Strade sempre più insicure, soprattutto per i pedoni

Ave Socii

Da tempo immemore, purtroppo, la cronaca mostra che, sulle nostre strade, c’è chi si mette al volante ubriaco o drogato. E c’è ancora chi, tra le forze politiche, è addirittura favorevole ad aumentare il numero di sostanze legalizzate. Come se non bastasse l’alcol, vogliono aggiungere la cannabis e magari pure qualcos’altro. E poi si arrabbiano, quando qualcuno si fa vedere un tantino più “proibizionista”… Allora perché non fermiamo anche la vendita di alcolici? Questo si domandano, dandoci degli ipocriti. Sanno benissimo, furbetti, che la vendita di alcolici non si può limitare facilmente. E pensano bene di proteggersi dietro a questo scudo. Ci si sballa con l’alcol, tanto vale sballarsi pure con altro. Perché l’alcol sì e la cannabis no?

Questo giochino del “mettere sotto scacco i proibizionisti”, tuttavia, dà per scontata una cosa che in realtà scontata non è affatto. Ossia, che alcol e droghe abbiano la stessa natura e servano, fondamentalmente, per sballarsi. Questa pericolosa identità è oggi sponsorizzata in primo luogo dai trapper e dai loro testi musicali, tanto amati da giovani e giovanissimi. E’ un’identità pericolosa e fuorviante. Bere alcol non significa necessariamente sballarsi; farsi una canna, invece, conduce sempre ad un’esperienza di sballo. Perché gli alcolici sono degli alimenti, i cannabinoidi dei medicinali. Chi pensasse di trattare l’alcol come una droga tout court, in pratica, giungerebbe a considerare “spacciatori” perfino quei viticoltori che mantengono alto il nome del “Made in Italy” nel mondo. D’altro canto, la cannabis è una sostanza psicotropa che ha certamente effetti benefici su determinate patologie. E, in quanto tale, dovrebbe essere trattata come un farmaco, non come un passatempo ricreativo.

Ritornando a chi viaggia sulle nostre strade, potremmo chiederci perché certa gente si mette a guidare in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti. Probabilmente è gente che soffre, gente depressa che ha bisogno di sballarsi. Gente totalmente incentrata sui propri problemi, perciò incurante di tutto il resto. Una sostanza non provoca sballo finché non è legata ad una particolare esperienza. Bere tre dita di vino a pranzo, accompagnando i pasti, è forse un’esperienza di sballo? Persino la somministrazione controllata di cannabinoidi in ambito sanitario, per curare il morbo di Parkinson ad esempio, non porta ad uno sballo propriamente detto. D’altro canto, chi prima si fa una canna oppure svariati bicchieri di alcolici e poi scorrazza per le strade… Beh, forse ha bisogno di curarsi.

Chi ha avuto particolari esperienze di vita, soprattutto all’interno di famiglie problematiche, tende a cercare al di fuori del nido familiare la propria ragion d’essere. E spesso la trova nel divertimento estremo, nello sballo appunto. Mettere a rischio la vita altrui è forse una componente essenziale di quest’esperienza. Come dire: io ho sofferto tanto e ce l’ho con la società, perciò la società deve capire cosa vuol dire soffrire. A volte il fatto stesso di aver sofferto giustifica, agli occhi di costoro, la sofferenza che può capitare ad altri membri della società. L’invidia nei confronti del mondo li rende pericolosi: si lamentano che la loro vita è un inferno, quando certe volte sono loro stessi a rendere infernale la vita degli altri. E’ forse “libertà di divertirsi” questa? Nessuno può permettersi di affermare la propria libertà, arrivando a negare la libertà altrui.

Mettendosi nei panni di queste persone, si finisce senza dubbio per giustificarle. Le loro “vite difficili” coinvolgono e commuovono. Se sbagliano non importa, l’importante è che prima o poi si redimano… Perché la redenzione è possibile per tutti… Si tratta di un pensiero (purtroppo) assai diffuso oggi, dove sembra che ai criminali sia concesso tutto e che delle vittime tutti si dimentichino. Perché è così che dovrebbe essere considerato uno che scorrazza per le strade in preda allo sballo: un criminale. Il fatto che dei pedoni abbiano attraversato col rosso non giustifica un conducente in stato di ebbrezza che li travolge. Non vogliamo fare la solita predica sul divertimento sano e senza eccessi. Se volete bere, bevete. Se volete drogarvi, drogatevi. Ma per tornare a casa, fatevi almeno accompagnare da chi sta meglio di voi. Ne va non tanto della vostra vita ma della vita altrui, dei pedoni soprattutto.

Purtroppo il clima di buonismo negli ultimi tempi imperante ha varcato pure i confini del diritto. Dinanzi a un sistema che concede attenuanti a persone che “hanno sofferto”, noi rispondiamo con un progetto ri-educativo serio di reintegrazione e reinserimento nella società. Un progetto basato sulla rielaborazione del senso della vita, sull’abbattimento del vittimismo e sulla responsabilizzazione. Crediamo che ai soggetti devianti debbano essere concesse possibilità che magari non hanno mai avuto. Ma non all’infinito. Qualora tale progetto fallisca, infatti, non rimane che trattare queste persone come in effetti vogliono essere trattate: da criminali. E, nel caso risultino nuovamente coinvolte in reati provocati da situazioni di sballo, provvedere alla loro neutralizzazione.

L’applicazione della pena di morte, in realtà, non dovrebbe valere solo per chi viaggia per le strade in preda a droghe o alcol. Dovrebbe valere per tutti coloro i quali mettono a rischio la vita altrui, fra i quali anche spacciatori e assassini. Perché la vita è un diritto sacro e, in quanto tale, nessuno dovrebbe permettersi di insidiarlo. Qualora questo accada, potrebbero aprirsi degli spiragli per un intervento dello Stato nel caso il reo sprechi le possibilità di reinserimento nella società. Speriamo, ovviamente, che interventi tanto drastici non trovino mai applicazione pratica. Tuttavia crediamo che ognuno di noi avrebbe un motivo in più per responsabilizzarsi, se sapesse di rischiare grosso. E’ così strano sentir parlare di morte per i colpevoli, in uno Stato in cui si parla spesso di morte per gli innocenti?

Vostro affezionatissimo PennaNera

Ideali scomodi. Il coraggio dell’impopolarità

Ave Socii

Lo strumento della politica dovrebbe servire per portare avanti degli ideali e trasformarli in realtà. E’ questo il bello della politica: combattere per degli ideali in cui si crede. Continuare a combattere per essi, anche se sono ideali passati ormai di moda. Oppure ideali che cozzano contro posizioni attualmente di moda. Battersi per degli ideali, in democrazia, espone al rischio di trovarsi contro le mode del tempo, contro le tendenze, contro il popolo. E purtroppo è proprio questo che, molto spesso, impedisce ai politici di lottare liberamente per gli ideali in cui credono davvero.

In realtà, un po’ tutte le forze politiche tendono a comportarsi come il popolo vorrebbe si comportassero. Il populismo, checché se ne dica, alberga a sinistra così come a destra. Mettere nuove tasse è certamente impopolare, specie in uno Stato dove la pressione fiscale è già alta. Se tuttavia una forza politica ha il coraggio di proporre simili misure, dovrebbe poi avere anche il coraggio di sostenerle fino in fondo. Ciò che in sostanza questo governo negli ultimi giorni non ha fatto, rinviando tasse proposte e avallate proprio da alcune forze di maggioranza. Pur di mostrarsi compatto e “favorevole al popolo” ha deciso di non decidere, spacciando questa “non decisione” per un “miracolo”. Pensando magari che gli italiani avrebbero ringraziato elettoralmente, quasi avessero l’anello al naso. Dalle tasse rinviate alle sardine, se le stanno inventando tutte pur di riacquistare consensi. Se alle prossime elezioni regionali non dovessero farcela neanche così…

L’essere popolari, come detto, è un vincolo che caratterizza e influenza tutti i partiti, soprattutto i più grandi. Accanto ad argomenti popolari, invece, ogni partito dovrebbe pure sostenere posizioni e ideali che vadano al di là del proprio tornaconto elettorale. C’è chi propone lo ius culturae per i minorenni nati in Italia da persone immigrate, benissimo… C’è chi propone di superare il concetto di “modica quantità” e trattare con durezza ogni tipo di detenzione di stupefacente, benissimo… Si abbia, però, anche il coraggio di portare avanti queste battaglie. Con serietà, determinazione e coerenza. Perché la coerenza paga. E se non paga adesso, perché momentaneamente vanno di moda altri ideali, magari pagherà in un futuro neanche troppo lontano. Perché le bandiere che il popolo segue possono cambiare. La sfida è farsi trovare pronti. E farcisi trovare, per quanto possibile, da una posizione che nel tempo si è mantenuta coerente.

