GABER 2; COMPLEANNO
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Ormai i prezzi sono fuori controllo e spesso si tratta di speculazione interna o internazionale. Oltre alle associazioni di difesa dei consumatori e agli strumenti legali come CLASS ACTION CHE SPERIAMO IL "NUOVO" GOVERNO NON VANIFICHI ora c'è un'organismo istituzionale messo a tutela dei cittadini MrPrezzi <---- e qui a fianco c'è il link (NUMERO VERDE 800955959) per accedere direttamente alla home page dei contatti per le segnalazioni. Attenzione le segnalazioni NON SONO ACCETTATE SE ANONIME, MA SI DEVE DARE GENERALITA' E CODICE FISCALE. Naturalmente non tutti ce la sentiamo di denunciare l'alimentare sotto casa che ha aumentato i prezzi senza nessun apparente motivo e magari l'abbiamo visto il giorno prima all'ipermercato di zona a comprare le stresse cose che poi rivende a prezzo maggiorato ma facendo così gli instilliamo il senso dell'impunità che si spera, almeno quando riguarda le nostre tasche, nessuno vuole favorire anche perchè tutti ci stanno marciando e quando dico tutti intendo proprio tutti a loro modo naturalmente dato che siamo in una economia di mercato basato sul prezzo dei combustibili fossili e con essi ci fregano in un modo o nell'altro, quindi occhio e abbiate il coraggio civico di telefonare per segnalare qualcosa di anomalo che notate: siate i garanti di voi stessi e delle vostre tasche le quali non potranno che beneficiarne dato che a lungo andare in questa guerra che da un lato vede i cittadini che non ce la fanno ad arrivare alla III° settimana e gli speculatori chi perde davvvero è proprio la democrazia, la libertà ma soprattutto quella "vita libera e dignitosa" di cui parla quella carta (spero non dimenticata) che è la NOSTRA COSTITUZIONE!!!
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Messaggi di Dicembre 2015
Post n°3622 pubblicato il 23 Dicembre 2015 da ninograg1
dal Fatto Quotidiano del 23 dicembre 2015 a firma del Vicedirettore de Il Fatto Quotidiano Stefano Feltri
“Non ci sono tagli alla sanità”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo ha ripetuto così tante volte che viene la tentazione di crederci. Invece nella legge di Stabilità i tagli ci sono eccome e si sommano a quelli delle manovre precedenti. L’analisi pubblicata ieri dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’autorità indipendente che vigila sui conti pubblici, è la smentita definitiva al premier e dovrebbe aprire un certo dibattito. Perché a chi contesta i tagli c’è sempre chi risponde che in sanità l’offerta genera la domanda, quindi è chiaro che più si spende più i cittadini chiederanno di spendere, in un aumento senza fine. Ma in Italia la spesa sanitaria è più bassa che nella media dei Paesi ricchi dell’Ocse: 6,5 per cento del Pil contro il 6,8 medio. Quindi non spendiamo troppo, ma un po’ meno degli altri. Meglio quindi spostare la discussione su quanto si sta tagliando, con quali criteri e con quali conseguenze. La legge di Stabilità porta il finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel 2016 dai 113,1 miliardi previsti a 111. Che sono più dei 109,7 del 2015 ma meno di quelli sulla base dei quali tutta la sanità pubblica aveva impostato i propri bilanci per l’anno prossimo. A questi si aggiungono i tagli alle Regioni che possono ricadere sulla sanità: il governo toglie 4 miliardi nel 2017 e 5,5 nel 2018 e nel 2019. Soldi che andranno trovati negoziando tra Palazzo Chigi e governatori. Se non si arriva a un accordo, ci pensa l’esecutivo a tagliare la spesa “tra i settori di spesa regionale, compresa dichiaratamente la sanità”, come scrive l’Upb. A tutto questo si sommano gli effetti dell’austerità degli anni scorsi: la legge di Stabilità 2015 combinata con il decreto enti locali ha reso permanente un taglio da 2 miliardi che potrebbe aumentare se gli altri settori non faranno i loro risparmi (per ora non indicati). L’Upb dice che sembra “inevitabile” che la legge di Stabilità