STUDIO LEGALE AVVOCATO GELSOMINA CIMINO ROMA

STUDIO LEGALE AVVOCATO GELSOMINA CIMINO ROMA

 

Patrocinante in Corte di Cassazione e Magistrature Superiori

Lo Studio Legale Cimino vanta una specifica competenza in tema di Diritto Civile, Diritto Amministrativo e Diritto Penale.

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Il team legale, cresciuto negli anni attraverso l’inserimento di giovani Professionisti che hanno maturato progressivamente le loro capacità e esperienze, è fortemente orientato al Diritto Civile, Amministrativo e Penale, con una speciale vocazione per i reati finanziari, societari, fallimentari e tributari, nonché per i delitti contro la persona.
Lo Studio Legale guidato dall’Avvocato Gelsomina Cimino fornisce assistenza legale con l’obiettivo di consentire al cliente di acquisire piena contezza delle variabili normative che incidono sulle scelte, offrendo assistenza di primario livello, garantendo competenza, riservatezza e impegno.
Lo Studio Legale Cimino è affiancato dai migliori consulenti sul mercato, nei settori nevralgici dell’indagine tecnica e dell’investigazione difensiva. La capacità e preparazione professionale dello Studio, si combinano in una struttura nella quale l’organizzazione ed il lavoro di squadra consentono di assistere con pieno successo e soddisfazione i clienti di qualunque dimensione e nazionalità.

“L’avvocato deve saper vedere più di quanto gli venga rappresentato per cogliere aspetti che il proprio assistito cerca di nascondere o considera erroneamente irrilevanti”.

 

Lo Studio Legale Cimino è stato fondato sul principio del “successo”, affidato all’esperienza acquisita anche dai suoi collaboratori e all’attenzione da loro riservata ai particolari: una filosofia che continua a guidare lo Studio al fine di garantire ai clienti servizi professionali di eccellente qualità e risultati.
La Mission dello Studio Legale Cimino è: L’attitudine naturale non si può insegnare, né apprendere.

 “Al centro dell’impegno e della motivazione dello Studio Legale Cimino, si colloca il cliente”.

L’assistenza, la competenza, lo scrupolo e la qualità di lavoro, creano tutte le condizioni migliori per garantire il raggiungimento dei risultati. Gli obiettivi dello Studio consistono nel fornire ai propri Clienti un servizio altamente professionale, competente e personalizzato, attento alle reali esigenze del risultato migliore, rapido e dinamico, capace di affiancarli in ogni loro problematica legale per il conseguimento degli obiettivi. La costante formazione negli ambiti di competenza del Diritto, consente allo Studio di fornire soddisfazione al cliente. La gestione dello Studio è ispirata al perseguimento dell’interesse dei Clienti, ai quali vengono illustrate le problematiche ed i rischi giudiziali del caso concreto.
Instaurare con i Clienti un rapporto fiduciario caratterizzato da reciproco rispetto, apprezzamento e correttezza costituisce fine prioritario. Lo Studio Legale Cimino tende ad essere il punto di riferimento dei clienti più esigenti. L’esigenza primaria è il gradimento del Cliente, che può contare su una struttura ispirata e sempre attenta, a fornire la soluzione ricercata e condivisa.

“L’AVVOCATO DEVE ESSERE PRIMA DI TUTTO UN CUORE”

Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l’avvocato no! L’avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia.

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GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

“Se la Pubblica Amministrazione non adempie all’ordine del Giudice, provvede il Prefetto. Lo stabilisce il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio con Sentenza su ricorso proposto dall’Avvocato Gelsomina Cimino del Foro di Roma”.

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 11551 del proposto da:

rappresentata e difesa dall’avv. Gelsomina Cimino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittorio Veneto 116;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di non costituito in giudizio;

per ottemperanza dell’ordinanza di assegnazione del Tribunale Civile di Roma del sezione civile iv bis nel procedimento esecutivo RGE 39719/

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente è la moglie separata di xxxxx sottufficiale della Marina Militare. Nel decreto di omologa della separazione consensuale il Tribunale di Tivoli disponeva che il militare versasse mensilmente a favore del coniuge un assegno di € 350.

Avendo il xxxxx cessato dal maggio 2012 di adempiere al suo obbligo, la ricorrente procedeva ad effettuare un pignoramento presso terzi per ottenere il pagamento del suo assegno di mantenimento direttamente dall’ente pagatore del marito.

Dopo alcuni rinvìi per mancata presentazione del terzo debitore che doveva rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., il giudice dell’esecuzione assegnava le somme maturate per un importo pari a € 6.168./00

La ricorrente con il presente ricorso chiede che il giudice dia un termine perentorio per procedere al pagamento di quanto maturato ed in caso di ulteriore inottemperanza nomini un commissario ad acta.

Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio facendo presente che era stato comunicato con posta elettronica certificata al difensore della ricorrente in data xxx che il xxxxx era stato posto in congedo e che quanto alla gestione amministrativa passava all’IN PS a decorrere dalla camera di consiglio del xxx il ricorso passava in decisione.

Il ricorso può essere accolto solo parzialmente.

Come argomentato correttamente dalla difesa erariale, il Ministero della Difesa può essere considerato onerato come terzo pignorato solo a partire dalla notifica del pignoramento e fino alla cessazione del rapporto di impiego con il xxxxx

Si tratta di complessivi nove mesi nel corso dei quali è maturato un debito di € 3.150 che l’Amministrazione dovrà versare senza ulteriore indugio alla ricorrente.