Secondo noi, esistono molte battaglie politiche per cui varrebbe la pena combattere, in questo preciso momento storico. Andare in mezzo ai giovani e spiegare che la cannabis fa male. Legalizzare la prostituzione, invece che le droghe. Colpire i consumatori, oltre che i trafficanti di stupefacenti. Almeno discutere di pena di morte per i criminali, così come si discute di aborto e eutanasia per gli innocenti. Consentire l’organizzazione di ronde per sopperire alla carenza di pubbliche forze dell’ordine, oltre che regolamentare la legittima difesa nella proprietà. In casi eccezionali, per salvaguardare la sicurezza pubblica, provvedere a limitare alcuni diritti.  Affermare che l’integrazione è sì buona e bella, ma impraticabile perché ogni immigrato ha i suoi valori, spesso incompatibili con quelli del Paese che lo ospita. Sostenere che alcune famiglie, nell’accudimento dei figli, sono più adatte di altre. Schierarsi contro la deriva ambientalista, sostenendo che avvantaggia i petrolieri piuttosto che l’ambiente…

Quante battaglie si potrebbero sostenere, se non si badasse esclusivamente al consenso del popolo! Ma schierarsi apertamente contro certi ideali significherebbe, per alcuni partiti, crollo sicuro nei sondaggi. Visto che ultimamente si tengono elezioni a distanza molto ravvicinata, certe battaglie non vengono intraprese. Ce li vedete, voi, i politici ad andare in mezzo ai giovani, spiegando loro che la cannabis fa male? Gli riderebbero addosso, in fondo “è solo una cannetta, tutta roba naturale”… O a dire che, a determinate condizioni, certi diritti vanno limitati? Darebbero loro dei “barbari”… O a sostenere che certi nuclei familiari, pur legittimati da un Parlamento, sono una spanna al di sotto della “famiglia tradizionale” nella cura dei figli? Politici del genere sarebbero etichettati come “retrogradi e sfigati”… O a mettersi contro l'”onda verde”, contro chi riempie le piazze manifestando a favore dell’ambiente? Tali politici verrebbero messi al rogo, pure a costo di inquinare l’atmosfera…

Ci auguriamo che alcuni abbiano il coraggio di assumere queste (ed altre) posizioni scomode. E di assumerle in maniera continuativa, senza timore per una situazione di impopolarità temporanea o prolungata nel tempo. E di continuare a navigare nella stessa direzione, pure quando il popolo volta le spalle e il vento cambia. Perché un giorno il vento tornerà a soffiare in questa direzione. Perché un giorno il popolo volgerà di nuovo lo sguardo verso questa parte. Perché quel giorno chi è rimasto coerente raccoglierà i frutti della propria coerenza.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Centrodestra unito. Destinazione governo

Ave Socii

Finalmente l’intesa sulla manovra economica è stata trovata. Le tasse su plastica e zucchero saranno rinviate… di qualche mese! E’ evidente, tutte le forze politiche sono in campagna elettorale. E specialmente le forze, al momento in evidente difficoltà, che sostengono l’attuale governo. L’unico modo che hanno per riacquisire qualche consenso è rimediare agli errori detti e fatti. E far passare questi rimedi per grandi risultati. Così, non è tanto un errore aver ideato nuove tasse, piuttosto è un gran risultato averle evitate o rinviate. Se dunque la sinistra confermerà alcune Regioni alle prossime elezioni, sapremo forse intuirne il perché. Chissà, potrebbe anche darsi che gli italiani si accontentino dell’uovo oggi… In ogni caso, sanno cosa li aspetterà domani…

Ora la manovra economica è attesa al vaglio delle Camere. Visti i tempi stretti, si prevede (come di consueto) il ricorso al voto di fiducia. E dire che quest’anno, a sentire i membri dell’attuale maggioranza, avrebbe dovuto essere l’anno della discussione e della centralità del Parlamento… In occasione della precedente manovra, il Pd minacciò addirittura di ricorrere alla Consulta per affermare la centralità del Parlamento. Un anno dopo finalmente capiamo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che quello altro non era che l’ennesimo sgarbo nei confronti della Lega.

Se le cose non cambieranno presto, purtroppo sperimenteremo a breve gli effetti di un governo di sadici filo-europeisti e filo-cinesi. Un governo che, per strappare un briciolo in più di flessibilità sul debito, non esiterà a trasformarci nuovamente nel campo profughi d’Europa. Un governo che, per racimolare qualche soldo in più, non esiterà a svendere le nostre eccellenze a Paesi come la Cina. “Abbiamo firmato accordi commerciali con la Cina, la nuova via della seta”… “Abbiamo ottenuto un rinvio sul Mes”…  Anche qui ce li hanno presentati come “grandi risultati”, i Cinque Stelle prima e il Pd poi… Non vorremmo fossero invece segnali di umiliazione e prostrazione nei confronti di Europa e Cina. Le ingerenze verso l’Italia, da parte di entrambi, sono spesso tutt’altro che amichevoli. Lo abbiamo visto anche recentemente… E l’atteggiamento del nostro attuale governo si è spesso rivelato tutt’altro che inamovibile…

Noi, semplicemente, vogliamo un governo diverso. Un governo meno moralista e più legato alla realtà. Un governo che, per evasori e categorie simili, preveda anche misure diverse dal carcere, visto che se le carceri sono sovraffollate è difficile trovarvi posto per tutti i colpevoli. Un governo che eviti di mettere nuove tasse, quando la pressione fiscale è già abbastanza elevata. Un governo che non faccia il finto salutista, ossessionando la filiera delle bevande zuccherate ma al contempo strizzando l’occhio ai sostenitori della legalizzazione delle droghe. Un governo che, anzi, dica chiaramente che la droga fa male in ogni forma e agisca di conseguenza. Un governo che parli seriamente di ambiente, senza creare allarmismi, promuovendo l’economia circolare e non penalizzando l’economia esistente. Un governo che faccia costruire termovalorizzatori, invece di costringerci ad esportare i nostri rifiuti e a comprare energia dagli altri Paesi. Un governo che metta finalmente mano alle infrastrutture…

Allo stato attuale delle cose, un governo così può esser guidato solo e soltanto da una coalizione di centrodestra. Il centrodestra unito è attualmente l’unico vero argine al giogo delle potenze straniere, come l’Europa e la Cina. Un centrodestra che è e deve rimanere plurale, dotato di un’anima liberale e un’anima sovranista, in grado di rispondere di volta in volta alle esigenze contingenti. Perché il sovranismo non è sbagliato a priori, così come il liberalismo. Ciascuno di essi contiene in sé delle risposte che possono rivelarsi giuste in alcuni momenti, meno adatte in altri. Un centrodestra che sappia arginare la deriva ambientalista che ora imperversa in Italia e nel mondo, coniugando l’attenzione per l’ambiente alla tutela dell’occupazione. Un centrodestra che combatta l’immigrazione incontrollata e chi vi lucra sopra. Un centrodestra che sappia tutelare le nostre tradizioni, la nostra patria, la nostra identità.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Sesso e amore: un binomio possibile

Ave Socii

Affermare che amore e sesso sono due cose differenti è falso. Forse siamo portati a considerarli separatamente, quasi fossero due aspetti complementari ma comunque opposti di una relazione. Sesso e amore: aspetto carnale e aspetto spirituale della relazione umana. Questo è ciò che sostiene la mentalità comune… Il sesso è una cosa, l’amore un’altra… Il primo è divertimento e spensieratezza, il secondo è responsabilità e talvolta sopportazione… Innamorarsi è soffrire, ma chi ce lo fa fare? Molto meglio divertirsi ed evitare dolori, no? Il sesso senza amore è più a portata di mano, più fruibile, più “democratico”… Se lo confondiamo con l’amore, rischiamo di rimanere sotto a un treno… L’amore può fare molto male, perciò va rispettato e dunque allontanato… Così preferiamo che l’amore rimanga confinato a un’idea eterea, un valore vuoto e privo di materialità… Quasi per paura che la sfera sessuale, sudicia e peccaminosa, contamini questa immagine immacolata.