appena approvata dalla Camera colpisca ulteriormente la Salute. Il governo però ha scritto nel testo che viene garantito il “rispetto dei livelli essenziali di assistenza” (Lea). Come? Non si sa. “Rimane da dimostrare la concreta compatibilità tra la riduzione del finanziamento programmata e la sostenibilità del servizio sanitario nazionale”, scrive l’Upb. Se il conto non torna, ci sono solo due esiti: o si sforano i tetti di spesa, o peggiorano i servizi. Anche perché la spending review che dovrebbe assicurare di concentrare i tagli sui famosi sprechi non esiste. Come denuncia l’Upb, le azioni che dovrebbero migliorare il rapporto tra costi per lo Stato ed efficacia della spesa “non sono specificate, se non in piccola parte”. È tutto delegato a Regioni e direttori generali. Provvedimenti come il contestato “decreto appropriatezza”, quello che stabiliva criteri più stringenti per gli esami rimborsabili, fanno risparmiare (106 milioni). Ma devono essere concepiti per fare ordine ed evitare degenerazioni perché – nota l’Upb – producono consistenti risparmi solo se intaccano anche le “prestazioni efficaci”. Queste riduzioni lineari di spesa fatte con l’accetta si intersecano con una ristrutturazione profonda del Servizio sanitario nazionale che riduce la costosa assistenza ospedaliera (i posti letto sono passati da 4 per mille abitanti nel 2005 a 3,4 nel 2012, la media Ue è 5,3) e rafforza i servizi sul territorio. Almeno nelle regioni in grado di gestirli: curare un paziente a casa costa meno e garantisce un servizio migliore, ma richiede un coordinamento tra amministrazioni efficienti e organizzate. Purtroppo il grosso delle risorse continua a essere assorbito dalle regioni peggiori, mentre quelle virtuose devono impazzire per trovare nuovi risparmi e sopperire alla inefficienza di quelle che sprecano. Le conseguenze colpiscono, come spesso succede, soprattutto i più deboli: dai numeri di Eurostat si scopre che c’è un 6 per cento di italiani che ha rinunciato alle visite mediche perché troppo costose. Ma la percentuale sale al 13,1 tra il 20 per cento più povero. Gli scoraggiati da prezzi, liste d’attesa o distanza dal medico sono il 7,1 nella popolazione generale ma il 14,6 tra i più poveri. Il dato è chiaro: se salgono i costi o si riduce l’offerta, i più abbienti quasi non se ne accorgono perché migrano verso il privato. Chi non ha possibilità di scelta subisce un disagio doppio rispetto alla media. L’Ufficio parlamentare di bilancio nota che le “tensioni” che stanno emergendo nell’organizzazione dei servizi potrebbero “rivelarsi insostenibili se prolungate nel tempo”. Negare i tagli nella speranza che nessuno se ne accorga o che almeno non ne attribuisca la paternità al governo, come prova a fare Renzi, è pericoloso. Da Il Fatto Quotidiano del 22/12/2015 _______________________________________
Se cambiamo l'argomento, che so la mitica Variante di Valico oggi inaugurata ma piena di crepe e di frane e con oltre 12 km di coda solo oggi, vediamo subito come l'essenza non cambia: non conta l'argomento, il tema, ma conta la infiorettatura dell'argomento: "lavorare la notizia" così si chiama nel gergo dei media.. praticamente vendere fumo. Non ci sono tagli; non è vero ci sono ma sono, come dire, mascherati e cumulativi con gli anni precedenti: tanto chi si ricorda cosa hanno legiferato lo scorso anno e chi se lo ricorderà l'anno prossimo? |
Post n°3621 pubblicato il 23 Dicembre 2015 da ninograg1
Una card per le famiglie numerose. La misura è riservata alle famiglie, residenti, anche se straniere, con almeno tre figli minori: è volontaria e servirà, in base all'Isee, a ottenere sconti a servizi privati e pubblici che aderiranno all'iniziativa. Obiettivo sono abbonamenti famiglia a bus, ma anche la creazione di gruppi di acquisto solidali e familiari nazionali. Altro bouns inutile perchè ormai gruppi così esistono da anni (ad esempio qui in zona ci sono i Gruppi di Acquisto Solidali)....