Pertanto va ordinato al Ministero della Difesa di ottemperare all’ordinanza di assegnazione del Tribunale Civile di Roma provvedendo al pagamento di quanto ivi previsto, entro centoventi giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Nell’ipotesi di ulteriore inadempimento, provvederà — su richiesta di parte — nei sessanta giorni successivi, in veste di Commissario ad acta, il Prefetto di Roma o un funzionario da lui delegato, anche con le modalità di cui all’art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 669 del 1996 (conv. dalla legge n. 30/1997), con spese a carico dell’Amministrazione inadempiente, che vengono quantificate sin da ora in €. 300 oltre le spese documentate.

In tal caso il Ministero sarà condannato, ai sensi dell’art. 114, comma 4 lett. E), c.p.a. al pagamento di ulteriori interessi legali, decorrenti dalla scadenza del termine assegnato alla P.A. per provvedere.

Le spese di lite vanno poste a carico dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in accoglimento dello stesso, ordina al Ministero della Difesa di dare esecuzione all’ordinanza di assegnazione del Tribunale Civile di Roma del xxxx   nel procedimento 39719/ secondo le modalità e nei termini indicati in motivazione.

Nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, quale Commissario ad acta il Prefetto di Roma (con facoltà di delega ad un funzionario), il quale provvederà, nei termini di cui in motivazione, al compimento degli atti necessari all’esecuzione del giudicato.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge, con restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno xxxx con l’intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Ugo De Carlo, Consigliere,

Estensore Paola Patatini, Referendario

L’ESTENSORE Ugo De Carlo

IL PRESIDENTE Concetta Anastasi

IL SEGRETARIO

Subire il #plagio della #prova scritta agli #esami

Subire il plagio della prova scritta agli esami non comporta l’automatica esclusione

http://studiolegalecimino.eu/subire-plagio-della-prova-scritta/

La recente sentenza emessa dal TAR Campania n. 4348 del 12 SETTEMBRE scorso, si è soffermata sul concetto di “plagio” degli elaborati che costituiscono prova di esame in una procedura concorsuale. In particolare la sentenza de qua è intervenuta sul ricorso di una candidata all’esame di abilitazione alla professione forense la quale, pur avendo conseguito una votazione complessiva nei tre elaborati di cui si compone la prova scritta, superiore alla sufficienza, si è vista escludere dall’elenco degli ammessi alla prova orale poiché la commissione esaminatrice aveva rilevato, confrontando l’elaborato della ricorrente e quello redatto da un altro candidato ampi “passi del tutto identici”.

Il ricorso veniva fondato sulla circostanza per cui i due elaborati, pur presentando significativi tratti in comune, si differenziavano sul piano sostanziale; mentre, infatti, l’elaborato della ricorrente risultava scritto in modo assolutamente corretto, quello dell’altro candidato, presentava molteplici errori, ortografici, grammaticali, lessicali e sintattici, nonché di trascrizione dell’art. 41 c.p. tale da far risultare palese come il redattore dello stesso, non avesse piena consapevolezza di quanto scritto.

Nel merito la ricorrente contestava l’omessa valutazione, da parte della sottocommissione nominata a correggere detti elaborati, degli elementi idonei a individuare le rispettive posizioni di plagiante e di plagiato tra i due candidati coinvolti nonché l’errata applicazione dei criteri previsti dalla legge ed applicabili alla casistica in esame.

Ed invero, l’art. 23 R.D. 37/1934 prevede che La commissione, nel caso in cui accerti che il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione, annulla la prova. Deve pure essere annullato l’esame dei candidati che comunque si siano fatti riconoscere; tale statuizione ha incontrato, tuttavia, un’applicazione temperata, in ragione dell’introduzione, nelle ultime sessioni, di un canone integrativo dettato dalla Commissione Centrale presso il Ministero della Giustizia, la quale ha costantemente disposto “che nel caso in cui le Sottocommissioni, in sede di correzione, in sede di valutazione degli elaborati scritti, rilevino la presenza di elaborati uguali per forma e sostanza, si proceda all’annullamento delle prove con conseguente giudizio di inidoneità di tutti i candidati per i quali si sia rilevata la predetta anomalia: se però la Sottocommissione riuscisse ad individuare il candidato plagiante, dovrà procedere alla esclusione solo di quest’ultimo“.

Il canone operativo, nel disporre che la sanzione della esclusione debba essere irrogata nei riguardi del solo plagiante, risulta diretto ad imporre alla Commissione di operare le opportune valutazioni in tal senso, al precipuo scopo di non penalizzare quei candidati che abbiano dimostrato, attraverso una propria autonoma elaborazione, di possedere i requisiti utili  pet l’accesso alle successive fasi della procedura abilitativa, in difetto di una prova atta a dimostrare che il plagio sia avvenuto con il loro consenso.

Il ricorso, già accolto in sede cautelare e poi riformato dal Consiglio di Stato chiamato a decidere sull’appello cautelare, è stato accolto nel merito dal TAR Campania in considerazione, oltre che della verosimile non paternità in capo al suo estensore del secondo elaborato (data l’assenza di nesso logico fra molte delle frasi di cui si compone), anche per il fatto che l’Amministrazione resistente non ha fornito alcun elemento probatorio utile ad indirizzare il Collegio nel senso di ammettere che la Commissione esaminatrice abbia eseguito quelle valutazioni che in sede di applicazione della normativa applicabile, sono state via via dettate dalla Commissione Centrale: il che avrebbe senz’altro dovuto indurre gli esaminatori a ritenere che il plagio era stato commesso solo da uno dei due candidati ai danni dell’altro che invece non aveva – vista l’assenza di prova contraria – dato alcun assenso alla copiatura.

@Produzione Riservata

Studio Legale Gelsomina Cimino

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