Ma non basta… Se fai sesso in stato cosciente, magari ti resta in mente un bel ricordo della persona con cui hai condiviso questa esperienza… E se poi la storia finisce, chi toglierà dalla tua mente quel bel ricordo che tanto stona con il dolore della fine di una relazione? E’ bene evitare che una simile “incoerenza di senso” si manifesti… Allora meglio fare sesso mentre non sei te stesso, alterando la tua percezione o il tuo stato di coscienza, magari assumendo alcol o altre sostanze… Bello stratagemma per non ricordare belle immagini di storie finite male. Chi ha fatto sesso ricorrendo sempre ad alcol o droghe, non può tuttavia pretendere di insegnare cos’è il sesso “vero”… Perché non lo conosce, molto semplicemente. Al massimo può insegnare “una parte” del sesso. Probabilmente la sola parte che oggi, purtroppo, viene enfatizzata magari a scapito di tutto il resto.

Ecco forse perché chi si diverte secondo i moderni canoni, più o meno tutti ispirati al modello “festa o incontro basati sul consumo di qualche sostanza”, crede di capire tutto anche sul sesso. Le moderne industrie del divertimento puntano proprio su questo: creare un legame sempre più forte tra consumo di sostanze e innamoramento. Mettendo in secondo piano, oppure emarginando totalmente, chi è a favore di divertimenti diversi e magari pure più “naturali”. E magari, sotto sotto, creando pure dipendenza da piacere compulsivo e da relazioni malate… Tanto è in questo modo che le industrie del divertimento, oggi, possono sperare di ottenere profitti nel lungo termine.

L’approccio alla sessualità propugnato dai canoni odierni ci pare piuttosto “costruito” e “artificiale”. Noi al contrario, forse anche con un pizzico di romanticismo, siamo per un sesso “naturale” e “libero”. Libero, in primo luogo, proprio dalle sostanze. In tal senso anche la regolamentazione della prostituzione può servire, a nostro avviso, alla promozione di un sesso libero da sostanze. Libero e perciò sicuro, sia per i professionisti che per i clienti. Secondo alcuni il progresso coincide con l’abbattimento dei pregiudizi… Effettivamente, i pregiudizi verso il consumo di sostanze sembrano pian piano venir meno… Tuttavia quelli verso chi “vende il proprio corpo” paiono duri a morire, persino in tempi progrediti come il nostro.

Fisici scolpiti dalla palestra, muscoli tonici, forme attraenti, tatuaggi per abbellire il corpo, culto dell’apparenza… Guardiamoci intorno: il mondo è pieno di aspiranti cougar e toy boy più o meno invogliati a costruire sul sesso una vera e propria professione. Regolamentarlo, inoltre, li obbligherebbe a sottoporsi a controlli sanitari periodici, test antialcol e antidroga compresi. La “monetizzazione della sessualità” è affare antico come il mondo… Consentiamo almeno che possa essere conclusa in sicurezza. Evitiamo di ricorrere ai pregiudizi, in questo caso sarebbero del tutto ingiustificati… La maggior parte dei tabù sessuali sono crollati da decenni… Chi oggi vuole arricchirsi nel settore del divertimento deve per forza conoscere i meccanismi della sessualità e del corteggiamento… Non siamo ipocriti e moralisti: il mondo necessita di “professionisti del sesso” regolari e sicuri. Fingendo di ignorare la questione, continueremo ad associare alla prostituzione la strada, la droga, lo sfruttamento, la malattia…

Ovviamente, non per forza “sesso” deve coincidere con “prestazione”. All’altro ci si può concedere anche senza pretendere compensi. Anzi, è proprio questo tipo di relazione a realizzarci pienamente: donare noi stessi per “stare bene e far stare bene”. Al di là dei rapporti con l’eventuale clientela, non dimentichiamoci dei rapporti con la nostra dolce metà! Ad essa dobbiamo concedere il meglio di noi. Una relazione vera, non mascherata da alcunché e tantomeno da sostanze. Una passeggiata, parlare e ridere insieme, disinibiti non per l’effetto di qualcosa ma per il piacere di stare con qualcuno, il brivido prima di un bacio… Chissà che un approccio libero alla sessualità non sia davvero la via maestra per approdare verso l’amore… Se credete che si possa accedere al sesso unicamente attraverso alcol e droga, non sapete cosa vi perdete!

Vostro affezionatissimo PennaNera

Vita, diritto da difendere ma anche da meritare

Ave Socii

“Vuoi la vita? Meritala!”… Dovrebbe essere questo l’imperativo morale di ogni essere umano di ogni tempo e di ogni cultura… Invece molti di noi amano appiattirsi sulla vita in quanto “diritto inalienabile”, diritto anteposto persino allo Stato e che lo Stato deve limitarsi unicamente a tutelare. Ma cosa significa “tutelare la vita”? In che modo uno Stato può intervenire, se un individuo minaccia l’esistenza di un altro individuo? Dovremmo essere tutti d’accordo sul fatto che la vita è sacra… Eppure c’è chi, attraverso i suoi comportamenti, dà l’idea di pensarla in maniera esattamente opposta. Chi uccide, evidentemente, non ha molto a cuore la “sacralità” della vita. A nostro avviso, i criminali che si macchiano di omicidio dovrebbero sapere cosa significa “sentire che la propria vita è a rischio”. Forse questo potrebbe spingerli a “cambiare”… Se ciò non accadesse, lo Stato dovrebbe agire di conseguenza.

Pure la regola generale del “vivere” come “diritto inalienabile” presenta delle eccezioni. Certe volte uccidere un innocente è sintomo di progresso: infatti ci interroghiamo su aborto e eutanasia. Ma uccidere un colpevole rimane un tabù: infatti molti vedono nella pena di morte un ritorno alla preistoria. E sperano che presto venga abolita in tutto il mondo. Vediamo, dunque, che anche per i diritti cosiddetti “umani, universali, inalienabili” possono essere previste delle eccezioni. Ma chi decide la liceità o meno di queste eccezioni? Se un diritto è universale e inalienabile lo è in assoluto, senza eccezioni. Perché, in certi casi, si può invece chiudere un occhio? Allora non siamo di fronte a un diritto così inalienabile come alcuni vorrebbero far credere… Se solo alcuni pensano di decidere quando un diritto è inalienabile o meno, noi non ci stiamo. Ed esprimiamo le nostre idee in merito… I fascio-buonisti non si indignino!

Per fortuna sta cominciando a passare il principio che chi entra nella proprietà altrui, senza essere il benvenuto, implicitamente accetta di mettere a repentaglio la propria vita. Quello della legittima difesa è, tuttavia, un provvedimento che necessita di molti miglioramenti. Però è già un primo passo per contrastare il senso di impunità che sembra aver spadroneggiato nel nostro Paese negli ultimi anni. Siamo assolutamente favorevoli a che sia ristabilito un clima di rispetto delle regole. Far rispettare le regole è l’unica garanzia di umanità e diritti per tutti, specialmente per i più deboli. Purtroppo abbiamo l’impressione che questo rinnovato clima non durerà a lungo. A qualcuno, infatti, questo clima non piace affatto e farebbe di tutto pur di spazzarlo via… Magari in nome di quei presunti “diritti umani” che hanno già dimostrato generare solo conflitti nella nostra società…

Ci sono persone che bevono o si drogano, poi si mettono alla guida di un’auto, sfrecciano a tutta velocità per le strade, incontrano persone ignare e magari succede il peggio… Al di là di tutti i discorsi educativi e di tutte le raccomandazioni, chi si comporta così non fa male solo a se stesso ma rischia di fare seriamente male pure ad altri che con lui non c’entrano assolutamente nulla. Anzi, soprattutto a loro. Bere e drogarsi sono scelte di quelli che intendono “trascorrere una bella serata”, così come mettersi successivamente alla guida di un’auto… Incrociare un’auto guidata da un drogato o un alcolizzato, invece, non è certo una scelta per quel poveraccio che ha la sfortuna di vedersi piombare addosso quell’auto a folle velocità.

In fondo, chi beve o si droga mette in conto che una corsa per strada potrebbe anche porre fine alla sua vita… Ognuno può fare della propria vita quel che vuole, pure metterla in pericolo fino alle estreme conseguenze. Tuttavia, se uno vuol mettere la propria anima nelle mani del Signore, non può costringere che altri lo seguano per quella strada. Specie se con lui non c’entrano nulla. Dovrebbe essere il Signore a decidere il giorno della nostra chiamata verso il cielo… Non uno sconosciuto che ha assunto qualche bicchiere di troppo o qualche stupefacente… Se certi soggetti hanno avuto “una vita difficile”, evitino perlomeno di renderla difficile agli altri! Si facciano aiutare, piuttosto!