PIOGGIA DI MICRO NORME. 3 milioni per cori e bande musicali, 100mila euro per la società Dante Alighieri che promuove l’insegnamento dell’italiano all’estero, 70 mila euro per il museo della civiltà istriano-fiumano dalmata, 500 mila euro all’istituto Suor Orsola Benincasa ma anche al museo Maxxi, un milione al Club Alpino Italiano: il solito carrozzone per i vari parchi giochi dei parlamentari.. qui c'è il testo integrale |
Post n°3620 pubblicato il 21 Dicembre 2015 da ninograg1
dal Fatto Quotidiano del 20 dicembre 2015a firma di Loretta Napoleoni In una mossa senza precedenti, i ministri delle finanze dei membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono incontrati questa settimana a New York per la prima volta nella storia dell’Onu. Tema dell’incontro: contrastare il finanziamento del terrorismo in generale e quello dello Stato Islamico in particolare. Il tutto sullo sfondo della guerra in Siria, ormai prossima alla sua quinta edizione. Un conflitto che secondo le Nazioni Uniti ha prodotto più di 250.000 vittime e milioni e milioni di rifugiati. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha adottato all’unanimità una risoluzione che vorrebbe delineare un processo di pace in Siria. I firmatari, infatti, si impegnano a promuovere i colloqui tra il governo siriano e l’opposizione all’inizio di gennaio del 2016, colloqui, naturalmente, subordinati agli accordi relativi al cessate il fuoco. Sebbene il segretario di Stato americano, John Kerry, che ha presieduto la sessione del Consiglio di sicurezza, abbia detto che la risoluzione ha inviato “un messaggio chiaro a tutti gli interessati e che il momento per fermare il massacro in Siria è adesso”, questa è stata redatta nel solito linguaggio della diplomazia internazionale, tante belle parole che, ahimè, rimarranno tali. Sul piano finanziario la risoluzione esorta i paesi a “muoversi con vigore e decisione per tagliare il flusso di fondi, attività finanziarie e risorse economiche dell’Isis”, tra cui il contrabbando di petrolio e quello di opere d’arte. Esorta anche a produrre “più attivamente” nominativi da inserire nelle liste nere del terrorismo. Infine, chiede ai governi di assicurare che vengano adottate leggi che rendano il finanziamento dello Stato Islamico e dei combattenti stranieri che si uniscono alle sue fila, un reato grave. Viene spontaneo chiedersi perché abbiamo bisogno di una risoluzione dell’Onu per applicare questi principi, cosa hanno fatto i governi della grande coalizione di Barak Obama da giugno del 2014 fino ad oggi? Proviamo ad analizzare le esortazioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Fino ad oggi non si è fatto nulla per tagliare il flusso di fondi e le altre attività finanziarie ed economiche dello Stato Islamico. A parte i bombardamenti diretti a distruggere i pozzi petroliferi ed i mezzi con i quali il petrolio si contrabbanda, obiettivi raggiunti nelle ultime settimane, non è stata ritrovata una sola opera d’arte contrabbandata, chiuso un solo conto bancario, arrestato un solo contrabbandiere turco, siriano, iracheno, libanese e così via, bloccato un solo trasferimento finanziario a favore dell’Isis. Da giugno del 2014 fino ad oggi l’Occidente non è stato in grado di intercettare neppure un dollaro dei soldi dell’Isis. Perché? La risposta è semplice, queste attività sono fuori dal nostro controllo. Lo Stato islamico non ha un conto bancario cifrato in Svizzera come Arafat, l’economia in cui opera è un’economia di guerra civile dove tutto viene comprato e venduto in contanti. Dollari, euro, lire turche, il contante circola in questo modo. Ma non basta, la vendita di risorse importanti controllate dall’Isis come il petrolio, ma anche prodotti agricoli come il grano, è fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni vessate da questa guerra. Non solo non siamo riusciti a colpire economicamente lo