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Messaggi di Agosto 2016

Trattato Usa-Ue sul commercio, Francia contro Germania. Merkel contro Gabriel. Ma la trattativa comunque va avanti

Post n°3813 pubblicato il 31 Agosto 2016 da ninograg1
 

di | 30 agosto 2016 Il Fatto Quotidiano

Guerra su tutti i fronti per il futuro del Ttip, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti. Che è finito al centro dell’ennesimo scontro tra Francia e Germania già contendenti per la leadership europea. Così, mentre Bruxelles cerca di buttare acqua sul fuoco, Parigi fa sapere di non voler più sostenere il negoziato e Berlino dice che anche se “c’è molto lavoro da fare” l’accordo si farà. Il governo tedesco si divide però anche al suo interno, con il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel (“il negoziato è fallito de facto” aveva dichiarato) che nonostante le smentite della cancelleria ribadisce il suo punto: “Se gli americani non si muovono verso gli europei, l’Europa non può accettare un ‘Ttip leggero‘. E quindi il progetto, almeno per come era stato pianificato per quest’anno, è fallito”. Del resto le divergenze tra i due partiti che compongono la Grosse Koalition al governo (Cdu e Spd) sono destinate ad aumentare in vista delle elezioni amministrative del prossimo anno. La tutela degli standard europei in ambito di sicurezza, salute, sociale e privacy, a rischio secondo i critici del Ttip, è un tema molto sentito dagli elettori di sinistra: l’Spd non può lasciare campo aperto alla Merkel se vuole avere una chance di intaccare il suo dominio decennale. E l’Italia? Per il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, noto sostenitore del trattato, “è difficile chiudere l’accordo entro la presidenza Obama, ma il Ttip si chiuderà, è inevitabile”.

Non c’è più sostegno politico della Francia a questi negoziati”, il sottosegretario francese al Commercio internazionale, Matthias Fekl, ha così annunciato ai microfoni di Rmc che la Francia intende chiedere lo stop delle trattative sul Ttip, che vanno avanti ormai da tre anni. L’esponente del governo Valls non ha esitato ad accusare gli Stati Uniti di “non concedere niente, o solo briciole”, sentenziando: “Non è così che si deve negoziare tra alleati”. A Fekl ha risposto il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas: “Per quello che ci riguarda non ci sono cambiamenti. E’ un processo strutturato, basato su un mandato unanime che ha ricevuto la validazione dei capi di stato e di governo al Consiglio europeo, e conduciamo il negoziato per riuscire”.

“Anche se i negoziati commerciali prendono tempo, pensiamo che la palla stia ancora girando”, ha aggiunto Schinas, esprimendo lo stesso concetto del ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier: “Ue e Usa hanno davanti molto lavoro. Anche io non so cosa sarà possibile fino alla fine dell’anno, o meglio, fino alle elezioni Usa”, ha detto intervenendo alla conferenza degli ambasciatori a Berlino. Il fatto che i due candidati alla presidenza Usa si siano dichiarati “scettici sul Ttip sarà significativo” per la tempistica delle trattative, ha osservato il ministro elogiando invece il trattato Ceta stipulato con il Canada come modello di buon accordo: “Ma non bisogna dirsi bugie, rispetto agli standard del Ceta siamo con il Ttip molto lontani”.

“Gli Stati Uniti sono i nostri principali partner economici e politici. Se non negoziamo con loro con chi altro dovremmo farlo?”, ha detto, tornando sulla questione in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro dello Sviluppo economico italiano Carlo Calenda. Lo scorso luglio l’esponente del governo Renzi aveva dichiarato che “lo spazio politico per approvare il Ttip è pari a zero” ma adesso dice che “dobbiamo andare avanti”, perché “per l’Italia questo accordo è essenziale. Gli Usa sono il mercato a più alto potenziale di sviluppo per il nostro export”. “La battaglia contro il Ttip ha trasceso il merito dell’accordo ed è divenuta una protesta ideologica contro la globalizzazione e il mercato da cui non è esclusa una buona dose di antiamericanismo“, dichiara oggi Calenda. Invece l’accordo “è un antidoto alla globalizzazione così come l’abbiamo vissuta fino ad oggi, perché crea la più grande area di libero scambio nel mondo con standard elevati, che diventano automaticamente globali. È il modo in cui l’Occidente può riprendere in mano il timone della globalizzazione”.

