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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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UN FONDO POPOLARE LOCALE

Post n°628 pubblicato il 17 Giugno 2013 da rteo1

UN FONDO POPOLARE LOCALE

La crisi economica si sta diffondendo a macchia d’olio, ormai, e gli effetti nefasti sono sotto gli occhi di tutti. Se ne dibatte in TV e lo si scrive sui giornali, mentre la situazione peggiora di giorno in giorno. Sono tanti, ora, che fanno fatica ad arrivare a fine mese, ma ci sono anche quelli che non riescono a superare la settimana o, peggio ancora, non sanno neppure se consumeranno un pasto giornaliero. A fronte di un esercito di disperati, le cui fila si affollano sempre di più, si osservano, tuttavia, dei cittadini che vivono nello sfarzo e che continuano ad accrescere i loro capitali, mostrando assoluta indifferenza per il destino dei propri simili. I governi occidentali, e quello dell’Italia in particolare, non sono in grado di fare fronte al declino economico e tutti i provvedimenti normativi sono soltanto dei palliativi, perché nessuno ha la forza (soprattutto morale) o la volontà di mettere mano alle cause dei problemi. Eppure la strada da seguire è semplice, e basterebbe un po’ di buon senso generale e di onestà. Per risolvere il problema occorre risalire alla sua origine, ossia alle fondamenta dell’aggregazione umana. Questa, quando è nata, ha avuto al suo centro l’attività produttiva, che ne ha costituito il fulcro, il baricentro. E’ stata, infatti, la produzione che ha consentito alla comunità di crescere, di svilupparsi, e solo grazie ad essa è stato possibile ampliare i settori di interesse sociale, tra cui la cultura, lo svago, e oggi il welfare e l’assistenza sanitaria. Nel tempo, però, e soprattutto nel XXI secolo, le istituzioni pubbliche hanno preso il sopravvento, e anche a causa di un sistema politico malato, le sovrastrutture, la burocrazia, i servizi, sono aumentati a dismisura e hanno reso marginale, quasi irrilevante, il ruolo dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, del commercio, che dovevano, invece, essere mantenuti al centro dell’aggregazione sociale, economica e politica. Così, a fronte di pochi poli produttivi, sempre di più fiscalmente spremuti, sono stati inventati organismi improduttivi e burocratici, anche a livello europeo e internazionale, senza alcun rapporto con le risorse disponibili, e facendo perfino ricorso all’indebitamento pur di mantenere un apparato pubblico, almeno in parte inutile. Era prevedibile, perciò, che prima o poi finisse l’incantesimo e che la realtà si imponesse nella sua attuale drammaticità. Purtroppo, però, oggi potrebbe già essere troppo tardi per correre ai ripari, perché il debito pubblico ha ormai superato la soglia della sostenibilità (un debito di 2041 miliardi di euro che continua a crescere con circa 100 miliardi di interessi annui). Tuttavia un ultimo sforzo è doveroso farlo, se non altro per onorare la memoria di quei cittadini che hanno speso la propria vita per assicurare agli italiani una democrazia e un benessere diffuso, da distribuire mediante una rete solidale.  E allora, a prescindere da ciò che farà il governo centrale e tutti quelli territoriali, che spesso sono anche distratti dalle logiche di potere e dalla spartizioni delle cariche, è forse giunto il momento che tutti i cittadini, che grazie loro talento (e in qualche caso anche grazie alla tutela politica, o al Buon Dio) sono riusciti a resistere alla crisi economica dilagante, mantenendo intatto, o quasi, il loro reddito (oltre al patrimonio), versino un contributo volontario mensile ad un “fondo popolare locale”, da utilizzare per sostenere tutti quei concittadini che oggi sono disperati e alla deriva. Basterebbero, tanto per cominciare, soltanto dieci euro mensili, che di certo non manderebbero in rovina nessuno e che sono l’equivalente di circa un pacchetto di sigarette. In una città come Avellino, ad es., di quasi 60.000 abitanti, se ci fossero almeno 5.000 donatori (tra cui i percettori di indennità politiche, come il sindaco e gli assessori), si potrebbe disporre di una somma mensile di circa 50.000 euro, che se da un lato potrebbe lenire le sofferenze alimentari di alcuni, dall’altro farebbe sentire tutti moralmente meglio, e si darebbe un messaggio di solidarietà agli altri territori e all’Italia intera, che su queste nuove radici potrebbe alimentare la speranza e la rinascita. E Avellino, per la gestione del fondo, non avrebbe difficoltà a scegliere persone votate al bene comune, interiormente vicine ai più deboli e lontani dalle clientele, come ad es. il Buon Parroco Emilio Carbone. Un “fondo popolare locale”, quindi, per tornare ad essere un popolo unito e solidale, che non si chiude nel proprio egoismo ma si apre ai concittadini in difficoltà, in attesa che si inverta la tendenza in atto e si continui a sperare.         

 
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