Ci sono persone che si autoledono, si tagliano, si drogano, per mettere alla prova l’altro e attirare l’attenzione. Se comportamenti del genere perdurano, arrivare a mettere in gioco la propria vita è un attimo. All’inizio è bene aiutare queste persone ad uscire da questi atteggiamenti sbagliati, coinvolgendo tutte le figure significative vicine. Che ognuno di noi voglia attirare l’attenzione è fisiologico, magari pure attraverso comportamenti a rischio… Probabilmente nessuno di noi è stato un santo durante l’adolescenza! Ma arriva un momento in cui il meccanismo, se non corretto, si inceppa e il rischio, da comportamento marginale, diviene ragione stessa della propria esistenza. Strategia da utilizzare normalmente, da riproporre ogniqualvolta si incontra una difficoltà. In questi casi patologici ogni aiuto comincia a diventare vano… E ogni nuovo fallimento dei tentativi d’aiuto rafforza sempre più quella strategia malsana… E chi ha aiutato rischia pure di sentirsi in colpa per aver fallito…

Ci chiediamo, a questo punto, se soggetti così depravati siano degni di continuare a vivere. Siamo esagerati noi? O forse sono irrecuperabili loro? E se magari non solo sono irrecuperabili, ma pure potenzialmente dannosi per il prossimo? Se dopo tante messe alla prova non c’è stato verso di cambiare i loro atteggiamenti, cosa rimane da fare? Aspettare che facciano altri danni, magari con tanto di morti e lacrime di circostanza? Se tali soggetti considerano tanto insignificante il valore della vita, mettere a rischio gli altri sarà per loro una cosa “normale”. Sarebbe più che opportuno, allora, disinnescare simili mine vaganti finché si è in tempo. Ogni giorno in più della loro vita potrebbe significare altre vite innocenti danneggiate o, peggio, spezzate del tutto.

Per questo siamo convinti che aiutare i devianti con ogni mezzo sia cosa buona e auspicabile, ma se dopo tanti tentativi si fallisce è bene non prendersela con se stessi. Soprattutto se si è fatto tutto il possibile. In fondo, se il deviante perdura nella sua strategia non è colpa di chi cerca di aiutarlo a trovare strade alternative. Semmai la colpa è del deviante stesso, che vuole ignorare l’esistenza di strade alternative. Se la sua vita non conta nulla di fronte ai suoi capricci, che vada pure incontro al suo destino! A pensarci bene, nemmeno chi fa scioperi della fame o della sete ha molto a cuore la propria vita. Alla faccia del valore universale, in casi del genere la vita viene strumentalizzata per spuntarla in battaglie di varia natura. Battaglie personali, talvolta persino battaglie politiche… “Fare la vittima” perché gli altri si turbino e abbocchino…

Simili “strategie della tensione” dovrebbero essere assecondate solo per breve periodo. Se perdurano, tuttavia, andrebbero stroncate. Certo, all’atto pratico è tutt’altro che semplice definire una linea di comportamenti da tenere. Stabilire se una strategia è intenzionalmente orientata a mettere in difficoltà l’altro, tenerlo “sotto scacco”, o è invece solo l’effetto di una patologia mentale cronicizzata, è certamente complesso. Secondo noi, la strategia di intervento andrebbe ponderata in riferimento al luogo che ha in carico i soggetti in questione. Se una struttura è “socio-educativa” dovrebbe agire in certi modi, se è “sanitaria” in modi diversi. E’ chiaro che ogni struttura dovrebbe avere ben precisi requisiti, tali da renderla classificabile in maniera non equivoca e tali da poter permetterle di accogliere ben determinate categorie di utenza. Solo successivamente sarà chiaro in quali modi poter agire, in base al tipo di struttura e all’utenza ospitata.

Ad esempio, in strutture non prettamente sanitarie (carceri, comunità per tossicodipendenti ecc.) gli operatori non dovrebbero essere obbligati a intervenire, in caso di reiterazione frequente di “atteggiamenti autolesivi” da parte degli utenti. Finché capita sporadicamente si può cercare di venire incontro alla “vittima”. Ma chi persevera ha ben chiare le conseguenze cui va incontro, perché le ha già affrontate. Quindi, implicitamente, è come se le accettasse. Anche perdere la vita è una possibile conseguenza di certi comportamenti. E un operatore non può essere messo continuamente alla prova da queste “vittime” recidive. Se il comportamento lesivo coinvolgesse anche altri utenti, l’obbligo di intervento dovrebbe essere garantito esclusivamente ai “terzi lesi” e non agli autori della lesione (se recidivi). Per simili soggetti “irrecuperabili” potrebbero prospettarsi due possibilità: isolamento o fine vita. L’obbligo di intervento dovrebbe sempre valere, invece, verso chi è ospitato in strutture sanitarie come ospedali o case di cura.

Interrogarsi su aborto, eutanasia, testamento biologico, fine vita… Tutte questioni lecite e interessanti, per l’amor del cielo… Ma se uno Stato ha così tanto tempo per interrogarsi su come far morire un innocente, non vediamo il motivo per cui non debba avere tempo pure per interrogarsi su come far morire un colpevole. Scusate se le nostre opinioni non sono perfettamente allineate al “retto pensiero”… Però secondo noi l’inalienabilità della vita passa attraverso i comportamenti dei singoli, non attraverso le opinioni di qualche “paladino dei diritti umani” che pretende di dare pagelle di moralità a tutti. Firmare la condanna a morte per chi, in maniera reiterata, ha costituito un pericolo per la vita degli altri… Questo dovrebbe fare uno Stato serio che vuole tutelare la vita dei suoi cittadini onesti e perbene. Perché la vita di un singolo dipende dalle scelte che fa, nel bene come nel male.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Pregiudizio. Alcuni miti da sfatare

Ave Socii

Quante volte avete sentito dire che “per conoscere il diverso non bisogna avere pregiudizi”? Della serie: se hai pregiudizi sarai sempre un ignorante e non conoscerai mai davvero… Perciò apriamo le frontiere, abbattiamo i muri e superiamo i limiti! In realtà, la questione è un po’ più complessa di come viene semplicisticamente insegnata. Siamo esseri umani, pertanto sempre inclini all’errore. Per di più siamo quasi sempre influenzati dalle nostre esperienze passate, nelle scelte attuali e future. Cancellare i pregiudizi non è affar da poco, dunque. Ognuno di noi, chi più chi meno, corre il rischio di essere influenzato da qualche pregiudizio. La differenza, pertanto, non è tra chi ha pregiudizi e chi non li ha. La differenza, semmai, è tra chi ammette di averli e chi vuol far credere di non averli. Chi dice di non avere pregiudizi è un ipocrita. Speriamo perlomeno che non lo sia in mala fede.

Forse parlare di “pregiudizio” non è che l’arma migliore per scatenare sensi di colpa e di inadeguatezza in persone che hanno pensieri scomodi e “politicamente scorretti”, in modo da farle tacere. Un’arma utilizzata per affermare determinate idee e deprecare le idee di chi la pensa diversamente. Il senso di colpa che chi condanna il pregiudizio vorrebbe scatenare, nella nostra società occidentale, scaturisce il più delle volte dalla apparente discordanza fra norma giuridica e morale cristiana. Ma esse hanno campi di applicazione diversi, non dovrebbero essere confuse. Alcuni invece vorrebbero trasformare questo dualismo in un punto debole per la società occidentale. Avranno certamente i loro (loschi) interessi per fare una cosa del genere… Magari favorire determinate culture tradizionalmente ostili a quella occidentale… Culture che magari confondono il culto con la legge e ne fanno, al contrario di noi, un punto di forza… Intenda chi ha orecchie…

Il pregiudizio agisce sempre a doppio senso: c’è chi pre-giudica, ma c’è anche chi si sente pre-giudicato e vorrebbe far sentire agli altri il peso di questo pregiudizio. Per farli sentire in colpa facendosi vedere “vittime”, metterli in difficoltà e cercare di ottenere quanto desiderato. Magari trattamenti “più umani”, invocando un fantomatico “stato di necessità”, pure a costo di violare la legge. Prendete il caso dei rom… Costoro dovrebbero spostarsi periodicamente, in quanto “nomadi”… Tuttavia se hanno la possibilità di avere un alloggio stabile e confortevole, non fanno certo troppi complimenti… Magari occupano abusivamente le case altrui, oppure si allacciano abusivamente ai servizi, o entrambe le cose… Si circondano di donne incinte, così nessuno può cacciarli… Rubano e magari pretendono pure di essere compresi, perché “povere vittime” in “stato di necessità”! Contrastare le leggi con la “presunta umanità”: così fanno le “vittime”, appoggiate spesso da qualche “paladino dei diritti umani”.

