Il Doping nel Calcio – Le pesanti verità di Ferruccio Mazzola

Doping

Ferruccio Mazzola: il Doping nel Calcio

Ferruccio Mazzola … sono stato in quell’Inter anch’io, anche se ho giocato poco come titolare. Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l’allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve ( io ero spesso tra quelle ) e poi le dava anche ai titolari. Qualcuno le prendeva, qualcuno le sputava di nascosto. Fu mio fratello Sandro a dirmi: se non vuoi mandarla giù, vai in bagno e buttala via. Così facevano in molti. Poi però un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da quel giorno ‘il caffè’ di Herrera divenne una prassi all’Inter”. “ Cosa c’era in quelle pasticche ? …  Con certezza non lo so, ma credo fossero anfetamine. Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Oggi tutti negano, incredibilmente. Perfino Sandro. Da quando ho deciso di tirare fuori questa storia, non ci parliamo più. Lui dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Io invece credo che sia giusto dirle queste cose, anche per i miei compagni di allora che si sono ammalati e magari ci hanno lasciato la pelle. Tanti, troppi … Armando Picchi: morto a 36 anni nel 1971 per tumore alla colonna vertebrale, Marcello Giusti: morto a 54 anni nel 1999 per tumore cerebrale, Carlo Tagnin: morto a 67 anni nel 2000 per osteosarcoma, Mauro Bicicli: morto a 66 anni nel 2001 per tumore al fegato, Ferdinando Miniussi: morto a 61 anni nel 2001 per epatite C, Giacinto Facchetti: morto a 64 anni nel 2006 per tumore al pancreas, Enea Masiero: morto a 65 anni nel 2009 per tumore ..

Non era solo l’Inter. Io sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina, passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante ( arresto cardiaco nel 2003 ) e Nello Saltutti ( carcinoma nel 2004 ). Altri hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo stesso De Sisti….
Lì ci davano il Villescon ( una metanfetamina ), un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno ».

E’ morto a 68 anni Ferruccio Mazzola, il ‘terzo incomodo’, dal titolo del suo celebre libro autobiografico. Figlio dell’immenso Valentino, simbolo del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, e fratello minore del più noto Sandro, campione con l’Inter e con la Nazionale, Feruccio ha vissuto anche lui nel e per il mondo del calcio. La sua fama però non è dovuta alla discreta carriera da calciatore tra Venezia, Inter, Lecco, Lazio e Fiorentina (con cui vinse lo scudetto all’epoca di Maestrelli), né alla successiva carriera di allenatore, per lo più in Serie C. Bensì alla sua decisione di non allinearsi. Da qui la definizione di ‘terzo incomodo‘. A fronte di cotanti famigliari, che della storia del calcio hanno scritto alcune delle pagine più luminose, lui decise di raccontarne gli angoli più bui. ( Il Fatto Quotidiano )

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Libri & Letture

Aggiornato al 24 Agosto 2022

 

Libro – Cesare Pavese: Vita colline libri

Langhe

Cesare Pavese: Vita colline libri

Le Langhe, o il luogo del mito – Cesare Pavese nasce a Santo Stefano Belbo il 9 settembre 1908, in quella che era la residenza di campagna dei genitori. Pur avendo vissuto per lo più a Torino, le Langhe rappresentano il suo luogo dell’anima e l’universo mitico cui attinge per lo sviluppo del suo percorso letterario. Santo Stefano Belbo, piccolo paese di provincia tra le Langhe e il Monferrato, è il luogo del ritorno e della partenza, alla continua ricerca di un’identità umana e poetica.

La passione per la letteratura americana – Cesare Pavese è un giovane appassionato di letteratura americana. Con una tesi di laurea su Walt Whitman, nel 1930, inizia il suo percorso di scoperta e divulgazione della letteratura d’oltreoceano. Questa attività, tra le altre, lo porterà negli anni, ad avvicinarsi al mondo dell’editoria, diventando poi direttore editoriale di Einaudi.

