Sono Leviathan, il grande serpente perduto del mare. Mi contorgo eternamente nel tormento, e sferzo l’oceano con la mia coda in un vortice di schiuma velenosa e amara, e non ho scopo. Non vado da nessuna parte. Non posso né vivere né morire. Non posso che delirare e delirare nella mia agonia di morte. Sono il coccodrillo che divora i figli degli uomini. E per la malizia di BABALON ho fame, fame, fame.
Tutto questo mentre la Pietra è ancora più inerte che mai; mille volte più senza vita di quando non viene invocato. Ora, quando si accende, si accende solo nella sua bellezza fisica. E ora di fronte ad essa c’è una grande Rosa nera, ciascuno dei cui petali, sebbene sia senza caratteristiche, è ancora una faccia diabolica. E tutti gli steli sono i serpenti neri dell’inferno. È viva, questa Rosa; un solo pensiero lo informa. Si tratta di aggrapparsi, di uccidere. Tuttavia, poiché un solo pensiero lo informa, ci spero. Penso che la rosa abbia centocinquantasei petali e, sebbene sia nera, ha un rossore luminoso.

Ogni uomo che mi ha visto non mi dimentica mai, e spesso appaio tra i carboni del fuoco, sulla liscia pelle bianca della donna, nella costanza della cascata e nel vuoto dei deserti e delle paludi e su grandi scogliere che guardano verso il mare; e in molti posti strani, dove gli uomini non mi cercano. E molte migliaia di volte non mi vede. E alla fine mi colpisco in lui come una visione colpisce una pietra, e chi chiamo deve seguire.