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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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IL PARLAMENTO E’ PRIVO DI RAPPRESENTANZA POLITICA

Post n°662 pubblicato il 15 Gennaio 2014 da rteo1

IL PARLAMENTO E’ PRIVO DI RAPPRESENTANZA POLITICA

Come ormai noto la Corte costituzionale con la sentenza nr. 1/2014 ha reso pubbliche le motivazioni relative alla declaratoria di incostituzionalità del premio di maggioranza e delle liste bloccate, senza preferenza, previsti dalla legge elettorale definita, non a caso, “porcellum”. In buona sostanza, la Corte ha ritenuto che tali prescrizioni violano il principio della sovranità popolare (art.1, comma 2, della Costituzione) e incidono sul diritto di voto dei cittadini, che deve essere personale, libero, diretto, egualitario, affinché abbia lo stesso “peso” in ogni parte d’Italia e ogni elettore possa scegliere direttamente (e non indirettamente, come col voto alla sola lista bloccata) il proprio rappresentante da “mandare” in Parlamento. Secondo la Corte - e la tesi è condivisibile - l’espunzione dal contesto della legge elettorale di tali norme non priva il vigente ordinamento costituzionale della legge elettorale perché quella sua parte che resta tuttora in vigore è più che idonea e sufficiente a poter disciplinare una eventuale elezione di nuovi parlamentari. Infatti, dall’esame della legge elettorale che è residuata ben si trae un sistema elettorale, che è di tipo proporzionale puro, con le sole soglie di sbarramento, mentre la preferenza unica di desume, ormai, dal quadro normativo richiamato e interpretato dalla stessa Corte. L’esigenza, perciò, di approvare o meno una nuova legge elettorale è soltanto politica (partitica), e non giuridica, perché riguarda il modello di selezione dei parlamentari e la necessità (tutta dentro le stanze del potere) di garantire una governabilità delle istituzioni, e di creare le condizioni di un’alternanza politica secondo uno schema bipolare (centrodestra o centrosinistra). Per questo la Corte ha evidenziato che il Parlamento ha tuttavia ancora il potere di intervenire per elaborare una diversa legge elettorale, fermi, però, restando i limiti suddetti, e cioè che l’attribuzione di un eventuale “premio di maggioranza” dovrà essere proporzionale ai voti o ai seggi ottenuti e che non si può negare agli elettori il diritto di esprimere una preferenza (anche su eventuale lista bloccata), con la sola deroga, forse, per i collegi uninominali. La Corte, però, seppur non richiesto, ha ritenuto necessario dare anche ulteriori prescrizioni, stante la grave incertezza sulla “legittimità o meno” dell’attuale  Parlamento per effetto della incostituzionalità della legge elettorale, e, al riguardo, ha  ricordato “che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento…, alla stregua dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio «che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. “retroattività” di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984)”. Da ciò ne ha fatto derivare poi che “Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali.”, e che, inoltre, nel caso di specie “Rileva… il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento.”.  Al riguardo va detto che non è questa la sede per evidenziare possibili contraddizioni logico-giuridiche, e che è comprensibile e condivisibile “la preoccupazione” della Corte di evitare comunque un dissesto dell’organizzazione statale, tuttavia non si può tacere su un punto cruciale: sul piano politico questo Parlamento è sicuramente non rappresentativo, così come non lo è rispetto al Popolo sovrano. La ragione dell’incostituzionalità, infatti, si fonda sulla violazione del rapporto di rappresentanza tra cittadini-elettori ed eletti, i quali, con le disposizioni annullate risultavano nominati e non scelti. Ecco, perché, allora, questi parlamentari, seppur si voglia ancora tenerli in carica, poiché sono privi del potere di rappresentanza del “corpo elettorale”, non potranno operare alcuna riforma, soprattutto di tipo costituzionale, ma dovranno soltanto porre in essere tutti gli atti utili all’elezione di un nuovo Parlamento. Ogni diversa soluzione, non sarà rispettosa del principio costituzionale della “rappresentanza politica del Popolo”.     

 
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