L’Emozione che solo i Libri Rari sanno dare by Libreria Aiace

Mosca.2

ZDROJEWSKA – KRYLOV RACCOLTA DI FAVOLE, 1957

Ivan Krylov nacque a Mosca, ma trascorse l’infanzia e la giovinezza a Orenburg e a Tver’. Suo padre, ufficiale dell’esercito russo, morì nel 1779 lasciando la famiglia in precarie condizioni economiche. Alcuni anni più tardi Krylov e sua madre si trasferirono a San Pietroburgo nella speranza di ottenere una pensione statale. A San Pietroburgo Krylov ottenne un posto di impiegato statale, ma vi rinunciò dopo la morte della madre (1788). La sua carriera letteraria cominciò nel 1783, quando riuscì a vendere a un editore una sua commedia (L’indovina dai fondi di caffè, pubblicata postuma nel 1868). Utilizzò il compenso per acquistare testi di autori francesi, in particolare di Molière, Racine e Boileau.

Il nome di Krylov è tuttavia legato soprattutto alle favole, a cui si dedicò completamente per il resto della vita a partire dal 1808. Nel 1809 venne pubblicata una prima raccolta di 23 favole, che ottenne un successo straordinario e venne seguita da altre otto raccolte simili nel periodo di tempo fra il 1810 e il 1820. Le sue favole con animali prendono di mira direttamente i vizi umani, in particolare l’incompetenza, l’arroganza e la stoltezza, con riferimenti alla vita russa contemporanea. Ispirandosi a Esopo e a La Fontaine, Krylov manifesta un atteggiamento piccolo-borghese tipicamente russo, basato sul buon senso ma anche a un certo conformismo. Nonostante fosse un conservatore e un classicista (la struttura narrativa è arcaica e tipicamente settecentesca), egli usò per le sue favole la lingua viva e corrente del popolo russo, riuscendo a conferire per la prima volta dignità d’arte a locuzioni idiomatiche che da allora in poi sono diventate parte integrante del patrimonio letterario della lingua russa. ( Wikipedia )

Commento

Nelle sue favole, scritte in modo vivace, incisivo e con il linguaggio del popolo, si mescolavano folclore e saggezza contadina e venivano presi di mira la presunzione e la stupidità dell’uomo. Non solo, la satira di Krylov colpiva, attraverso atteggiamenti e parole degli animali umanizzati, la politica russa dell’epoca, in particolare gli aspetti repressivi dell’autocrazia, ed è per questo che le favole più audaci furono divulgate soltanto molti anni dopo la morte dell’Autore.

FRANCESCO GABRIELLI, GIOCHI GINNASTICI, HOEPLI, 1895

IL GIUOCO DEL CALCIO

(Ingl. Football. — Ted. Fussball. — Fr. La barette)

Il Calcio è un giuoco pubblico di due schiere di giovani a piedi e senz’arme, che gareggiano piacevolmente di far passare di posta oltre allo opposto termine un mediocre pallone a vento a fine d’onore.

G. De’ Bardi. — (an. 1580).1.

I. INTRODUZIONE.

Per le ricerche fatte da molti studiosi delle opere di Marziale, Polluce, Galeno, Ateneo, Eustazio e del Mercuriali2, s’è riconosciuto che i giuochi antichi dei Greci e dei Romani, detti Episciro, Fennida e Arpasto avevano molta somiglianza col giuoco italiano del Calcio, e [p. 30 modifica]si crede che questo abbia avuto origine da quelli. Parecchi pensano che i Romani nelle terre dove estesero il loro dominio, lasciassero, con le altre usanze, anche quelle dei loro giuochi, e che l’Arpasto derivasse il Calcio. In tal modo si spiega perchè questo giuoco potesse essere praticato in Inghilterra fino dall’anno 13493, e in Francia fino del 13874.

In Italia questo giuoco fu in gran voga specialmente al tempo dei Medici, come divertimento annuale e carnevalesco della città di Firenze, dalla quale prese l’appellativo di fiorentino (Florentinum Hàrpastum) e spettacolo solenne della nobiltà toscana nelle ricorrenze di feste principesche.

Dal discorso citato del Bardi si può apprendere, meglio che dallo Scaino5, come si faceva a quei tempi il Calcio, e quanta sia la differenza che passa fra il giuoco d’allora e quello moderno che gli corrisponde. Allora gli elementi principali del Calcio erano la corsa, la lotta e le pugna; ora gli è esclusivamente un giuoco di corsa: allora era un esercizio sopratutto spettacoloso, ora è un esercizio eminentemente igienico.