Stato Islamico, in parte lo abbiamo anche finanziato. Il pagamento dei riscatti degli ostaggi occidentali ha prodotto intorno ai 100 milioni di dollari, soldi provenienti dalle tasche dei contribuenti. La vendita di petrolio ai ribelli del nord della Siria, i cosiddetti gruppi moderati, che avviene in contante, finisce per alimentare le finanze dell’Isis. Parte di questi soldi arriva dai finanziamenti che la grande coalizione invia ai vari gruppi armati coinvolti nella guerra per procura siriana. E già, nelle zone di guerra i nemici fanno affari tra di loro, e dato che l’Isis produce l’unico petrolio disponibile tutti lo acquistano. Infine cosa dire delle liste del terrore? Introdotte nel 2001 dopo l’11 settembre, hanno fatto più male che bene. La maggior parte di coloro che sono stati inseriti nelle liste non aveva nulla a che fare con il terrorismo. Non hanno prodotto nessuna pista valida, ma solo imbarazzo ogni qual volta che un tribunale nazionale ha dimostrato l’arbitrarietà con la quale individui ed imprese vengono inseriti nelle liste sulla base di sospetti. Le liste infatti poggiano sul sospetto e non su prove concrete. Se continuiamo così quello di questa settimana sarà solo il primo di una lunga serie di incontri ad altissimo livello politico che produrranno belle parole e tante buone intenzioni. |
Post n°3619 pubblicato il 20 Dicembre 2015 da ninograg1
è finito il modello spagnolo? Senza dubbio, si. Senza alleanze nessun governo. Il PP vince ma non stravince; gli altri confermano i trend e l'instabilità aumenta: urge l'inciucio. L'unica via è un alleanza e le possibilità son solamente due o il PP si allea con Ciudadanos o si allea con Psoe ma a quel punto il compromesso è d'obbligo perchè l'alternativa è la paralisi "italiana"... Ma quale dei due è più vicino? Ciudadanos flirta ma il suo programma ha qualche punto di sofferenza per il partito di Rajoy mentre il PSOE ha, invece, molti punti di convergenza e potrebbe dar vita a una confluenza "programmatica" proprio con, se si verificasse l'ipotesi, il PP. Qualche tempo fa sarebbe stato impensabile ma la crisi ha creato nuove aree del dissenso e ha aperto spazi dove nuovi movimenti son potuti crescere prepotentemente fino ad affermarsi come primaria forza nazionale... inoltre ci sono le tensioni indipendentiste catalane a preoccupare: mai come ora l'incucio potrebbe avere un senso se vogliono restare nell'europa della finanza e della BCE. Ecco quindi saltare furi dal cilindro il modello francese: un blocco di partiti "europeisti" a garanzia della stabilità europea e della continuità. Scenario possibile? Si se la "morale suasion" del Re spagnolo funzionerà... stiamo assistendo, a livello europeo, alla nascita di quel liberal-socialismo tanto agognato da alcuni "pensatori"? Può darsi... ma quali rischi si corrono con un blocco del genere? che sia a destra che a sinistraverranno a crearsi blocchi sociali, e si spera anche politici, che non potranno non crescere se le linee guida liberiste continueranno a essere seguite dai governi a livello nazionale: varrà per la Francia l'anno delle presidenziali per battere l'onda blu della Lepen varrà a maggior ragione in Spagna dove Ciudadanos, vero ago della bilancia in questo momento, e, soprattutto, Podemos sapranno cavalcare l'onda degli esclusi e dei ceti medi impoveriti proprio da quelle linee guida liberiste sopra accennate.... è praticabile un alleanza di governo Psoe/podemos? Si se podemos prende la via di Tsipras; non sarebbe da escludere ma la mossa è azzardata, troppo azzardata: significherebbe la rinuncia di Podemos ad un ruolo che gli è consono.... quello dell'alternativa al sistema "europeista" così com'è; la riterrei impraticabile a meno di cambiamenti di rotta: visti i precedenti tutto è possibile: ma gli spagnoli non sono greci, almeno si spera... |
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