La Torino di Cesare Pavese – Il primo nucleo della struttura redazionale di casa Einaudi si forma negli anni ‘20, sui banchi del Liceo Ginnasio Massimo d’Azeglio di Torino dove insegna Augusto Monti, intellettuale antifascista di formazione crociana, amico di Piero Gobetti. Il collettivo di ex-allievi si riuniva al caffè Rattazzi, o nelle case dell’uno dell’altro, per discutere di politica, filosofia e letteratura. Era composto da Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Cesare Pavese e altri. Ma Torino per Pavese, e per i suoi compagni, non è solamente il luogo della formazione e del fermento politico. Amavano la città, i suoi viali, il Po, la collina, le osterie che si chiamavano Far West e i cinema dove si proiettavano film americani. “Mia amante, non madre né sorella”, così Cesare Pavese descriveva il suo legame con la città.

Il confino – Cesare Pavese si fa coinvolgere da questo clima culturale e politico. Nonostante l’atteggiamento contraddittorio rispetto alle posizioni dei compagni – si era iscritto al partito nazionale fascista per consentire alla sorella Maria di insegnare nelle scuole di Stato – nel 1935 viene arrestato per un transito di lettere da casa sua e indirizzate a Battistina Pizzardo, attivista comunista con la quale avrà una relazione. Pavese passa dalle Carceri Nuove di Torino al Regina Coeli di Roma. Viene condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro ed espulso dal Partito Nazionale Fascista. Per domanda di grazia gli vengono condonati due anni, così nel 1936 può ritornare a Torino.

…. FONDAZIONE CESARE PAVESE …..

Gli ultimi anni – Negli ultimi anni di attività, dal 1948 , arriva in casa Einaudi un giovane che Pavese prende sotto la sua tutela. Si tratta di Italo Calvino, di cui intuisce subito la grande intelligenza e leggerezza nello scrivere. Il giovane ligure rimarrà per sempre devoto a Pavese, che rappresenta per lui il segno della sua vita torinese, nonché il massimo insegnamento ricevuto nella scrittura, nel lavoro e nell’osservare le cose a modo suo. Cesare Pavese si toglie la vita nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1950, a Torino. Sarà Calvino a continuarne il lavoro in casa editrice senza mai dimenticare la lezione del suo maestro.

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Libri & Letture

 

Lo Stimolo alla Lettura post-Pandemia by Libreria Aiace Roma Montesacro

San Pietro Basilica

Post-Pandemia

Questo periodo di pandemia può rappresentare un momento di silenzio e di grande produzione letteraria e artistica ?

Nella storia della letteratura, in effetti, è già accaduto: le ondate di pestilenza hanno lasciato traccia di sé in Petrarca, Boccaccio e Manzoni. Come le guerre, le pandemie rappresentano una spaccatura della storia, un punto di rottura che generalmente tira fuori il meglio e il peggio delle persone, che interrompe la linearità delle vite e ne fa iniziare altre, che crea nello stesso tempo le condizioni per il baratro e quelle per la redenzione. E’ una grande narrazione collettiva, che parla di noi a ognuno di noi. ( Dall’Intervista a Luca Scarpetta da MBN )

Leopardi

Ode all’Italia di Giacomo Leopardi

Il canto è stato composto tra l’estate e l’autunno del 1818 e venne stampato a Roma all’inizio del 1819, assieme a quello intitolato Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze.
In una lettera del 31 agosto 1818 a Pietro Giordani vi è l’annuncio di entrambe le canzoni. Giacomo infatti scrive, mentre attende la visita a Recanati dell’amico:“ Fra tanto v’aspetterò io, e con me un opuscolo molto sudato,che sebbene, dovendo uscire alla luce, non vorrebbe aspettar tanto, e anche mi preme a bastanza, a ogni modo non lo voglio nè pur toccare se prima non ne ho sentito il giudizio vostro e consultato con voi se si debba pubblicare o no ”
Nella lettera del 18 ottobre, Leopardi chiede all’amico un aiuto per pubblicare le canzoni, aggiungendo che intende dedicarle a Vincenzo Monti: “ Vorrei che lo faceste stampare costì o dove meglio credete […] perchè la spesa dovendosi fare dal mio privato erario, bisogna che sia molto sottile, avolernela spremere: e vedrete che o grande o piccolo che sia il sesto, il numero delle pagine non può essere altro che uno.Vedrete similmente ch’io dedico il libricciuolo al Monti ”. Le due canzoni saranno invece pubblicate a Roma, come testimoniano le lettere scambiate con il cardinale Francesco Cancellieri tra la fine del 1818 e l’inizio del 1819.