In principio del secolo XVIII esso scomparve dalle abitudini popolari italiane, ed ora ritorna in uso modificato razionalmente dagli Inglesi. Anche in Inghilterra da qualche secolo il Calcio (Football) non era più praticato, e solamente una trentina d’anni fa ricomparve fra gli studenti; i quali, per adattarlo alla scuola, gli apportarono via via delle modificazioni, alcune però secondo [p. 31 modifica]un certo punto di vista, altre secondo un altro, di modo che ne risultarono due forme di giuoco differenti.

Una, dal nome della città sede della scuola in cui venne regolato, si chiamò Football Rugby, e l’altra, dalla società costituitasi per diffonderlo, Football Association.

Il Football Rugby ha più somiglianza col Calcio antico, il Football Association è molto diverso. Nel primo si manda avanti la palla (ovale) coi piedi e si può portarla anche con le mani dentro la porta nemica; nel secondo la palla (rotonda) non viene mai toccata con le mani. In quello l’azione del portare la palla è impedita dagli avversari, ed è cagione di mischie e di zuffe, spesso funeste ai giocatori; in questo è proibito di toccare gli avversari.

Perciò il Rugby non viene compreso in questa raccolta: si accoglie invece il Calcio secondo il metodo dell’Association, dandogli il posto d’onore fra i giuochi scolastici, perchè, per i suoi effetti igienici e per il grande numero di giocatori che vi possono partecipare, è senza dubbio il più importante di tutti, e merita davvero le migliori cure da parte dei preposti all’educazione fisica della gioventù.

Calcio

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Libri & Letture

Aggiornato al 17 Settembre 2022

Libri d’Occasione by Libreria Aiace Roma Montesacro Talenti

Manganelli Giorgio

GIORGIO MANGANELLI, TUTTI GLI ERRORI, RIZZOLI, 1986

Giorgio Manganelli nacque a Milano, aveva però genitori di origini parmensi. La madre Amelia Censi faceva la maestra, il padre, di origini umili, riuscì a diventare procuratore di borsa. E Giorgio aveva un fratello più grande, Fiorenzo, che sarà ingegnere. Laureatosi in Scienze Politiche presso l’Università di Pavia, dove fu allievo di Vittorio Beonio Brocchieri, insegnò per qualche anno alle scuole medie superiori tra le quali il liceo scientifico Paolo Giovio di Como, fu in seguito assistente di letteratura inglese presso la Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Nel 1986 Giorgio Manganelli ha pubblicato un raccolta di racconti, Tutti gli errori, tra cui il racconto Gli sposi.

Durante il cammino, lo sposo arriva in una piazza, ed ecco quel che accade …..

Al primo incrocio si apre una piazza circolare, e nel centro è una aiuola un poco meschina, e nel centro dell’aiuola sta un monumento alla giustizia con una grande, goffa, ingombrante figura femminile. Mi arresto a guardare da presso, e mentre esamino la forma pesante e opaca, mi si accosta un dignitoso signore, che mi chiede se voglio una descrizione attendibile della statua. [..] “Questa che lei può ammirare”, principia il dignitoso signore “è la statua della giustizia. La città è a ragione orgogliosa di un monumento così impegnativo dal punto di vista ideologico. Ella potrà ammirare la bilancia ” e mi indica l’ovvia, irritante immagine “che rappresenta equità e rigore. Noti le enormi chiappe, che esprimono la certezza che la giustizia non sia in alcun modo sfidabile, che essa è un luogo stabile anzi un trono. La donna, lei lo avrà notato, non è bella; per l’appunto, non è compito della giustizia presentare fattezze accattivanti, ma anzi lievemente disgustose. Essa non lusinga alcuno, non ama alcuno, non conosce alcuno. Può notare che lo sguardo è distratto e vacuo, giacché non è interessata che a se stessa. Tuttavia la sua potenza è enorme. [..] Alcuni anni or sono un vecchio più che novantenne davanti a questa statua venne colto da un subito stravolgimento, e confessò due delitti impuniti da lui compiuti nella sua lontana giovinezza. [..] Le ricerche subito condotte non rivelarono traccia alcuna di un così antico delitto; le avesse cancellate il trascorrere del tempo, o non fossero mai avvenuti i due delitti. Il vecchio, che non era possibile incriminare, dette in una forma di follia. [..] Fu infine chiaro che, avesse o meno costui compiuto un qualsiasi delitto, si era istituito tra il vegliardo e la statua un rapporto che poteva esser placato solo con un atto di giustizia. Un pio falso gli attribuì un delitto mai avvenuto, ed il vegliardo venne condannato [..]. Incidentalmente, qualche anno dopo la sua morte, nell’abisso venne trovato un teschio, e non è impossibile che egli fosse stato in effetti colpevole del delitto che pareva oggetto di fatua vanteria. Signore, la giustizia non può perdonare; se non trova un delitto ragionevole, ne contesterà uno insensato. Non il delitto, signore, crea la giustizia, ma questa quello. Spero che la contemplazione di questo essere poderoso e deforme la consolerà lungo la strada”.