Sono 14 gli incontri negoziali già avvenuti tra le due controparti senza portare a un esisto positivo per la creazione di un mercato unico che comprenda oltre 800mila persone, il più grande del mondo. L’ultimo meeting si era chiuso a metà luglio a Bruxelles, e in questa occasione l’Ue aveva respinto qualsiasi opzione di versione “light“, che gli americani puntavano ad ottenere dopo l’indebolimento della posizione contrattuale europea dovuto alla Brexit. L’obiettivo era avere i testi di tutti i capitoli per la fine dell’estate, con i nodi da risolvere – tariffe, agroalimentare e indicazioni geografiche, appalti pubblici, servizi finanziari, protezione degli investimenti, shale gas – pronti per essere affrontati a livello politico a settembre.

“Abbastanza spesso le cose decisive avvengono nel round finale”, ha dichiarato il portavoce della Merkel, Steffen Seibert, che ha cercato di placare la polemiche pur riconoscendo che Bruxelles e Washington sono in contrasto “su diverse importanti questioni”. Il rush finale sulle trattative era già messo in conto dal capo negoziatore Ue Ignacio Garcia Bercero, per il periodo tra settembre e ottobre, quando avverranno gli incontri tra la commissaria al commercio Cecilia Malmstroem e la controparte americana Michael Froman, che si vedranno il 23 settembre in occasione di una riunione informale dei ministri del commercio dei Ventotto a Bratislava. E che proprio per il 30 agosto hanno in programma una videoconferenza sulla trattativa. Anche perché durante l’ultimo vertice Ue, tenutosi a fine giugno, tutti gli Stati membri avevano confermato alla Commissione il mandato per continuare a negoziare il Ttip. Anche la Francia. Certo, le ultime decisioni della Commissione sulla multinazionale americana Apple non aiuteranno,  come lascia intendere il Tesoro Usa che in seguito al verdetto di Bruxelles sulle tasse irlandesi di Cupertino ha fatto sapere che “le azioni della Commissione europea potrebbero minacciare gli investimenti stranieri, il clima degli affari in Europa, e l’importante spirito della partnership economica tra Usa e Ue”.

di | 30 agosto 2016

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................... attenzione! Queste sono SOLO chiacchiere miranti a mandare in coonfusione; in realtà NESSUN capo di governo o di stato ha fatto richiesta di chiudere in senso negativo le negoziazioni; è uno specchietto per le allodole, in realtà vanno avanti con grande difficoltà ma vanno avanti per la loro strada e sono quasi sicuro che sarà per la maggior parte dei temi trattati chiuso entro le elezioni presidenziali americane, o poco dopo a seconda di chi vince al centro dell'impero. Il problema rimangono alcune materie e le differenti vedute e angolazioni ma tutti sono concordi, compresi quelli che ora si stracciano le vesti e fanno lacrime di coccodrillo (leggi l'a.d. della fiat, o i ministri tedeschi e francesi), nel proseguire: i tedeschi hanno troppo da perdere in caso cotnrario e i francesi non vogliono perdere il treno, il resto o si accoda o si gratta e si accoda lo stesso, come nel nostro caso..