In All’Italia, Leopardi mette in pratica alcune affermazioni presenti nel Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica ( 1818 ), nel quale si dichiarava a favore di una poesia che sapesse imitare la natura, come già facevano gli antichi, e che,a differenza della poesia a lui contemporanea, s’ispirasse al patetico autentico: “ quel ridurre pressoché tutta la poesia ch’è imitatrice della natura, al sentimentale, come se la natura non si potesse imitare altrimenti che in maniera patetica; come se tutte le cose rispetto agli animi nostri fossero sempre patetiche; come se il poeta non fosse più spinto a poetare da nessuna cosa, eccetto la sensibilità, o per lo meno senza questa ”

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Libri & Letture

Libreria profumo di carta e magia

Libri.2

 

Qualche giorno fa, nel mezzo delle mie caotiche letture mi sono imbattuto in questa frase: «Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare»». Queste parole le ha scritte Carlos Ruiz Zafón ne Il gioco dell’angelo, ma avrebbe potuto concepirle chiunque di noi, noi che amiamo i libri, la lettura, il pensiero, la discussione, la circolazione delle idee. GIANLUCA BARBERO da Il Giornale

Annibale

La sua improvvisa apparizione nella Gallia cisalpina fece ribellare molte tribù galliche che da poco avevano stipulato un’alleanza con Roma. Dopo una breve sosta per lasciare riposare i soldati, Annibale mosse lungo la valle del Po sconfiggendo i Romani, guidati dal console Publio Cornelio Scipione, in un combattimento lungo il Ticino; il console rischiò di essere ucciso e la cavalleria numidica si dimostrò molto pericolosa; le legioni si ritirarono e furono costrette ad evacuare buona parte dell’attuale Lombardia. Nel dicembre dello stesso anno ebbe l’opportunità di mostrare la sua capacità strategica quando attaccò al fiume Trebbia, vicino a Piacenza, le forze di Publio Cornelio Scipione (padre dell’Africano), cui si erano aggiunte le legioni di Tiberio Sempronio Longo. Tatticamente la battaglia anticipò quella di Canne. L’eccellente fanteria pesante romana si incuneò nel fronte dell’esercito cartaginese, ma i Romani furono accerchiati ai fianchi dalle ali della cavalleria numidica e respinti verso il fiume, dove furono sorpresi da un contingente di truppe opportunamente nascosto da Annibale lungo la riva. Dei 16.000 legionari e 20.000 alleati, si salvarono circa 10.000 uomini che ripiegarono nella colonia romana di Piacenza fondata da poco (218 a.C.).

Dopo aver resa sicura la sua posizione nel nord Italia con questa battaglia, Annibale acquartierò le sue truppe per l’inverno fra i Galli, il cui zelo per la sua causa cominciò a scemare a causa dei costi del mantenimento dell’esercito punico. Nella primavera del 217 a.C. Annibale decise di trovare a sud una base di operazioni più sicura. Con le sue truppe e l’unico elefante sopravvissuto all’inverno, Surus, attraversò quindi l’Appennino senza incontrare opposizione. Lo attendevano grosse difficoltà nelle paludi dell’Arno, dove perse molte delle sue truppe per i disagi e le malattie e dove egli stesso perse un occhio. ( Wikipedia )

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Libri & Letture

Demenza senile, la lettura e la scrittura ne riducono l’incidenza

Neurone

Leggere e scrivere mantengono il cervello sano

Uno studio condotto da Jennifer Manly, della Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons a New York ( Stati Uniti ), pubblicato sulla rivista Neurology, organo ufficiale della American Academy of Neurology, ha mostrato che leggere e scrivere proteggono la salute del cervello.

