Rimboschimento, l’unica vera rivoluzione dell’economia verde

Ave Socii

Negli ultimi tempi, se non ti schieri dalla parte delle politiche a favore dell’ambiente, non sei nessuno. Ormai si manifesta un giorno sì e l’altro pure, per la salvaguardia dell’ambiente. Come se le politiche verdi si facessero in piazza, magari grazie a degli studenti che le penserebbero tutte pur di evitare di andare a scuola. Come se bastassero le scenate di una ragazzina sedicenne, magari indottrinata da qualcuno che si guarda bene dall’uscire allo scoperto, per salvare il pianeta. E magari quelli che si dicono “dalla parte dell’ambiente” sono gli stessi che poi fumano, mangiano hamburger (il cui processo di produzione è uno dei più inquinanti che si possano immaginare) e bevono da bottigliette di plastica usa e getta. Manifestare è sacrosanto e ben vengano le manifestazioni per l’ambiente… Ma bisogna anche sapere a cosa si va incontro.

Finora, per finanziare le politiche verdi, abbiamo sentito parlare solo di tasse sui veicoli inquinanti e penalizzazioni per le imprese “meno ecosostenibili”… Se aiutare l’ambiente significa solo deprimere l’economia, noi non ci stiamo. Anche perché il riscaldamento globale non dipende “unicamente” dall’uomo. E per di più, questo gli ambientalisti non lo dicono, non dipende nemmeno “in massima parte” dall’uomo. Il più delle volte è l’attività del Sole (e non l’attività dell’uomo) ad influenzare le variazioni del clima sul nostro pianeta. Per cui bene il riciclo della plastica, bene la riduzione delle emissioni, bene l’utilizzo delle rinnovabili… Ma non illudiamoci che questo faccia di noi i salvatori del pianeta.

Purtroppo, in alcuni Paesi, le foreste continuano a bruciare. E continuano a bruciare da tempo, non solo da quando sale al potere un governatore conservatore. Però quando governa un conservatore, le proteste degli ambientalisti hanno inevitabilmente un’eco maggiore. Come se con i governatori progressisti le foreste non bruciassero. Seriamente, quello della deforestazione è forse il grande problema da affrontare. Una seria politica di rimboschimento, attuata a livello globale, potrebbe essere la soluzione per la maggior parte dei problemi legati al riscaldamento del pianeta dovuto all’uomo.

Grazie al rimboschimento si riuscirebbe a diminuire la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. Meno anidride carbonica nell’atmosfera significa meno probabilità di incorrere nell’effetto serra. Meno effetto serra vuol dire frenare il riscaldamento globale e, con esso, lo scioglimento dei ghiacciai e tutti i fenomeni più o meno correlati. Più alberi, inoltre, rendono più stabile il terreno sul quale sono piantati. Il rimboschimento, dunque, può contribuire alla lotta sia contro l’effetto serra sia contro il dissesto idrogeologico. Oggi è possibile perfino far crescere delle piante in luoghi un tempo impensabili… I tanto bistrattati OGM potrebbero fare al caso nostro, popolando territori ostili come deserti e zone polari.

Così ogni Stato, ad ogni latitudine, potrebbe attuare la propria politica di rimboschimento. Come in una sorta di economia circolare, ogni Stato produce anidride carbonica e si dota di aree verdi potenzialmente in grado di riassorbire (almeno buona parte di) quella stessa quantità di anidride carbonica. Sarebbe tutto molto più semplice e agevole, ovviamente, già solo se si evitasse di disboscare in maniera selvaggia oggi… I risultati delle politiche di rimboschimento, purtroppo, si vedono soprattutto nel lungo e lunghissimo termine.