F. COARELLI, ROMA, GUIDE ARCHEOLOGICHE, MONDADORI, 2006

LA REGGIA DI NERONE: STORIA

Costruito prima del 64 d.C. ( anno dell’incendio di Roma ), questo edificio nacque come reggia personale di Nerone. Era chiamato originariamente Domus Transitoria, poiché era posta in mezzo al percorso che conduceva dal Palatino all’Esquilino; alcune informazioni sono state tratte da Svetonio, che racconta come uno scandalo il grande impegno profuso nell’edificazione di questo luogo. Caduto poi nell’oblio, furono i Farnese a riscoprirlo, identificandolo erroneamente come i Bagni di Livia. Fu l’inizio della deturpazione del palazzo: molti oggetti vennero prelevati, mentre gli affreschi vennero staccati dai loro muri e mandati a Parma.

LA REGGIA DI NERONE: COM’È

Il Parco archeologico del Colosseo ha restituito ai visitatori luoghi e percorsi da tempo inaccessibili, come l’itinerario di visita neroniano all’interno dell’area archeologica centrale che si estende dal Colle Oppio al Palatino. Il visitatore può toccare con mano, tra reale e virtuale, il genio costruttivo dell’imperatore e le sperimentazioni da lui ricercate nelle decorazioni pittoriche e marmoree. Gli elementi rimasti invariati rispetto allo status originario sono molteplici: tra i più impressionanti, uno spazio originariamente occupato da un ricco ninfeo ( elemento absidale al centro del quale sorgeva una fontana ) con giochi d’acqua, tra forme architettoniche simili a una quinta teatrale, oltre a un triclinio circondato da colonne di porfido e pilastri in marmi policromi. Visibili altre due stanze di cui restano i segni della preziosa decorazione di affreschi, stucchi e pavimenti marmorei, così come la zona della latrina, dove è conservata una parete con le tracce dell’originaria decorazione elementi vegetali tipici della pittura di giardino. La bellezza raggiunge il culmine con il pavimento della grande aula a tre navate sotto la Casina Farnese, forse l’esemplare più raffinato restituitoci dall’antichità romana.

CARPINTERI & FARAGUNA, POVERO NOSTRO FRANZ, LA CITTADELLA, 1985

Lino Carpinteri e Mariano Faraguna sono due autori tradizionalmente lasciati ai margini degli studi critici sulla letteratura triestina. Tuttavia, la loro narrativa che trova la sua espressione più complessa nella raccolta intitolata Le Maldobrìe, offre un punto di vista alternativo sulla difficile questione dell’identità culturale di Trieste e del suo entroterra. Le storie narrate nelle Maldobrìe evocano la vecchia Trieste imperiale e mettono in evidenza attraverso personaggi ordinari il difficile eppure ineluttabile rapporto con la cultura austro-ungarica. Il passato diventa uno specchio in cui, attraverso piccole vicende quotidiane, viene riesaminato un aspetto centrale ed insopprimibile dell’identità triestina.