 
 
 

Crescita zero per tutto il 2016 cala la fiducia, l’Italia non riparte (VALENTINA CONTE)

Post n°3812 pubblicato il 30 Agosto 2016 da ninograg1
 

Gli economisti.Per Confindustria, Ref, Nomisma e Confesercenti ci saranno tre trimestri di stagnazione.
ROMA – Un’Italia a crescita zero fino alla fine dell’anno? Possibile. Il rotondo dato del Pil nel secondo trimestre potrebbe rivelarsi non del tutto isolato. Rallentamento della domanda internazionale, ribasso delle materie prime allo sgocciolo, investimenti fermi, incertezza dilagante tra banche, Brexit, terrorismo e ora anche terremoto rischiano di tenere l’Italia in stagnazione. E soprattutto di creare quello che gli economisti chiamano “trascinamento statistico” sfavorevole sul 2017. In altri termini, quest’anno chiude male e parte male pure il prossimo.

 

Un indizio in questo senso viene dal dato Istat diffuso ieri sulla fiducia declinante di imprese (per la prima volta sotto i 100 punti da febbraio 2015) e consumatori in agosto, la prima indagine dopo gli attentati di luglio in Francia e Germania. La disoccupazione torna ad agitare i sonni delle famiglie. E non a caso Eurostat segnala l’Italia come il paese europeo con il più alto numero di senza lavoro scoraggiati, con il 37% che nei primi tre mesi dell’anno ha rinunciato a cercare un posto ed è finito negli inattivi, il doppio del livello medio europeo.
Confesercenti comincia a chiamarla «non fiducia quasi strutturale» e teme per un nuovo rallentamento nella spesa degli italiani. D’altro canto, i saldi estivi non sono andati benissimo («a macchia di leopardo, ma giù di quasi un punto», conferma Renato Borghi, presidente di Federmoda), specie dopo una primavera disastrosa a meno 5%. L’effetto turismo sarà tutto da misurare. Il collasso delle mete asiatiche e nordafricane ha favorito Grecia e Spagna, bisognerà capire quanta parte dei flussi è stata agganciata dall’Italia. I pedaggi in autostrada farebbero ben sperare (+5-6%). I balneari paiono ottimisti.
In ogni caso, «il turismo non sembra in grado di garantire un’inversione di tendenza significativa», spiega l’economista Fedele De Novellis. Il suo centro di ricerca, Ref, uscirà oggi con una nota congiunturale molto netta: «La crescita nulla del secondo trimestre non appare un caso isolato. Le tendenze della seconda parte dell’anno dovrebbero confermare la stagnazione della nostra economia». Con uno zero anche nel terzo e quarto trimestre il dato del Pil sull’anno planerebbe ad uno striminzito +0,6%, quanto in effetti l’Istat aveva acquisito ad inizio agosto. La metà esatta delle previsioni del governo (+1,2%). E con un trascinamento sotto l’1% anche nel 2017 (laddove il governo si aspetta +1,4%). Vedremocome cambierà questo quadro, con l’aggiornamento al Def del 27 settembre. Ma se la revisione fosse così importante, il rischio maggiore sarebbe sul debito che schizzerebbe oltre il 133% (sopra il 132,4% programmato per il 2016 e il 132,7% dell’anno scorso).
Uno scenario spiazzante che anche Confindustria si appresta a incorporare nella sua prossima nota congiunturale.
Articolo intero su La Repubblica del 30/08/2016.

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Allora, mentre oggi c'è l'annuncio del Governo che dichiara di 'attendersi un crescita dii un 0,qualcosa per l'ultimo trimestre.. i numeri parlano e mai chiaro come ora: siamo fermi, anzi siamo in stagnazione!!! Quindi si ha voglia a fare annunci ma la realtà prima o poi sbatte sul muso anche dei più ottimisti. Si deve fare qualcosa: gli inoccupati un lavoro nemmeno lo cercano; i disoccupati, idem; il lavoro è raro come un diamante ergo LA RICETTA PROPOSTA FINORA NON FUNZIONA eppure si continua: perchè? Forse perchè ci si aspetta che avvenga un miracolo? Forse, molto più concretamente, si attende un altra cosa: la firma del Trattato TTIP? Probabile. In realtà l'impessione che ricaviamo è questa: non hanno idee; devono solo tenere il fortino con dentro almeno 30 mln di persone ostaggi dei guardiani del rigore.....