Pregiudizio nell’immigrazione. Per fronteggiare il continuo calo di popolarità, ogni tanto i fascio-buonisti ricorrono ad immagini forti e tentano di “scuotere le coscienze”… Adesso tutti si turbano, per quella foto che ritrae padre e figlia morti annegati durante l’attraversamento del fiume… Chissà in quanti saranno morti in quel modo e per quanto tempo, purtroppo, senza che a nessuno sia mai passata per la mente l’idea di parlarne… Perché se ne parla solo in certi momenti? Perché certe immagini vengono esibite solo quando i fascio-buonisti sembrano trovarsi in difficoltà? Ah, questi ipocriti “paladini dell’umanità” a intermittenza! Si attaccano a tutto, pur di screditare l’avversario politico… Anche se i flussi totali sono crollati, dicono che la linea dura non paga perché tanto i migranti arrivano coi “barchini”… Tutti a dire che il problema è l’Italia che non accoglie, invece di dire che il problema vero sta in Africa…

Dovrebbero solo vergognarsi, certi politici millantatori di presunta umanità! Prima consentono che arrivino immigrati a frotte… Poi fanno gli scandalizzati e gridano al pregiudizio e al razzismo, perché il “decreto sicurezza” lascia per strada migliaia di “disperati”. Forse la responsabilità è pure di chi a suo tempo ha ingiustificatamente aperto le porte a tutti questi “disperati”, o no? Le tensioni in Libia ormai fungono quasi da pretesto… Improvvisamente l’Italia sembra essere diventata l’unico porto sicuro del mondo, anche con quel “selvaggio razzista disumano troglodita” di Salvini al Ministero dell’Interno. Trasformare l’Africa in una polveriera forse fa comodo a qualcuno, almeno i migranti saranno sempre giustificati a non mettervi più piede e andare altrove. Sennò non si spiegherebbero il silenzio e l’immobilismo dell’Onu… Con tutti gli “ambasciatori dei diritti umani” che annovera tra le sue fila, qualcuno potrebbe pure preoccuparsi di cosa succede in Libia! O no?

L’ultimo ricorso presentato “dai migranti” della nave olandese è stato respinto dalla Corte Europea… Vuol forse dire che anche i giudici hanno dei pregiudizi verso gli immigrati? L’assistenza va garantita, ma perché la nave deve per forza puntare in Italia, quando batte bandiera olandese e l’equipaggio è tedesco? L’Italia che c’entra? La nave forza più volte il blocco perché “i migranti sono allo stremo”… E c’è pure chi applaude, invece di invocarne l’affondamento. Siamo noi quelli disumani? Chi invece viola deliberatamente le leggi per ottenere un po’ di visibilità, mettendo a rischio la vita di decine di persone, è forse meno disumano? E se la prossima volta schierassimo i cannoni? Non lasciamoci intenerire da chi fa finta di stare dalla parte dei più deboli. L’immigrazione non è un diritto. L’accoglienza si fa in ben altro modo. Non confondiamo i principi evangelici con le prese per il c…

Finché in Italia c’erano altri governi andava tutto bene. Nessuno in Europa si preoccupava della questione migranti, tanto c’era l’Italia che pigliava su tutti… Finché accoglievamo porci e cani potevamo pure sperare in un minimo di flessibilità… Ora invece rischiamo perfino la procedura di infrazione per debito eccessivo. L’ipocrisia dell’Europa è stata svelata, è dunque evidente che questo governo vada di traverso a qualcuno. E non solo in Europa… Nel mondo c’è chi pensa che l’immigrazione sia un diritto… Quando forse non è altro che la risposta (spesso patologica) alle carenze di Paesi che non riescono a dare un futuro ai propri abitanti. Mettiamocelo in testa: il problema dell’immigrazione non sta da noi, sta da loro! Ed è “a casa loro” che va risolto, creando condizioni tali affinché queste persone non siano costrette ad emigrare e ad essere trattate come “disperati”.

Pregiudizio di chi si droga verso l’autorità e il resto della società. Chi si droga lo fa in aperto contrasto con l’autorità e con una società percepita come contraddittoria nei messaggi che manda. La società prima mi dice che sono libero, poi però mi giudica se mi comporto in certi modi… L’autorità non mi ama, è buona solo a bacchettarmi e a mettermi in difficoltà… Perciò l’autorità deve sentirsi in colpa e io, pure a costo di rischiare la vita, voglio farla sentire in colpa… Così ragiona chi si droga o, in generale, assume comportamenti rischiosi. L’autorità trova difficile sanzionare tali comportamenti, se di mezzo c’è una relazione che potrebbe naufragare. Perché una relazione che naufraga genera sensi di colpa. E l’autorità si trova in difficoltà, poiché sente tutto il peso del senso di colpa. Peso mitigato dalla sostanza, invece, per chi si droga o assume comportamenti simili.

Tutto il precedente ragionamento è sostenuto, guarda un po’, da un pregiudizio di fondo: il drogato crede che all’origine della sofferenza sia sempre l’autorità, mai la relazione. E se una relazione va male, la colpa è sempre dell’autorità e mai della “vittima”. E’ l’autorità, con le sue regole, che mette a repentaglio la relazione, non la vittima con i suoi comportamenti rischiosi. Perciò è l’autorità che deve piegarsi, eliminando le regole e liberalizzando questi comportamenti. Ma proviamo a cambiare prospettiva: dal lato dell’autorità, se essa è stata coerente nelle sue scelte e nell’applicazione delle regole, non c’è nulla che le possa essere rimproverato. Se l’autorità, nella relazione, ha dato tutto l’amore di cui era capace, ogni suo senso di colpa è ingiustificato. La sofferenza, in tal caso, non può che provenire dal capriccio di una relazione malata. Questa autorità, pertanto, non trova alcuna difficoltà a troncare una relazione del genere.

Ma quale autorità riesce a mostrarsi davvero credibile e coerente, alla luce di una società contraddittoria come la nostra? Quale genitore oggi avrebbe il coraggio di dire a un figlio drogato “io ho fatto tutto il possibile per te, se il tuo desiderio è morire va’ e ammazzati!”, senza sentirsi più o meno in colpa per questo? Molti in questa società dicono che è bene provare qualsiasi esperienza, ma che in caso di difficoltà bisogna intervenire in ogni modo per evitare il peggio… Messaggio che va a nozze con l’atteggiamento del drogato, il quale per definizione prova esperienze al limite così da scatenare sensi di colpa in chi non si mostra capace di aiutarlo fino in fondo. E molte volte l’autorità, per inseguire i capricci del drogato, tollera certi comportamenti financo a liberalizzarli.

La società deve tornare ad essere coerente, se vuol sperare di generare delle autorità credibili. Solo allora si potrà invertire la rotta, in tema di liberalizzazione e simili, relegando ai margini i comportamenti “da drogato”. Tutto il contrario di ciò che accade ora, poiché oggi al margine forse stanno proprio quelli che non si sono mai fatti una canna. Da diversi studi sta emergendo pure che il consumo di cannabis aumenta spaventosamente, proprio qui in Europa ad esempio… E che questo può comportare un aumento del rischio di dipendenza… Bella scoperta, meglio tardi che mai! Allora speriamo che vengano presi conseguenti provvedimenti nelle opportune sedi. Perché drogarsi non è un diritto.

