Ave Socii
Il momento che stiamo vivendo entrerà di diritto tra gli accadimenti principali della Storia. Costituirà lo spartiacque tra due distinte fasi, quella del mondo globalizzato e quella che è ancora tutta da scrivere. Decenni e decenni a elogiare e decantare le meraviglie della globalizzazione (che pure esistono, sotto certi aspetti)… L’uomo ha corso, ha corso con una velocità inimmaginabile durante questo tempo. Ma forse è giunto il momento di fermarsi. Fermarsi e riconoscere che l’uomo, nonostante la sua grandezza e le sue conquiste, può sempre venir fermato da un essere minuscolo e invisibile come un virus.
Dopo che la pandemia sarà passata, forse nulla sarà più come prima. Se solo i fautori della globalizzazione avessero pensato a come difendere l’uomo dagli effetti negativi della globalizzazione stessa, probabilmente ora non saremmo arrivati a questo punto. L’Unione Europea, il risultato forse più ardito della teoria globalista, rischia di collassare sotto la sua stessa insensatezza. Nonostante il coronavirus stia flagellando buona parte del Vecchio Continente, l’Europa esita a parlare con una sola voce. E le voci sovraniste si fanno sempre più forti.
Sarà davvero ricordato come un punto di svolta, il momento che stiamo ora vivendo? Oppure i suoi effetti si smorzeranno dopo poco tempo, consentendoci di ritornare “dove eravamo prima” come se nulla fosse mai accaduto? Difficile prevederlo. Sicuramente saremo influenzati nel breve periodo, visto che dal punto di vista economico tutto il mondo dovrà “risalire la china”. E dal punto di vista sociale? Ora dobbiamo evitare di stare vicini, di abbracciarci, di viaggiare… Ci porteremo dietro tutto questo? Avremo paura anche in futuro ad avvicinarci agli altri? Oppure riprenderemo i nostri contatti come se nulla fosse?
Paradossalmente, se da un lato la globalizzazione ha portato ad una maggior tendenza a sentirci “cittadini del mondo”, dall’altro ha anche ampliato la nostra solitudine in quanto, molto spesso, la globalizzazione si realizza all’interno delle reti (e non nella realtà). Sarà interessante capire come il coronavirus influenzerà le nostre vite in un futuro prossimo ma anche più remoto. Chissà, forse le relazioni virtuali si potenzieranno a scapito di quelle reali e il nostro senso di solitudine si acuirà.
La “mitizzazione dell’individuo”, propugnata proprio dalla dottrina della globalizzazione, potrebbe dunque uscirne sorprendentemente rafforzata. E dunque, lungi dal costituirne il “canto del cigno”, l’esperienza del coronavirus potrebbe fornire al globalismo uno slancio inaspettato e pericoloso al tempo stesso. Tagliando tutti i ponti reali all’individuo, questi può vivere unicamente grazie alle reti virtuali. Ma le esperienze virtuali possono essere controllate, a differenza delle nostre esperienze reali. Questo ci renderà persone insicure, senza fondamenta, dunque estremamente influenzabili e manipolabili…
Ovviamente questa “dittatura del virtuale sul reale” costituisce un evento estremo, un’immagine puramente teorica. Probabilmente non accadrà una cosa tanto radicale, ma è pur sempre opportuno rifletterci. Tale dittatura potrebbe sempre istaurarsi, anche in misura più blanda e subdola. Perciò vale la pena, in questo tempi di “meditazione”, riscoprire alcuni valori propri della nostra cultura. Valori che, qualora accada quanto prospettato, possano svegliare in noi gli anticorpi necessari a proteggerci dall’individualismo selvaggio e dall’egualitarismo illimitato.
La riscoperta delle sovranità nazionali potrebbe essere l’arma giusta per affrontare simili derive globaliste. Essere sovranisti significa, in primo luogo, proteggere i valori che accomunano i membri di una Nazione e preferirli ai valori propri di un’altra Nazione. Solo riscoprendo le sovranità nazionali potremo evitare qualsiasi deriva verso il mondialismo sfrenato e la “cultura unica”. Perché la cultura è, anzitutto, ciò che rende gli uomini differenti e molteplici.
Vostro affezionatissimo PennaNera