L’impero austroungarico scompariva nel 1918. Ma per gli intellettuali e i poeti di quella civiltà, che videro
improvvisamente distrutta la loro società e con essa le basi della loro vita e della loro cultura, per gli scrittori austriaci che si trovarono sbalzati in un nuovo clima politico, alle cui esigenze la loro formazione non poteva essere adeguata, la vecchia Austria absburgica si presentava, e si presenta talvolta ancora, come un’epoca felice e armoniosa, come un’ordinata e favolosa Mitteleuropa in cui pareva che il tempo non corresse cosí veloce e cosí ansioso di dimenticare le cose e i sentimenti dell’ieri. Nella loro memoria quella veniva cosí ad essere “l’età d’oro della sicurezza”. ( Magris, 1996:13 )-

 

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Libri & Letture

Libri Online by Libreria Aiace Roma Montesacro Talenti

I Classici Treccani - Piero della Francesca | Treccani, il portale del sapereMensili d’arte, scuole, movimenti . .. della pittura moderna

La pittura gode di un posto di primo piano su tutte le arti. Basti pensare a come il concetto stesso di “opera d’arte” (visiva) sia più spontaneamente associato a dipinti piuttosto che a sculture o opere di architettura, per non parlare poi delle cosiddette “arti minori”. Oltre ai fattori storici che hanno determinato la divisione tra arti “maggiori” e “minori” ( Leon Battista Alberti distingueva gli aspetti intellettuali rispetto a quelli manuali, secondo una definizione fatta propria poi dalle Accademie nel XVII secolo e da esse canonizzate ), la pittura ha un’innegabile facilità di fruizione rispetto alle altre forme artistiche.

Quale opera bidimensionale non necessita di particolari sforzi per essere percepita: basta guardarla frontalmente, a differenza di una scultura che si esprime su tre dimensioni, per non parlare della maggiore complessità delle architetture. Ciò significa anche una immensamente maggiore fruibilità, si pensi alla semplice economicità delle riproduzioni fotografiche di pittura, che possono circolare con estrema facilità, impossibile, per adesso, per le opere d’arte tridimensionali.

Il paradiso di Jacopo e Domenico Tintoretto e Palma il giovane. Palazzo Ducale Venezia
Witelo, un matematico e fisico del XIII secolo originario della Slesia, scriveva che “L’occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo ( aspectus ), ma sì con l’intuizione diligente ( obtudus )”. Mentre l’aspectus, semplice visione esteriore, è sufficiente per la pittura e gran parte della scultura, l’obtudus, inteso come sguardo penetrante, raziocinante, è necessario ad esempio per comprendere un’opera architettonica.

 

Libri colorati

Galasso: Napoli spagnola dopo Masaniello

Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello (Napoli, 29 giugno 1620 – Napoli, 16 luglio 1647), è stato il protagonista della rivolta napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. Nella vita di questo personaggio non è sempre facile distinguere gli avvenimenti realmente accaduti da quelli elaborati dal mito.

Quella di Masaniello, finché lui fu in vita, non si configurò come una rivolta antispagnola e repubblicana come avrebbe voluto la storiografia dell’Ottocento che, profondamente influenzata dai valori risorgimentali, vedeva in lui un patriota ribellatosi alla dominazione straniera. Le cause degli eventi del luglio 1647 risiedono esclusivamente nella specificità politica, economica e sociale della Napoli spagnola nella prima metà del Seicento. Dopo la sua morte, tuttavia, la rivolta assunse connotazioni politiche e sociali[4] dal carattere antifeudale e antispagnolo e, secondo taluni, anche secessionista, al pari di quanto era accaduto alcuni anni prima, in Portogallo e Catalogna.

La rivolta fu scatenata dall’esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva ‘o Re ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell’Ancien régime di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento stravagante, frutto di una strategia mirata, volta a fargli appunto ‘fare pazzie’, Masaniello fu accusato ufficialmente di pazzia ed ucciso per volere del viceré, di alcuni capi popolari e di una piccola parte della plebe.

Nonostante la breve durata, la ribellione da lui guidata indebolì il secolare dominio spagnolo sulla città, aprendo la strada per la proclamazione dell’effimera e filofrancese Real Repubblica Napoletana, avvenuta cinque mesi dopo la sua morte. Questi eventi, visi in un’ottica europea, vanno comunque inquadrati all’interno della cornice della guerra dei trent’anni e la tradizionale rivalità tra Spagna e Francia, anche per il possesso della corona di Napoli. ( Wikipedia )-

Napoli Spagnola

Haughton & Harari: Lindsay Kemp

Nel 1974 Lindsay Kemp esordisce con una nuova versione di Flowers in un piccolo teatro londinese ottenendo un tale successo che quasi subito deve trasferirsi in un teatro più grande, poi al West End, infine, dopo mesi di trionfo assoluto, a New York On Broadway. Ha così inizio un ventennio ricchissimo di successi che porta Kemp e la sua compagnia in ogni angolo del mondo ma soprattutto in Spagna e in Italia dove, dal 1978 in poi, torna puntualmente per onorare le sue migliaia di affezionati e fedeli estimatori.

