Ho avuto fatta questa domanda: ” Ma tu, coltivi l’umiltà ?”. Beh, lì, per lì, m’è venuto da ridere. Ho risposto che cerco il più possibile di non guardare a me stesso. E’ la migliore soluzione che ho trovato. E’ da un po’ di tempo che lo faccio. Ma, stranamente, e vi chiedo di non stupirvi non so bene in fondo, cosa sia l’umiltà. E questo, a motivo delle tante false umiltà che circolano nel palcoscenico della vita. Perchè, vedete, se per umiltà significa quel convincersi d’essere un povero miserabile soggetto, allora, spiacente, non sono umile.
I mistici che si affliggono della loro mediocrità delle loro bassezze, che si ritengono dei miserabili ecc., non è il mio genere. Per carità, capisco benissimo il fatto che, alla luce folgorante dell’AMORE INFINITO, essi prendano coscienza della povertà della loro risposta d’amore, ma non capisco il fatto che sembrano disprezzare se stessi. Ho la sensazione che questa sia una mancanza di delicatezza nei riguardi di DIO.
Dò per scontato che siamo degli esseri piccoli davanti a Dio, in quanto creature che ricevono tutto da LUI, ma anche dotati di un grande valore, dal momento che ci guarda da sempre come Figli. Bisogna confessare che non è facile tenere insieme i due capi della corda.
Tornando a me. Chi può dire se io coltivi la virtù dell’umiltà in tutto questo ? Non so proprio. E la cosa mi preoccupa un po’. Alchè, da tempo, ho preso la decisione di smettere di guardare a me stesso e di guardare il Signore Iddio, e lasciarmi guardare da LUI. E ancora, guardare gli altri. In realtà, la cosa non mi riesce troppo male. Mi preoccupo molto meno di me e delle mie virtù. E quando capita di sorprendermi a pensarci, escogito una strategia infallibile. Mi prendo gioco di me stesso. Insomma, mi diverto a prendermi in giro.
C’è ben donde quando si guarda a se stessi.
CIao Peppe! Con il tuo post hai toccato un punto molto delicato del nostro essere., delicato e difficile. Sinceramente non lo so e non credo proprio di essere umile. Se lo fossi, guarderei in me, piccola e insignificante creatura, seppure come tutte le creature, grande al cospetto di Dio e solo pechè Lui ci vede grandi. I grandi umili, Santi e non, hanno fatto sempre capo alla Fede, al lasciare a Dio il guidarli nella vita, guardando piuttosto agli altri. Un guardare che mai era di giudizio di superiorità ma con il cuore., accettando anche offese chiacchiere sul loro operato senza lasciar trapelare la loro sofferenza ma offrendola al Signore. In sostanza, l’umiltà è il dono di vivere con il cuore di un bambino, che s’accontenta anche di piccole cose giubilando. Se guardiamo e viviamo secondo la nostra indole umana, è difficile incontrare l’umiltà. Io, per prima, sono conscia di tanta difficoltà, che si esprime anche senza che me ne accorga ma che, se analizzo, è molto spesso frutto di orgoglio, stupido e inutile. Stupendo pomeriggio, Peppe, ti sorrido…licia
Grande anche tu cara Licia nel commento. Credo che vi siano tante false umiltà. Il vero umile non sa neppure di possederla, mentre il falso, vuole essere guardato.Grazie Licia cara, per il tuo ricco e interessante intervento. Un abbraccio
Mi piace tantissimo, Dott. quello che hai scritto in questo post e lo condivido in pieno. Siamo creature di Dio e dunque a Lui grati per tutto quello che comporta, non solo il dono della vita, ma quello che siamo, che ci ha permesso di essere. Mai dobbiamo sottovlutarlo,perché sarebbe pura ingratitudine. D’altra parte, Dio, per operare a favore delle sue creature,richiede la loro collaborazione, per cui nella realizzazione di quello che si è, c’è anche il nostro impegno, la nostra volontà, la nostra umana fatica. Perchè si dovrebbero disconoscere questi meriti? Quello che è da evitare è l’albagìa, la superbia, non la consapevolezza di sé, il sano orgoglio per le proprie peculiarità positive. Essere umili, comporta un certo nascondimento che non mi piace, come non mi piace l’eccessivo mostrarsi. In conclusione,volgere lo sguardo non solo verso stessi , ma, per quanto possibile, anche sugli altri, è un valore aggiunto della persona e ciò non deve significare affatto umiltà, ma condivisione dei propri valori con gli altri e,dunque, disponibilità, generosità, amore. Ciao e …alla prossima, gentile amico.
E’ sicuramente un percorso molto difficile e non privo di curve e tornanti pericolosi. Come ho detto nel post, non so davvero se io la coltivi l’umiltà. Sarebbe davvero un traguardo quello di riuscire a vedere nell’altro il volto e non il teschio; ecco, la cosiddetta etica del volto, un concetto, questo che si rivela l’archetipo delle virtù, senza il quale non può esistere alcuna virtù. Un abbraccione a te Maria Teresa e grazie per il tuo bellissimo commento.