 
 
 

un attimo.... struggente

Post n°3811 pubblicato il 29 Agosto 2016 da ninograg1
 

Jim Croce, pochissimo noto da noi, ha per me un significato che va al di là delle parole e della musica, va oltre.......

Qui trovate la sua biografia Jim Croce (Fonte: Wikipedia)

E questo video ritengo sia il suo pezzo più bello e struggente:

Time in a bottle (1973)

Questa è la sua traduzione in italiano (bellissima lirica)

Se potessi conservare il tempo in una bottiglia
La prima cosa che mi piacerebbe fare
Sarebbe conservare ogni giorno
Finchè l'eternità non morisse
Solo per trascorrerli con te
 
Se potessi far durare i giorni per sempre
Se le parole potessero far avverare i sogni
Conserverei ogni giorno
Come un tesoro
E poi, di nuovo, li spenderei con te.
 
Ma sembra che non ci sia mai abbastanza tempo
Per fare le cose che vuoi fare, dopo che le hai scoperte
Mi sono guardato intorno sufficientemente per capire
Che tu sei colei con cui voglio trascorrere il mio tempo
 
Se avessi una scatola dei desideri
E dei sogni che non sono mai diventati realtà
Questa scatola sarebbe vuota
Tranne per il ricordo di come
essi erano chiesti da te!
 
Ma sembra che non ci sia mai abbastanza tempo
Per fare le cose che vuoi fare, dopo che le hai scoperte!
Mi sono guardato intorno sufficientemente per capire
Che tu sei colei con cui voglio trascorrere il mio tempo

preso dal sito lyrics translate
a domani
 
 
 

Terremoto Centro Italia: oggi lacrime, domani sorrisoni e dopodomani grandi opere

Post n°3810 pubblicato il 28 Agosto 2016 da ninograg1
 

di | 24 agosto 2016 Il Fatto Quotidiano

L’Italia ha la mappa meglio aggiornata del rischio sismico. Sappiamo cosa fare ma non facciamo. C’è un perché, anzi due.

La prevenzione del rischio sismico e di quello idrogeologico punta a una cucitura lenta e vasta dell’Appennino. Piccoli cantieri, piccole opere, ma molto utili. Lavoro faticoso e invisibile. L’adeguamento antisismico inciderebbe un minimo rispetto al costo dell’edificio ma chi lo riconoscerebbe? La riconoscibilità politica di un’opera è essenziale per la propaganda.

Le due Tav più il Mose avrebbero condotto l’Italia più fragile alla salvezza. Il costo di mezza Metro C di Roma avrebbe potuto far riattivare gli ottomila chilometri di binari morti. Ma queste grandi opere hanno grandi costruttori che muovono grandi interessi. La lobby ha un valore e un potere. Sono imprese spesso multinazionali con fatturati miliardari che pressano, indicano, consigliano ed eleggono deputati e senatori. Avrebbe infatti avuto senso spendere centinaia di milioni di euro per il solo studio di fattibilità (solo lo studio eh?) del Ponte sullo Stretto invece che mettere in sicurezza l’area dello Stretto, la più esposta d’Italia al rischio sismico e idrogeologico?

Seconda spiegazione del perché. Il valore e il costo dell’emergenza è molto più elevato di quella prevenzione. Solo L’Aquila (meno di centomila abitanti) ha prodotto un fatturato per le grandi aziende (compresa quella dell’ex presidente di Confindustria che ha fatto milioni con i suoi ponteggi). Vogliamo parlare dell’Irpinia e dei 56mila miliardi spesi, oppure del piccolo terremoto del piccolo San Giuliano di Puglia esteso artificiosamente a tutto il Molise?

Mi scrivono, gli imbecilli, che oggi è il tempo della solidarietà. Ma che bravi, e come no? Oggi lacrime, domani sorrisoni e dopodomani grandi opere.