Precursore di un genere di danza onirico, ricco di contenuti e ispirazione, al limite dell’acrobatico e forte di effetti spettacolari ancorché ottenuti in modo semplice attraverso l’uso sapiente della musica e delle luci, Kemp ha forse ispirato il nascente Cirque nouveau ma certamente ha interpretato una delle correnti più fantasiose del teatro-danza europeo, ha reinventato l’arte del mimo e ha influenzato molte compagnie che soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni settanta hanno contribuito a rinnovare i fasti della danza classica e contemporanea (Momix, Cripton, ecc.).

È proprio fra gli anni Settanta e Ottanta che Lindsay Kemp lascia un segno indelebile: dapprima con la sua messa in scena dei concerti The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del suo allievo David Bowie, una pietra miliare nel genere dell’opera rock, quindi producendo le sue opere più significative e conosciute: il già citato Flowers (nelle versioni del 1968-1969 e del 1974), Sogno di una notte di mezza estate (1980), liberamente tratto dal testo di William Shakespeare, Salomè (1977), da Oscar Wilde, Mr. Punch’s Pantomime, macabra e divertentissima trasposizione in forma di teatro danza del personaggio di Mr. Punch,Tropea-Rassegna Internazionale di Teatro Musica-Direttore Artistico Antonio Orfanò Sogno di Nijinscky o Nijinscky il matto (1983), ispirato al grande ballerino russo, The Big Parade (1984, omaggio al cinema muto), Alice (1988, con le musiche straordinarie tratte dall’opera omonima di Sergio Rendine e Arturo Annecchino – Ricordi/Rai Radio 3, Audiobox), ispirato al libro di Lewis Carroll, e Duende, liberamente tratto da ‘El Duende – teoría y juego’ di Federico García Lorca.

Nel 1975 crea il balletto The Parades Gone By per il Ballet Rambert, e nel 1977-1978 per la stessa compagnia Cruel Garden ispirato a Garcia Lorca, riproposto negli anni successivi dall’English National Ballet, dalla Deutsche Oper di Berlino e dall’Houston Ballet.

Nel cinema, oltre ai film di Celestino Coronado Lindsay Kemp Circus e Sogno di una notte di mezza estate, lavora in più film di Ken Russell e Derek Jarman e, in Italia, in Cartoline italiane di Memè Perlini.

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Aggiornato al 24 Agosto 2022

Libreria Aiace a Roma, Libri Perduti nel Tempo

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Libreria Aiace: Libri Rari e d’Occasione

La libreria “Aiace”, in via Ojetti 36, zona Montesacro Talenti a Roma, vende classici della letteratura alla saggistica, dalla narrativa all’ architettura, dall’ arte alla storia antica e moderna, guide di viaggio, vocabolari, testi e manuali di cucina. Si trovano anche vecchie locandine dei classici del cinema.

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L’Emozione del Leggere by Libreria Aiace Roma Montesacro

Emozione Lettura

Leggere è un piacere, un dovere, un’abitudine … o cosa altro ?

” Escludo subito la parola “dovere”, direi che è un piacere strettamente collegato con l’abitudine. Per questo credo sia importantissimo avvicinare il prima possibile i bambini alla lettura, creando familiarità con il mondo dei libri e accompagnandoli nella sua scoperta. L’abitudine viene da sé, e il piacere si rinnova un libro dopo l’altro. Si legge per distrarsi, per informarsi, per imparare… Ma io credo che quando apriamo un libro è soprattutto di emozioni che siamo in cerca, e mentre “navighiamo” tra le pagine di un romanzo o di un saggio, acquisiamo gli strumenti per capire meglio noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. Leggere è una forma di educazione sentimentale, civile e intellettuale. E il libro è, a mio avviso, lo strumento per rilanciare la nostra cultura: è un mondo alternativo al mondo, è quell’oggetto silenzioso che senza muoversi e senza far rumore può aprirsi e consegnarsi a noi solo se siamo capaci di interrompere temporaneamente la comunicazione con l’esterno creando così quel vuoto di mondo reale di cui necessita, per “accadere”, un mondo possibile “. ( Intervista a Romano Montroni da Repubblica )

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Aggiornato al 26 Novembre 2023

 

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