Altri pregiudizi. Bello vedere che nel calcio c’è posto anche per le donne. E’ certamente un segnale di integrazione e di abbattimento di pregiudizi. Alcuni vorrebbero che uomini e donne fossero equamente retribuiti in ogni lavoro… Un sogno, ma davvero un giorno si realizzerà? Certamente lo speriamo tutti. Però ricordiamoci di questo: se le donne sono pagate meno degli uomini, non è perché la società ha dei pregiudizi verso di loro. Ma per una questione ben più pratica: ad un’azienda, a parità di altre condizioni, le donne costano più degli uomini. E questo per motivi tutt’altro che sociali. Che le donne siano predisposte ad attraversare una gravidanza non lo decide la società, ma la natura. Una donna che va in maternità rappresenta un costo per l’azienda. Non sempre una donna gravida è in grado di lavorare e “produrre” tanto quanto una donna non gravida. E’ la natura, non è pregiudizio…

Anche per questo siamo dell’idea che ognuno di noi, che sia uomo o donna, debba essere libero di svolgere lavori domestici, pure in via esclusiva rispetto ad altri lavori. E che il lavoro casalingo debba essere retribuito come un qualsiasi altro mestiere. Sarebbe un toccasana per tutti i nuclei familiari, soprattutto per i figli. Ma ad alcuni questo ricorda troppo la famiglia “tradizionale”, ovvero il “Medioevo”… Così si costringono le donne a stare a casa… Ecco, anche questo è un pregiudizio secondo noi. Chi ha detto che debba essere per forza la donna a stare a casa e badare ai figli e alle faccende domestiche? Anche un padre può farlo, se la madre lavora al di fuori dell’ambito domestico. Nessuno lo vieta.

Madre, padre e figli: questo secondo noi è il modello di famiglia che dovrebbe prevalere, rispetto a famiglie affidatarie e altri tipi di famiglia. Nella nostra cultura, ogni altro tipo di famiglia non può che prendere a modello la famiglia nucleare suddetta. Siamo noi che abbiamo un pregiudizio verso i “genitori” omosessuali e le famiglie “arcobaleno”, o piuttosto altri che hanno pregiudizi verso la famiglia “tradizionale”? Per poterli affidare, i figli bisogna prima farli. E’ la natura, non è pregiudizio…

Condannare il pregiudizio verso i diritti civili, le minoranze, il “diverso”… spesso non è che una trovata dei fascio-buonisti per disgregare la società democratica e indebolirne l’identità culturale. Come se tutto quel che è stato conquistato in passato sia da dare per scontato, oppure da accantonare per far posto al “nuovo”. Intanto l’identità culturale occidentale traballa pericolosamente: scossa dall’avanzata dei “diritti civili”, all’interno, e dall’avanzata di culture ostili e intolleranti, all’esterno. Accogliere tutti per creare un’accozzaglia sociale indistinta, senza radici certe e dunque più influenzabile e controllabile da certi centri di potere… Forse è questo l’obiettivo che alcuni intendono raggiungere, ben consapevoli che il pregiudizio non smetterà mai di esistere e di influenzarci.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Umorismo, il miglior antidoto per sconfiggere il vittimismo

Ave Socii

Di fronte ai prepotenti, ridi. Di fronte a chi crede di capire tutto, ridi. Di fronte a chi fa finta di indignarsi, ridi. Di fronte a chi fa la vittima, ridi. Perché l’umorismo è la risposta migliore contro il vittimismo che attanaglia la nostra società odierna. Pure quando tu stesso vorresti fare la vittima, prova a ridere di te stesso. Perfino il Vangelo lo dice: quando soffri fatti comunque vedere gioioso, di modo che nessuno possa sospettare nulla del tuo stato di sofferenza. Raccomandazione più che rivoluzionaria, alla luce della reale natura umana.

C’è gente che non vede l’ora di vederti soffrire, per farsi vedere buona con te. Ma quando stai un po’ meglio ti volta le spalle e magari è pure invidiosa del fatto che stai bene. Spesso si tratta di persone che non stanno bene dentro, che vorrebbero far star male anche chi sta loro intorno, perché non sopportano l’idea di essere le sole al mondo a star male. Hanno bisogno di condividere il loro malessere, o certe volte perfino di appiopparlo interamente ad altre persone, magari proprio a quelle che stanno meglio. E’ pur sempre un atteggiamento umano, va compreso. Certamente non va assecondato, piuttosto va cambiato. Ci sono alcuni che preferiscono non cambiare… Peccato per loro, perché una risata li seppellirà.

Piuttosto che ridere della vita e degli altri, spesso preferiamo farci vedere bisognosi d’amore. Oggi la società invoglia tutti noi a farci vedere vittime, nell’attesa dei salvatori e dei paladini della giustizia. Ma le speranze si rivelano il più delle volte vane… Se la società non ci ascolta e non ci dà amore, perché stare tanto a soffrire? Meglio farsi una canna, no? Meglio drogarsi, così la società si sentirà in colpa e verrà per davvero a soccorrerci… Meglio legalizzare la cannabis piuttosto che ridere dei falsi salvatori, no? Forse ci crediamo ancora, alle favole e ai cavalieri senza macchia… Forse mantenere in auge certi miti fa comodo a qualcuno… Forse invece fare dell’umorismo nei loro confronti è scorretto… Forse deridere chi si fa le canne e persevera nel vittimismo lo è ancor di più… Sembriamo cattivi forse? Meglio veri cattivi che finti vittimoni! Che una fragorosa risata li seppellisca!

C’è gente che rizza le antenne non appena ha modo di attaccare quelli verso cui prova invidia. Succede anche nella politica. Prendete la questione dei cosiddetti “minibot”… Alcuni non vedevano l’ora di parlare di “strappo” nella Lega, invidiosi come sono del suo attuale consenso presso l’elettorato. Alcuni godono perfino nel vedere il nostro Paese isolato o andare a picco, pur di criticare il governo in carica. Ma questo succede praticamente con tutti i governi, non solo con l’attuale. Ritornando ai fatti più recenti… Dovremmo essere tutti fieri per aver ottenuto la sede dei giochi invernali del 2026… invece qualcuno continua a mostrarsi in disaccordo, perché sotto sotto rosica. Se in corso d’opera qualcosa andasse storto, quel qualcuno improvvisamente si sentirebbe come risollevato… Siamo pronti a metterci la mano sul fuoco!

Cosa c’è di meglio contro questi ipocriti, se non una buona dose di umorismo? Cosa c’è di meglio contro certi fascio-buonisti paladini del diritto all’immigrazione, se non l’umorismo? Quale migliore arma contro chi ama schierarsi dalla parte degli ultimi, semplicemente per puro tornaconto personale? Quale migliore arma contro chi si ispira alle beatitudini di evangelica memoria, soltanto per acquisire notorietà e creare incidenti politici? Cosa abbiamo di meglio dell’umorismo, contro chi strumentalizza i sofferenti solo per vendere più droga? Contro chi strumentalizza gli immigrati solo per fare affari col business dell’accoglienza… Contro chi parla di diritti “universali”, ma poi si indigna quando l’Italia osa chiedere che l’accoglienza sia praticata da tutti gli Stati… L’umorismo genera molti nemici… Molti nemici, molto onore. Che una fragorosa risata vi seppellisca tutti, fascio-buonisti e vittime mascherate!

Vostro affezionatissimo PennaNera

Prostituzione. Dell’inutilità del moralismo

Ave Socii

Il settore del divertimento è uno di quelli che sta andando per la maggiore, nella parte opulenta del mondo. Anche grazie ai tentativi, sempre più pressanti, di liberalizzazione di interi segmenti di mercato altrimenti in mano alle associazioni criminali. E’ davvero sempre positivo cercare di togliere potere ai criminali, semplicemente liberalizzando attività inizialmente in mano loro? Alcuni suggeriranno di prendere a modello l’Olanda e di osservare i successi ottenuti nel contrasto allo spaccio di droga. Ma non è tutto oro quel che luccica. Probabilmente alcuni olandesi non apprezzano tutta questa “libertà di sballo” portata dal libero consumo delle droghe “leggere”. Probabilmente la questione dello sfruttamento illegale della prostituzione nei quartieri a luci rosse è tutt’altro che risolta. Probabilmente in Olanda hanno liberalizzato troppe cose. Ma in genere questo non viene detto…

I mercati controllati dalla criminalità si possono anche regolamentare, nessuno lo vieta. Purché poi si facciano i dovuti controlli. Come per la regolamentazione della prostituzione. Se nessuno controlla, l’intento di evitare lo sfruttamento illecito della prostituzione non si realizza e i criminali continuano a regnare tanto quanto regnavano prima. Tuttavia i controlli costano. E’ dunque necessario, per ottimizzare le risorse, scegliere con attenzione cosa liberalizzare e cosa no. Non si può avere tutto, quando le risorse scarseggiano. Neanche quando in gioco c’è la sacrosanta libertà di divertirsi. Non è moralismo, è realismo. E se proprio vogliamo regolamentare il divertimento, scegliamo tipologie di divertimento meno artificiali possibile. I divertimenti naturali sono i più democratici che esistano: non hai bisogno di nulla, fuorché del tuo corpo.

