Centrodestra unito. Destinazione governo

Ave Socii

Finalmente l’intesa sulla manovra economica è stata trovata. Le tasse su plastica e zucchero saranno rinviate… di qualche mese! E’ evidente, tutte le forze politiche sono in campagna elettorale. E specialmente le forze, al momento in evidente difficoltà, che sostengono l’attuale governo. L’unico modo che hanno per riacquisire qualche consenso è rimediare agli errori detti e fatti. E far passare questi rimedi per grandi risultati. Così, non è tanto un errore aver ideato nuove tasse, piuttosto è un gran risultato averle evitate o rinviate. Se dunque la sinistra confermerà alcune Regioni alle prossime elezioni, sapremo forse intuirne il perché. Chissà, potrebbe anche darsi che gli italiani si accontentino dell’uovo oggi… In ogni caso, sanno cosa li aspetterà domani…

Ora la manovra economica è attesa al vaglio delle Camere. Visti i tempi stretti, si prevede (come di consueto) il ricorso al voto di fiducia. E dire che quest’anno, a sentire i membri dell’attuale maggioranza, avrebbe dovuto essere l’anno della discussione e della centralità del Parlamento… In occasione della precedente manovra, il Pd minacciò addirittura di ricorrere alla Consulta per affermare la centralità del Parlamento. Un anno dopo finalmente capiamo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che quello altro non era che l’ennesimo sgarbo nei confronti della Lega.

Se le cose non cambieranno presto, purtroppo sperimenteremo a breve gli effetti di un governo di sadici filo-europeisti e filo-cinesi. Un governo che, per strappare un briciolo in più di flessibilità sul debito, non esiterà a trasformarci nuovamente nel campo profughi d’Europa. Un governo che, per racimolare qualche soldo in più, non esiterà a svendere le nostre eccellenze a Paesi come la Cina. “Abbiamo firmato accordi commerciali con la Cina, la nuova via della seta”… “Abbiamo ottenuto un rinvio sul Mes”…  Anche qui ce li hanno presentati come “grandi risultati”, i Cinque Stelle prima e il Pd poi… Non vorremmo fossero invece segnali di umiliazione e prostrazione nei confronti di Europa e Cina. Le ingerenze verso l’Italia, da parte di entrambi, sono spesso tutt’altro che amichevoli. Lo abbiamo visto anche recentemente… E l’atteggiamento del nostro attuale governo si è spesso rivelato tutt’altro che inamovibile…

Noi, semplicemente, vogliamo un governo diverso. Un governo meno moralista e più legato alla realtà. Un governo che, per evasori e categorie simili, preveda anche misure diverse dal carcere, visto che se le carceri sono sovraffollate è difficile trovarvi posto per tutti i colpevoli. Un governo che eviti di mettere nuove tasse, quando la pressione fiscale è già abbastanza elevata. Un governo che non faccia il finto salutista, ossessionando la filiera delle bevande zuccherate ma al contempo strizzando l’occhio ai sostenitori della legalizzazione delle droghe. Un governo che, anzi, dica chiaramente che la droga fa male in ogni forma e agisca di conseguenza. Un governo che parli seriamente di ambiente, senza creare allarmismi, promuovendo l’economia circolare e non penalizzando l’economia esistente. Un governo che faccia costruire termovalorizzatori, invece di costringerci ad esportare i nostri rifiuti e a comprare energia dagli altri Paesi. Un governo che metta finalmente mano alle infrastrutture…

Allo stato attuale delle cose, un governo così può esser guidato solo e soltanto da una coalizione di centrodestra. Il centrodestra unito è attualmente l’unico vero argine al giogo delle potenze straniere, come l’Europa e la Cina. Un centrodestra che è e deve rimanere plurale, dotato di un’anima liberale e un’anima sovranista, in grado di rispondere di volta in volta alle esigenze contingenti. Perché il sovranismo non è sbagliato a priori, così come il liberalismo. Ciascuno di essi contiene in sé delle risposte che possono rivelarsi giuste in alcuni momenti, meno adatte in altri. Un centrodestra che sappia arginare la deriva ambientalista che ora imperversa in Italia e nel mondo, coniugando l’attenzione per l’ambiente alla tutela dell’occupazione. Un centrodestra che combatta l’immigrazione incontrollata e chi vi lucra sopra. Un centrodestra che sappia tutelare le nostre tradizioni, la nostra patria, la nostra identità.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Lavoro flessibile. Il contrasto di interessi applicato al problema dell’occupazione