Nel frattempo cosa possiamo fare, noi comuni cittadini? A nostro parere, corrispondere ulteriori “tasse verdi” a un Fisco già piuttosto esigente potrebbe rivelarsi persino controproducente. Forse le indicazioni esistono già e sono quelle che magari ci hanno insegnato fin da piccoli… Spegnere le luci quando usciamo da una stanza, chiudere i rubinetti per non sprecare l’acqua, tenere le finestre chiuse quando i termosifoni sono accesi… Già solo se tutti noi facessimo così daremmo una grande mano all’ambiente. Pertanto auspichiamo che le attuali manifestazioni a favore dell’ambiente siano accompagnate da azioni concrete e utili. A volte le azioni che si fanno nel segreto, in nome del semplice buon senso, valgono molto più di mille manifestazioni di intenti.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Proporzionale o maggioritario? Questo è il dilemma

Ave Socii

Di tutte le questioni che il nuovo governo dovrà affrontare, l’assoluta priorità spetta… alla legge elettorale! Forse veramente questo governo è nato per fermare Salvini e la Lega. Forse una volta approvata una legge elettorale, studiata per impedire il trionfo del centrodestra, il governo potrà anche permettersi di cadere. E al popolo sarà addirittura consentito di votare. Ma andiamoci piano con le previsioni… Ultimamente è davvero difficoltoso prevedere, di sera, cosa accadrà la mattina dopo. Un giorno si tifa per la nascita di un nuovo governo “per il bene del Paese”… Il giorno dopo si fa la scissione, pur assicurando pieno sostegno all’esecutivo… Prima si agita lo spettro dell’Iva, poi l’argomento pian piano sparisce… Di scuola e aziende in difficoltà non si parla quasi più… Si dice che la priorità va data ai temi, ma finora sembra si sia parlato soprattutto di poltrone… E quante altre poltrone ancora bisognerà assegnare…

Però, in compenso, stavolta l’Europa vede di buon occhio l’Italia. Era questo il governo che ci voleva… Un governo stabile, un governo allineato al pensiero dell’Europa, un governo che dovrebbe assistere all’elezione del Capo dello Stato (possibilmente allineato anche lui), un governo cui i mercati danno fiducia… Può forse permettersi di cadere, un governo del genere? Meglio parlare di legge elettorale, qui in Italia… Tanto le questioni più importanti saranno decise per lo più in Europa, manovra economica e ripartizione dei migranti comprese… All’atto pratico, riusciremo a varare una manovra economica espansiva, magari ricorrendo pure a un discreto margine di flessibilità, ora che abbiamo ottenuto un portafoglio di peso presso la Commissione? Riusciremo a farci valere in tema di ripartizione dei migranti? Il governo è appena partito, ma i primi indizi non paiono promettere granché di buono… E meno male che stavolta l’Europa è dalla nostra parte!

Come dicevamo, qui in Italia è meglio distogliere l’attenzione e concentrarsi sulla questione elettorale. Anche perché Salvini e la Lega rappresentano una spina nel fianco pure per l’Europa. Qualsiasi iniziativa volta a garantire l’indebolimento dei “nazionalisti” è ora della massima importanza. A costo di partorire una porcata, Cinque Stelle e Pd ora lavorano a una legge elettorale che, secondo le prime indiscrezioni, si prospetta prevalentemente proporzionale. Come sappiamo tutti, il proporzionale garantisce la rappresentatività, il maggioritario la governabilità. Mai come adesso l’Italia avrebbe bisogno di un governo forte e stabile, per contare davvero ai grandi tavoli internazionali. Realizzare un proporzionale puro vorrebbe dire, al contrario, favorire gli accordi di palazzo fregandosene altamente delle opinioni degli elettori.

Un governo che nasce nei palazzi, dai compromessi, dalle trattative, ha tuttavia maggiori probabilità di tener conto delle indicazioni provenienti dall’Europa. Un verdetto chiaro dalle urne, che piaccia o meno, deve essere accettato così com’è dall’Europa. Un governo forte e deciso fa paura. Quando invece il consenso è frammentato, così come la composizione del Parlamento in base ad una legge elettorale proporzionale, l’Europa può scegliere quale combinazione di forze politiche meglio rispecchia la propria visione. D’altronde, già l’attuale governo nasce da manovre di palazzo… Le decisioni vengono prese dall’alto, mentre il popolo è ridotto a mero bacino di voti… L’Europa è contenta così: meglio avere a che fare con un governo “zerbino”, obbediente in tema di immigrazione e accondiscendente in tema di economia… Del parere del popolo cosa importa, tanto gli elettori hanno già dato e questo è più che sufficiente… Tutte prove di un possibile “ritorno al proporzionale”?