Per me non è tanto questione di scelta. Non ci può sedere, pensarci su e decidere di essere umili.
“La forza e l’arroganza non ti rendono migliore. Bisogna essere umili per mostrare la propria anima”.
Rita Lombardi.
Buona sera Peppe.
Non conosco Rita Lombardi, sarà certamente una mente eccelsa. Tuttavia, dissentisco il suo pensiero; anzi lo capovolgo, nel senso che L’umiltà è, a mio modo di vedere una questione di fatti, oltre che di scelte e concretezza negli atteggiamenti, quindi non è un modo di pensare, ma è quel donarsi e rendersi disponibili a scendere dal nostro essere dove abita l’Io e pensare ai bisogni di un altro, cioè di quell’altro che Iddio mi ha mezzo vicino. Quindi, è è volere servire per amore, senza aspettarsi alcun vantaggio. L’umiltà si sposa con la carità, e da questo matrimonio viene generata quella sana energia che non permette il formarsi di rancori e risentimenti. Buona serata Carlo.
Molto belle ed edificanti anche le tue risposte ai vari commenti. Bravo… E’ soprattutto l’Amore che guida al bene. Buona serata.
Mi fai arrossire, Maria Teresa. Certo, è l’amore che guida il bene. Un abbraccio
Non ho mai perso tempo a commiserarmi; ho una sola vita da vivere, e l orologio del tempo è tiranno. Buongiorno
Ciao Laura, ben detto e come te lo ero anch’io un tempo. Non si tratta però di commiserarsi; tutt’altro, ma dare un vero senso alla nostra vita nonostante gli innumerevoli ostacoli e le tante delusioni. Certe volte ci vediamo e sentiamo inquieti dentro di noi davanti alla nostra quotidianità che non di rado la sentiamo scialba, arida e vuota, dentro questa terra che andiamo distruggendo progressivamente e a questa bella storia nella quale ci troviamo tutti imbarcati senza averlo chiesto e perchè, non riusciamo a rassegnarci a pensare di non venire da nessuna parte e di non andare da nessuna parte. Certe volte mi viene da pensare che siamo un po’ dei cristiani a pezzi dentro una vita a fette. Ciao e buon proseguimento
Non siamo affatto cristiani a pezzi, in una vita a fette, mio Dott!
Cristiani lo siamo per intero e la nostra coscienza fa sempre il suo dovere ,finalizzato a non farci perdere la via. E’ attravero la coscienza che Dio ci parla e un po’ sorride della nostra umanità, che conosce benissimo come imperfetta. E la vita non è mai a fette, se non la tagliamo noi , facendoci del male. Infatti un artista non dà mai il suo tocco di originalità solo a parte della sua opera , ma la identifica per intero come suo artefice. Siamo noi e solo noi che bolliamo col nostro marchio di fabbrica la vita , quasi sempre imperfetta ,come lo siamo noi anche nella nostra fede.Un caro saluto e buon poseguimento di serata.
Certo, condivido il tuo pensiero, ma il mio “cristiani a pezzi in una vita a fette” credo abbia un significato da parte mia. Ci hanno insegnato di essere fatti di anima e corpo. L’anima come elemento assolutamente prioritario e il corpo come elemento secondario se non addirittura come vero e proprio ostacolo per la nostra realizzazione. E così, ci siamo dimenticati di essere degli “Uomini”. Parallelamente ci è stato detto di dover salvare l’anima e così ci siamo dimenticati di non avere che una sola vita da vivere e che il Cristo è venuto per sposare l’intero umano. Epperò, è indubbio che vediamo tanti cristiani che vivono una doppia vita: religiosa e profana che si riuniscono nelle chiese per incontrare Dio per poi rientrare nel mondo per vivere una vita totalmente umana che pensano non avere nulla a che vedere col Cristo. Beh, mi sono confuso mia cara. Ti abbraccio
peppe, non posso fare a meno di pensare al buon samaritano che trovo nel vangelo. C’era un malcapitato aggredito da briganti e lasciato ai lati della strada mezzo morto. Passò un prete, che vide, e passò oltre. Subito dopo passò un Levita che vide e passò oltre. Poi, arrivò in quel posto un samaritano che gli passava accanto, scese dal suo cavallo e si avvicinò al ferito. Ne ebbe compassione…!” Ecco cosa ci insegna il vangelo, di essere disponibili sempre, quindi umili. Ciao peppe ti do il mio sorriso. Oggi ho voluto anticipare di alzarmi dal riposino perchè desideravo venirti a trovare. Ciao
Rosì, così tu giochi in casa. Mi piace questa parabola e l’accostamento che fai con l’oggetto dell’articolo. Lo condivido in pieno. Ciao Rosì
….L’umiltà è un requisito indispensabile per trarre profitto dallo studio del Vangelo poiché quando un uomo è orgoglioso non sente il bisogno di Dio e dei Suoi insegnamenti. La mitezza è una condizione di umiltà volontariamente scelta. Le auguro una buona notte.
Mi complimento per questo suo intervento, che trovo profondo. Grazie, e buona notte anche a lei