Ave Socii

La globalizzazione, lo sviluppo tecnologico, le crisi della domanda di beni e servizi… Molteplici sono i fattori in grado di modificare il significato del lavoro. Rispetto a qualche anno fa, quando il posto fisso non era ancora un miraggio, c’è stato un vero e proprio cambio di paradigma: dalla stabilità alla flessibilità. E ciò, apparentemente, sembra aver favorito solo le imprese a tutto discapito dei lavoratori. Un giorno, forse neanche troppo lontano, molti lavori nasceranno e molti altri scompariranno. Dopotutto, l’importante è adattarsi alle contingenze. I nostalgici del posto fisso dovranno farsene una ragione… Ora c’è la globalizzazione, la lotta al massimo ribasso, la riduzione dei costi (spesso proprio del lavoro)… Quando si tornerà a prediligere l’economia locale, probabilmente anche il lavoro stabile verrà rivalutato.

Dovranno davvero rassegnarsi, i lavoratori, finché il modello globalizzato non sarà entrato in crisi? Davvero la flessibilità avvantaggia solo le imprese? A nostro parere, un’oculata regolamentazione del mercato del lavoro può dare opportunità insperate persino ai lavoratori. Coniugando, ad esempio, flessibilità e diversificazione. Non solo, cioè, dare la possibilità alle imprese di assumere a tempo o a progetto, ma anche permettere ai lavoratori di svolgere più lavori contemporaneamente presso differenti aziende. Una sorta di “portafoglio di lavori”, da poter riempire fino al raggiungimento del tempo pieno (supponiamo 40 ore settimanali). Non ci pare una stranezza: così come all’investitore è concesso un portafoglio diversificato di attività in cui investire, perché ad un lavoratore non dovrebbe essere concesso un portafoglio diversificato di lavori?

Il motivo della diversificazione è chiaro: garantire una maggior sicurezza. Se un’attività del portafoglio va male, magari ci sono altre attività che vanno meglio e su cui l’investitore può contare. Così per un lavoratore: se un lavoro va male, magari ci sono altri lavori che possono andare meglio. Nel complesso, una maggiore diversificazione è associata a maggiori probabilità di successo. Ciascuna impresa potrebbe assumere un lavoratore a tempo parziale, ma al contempo consentirgli di conoscere altre imprese (magari dello stesso luogo) interessate al suo profilo lavorativo. Se poi l’Italia avesse anche una rete infrastrutturale decente e un trasporto pubblico funzionante, i lavoratori potrebbero permettersi pure di spostarsi degnamente e lavorare in posti differenti… Ma questo è un discorso a parte.

Dal lato della domanda, il binomio flessibilità-diversificazione genererebbe molti vantaggi. Possibilità di maggiore collaborazione e coopetizione fra le imprese. Possibilità di riduzione dei costi del personale. Possibilità di fronteggiare le diminuzioni di domanda senza la preoccupazione di ridurre sul lastrico intere famiglie. Dal lato dell’offerta, i vantaggi sarebbero ancor più interessanti. Possibilità di rendersi maggiormente indipendenti dall’andamento di una singola azienda. E, soprattutto, possibilità di diversificazione e allargamento delle proprie competenze. Certo, diversificare il lavoro potrebbe richiedere ai lavoratori di assumere competenze trasversali: mantenendo più lavori ma tutti nello stesso settore, i lavoratori potrebbero ravvisare un peggioramento generale delle proprie condizioni qualora quel settore andasse male. Avere più competenze non contrasta con la divisione e la specializzazione del lavoro. Al contrario, le molteplici combinazioni di più competenze consentono a più lavoratori di specializzarsi in maniera differente gli uni dagli altri, variegando l’offerta di lavoro.

Quella del portafoglio di impieghi è una facoltà che il mondo delle imprese dovrebbe offrire ai lavoratori, accanto al più classico lavoro all’interno di una singola azienda. Il portafoglio di lavori consentirebbe di liberare risorse per l’innovazione o, perché no, per assumere nuovo personale e ridurre così il tasso di disoccupazione. La nostra è una semplice proposta. Magari sarà irrealizzabile, nel contesto italiano o più in generale, però crediamo che le motivazioni da noi addotte siano sensate. Ad alcuni questo “spezzatino di lavoro” potrebbe apparire inutile o addirittura controproducente. Eppure, al momento, questa ci pare la soluzione migliore in grado di venire incontro a tutte le parti in causa. Conservare la mentalità del “posto unico e fisso” significherebbe, secondo noi, ignorare le attuali condizioni del mercato del lavoro. Un mercato globalizzato, che si rinnova, che entra in crisi e che spesso non fa sconti a nessuno.

Vostro affezionatissimo PennaNera