Forse tornare al proporzionale non è che una delle tappe che ci condurranno dritti dritti alla riedizione della Prima Repubblica. L’attuale governo ha in pratica ristabilito un sostanziale bipolarismo tra le forze politiche. Bipolarismo rafforzato anche dal fatto che i due poli sono occupati, rispettivamente, da maggioranza e opposizione in blocco. Il centro è sempre più vuoto, ma natura e politica insegnano che il vuoto non esiste. Ben presto il centro dovrà essere occupato. E qualcuno, attraverso abbandoni o scissioni, è già pronto a occuparlo… Magari con l’intento di dialogare sia a sinistra che a destra… Un ritorno alla vecchia Dc? Staremo a vedere. L’impressione è che si stia tornando indietro, invece di andare avanti. E che a voler tornare indietro siano anche quei partiti che, un tempo ormai lontano, volevano cambiare tutto e mandare tutti a casa… Il potere, evidentemente, non logora soltanto chi non ce l’ha…

Vostro affezionatissimo PennaNera

Reciprocità, un valore che rischiamo di perdere

Ave Socii

Donare se stessi, farsi umili, porgere l’altra guancia… Forse siamo fin troppo ossessionati dalla “politica della non violenza”. Forse non riusciamo davvero a separare la nostra sfera interiore dai rapporti con l’esterno. Forse davvero ci stiamo abituando ad abbozzare e abbozzare ancora, fino a scoppiare. Perché prima o poi arriva il momento di rilasciare l’energia che nel tempo abbiamo accumulato dentro. Perché ad un’azione corrisponde (deve corrispondere) sempre una reazione, perfino nei rapporti umani.

Forse dovremo abituarci a credere un po’ di più nella reciprocità. Un valore che non necessariamente significa “occhio per occhio, dente per dente”. Un valore che, al contrario, se correttamente applicato potrebbe pure aiutarci a evitare incomprensioni e tensioni. Si può rispondere a un torto altrui anche senza ricorrere a un torto a nostra volta, purché si risponda. Non rispondere ora equivale solo a rimandare la risposta più in là. A furia di rimandare, tuttavia, si rischia di perdere il controllo dell’energia accumulata dopo tanti e continui abbozzi. L’energia può certamente cambiare forma e di diverse forme sono anche le reazioni che uno può avere. Ma fare completamente finta che nulla sia successo è impossibile. Al massimo si può dare l’idea di “essere superiori” alle provocazioni, ma mai ignorarle del tutto. Dopotutto anche il Vangelo insegna ad agire in certi modi, mica a non agire affatto! Sottile è il Signore…

E la reciprocità dovrebbe valere, in un contesto più ampio, anche nei rapporti fra gli Stati. Qualcuno continua a sostenere che oggi un tale valore risulti ormai superato. Oggi, dicono, valgono i diritti universali… Ebbene, è proprio in nome di quei diritti universali che spesso si consumano le peggiori incomprensioni e tensioni fra le Nazioni. Emigrare è un diritto universale, dicono alcuni… Perciò accogliere i migranti dovrebbe essere un dovere universale… Sì, peccato che il più delle volte lo sia solo a parole. E un diritto ribadito solo a parole non è un vero diritto. I diritti non esistono, se non vengono realizzati da tutti coloro i quali li proclamano. I diritti, per esistere, hanno bisogno di reciprocità. Quelli che io e te consideriamo “diritti” esistono nella misura in cui io e te, reciprocamente, ci impegniamo a realizzarli. Altrimenti sono solo belle parole.

L’esistenza di diritti universali costringe gli Stati a tutelare certe posizioni soggettive, spesso sollevando i singoli dalle proprie responsabilità. Quante volte assistiamo a simili casi di squilibrio nei rapporti! Quante volte assistiamo alla celebrazione del valore dell’accoglienza! E ad approfittarne non sono solo i migranti, ma anche e soprattutto quelli che dicono di aiutarli. Nessuno parla mai del diritto dei popoli a rimanere nella loro terra. Forse non è di moda considerarlo un diritto universale… Farsi vedere accoglienti ci rende molto più “graditi” agli occhi altrui, anche in quanto Stati. Peccato che parecchi Stati siano molto accoglienti coi porti altrui e molto meno coi propri! Anche in ciò servirebbe reciprocità, se davvero accogliere è un dovere universale.