Perché impedire di usufruire dei divertimenti davvero naturali, quando si fa del tutto pur di far passare quelli artificiali e indotti dalle sostanze? Fra i due, noi preferiamo di sicuro regolamentare il divertimento naturale. Perché tanta attenzione riservata solo alle “droghe leggere”? Quando si potrebbe fare benissimo la stessa cosa con la prostituzione? Anzi, regolamentando la prostituzione forse la salute collettiva e l’ordine pubblico ne gioverebbero pure. Difficilmente, invece, ne gioverebbero legalizzando le droghe. Spesso chi vuole la regolamentazione del mercato dello spaccio, non si mostra altrettanto “liberale” riguardo la prostituzione. Spesso chi da un lato inneggia all’antiproibizionismo, dall’altro veste inspiegabilmente i panni del moralista. Vendere droga è forse meno immorale che vendere il proprio corpo?

Deprecabile, a nostro avviso, dovrebbe essere invece il fatto che ragazzine di 13 anni già indossano abiti succinti e si truccano pesantemente. Perché qui i sostenitori del femminismo e dell’antiproibizionismo non si scandalizzano? Che tipo di modelli imitano, queste ragazzine? Speriamo non le loro madri! Chi è maggiorenne può fare quel che vuole della propria vita, ovviamente nei limiti della liceità. Anche vendere il proprio corpo in piena libertà, a nostro avviso. Se dobbiamo proprio fare lezioncine di morale, sarebbe più opportuno farle ai minorenni quando siamo ancora in tempo per farci ascoltare. Ma i minorenni assorbono più facilmente ciò che vedono e sentono attorno a loro. Ciò che è buono come ciò che è cattivo. E poi, scimmiottando i valori propugnati dai loro modelli adulti, li estremizzano e mettono “alla prova” la coerenza della società, per vedere fin dove la società stessa tollera che ci si spinga.

La società manda messaggi ambigui e contrastanti… Prima esalta l’apparenza, il farsi vedere, il dare un’immagine di sé attraente, il sex appeal… Poi si scandalizza dinanzi alle donne di facili costumi. O dinanzi alle “ragazze oggetto”. O dinanzi alle pubblicità in cui le donne posano in atteggiamenti provocanti. O dinanzi a comportamenti che esaltano il maschilismo o il “machismo”. Nessuno di noi saprebbe prendere una posizione chiara e netta, dinanzi a comportamenti del genere. Forse tali atteggiamenti un po’ ci piacciono anche. Sotto sotto, oppure anche più in superficie, ad ogni uomo piace vedere una donna in forma e provocante. E ad ogni donna piace vedere un uomo possente e sicuro di sé. Influenze della società o caratteristiche naturali? Chi lo sa…

Ogni essere umano, in buona sostanza, sembra provare attrazione per chi “si vende”. Gli uomini, forse, perché alla ricerca di sicurezza. Le donne, forse, perché alla ricerca di attenzioni. Quando ci sono di mezzo i bisogni umani, il moralismo è utile quanto una penna priva di inchiostro. Se una persona fa di tutto pur di attirare l’attenzione, magari arrivando a vendere il proprio corpo, probabilmente questa è la strategia che meglio si adegua alle sue esigenze di attenzione da parte degli altri. Se la correzione di determinate strategie non è arrivata in tenera età, in età matura nessuno più gliele toglierà. Ovviamente c’è pure chi si vende per necessità e magari non ha di questi problemi di autostima… Riguardo tutte queste persone, comunque, vale la stessa domanda: perché rischiare che del loro corpo benefici la criminalità?

E allora, piuttosto che condannarle ad una vita di inutili pregiudizi, giudizi ipocriti e sensi di colpa, perché non consentire loro di vendere il proprio corpo in piena libertà e consapevolezza? Magari non in mezzo a una strada. Magari con qualche protezione in più. Magari con maggiori tutele anche per i potenziali clienti, oltre che per loro stesse. Magari consentendo loro, tramite un lavoro regolare, anche di raggiungere una sorta di realizzazione personale. Forse non è la priorità, ma lo Stato dovrebbe regolamentare il mondo della prostituzione. Ne beneficerebbe esso stesso. Anche se ciò farebbe arrabbiare non poco le associazioni criminali, che di punto in bianco si vedrebbero togliere il monopolio su un segmento di mercato redditizio. Con le droghe sarebbe diverso, il potere dei narcotrafficanti rimarrebbe sempre ben saldo. Forse è per questo (lo diciamo con un pizzico di malizia) che qualcuno spera così tanto nella liberalizzazione delle droghe.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Divertimento e crisi dei valori

Ave Socii

Oggidì nella Chiesa si parla spesso di “crisi delle vocazioni”. Forse i valori cristiani non attraggono più come un tempo. Ma se c’è un settore che non sembra conoscere mai crisi, specie negli ultimi tempi, questo settore è il divertimento. Il buon andamento delle industrie del divertimento, guarda un po’, sembra andare di pari passo con la crisi dei valori tradizionali. Come dire: in mancanza di sicurezze nel futuro, si esalta l’effimero. Forse qualcuno spera pure, nei momenti di crisi, di elevare il divertimento ad unico vero credo. Nei momenti di crisi, il divertimento sembra operare una vera e propria sostituzione di valori ormai passati di moda. La “religione del divertimento” non pare conoscere crisi di vocazioni.

Il divertimento è una sacrosanta componente di ogni società, più o meno “progredita”. Esso si contrappone al dovere, elemento opposto ma complementare. Il divertimento è fisiologico quando nessuno dei due elementi prevale sull’altro. Una persona sempre impegnata in mille faccende, che non si diverte mai, è una persona malata di dovere. Così come una persona che si diverte sempre, senza mai assumersi impegni seri, è una persona malata di divertimento. E qui rientriamo nella patologia, nella fede cieca e persino intollerante. Rientriamo addirittura nell’odio nei confronti di determinate categorie di persone: quelle che hanno avuto successo nella vita. Tutti vorrebbero avere successo. Ma non tutti riescono a mantenerlo nel tempo. Chi ha fede cieca nel divertimento, per l’appunto, vuole il successo ma fatica a mantenerlo. Lo vuole tutto e subito. Domani è un altro giorno…

Talvolta questa fede esagerata nel divertimento sembra assumere i connotati di una vera e propria crociata verso i “migliori”, da parte dei “mediocri”. Da parte di chi nella vita non riesce a combinare alcunché per il proprio futuro. Perché non è capace di pianificare e organizzare un bel nulla, se non vivere alla giornata. Nei momenti di crisi, quando le certezze crollano, questi mediocri spuntano fuori come funghi. Rincuorati e ringalluzziti, perché possono finalmente dire di non essere gli unici al mondo a fallire, iniziano a ribadire che tutto è relativo e che la vita va vissuta giorno per giorno. Che nella vita molte volte conta divertirsi, come se non ci fosse un domani. E che chi non crede nel loro divertimento è un frustrato sfigato. Perché tanto il domani sarà tutt’altro che roseo, dunque perché rinunciare a questa dose di divertimento?

Molti, in realtà, si convertono al divertimento per celare un’intima sofferenza interiore. Per tentare di soffocare i loro complessi di inferiorità e impotenza di fronte a chi considerano migliore di loro. Forse sono le persone più belle al mondo, questi “sofferenti”, ma ce la mettono tutta pur di apparire brutte. E spesso ci riescono benissimo. Assumendo magari comportamenti a rischio, costoro sperano di ottenere le attenzioni delle persone a loro più vicine. Talvolta, arrivando a mettere in gioco la loro stessa vita, sperano pure di lasciare un perpetuo senso di colpa nelle figure che “avrebbero duvuto amarle di più”. Cosa sono, i comportamenti a rischio, se non lenti e progressivi tentativi di suicidio, un mettere a repentaglio la propria vita, un rendersi “potenziale vittima” per mettere alla prova l’istinto protettivo delle figure significative?

