meravigliarsi se uomini bisognosi, di

cattivi costumi, di sconfinata ambizione, facevano buon mercato dello Stato come di se stessi. Inoltre, coloro dei quali

la vittoria di Silla aveva proscritto i parenti, strappato i beni, sminuito il diritto alla libertà, non attendevano certo con

altro animo il successo della guerra. Poi, chiunque fosse di un partito diverso da quello del Senato, preferiva che fosse

sconvolto lo Stato piuttosto che diminuita la propria influenza. È così che dopo molti anni il male aveva di nuovo invaso

la città.

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Infatti, dopo che i consoli Cn. Pompeo e M. Crasso ristabilirono la potestà tribunizia, uomini ancor giovani

venuti in possesso di un'autorità così grande, con la violenza d'animo che l'età rinfocolava coi loro attacchi al Senato

cominciarono ad agitare la plebe, poi con elargizioni e promesse ad alimentare l'incendio, e così diventare essi stessi

famosi e potenti. A loro con tutte le forze si opponeva gran parte della nobiltà, sotto l'apparenza di difendere il Senato,

in realtà per conservare i suoi privilegi. E infatti, per dire il vero in breve, dopo quei tempi, tutti coloro che sconvolsero

lo Stato sotto onorevoli pretesti, alcuni come difendessero gli interessi del popolo, altri perché grande e piena fosse

l'autorità del Senato, simulando il bene pubblico, lottavano ciascuno per il proprio potere. Né avevano moderazione o

misura nel contendere; gli uni e gli altri esercitavano crudelmente la vittoria.

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Commenti al Post:
a_tiv
a_tiv il 16/02/07 alle 13:45 via WEB
Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? Oramai è un mito della "Catilinarie" di Cicerone. Siamo nel 63 a.c. ai primi segnali della decadenza dell'impero romano. Perifrasando Cicerone potremmo dire: Quousque tandem, Produs, abutere patientia nostra? la sua congiura a danno del popolo italiano, infatti, è smascherata...peccato che non esista un Cicerone che abbia la forza ed il coraggio di denunciare la sua inadeguatezza e perniciosità dinanzi al popolo italiano! Ciao! Vito
 
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AL VERO GABBIANO JONATHAN

immagineLa maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli.

 

SE

 

"Se" Se saprai conservare la testa, quando intorno a te tutti perderanno la loro, e te ne incolperanno; Se crederai in te stesso, quando tutti dubiteranno, ma saprai intendere il loro dubbio; Se saprai aspettare, senza stancarti dell'attesa, ed essere calunniato senza calunniare o essere odiato senza dar sfogo all'odio e, non apparire troppo bello, ne parlare troppo saggio; Se saprai sognare, e non rendere i sogni tuoi padroni; se saprai pensare, e non fare dei pensieri il tuo fine; se saprai incontrare il Trionfo e il Disastro, e trattare questi due impostori nello stesso modo; Se saprai sopportare di sentire quello che hai detto di giusto falsato dai ribaldi per farne trappola ai creduli o vedere le cose per cui hai dato la vita, spezzate e curvarti e ricostruirle con utensili logorati; Se saprai fare un mucchio di tutte le vicende e rischiarlo in un giro di testa e croce; E perdere e ricominciare da capo e non fiatar verbo sulle tue perdite; Se saprai forzare il tuo cuore e i nervi e i tendini per aiutare il tuo volere, anche quando essi sono consumati; e così resistere quando non c'è più nulla in te tranne che la volontà che dice loro: "reggete!" Se saprai parlare con le folle e mantenere le tue virtù e passeggiare con i Re e non perdere la semplicità; Se ne nemici, ne prediletti amici avranno il potere di offenderti, se tutti gli uomini conteranno ma nessuno conterà troppo; se saprai riempire il minuto che non perdona, coprendo una distanza che valga i sessanta secondi; Tuo sarà il mondo e tutto ciò che contiene e, ciò che conta, sarai un uomo,figlio! Rudyard Kipling

 

EINAUDI

"Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi." - Luigi Einaudi

 

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