Non raramente un diritto inalienabile è in grado di spingere un individuo a determinati comportamenti, pur di ottenere quanto sperato. Pensate solo a quelli che, per i più disparati motivi, iniziano uno sciopero della fame. Pur di ottenere quello che voglio, sono disposto a mettere a rischio la salute e la vita… Questo è il messaggio, più o meno implicito, alla base di simili comportamenti. Se la strategia funziona, non è detto che essa non possa venire strumentalizzata al punto da sfociare nel vittimismo. Anche in casi del genere, il rapporto tra individuo e sistema non è affatto reciproco: l’individuo può agire persino strumentalizzando un diritto universale, la vita, che invece il sistema è obbligato a difendere ad ogni costo (proprio in quanto diritto universale).

Situazione simile, pur con le dovute differenze, nel caso degli omicidi… Alcuni individui si permettono il lusso di violare un diritto universale, privando altri individui della vita… Il sistema, invece, pur di tener fede al principio della vita come diritto universale, non può applicare la pena di morte nei confronti dei colpevoli… E’ interessante notare, a questo punto, come in realtà esistano dei limiti alla vita in quanto diritto universale. Si pensi all’eutanasia. Ebbene, un individuo può morire perché colpito da malattie incurabili, ad esempio… Perché, invece, uno non può morire se ha privato altri della vita? Specie se nemmeno il percorso di rieducazione si è dimostrato utile? Gli innocenti possono morire, i colpevoli no… Ci sembra un tantino ingiusto.

Forse ricorrere alla reciprocità potrebbe, in parte, risolvere simili questioni. Sapere che se hai ammazzato qualcuno potresti incorrere nella medesima pena, forse spingerebbe l’omicida a sentire sulle proprie spalle tutto il peso della responsabilità del proprio comportamento. Sapere che non esistono diritti universali, ma che i diritti vanno guadagnati sul campo attraverso i rapporti con gli altri individui… Invece la politica dei diritti universali crea solo squilibri, illudendo i deboli di essere forti e rendendo tutti più vulnerabili alle strategie vittimistiche. Se l’intento ultimo è quello di creare una società di deboli, di gente facilmente controllabile e influenzabile, lottiamo finché siamo ancora in tempo! Combattiamo contro la deriva dei diritti garantiti solo sulla carta! Solo i diritti reciprocamente riconosciuti meritano di essere realizzati.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Laicità dello Stato e cultura cristiana

Ave Socii

Sovente il progresso di una società è accostato al principio di laicità dello Stato. Nella nostra cultura, un tale principio è declinato nella celebre formula “libera Chiesa in libero Stato”. Una formula che afferma l’esistenza di due realtà distinte, quella spirituale e quella temporale, aventi pari dignità di essere al mondo. Nessuna delle due, pertanto, dovrebbe piegarsi per cedere più spazio all’altra. Ciascuna delle due dovrebbe influenzare ambiti differenti e non sovrapponibili della cultura umana. Ciascuna delle due dovrebbe rappresentare un arricchimento, per ogni singolo e per la società tutta.

Quanto detto finora, tuttavia, non contrasta col fatto che uno Stato possa difendere e promuovere le tradizioni culturali e religiose del proprio popolo. Per un semplice motivo: non può esistere al mondo un solo popolo senza religione. Tempo addietro, l’Unione Sovietica provò a costruire un sistema basato sull’assenza di qualsiasi riferimento religioso… Sappiamo com’è andata a finire. La laicità è ben altra cosa dall’ateismo. La religione è un fatto culturale e pertanto non può essere negata, nemmeno dallo Stato più autoritario. Se uno Stato può essere laico, di certo un popolo non può esserlo. È pertanto auspicabile che ogni Stato, pur rimanendo fedele al principio di laicità, tuteli la religione caratteristica del proprio popolo. Come si può pretendere che una cultura rispetti la religione e i simboli altrui, quando non riesce a rispettare nemmeno la religione e i simboli propri?