Queste “vittime” vogliono farci credere che se hanno comportamenti rischiosi, la colpa non è di loro che si comportano così. Perché loro sono persone belle. La colpa è invece delle “autorità”, che hanno “pregiudizi” verso di loro e che “giudicano”. Persone brutte e cattive, dunque. Le “vittime” non si sentono mai responsabili di nulla. Sono le figure significative, dicono, che dovrebbero amarle di più. E’ il “bisogno di amore” che le “povere vittime” vorrebbero far pesare alle figure significative, tenendole “sotto scacco”. Tuttavia, se davvero costoro hanno bisogno di aiuto e amore e sono davvero persone “belle”, perché a volte fanno tanto i preziosi e continuano a farsi vedere “brutti”? Avere comportamenti a rischio è patologico, è credere ciecamente nel divertimento compulsivo.

Il divertimento compulsivo genera una società di depressi. Chi del divertimento fa proseliti, come trapper e spacciatori, incita i suoi affiliati a mettere in dubbio i rapporti con le figure significative. Con quegli sfigati e frustrati che costituiscono l'”autorità”. Perché nella vita c’è bisogno di divertirsi. Chi non si diverte è un depresso, un frustrato, uno sfigato. I sacerdoti del divertimento invitano i loro fedeli a mettere in discussione l’autorità, agendo sul senso di colpa. Il senso di colpa costituisce il braccio della potenza col quale il depresso fa leva sull’altro per ottenerne le attenzioni. Ed è spesso difficile, per le figure significative, mettere la parola “fine” a un legame divenuto ormai patologico.

I fedeli del divertimento compulsivo, invece, hanno già da tempo detto basta ad un rapporto sano con le precedenti figure significative. Tanto c’è la droga a colmare questo vuoto. La depressione non sarà per loro un problema, finché c’è la droga. E il loro crescente senso di colpa sarà alleviato da quantità sempre crescenti di sostanza. Ormai trapper e spacciatori avranno già preso da un pezzo il posto dell’autorità. In nome non della ricerca di relazioni sane, ma della degenerazione sociale e del denaro. Cosa resta da fare, dunque, alle precedenti figure significative? Una cosa sola: lasciar perdere. Avere il coraggio di recidere il rapporto, così come tempo prima ha avuto il coraggio di fare la controparte. Sappiamo che è doloroso a pensarsi, ma il dolore è sopportabile quando uno sa di aver dato tutto se stesso per evitare che alcuni percorressero certe strade.

Certamente la decisione di cui sopra non si prende mai a cuor leggero. I cosiddetti “buoni” dicono di dover stare vicino a chi sbaglia, di aiutarlo a “rientrare in sé”. In pochi, invece, dicono di lasciarlo al proprio destino perché pare una cosa crudele, da persone “cattive”. Ma noi ribadiamo: se c’è qualcuno che davvero merita l’appellativo di “cattivo”, non è chi ha cercato di aiutare e ora non lo fa più perché esasperato. E’ invece chi mette continuamente alla prova le figure significative. E’ chi ha sbagliato e continua imperterrito a sbagliare. E’ chi incita alla perseveranza nello sbaglio, in nome del divertimento e del guadagno. E’ chi non ha nulla da insegnare al mondo, perché mediocre dentro. Da chi ha sbagliato e non cambia mai, non abbiamo nulla da imparare. Da chi ha sbagliato e nonostante ciò ha la forza di cambiare, abbiamo tutto da imparare.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Cannabis shop… Attaccatevi a ‘sta canna!

Ave Socii

Ieri sera abbiamo accolto con immenso piacere la sentenza della Corte di Cassazione in merito alla liceità di vendere prodotti a base di cannabis. Vendere cannabis, anche leggera, è illegale. Finalmente! D’ora in poi, chi ha sfruttato in modo subdolo le zone grigie della normativa dovrà fare un passo indietro. Immaginiamo che non finirà così, sarebbe troppo semplice. Di certo qualcuno protesterà e non è da escludere che possa pure ottenere  ragione. Per cui stiamo in campana, non si può ancora cantar vittoria definitivamente. Però è già una piccola soddisfazione.

Intanto va registrata, manco a dirlo, la solita ed immancabile levata di scudi da parte dei fascio-buonisti. Era un settore in piena espansione, quello dei negozi di cannabis… Proibizionisti… Così si ledono i diritti… Molti esercizi chiuderanno… Scusate tanto! Ma di tutti gli esercizi commerciali che chiudono ogni giorno… quanti vi stanno così a cuore come i rivenditori di cannabis? Questo è il nostro parere: se proprio la crisi deve colpire qualcuno, che colpisca i rivenditori di cannabis! Fino a ieri erano ancora ai margini della liceità, da oggi sono spacciatori a tutti gli effetti. E’ questa la loro natura. E la sentenza della Cassazione l’ha finalmente rivelata.

Tutti questi rigurgiti antiproibizionisti, francamente, ci fanno un po’ sorridere. Quelli che pensano che sia tutto lecito e che nulla vada proibito… Il loro atteggiamento pare piuttosto quello di chi vuol ingigantire oltremodo il concetto di “liberalizzazione” fino al limite del ridicolo. La liberalizzazione non va bene per tutto, è evidente. Ci sono settori che non si possono liberalizzare a piacimento. Quando si ha a che fare con la salute pubblica, come in questo caso, liberalizzare vuol dire spesso mettere a rischio i cittadini più vulnerabili. Siano essi tossicodipendenti che vogliano tornare a una vita sana… Oppure pedoni investiti da auto guidate da tizi sballati che hanno appena fumato una canna…

A questo punto, qualcuno potrà opporre al precedente ragionamento il paragone con le sigarette. Perché le sigarette si vendono senza problemi, mentre la cannabis suscita tutta questa antipatia? Perché non essere proibizionisti anche con le sigarette, che magari fanno pure più male? Risposta. Esistono già norme severe sul consumo di tabacco nei luoghi pubblici e al chiuso. La ratio sottostante è sempre e comunque la tutela dei soggetti deboli, i non fumatori nel caso specifico.

Ciò detto, chi fuma una sigaretta sa che ha maggiori probabilità di incorrere in determinate patologie. Deterrente al consumo personale potrebbe essere l’elevato prezzo delle sigarette, il quale funge anche da anticipo per le future spese che il servizio sanitario dovrà sostenere per curare le malattie correlate al fumo. Per quanto riguarda la cannabis, la presenza di principi psicotropi complica il quadro. Il problema qui non è l’atto del fumare in sé, ma l’effetto psicotropo che esso sortisce. Il quale può generare conseguenze imprevedibili e difficilmente controllabili. In buona sostanza, se fumi una sigaretta il problema è solo tuo, sempre che con te non ci siano soggetti vulnerabili. Se fumi cannabis, invece, il problema è garantire la sicurezza degli altri in generale. E ciò non è possibile, finché se ne consente la libera vendita al dettaglio.

Per questi motivi, è inopportuno che siano dei semplici rivenditori di cannabis a soddisfare la domanda dei consumatori. Si tratta in tutto e per tutto di farmaci che, come tali, andrebbero prescritti da specialisti e acquistati in farmacie autorizzate. Ogni altra modalità di vendita metterebbe a rischio non solo la sicurezza dei terzi, ma anche quella degli stessi consumatori. Un medico, in quanto competente in materia, può prescrivere farmaci psicotropi alla luce di visite specialistiche. Un qualsiasi commerciante, invece, ha come unico obbiettivo quello di guadagnare. E non è detto che non possa farlo in modi anche spregiudicati, arricchendosi deliberatamente sulla pelle di chi ha bisogno.

Costringere i negozi di cannabis a chiudere (o almeno a ridimensionarsi) è solo il primo passo. La sentenza della Cassazione, ribadiamo, non è che una goccia nell’oceano. Dal canto nostro, non saremo pienamente soddisfatti finché non vedremo i consumatori di droghe finire in galera, tanto quanto gli spacciatori. O perlomeno, puniti con una pesante sanzione pecuniaria. Se uno consuma una dose, anche “modica”, significa che da qualche parte l’ha presa. Se dietro il consumo non c’è il parere favorevole di un medico, ebbene quel consumo non può che avvenire fuori dalla liceità. Quella dose non è caduta dal cielo, ma è stata sicuramente acquistata da uno spacciatore. Il che ha contribuito ad arricchire un sistema illegale. Il consumo di quella dose, pertanto, è uno degli ingranaggi che hanno contribuito a mettere in moto quel sistema illegale. Ed ogni ingranaggio di un sistema illegale va bloccato, senza eccezioni.

Vostro affezionatissimo PennaNera