Le persone che non leggono e non scrivono presentano un rischio quasi triplo di sviluppare demenza.

Lo studio ha coinvolto quasi 1000 persone di età media 77 anni, tra cui 237 analfabeti.

All’inizio dello studio il 35% degli analfabeti è risultato presentare già demenza contro il 18% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Dopo circa 4 anni si è passati al 48% degli analfabeti con demenza contro il 27% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Secondo gli sperimentatori gli analfabeti hanno un rischio di demenza quasi triplo rispetto agli altri, a parità di condizioni quali età, sesso, stato socioeconomico e salute cardiovascolare.

Essere in grado di leggere e scrivere consente alle persone di intraprendere un maggior numero di attività che coinvolgono le risorse mentali, come leggere il giornale o aiutare i nipoti coi compiti a casa.

Precedenti studi hanno dimostrato che tali attività si associano a un rischio ridotto di demenza.

 

People who cannot read may be three times

as likely to develop dementia

 

New research has found that people who are illiterate, meaning they never learned to read or write, may have nearly three times greater risk of developing dementia than people who can read and write.

The study is published in the Neurology, the medical journal of the American Academy of Neurology.

According to the United States Department of Education, approximately 32 million adults in the country are illiterate.

According to Jennifer J. Manly of Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons in New York ( U.S.A ), being able to read and write allows people to engage in more activities that use the brain, like reading newspapers and helping children and grandchildren with homework.

Previous research has shown such activities may reduce the risk of dementia.

New study provides more evidence that reading and writing may be important factors in helping maintain a healthy brain.

The study looked at people with low levels of education who lived in northern Manhattan. Many were born and raised in rural areas in the Dominican Republic where access to education was limited.

The study involved 983 people with an average age of 77.

Each person went to school for four years or less. Researchers asked each person, ” Did you ever learn to read or write ? “

Researchers then divided people into two groups; 237 people were illiterate and 746 people were literate.

Participants had medical exams and took memory and thinking tests at the beginning of the study and at follow-up appointments that occurred every 18 months to two years.

Testing included recalling unrelated words and producing as many words as possible when given a category like fruit or clothing.

Researchers found of the people who were illiterate, 83 of 237 people, or 35%, had dementia at the start of the study.

Of the people who were literate, 134 of 746 people, or 18%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, people who could not read and write had nearly a three times greater chance of having dementia at the start of the study.

Among participants without dementia at the start of the study, during follow-up an average of four years later, 114 of 237 people who were illiterate, or 48%, had dementia.

Of the people who were literate, 201 of 746 people, or 27%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, researchers found that people who could not read and write were twice as likely to develop dementia during the study.

When researchers evaluated language, speed, spatial, and reasoning skills, they found that adults who were illiterate had lower scores at the start of the study. But their test scores did not decline at a more rapid rate as the study progressed.

The study also found that literacy was linked to higher scores on memory and thinking tests overall, not just reading and language scores. These results suggest that reading may help strengthen the brain in many ways that may help prevent or delay the onset of dementia.

Even only for few years of education, people who learn to read and write may have lifelong advantages over people who never learn these skills.

Manly said future studies should find out if putting more resources into programs that teach people to read and write help reduce the risk of dementia.

A limitation of the study was that researchers did not ask how or when literate study participants learned to read and write.

The study was supported by the National Institutes of Health and National Institute on Aging.

Source: American Academy of Neurology, 2019

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Libri & Letture

Aggiornato al 3 Febbraio 2024

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Club di Lettura: Arte Italiana Post-Guerra – Carver Country – Prigioni di Hitler

Lettura

ADACHIARA ZEVI, PERIPEZIE DEL DOPOGUERRA NELL’ARTE ITALIANA, EINAUDI

Adachiara Zevi, nata a Roma, compie studi classici e nel 1976 si laurea in Architettura all’Università di Roma “La Sapienza”.
Consegue successivamente il diploma di perfezionamento in Storia dell’Arte contemporanea presso il Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Bologna con una tesi su Le Corbusier pittore e scultore.

