piazza alimonda

"..ACCENDERE IL FUOCO SOTTO", ecco uno dei punti "focali" per tentare (ripeto,tentare) d'interpretare la tragicità di alcuni eventi sociali. Ormai nella italiana quotidianità si accendono fuochi e si spara da tutte le parti contro tutti. E ognuno -nel suo meschino radicalismo- esplode a tutto spiano passionalità malate, risentimenti e frustazioni coi "mezzi" di cui dispone. Chi con virulenze mediatiche, chi con incontrollate incitazioni demagogiche dal pulpito, chi con pericolose "rotte di collisione" nelle manifestazioni di piazza, chi col fuoco di bandiere nei pretestuosi cortei, chi -infine- con la penna. Tutte armi, proprie e improprie, che spesso -nell'anonimato protettivo della folla o nel tumulto di uno stadio- si trasformano in immensi striscioni deliranti, in bombe, razzi e accoltellamenti dentro e fuori lo stadio. Inutile negare, trattasi, spesso, di una tragica e luttuosa coerenza-conseguenza di un comportamento abituale allorquando si presentanto determinate circostanze. Insomma, è impensabilde che un pseudo-militante malato possa incredibilmente acquisire e conservare un improvviso "aplomb" quando entra in uno stadio di calcio. L'evento calcistico non gli interessa affatto, è solo una copertura, un alibi. Perchè cerca soltanto lo scontro fisico contro il "nemico" e contro chi si frappone alla sua volontà criminale. Del resto, è questa l'aberrante "filosofia" del delinquente, ma anche del radicalista, diventato "ultras" nell'occasione-calcio. Carmelo Bene, tra tante cose strampalate, ne ha azzeccata una meno esagerata "Quelli che vanno allo stadio sono tutti potenzialmente teppisti". Non so se abbia ragione, ma certo che gli ultras gli danno ragione. Dopo questa siciliana "piazza alimonda all'incontrario" riflettiamo un pò tutti sugli integralismi e radicalismi di varia estrazione, cerchiamo di "spegnere i nostri piccoli fuochi quotidiani", abbassiamo la fiamma delle tensioni personali : forse non debelleremo la violenza, ma certamente renderemmo per lo meno più facile l'applicazione delle leggi-stadio. Potrebbe essere un valido punto di partenza, per risalire successivamente alle altre responsabilità societarie. La corretta diffusione della "cultura", anche della sconfitta, dovrebbe fare il resto. Zeman resta sempre "vox clamantis in deserto". Un saluto, Louis.