Lavoro flessibile. Il contrasto di interessi applicato al problema dell’occupazione

PennaNera

Ave Socii

La globalizzazione, lo sviluppo tecnologico, le crisi della domanda di beni e servizi… Molteplici sono i fattori in grado di modificare il significato del lavoro. Rispetto a qualche anno fa, quando il posto fisso non era ancora un miraggio, c’è stato un vero e proprio cambio di paradigma: dalla stabilità alla flessibilità. E ciò, apparentemente, sembra aver favorito solo le imprese a tutto discapito dei lavoratori. Un giorno, forse neanche troppo lontano, molti lavori nasceranno e molti altri scompariranno. Dopotutto, l’importante è adattarsi alle contingenze. I nostalgici del posto fisso dovranno farsene una ragione… Ora c’è la globalizzazione, la lotta al massimo ribasso, la riduzione dei costi (spesso proprio del lavoro)… Quando si tornerà a prediligere l’economia locale, probabilmente anche il lavoro stabile verrà rivalutato.

Dovranno davvero rassegnarsi, i lavoratori, finché il modello globalizzato non sarà entrato in crisi? Davvero la flessibilità avvantaggia solo le imprese? A nostro parere, un’oculata regolamentazione del mercato del lavoro può dare opportunità insperate persino ai lavoratori. Coniugando, ad esempio, flessibilità e diversificazione. Non solo, cioè, dare la possibilità alle imprese di assumere a tempo o a progetto, ma anche permettere ai lavoratori di svolgere più lavori contemporaneamente presso differenti aziende. Una sorta di “portafoglio di lavori”, da poter riempire fino al raggiungimento del tempo pieno (supponiamo 40 ore settimanali). Non ci pare una stranezza: così come all’investitore è concesso un portafoglio diversificato di attività in cui investire, perché ad un lavoratore non dovrebbe essere concesso un portafoglio diversificato di lavori?

Il motivo della diversificazione è chiaro: garantire una maggior sicurezza. Se un’attività del portafoglio va male, magari ci sono altre attività che vanno meglio e su cui l’investitore può contare. Così per un lavoratore: se un lavoro va male, magari ci sono altri lavori che possono andare meglio. Nel complesso, una maggiore diversificazione è associata a maggiori probabilità di successo. Ciascuna impresa potrebbe assumere un lavoratore a tempo parziale, ma al contempo consentirgli di conoscere altre imprese (magari dello stesso luogo) interessate al suo profilo lavorativo. Se poi l’Italia avesse anche una rete infrastrutturale decente e un trasporto pubblico funzionante, i lavoratori potrebbero permettersi pure di spostarsi degnamente e lavorare in posti differenti… Ma questo è un discorso a parte.

Dal lato della domanda, il binomio flessibilità-diversificazione genererebbe molti vantaggi. Possibilità di maggiore collaborazione e coopetizione fra le imprese. Possibilità di riduzione dei costi del personale. Possibilità di fronteggiare le diminuzioni di domanda senza la preoccupazione di ridurre sul lastrico intere famiglie. Dal lato dell’offerta, i vantaggi sarebbero ancor più interessanti. Possibilità di rendersi maggiormente indipendenti dall’andamento di una singola azienda. E, soprattutto, possibilità di diversificazione e allargamento delle proprie competenze. Certo, diversificare il lavoro potrebbe richiedere ai lavoratori di assumere competenze trasversali: mantenendo più lavori ma tutti nello stesso settore, i lavoratori potrebbero ravvisare un peggioramento generale delle proprie condizioni qualora quel settore andasse male. Avere più competenze non contrasta con la divisione e la specializzazione del lavoro. Al contrario, le molteplici combinazioni di più competenze consentono a più lavoratori di specializzarsi in maniera differente gli uni dagli altri, variegando l’offerta di lavoro.

Quella del portafoglio di impieghi è una facoltà che il mondo delle imprese dovrebbe offrire ai lavoratori, accanto al più classico lavoro all’interno di una singola azienda. Il portafoglio di lavori consentirebbe di liberare risorse per l’innovazione o, perché no, per assumere nuovo personale e ridurre così il tasso di disoccupazione. La nostra è una semplice proposta. Magari sarà irrealizzabile, nel contesto italiano o più in generale, però crediamo che le motivazioni da noi addotte siano sensate. Ad alcuni questo “spezzatino di lavoro” potrebbe apparire inutile o addirittura controproducente. Eppure, al momento, questa ci pare la soluzione migliore in grado di venire incontro a tutte le parti in causa. Conservare la mentalità del “posto unico e fisso” significherebbe, secondo noi, ignorare le attuali condizioni del mercato del lavoro. Un mercato globalizzato, che si rinnova, che entra in crisi e che spesso non fa sconti a nessuno.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Lavoro flessibile. Il contrasto di interessi applicato al problema dell’occupazioneultima modifica: 2019-11-29T17:17:31+01:00da MovimentoPennaNera