Amplia quindi la sua formazione storico-artistica frequentando l’Università Internazionale dell’Arte di Firenze, diretta da Carlo Ludovico Ragghianti, dove si diploma con uno studio sull’impiego del computer nella lettura delle opere d’arte.

Tra il 1987 e il 1988 è a New York per una borsa di studio Fulbright presso la Columbia University.

Dal 1976 insegna Storia dell’Arte nelle accademie di belle arti di Macerata, Firenze, Bologna, Milano, Palermo e Napoli. All’attività accademica affianca da sempre l’impegno storico e critico seguendo con continuità il lavoro di artisti italiani e internazionali come Enrico Castellani, Jannis Kounellis, Dan Graham, Sol LeWitt, di cui cura mostre, cataloghi e studi monografici.

L’attenzione particolare rivolta alla relazione tra arte e architettura informa, dal 1989 al 2005, Spazi/Arte, rubrica dedicata alle arti visive sulla rivista mensile “L’architettura – cronache e storia” ( RCS, Milano ).

Nel 2000 pubblica Arte USA del Novecento ( Carocci Editore, Roma ) in cui, seguendo lo sviluppo del “secolo americano”, ricerca e rintraccia, a partire dalla peculiarità del paesaggio urbano, la vera identità dell’arte statunitense.

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CARVER COUNTRY, IL MONDO DI R. CARVER, CONTRASTO

” Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra’ ‘. Questo desiderava e ha ottenuto dalla vita Raymond Carver come dice in ‘ Ultimo frammento ‘. Il testo – insieme a lettere, in parte inedite, poesie, interviste, foto della scrivania dello scrittore, dei luoghi dell’infanzia, della madre – e’ raccolto nel libro ‘ Carver Country ‘.

Viaggio nel mondo di uno dei maggiori scrittori americani del Novecento, autore di libri come ‘ Di cosa parliamo quando parliamo d’amore ‘, ‘ Cattedrale ‘ o ‘ Vuoi star zitta, per favore? ‘, morto a 50 anni nel 1988, ‘ Carver Country ‘ e’ nato proprio dall’incontro nel 1982 tra Adelman e Raymond per un servizio sulla rivista ‘ Life ‘.

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N. WACHSMANN, LE PRIGIONI DI HITLER, MONDADORI, 2007

Konrad Wachsmann (Francoforte sull’Oder, 16 maggio 1901 – Los Angeles, 26 novembre 1980) è stato un architetto tedesco naturalizzato statunitense.
Studiò dapprima presso la Scuola di Arti e Mestieri in Berlino e successivamente frequentò l’Accademia di Arte a Berlino, dove fu allievo di Heinrich Tessenow.
Nel 1923 incontrò a Berlino Hans Poelzig, il quale esercitò una notevole influenza intellettuale. Nel periodo 1926-1929 egli fu considerato l’architetto più esperto nella progettazione di edifici in legno in Europa.
Nel 1930 progettò la casa in legno per Albert Einstein, presso Caputh in Germania. Nell’ottobre del 1930 l’editore Ernst Wasmuth di Berlino pubblicò il suo libro Holzhausbau, considerato ormai un classico per la progettazione di edifici in legno.
Nel 1932 venne candidato al prestigioso “Premio Roma” indetto dall’Accademia Prussiana delle Arti. In tale occasione, prima di raggiungere Roma, ebbe modo di visitare le città di Vicenza, Padova, Venezia, Bologna, Siena e Assisi.
Dopo il viaggio in Italia, iniziò un periodo travagliato e turbolento, che lo vide girovago e rifugiato in Francia e in Italia. Wachsmann riuscì a salvarsi dalla Gestapo, che lo inseguiva, grazie al visto di rifugiato politico ottenuto nel 1935 dagli Stati Uniti. ( Wikipedia ) ………

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Aggiornato al 1 Dicembre 2023