Uno Stato è laico nel momento in cui aggiunge qualcosa, non quando toglie qualcosa alla sua storia. Togliere i crocifissi dalle aule scolastiche rende uno Stato più debole, non più forte. Perché toglie un simbolo che rappresenta la storia di quel popolo. Un popolo non può essere culturalmente neutro, in ambito religioso come in vari altri ambiti. La scelta del neutro non è mai neutra, è sempre una delle tante scelte che genera conseguenze. Non c’è nulla di speciale nello scegliere di adottare la neutralità culturale. Neutri non si nasce, lo si diventa: non importa raggiungere il neutro, ma la via percorsa per raggiungerlo. E se quella via è diretta a togliere invece che aggiungere, il popolo è privato dei suoi riferimenti. Quel popolo non sarà più in grado di confrontarsi alla pari coi popoli di altre culture e, ben presto, finirà per soccombere sotto la sua procurata ignoranza culturale.

L’effetto generato dal percorso tra i riferimenti precedenti e la neutralità attuale non è l’affermazione della neutralità attuale, bensì la negazione dei riferimenti precedenti. Chi diventa neutro rischia di piegarsi a chi neutro non è o non vuole diventarlo. Prima o poi ogni vuoto, anche culturale, deve essere riempito. Il non neutro, infilandosi nel neutro, rischia di determinarne la distruzione. Esistono Stati che, lungi dall’essere laici, potrebbero approfittare della situazione per sottomettere Stati culturalmente indeboliti da una finta laicità. Gli Stati islamici, nei quali la laicità non è certo un tratto qualificante, potrebbero fare della sovrapposizione fra Stato e religione un punto di forza. Qualora ci riuscissero, con che coraggio potremmo poi affermare che il mondo vada ancora nella direzione del progresso?

E non basterà aprirsi alle novità portate da famiglie arcobaleno o immigrati di altre culture, per poter affermare il progresso. Forse nemmeno la “Famiglia di Nazareth” era così perfetta come ci è stata consegnata dalla tradizione… Forse Gesù era figlio di uno stupro, più che dello Spirito Santo… Forse avrà avuto pure dei fratelli… Forse lui e i suoi genitori non saranno stati così “senza macchia” come viene descritto… Ciò toglie forse la bellezza della fede e il modello, seppur ingigantito, che quella famiglia ha rappresentato nei secoli e tuttora continua a rappresentare? Perché oggi ci si dovrebbe quasi vergognare di sposarsi in chiesa? Il matrimonio, checché se ne dica, è un fatto che la sfera civile non può che mutuare dalla sfera religiosa. Allo stesso modo qualsiasi nucleo familiare, per quanto “diverso” dalla cosiddetta “famiglia tradizionale”, non può non fare riferimento alla “famiglia tradizionale” stessa.

Oggi va di moda sostenere battaglie per affermare principi come l’uguaglianza, il rispetto del diverso, l’apertura al prossimo. Ma che questi principi siano scritti nel Vangelo non si può dire, perché professarsi “cristiani” sembra più una vergogna che un vanto. Meglio definirsi “ricchi e atei”, così si è più credibili. Anche l’accoglienza è un principio prettamente evangelico, seppur trasposto anche da altre culture antiche. Oggi si pensa che debbano essere gli Stati a realizzare simili “opere di giustizia”… Magari con tanto di violazione di ordinamenti sovrani e lezioni di moralità ai “disumani”. A chi pretende di seguire il Vangelo, magari senza mai averlo letto, ricordiamo la mirabile lezione di laicità contenuta nel Vangelo stesso: a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio. Lo Stato non dovrebbe pretendere di seguire il Vangelo, quando non è capace nemmeno di seguire le leggi e la Costituzione.

Un popolo che adotta la neutralità è in pericolo, un popolo non può perdere da un giorno all’altro i propri riferimenti senza correre rischi, per giunta all’interno di una società complessa. Pensare di adottare la neutralità è come pensare di riacquistare la verginità perduta. Uno Stato con una identità culturale forte: questo è il vero progresso, secondo noi. Uno Stato che si mantenga separato dalla religione, ma capace di proteggere la sua cultura religiosa e le sue radici. Uno Stato che non prenda a modello quelle culture dove legge e religione vanno a braccetto. Uno Stato che sia fondato non sui principi scritti su un libro sacro, ma sui principi scritti sulla carta costituzionale. Uno Stato dove Cesare segua la Costituzione e dove il Vangelo sia lasciato alla libertà di chi vuol conoscere Dio. Questo è il progresso di cui andiamo orgogliosi.

Vostro affezionatissimo PennaNera