 


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Innanzitutto guardate la data dell'articolo:24 agosto 2016; tempi non sospetti, vero? Se tutto quello che si è capaci di fare è Casa Italia mentre il materiale su cui studiare è già tutto lì (l'ultima è lo studio Gabrielli, l'ex Capo della Protezione Civile) pronto per l'uso il sospetto sorge spontaneo.....

 
 
 

Il dopo-terremoto sommerso di parole (Ilvo Diamanti)

Post n°3809 pubblicato il 26 Agosto 2016 da ninograg1
 

La terra ha tremato in modo violento. Un’altra volta. E ci siamo trovati di nuovo dentro un incubo.

Ho percepito in diretta la lunga scossa di terremoto, che ha sconvolto alcune zone dell’Italia Centrale. In questo periodo, da molti anni, mi trasferisco a Urbania. Al confine con Urbino – e anch’essa città ducale. Così, nella notte fra martedì 23 e mercoledì 24 agosto ho sentito muri e pavimento muoversi, le lampade oscillare e molti oggetti battere e scivolare. Ho cercato subito sui siti una notizia, un’informazione. Ma avevo capito. Troppo facile immaginare cosa fosse successo. Il problema era “dove”. E con quali effetti.

Pochi istanti e la mia attesa veniva – per così dire – soddisfatta. La terra aveva tremato. In modo violento. Un’altra volta. Al crocevia fra le Marche, il Lazio e l’Umbria. Così ci siamo trovati, di nuovo, dentro un incubo. Assolutamente reale. Un altro terremoto che ha travolto molte località, molti borghi, molte abitazioni e, insieme, molte vite. Era già avvenuto altre volte, non tanti anni fa, non lontano da qui. E purtroppo avverrà ancora. In qualche altro paese, in qualche altra città. D’altronde, come si sente dire spesso, in questi giorni, si tratta di un evento prevedibile. Anche se non proprio in quei luoghi e in quei giorni. Perché il nostro è uno “Stato di emergenza”. Permanente. Noi, per abbassare il rischio, dovremmo praticare la prevenzione, in modo sistematico. Nella realizzazione del patrimonio immobiliare. Nella gestione del territorio.

E qualcosa si è fatto, si fa. Ma in misura assolutamente inadeguata. Non intendo, qui, riprendere il dibattito sui motivi della nostra amnesia permanente, su questi problemi. Ma mi disturba assistere a un palinsesto già scritto. Delineato e sperimentato tante volte. Lo spettacolo del disastro e della tragedia. Lo spettacolo del dolore e dei soccorsi. Della solidarietà e della generosità. Del sostegno istituzionale, espresso da presidenti e uomini di governo in visita ai luoghi colpiti dal sisma. Questa narrazione, scritta, descritta e sceneggiata tante volte: mi disturba.

Anche perché, sui media, questa tragedia reale, tremenda, prende il posto di altre tragedie private, sceneggiate e replicate altre volte. Tante volte. Troppe volte. Omicidi e violenze familiari, tra coniugi, genitori e figli. Tra vicini, conoscenti e sconosciuti. Femminicidi. Li abbiamo visti e li vediamo, trasmessi da tanti anni. D’altronde, da noi i processi e le indagini non finiscono mai. Così, gli stessi spazi mediali oggi sono occupati dalle storie del terremoto e del dopo-terremoto. Riproposte, sugli schermi televisivi, di giorno in giorno, meglio ancora, di pomeriggio in pomeriggio. Poi, di sera, fino a notte inoltrata. La vita e la morte, assolutamente in diretta. I bambini deceduti e quelli salvati. Le polemiche sulle responsabilità dello Stato, dei Comuni e dei privati. Sulle risorse impiegate per gli stranieri e gli immigrati, invece che per aiutare i nostri cittadini.

Mi disturba il reality show che si svolge intorno al dolore. E solleva rumore, anche quando ci sarebbe bisogno di silenzio. Mi rendo conto, però, che è inevitabile. Come, purtroppo, il ripetersi delle tragedie che devastano il nostro territorio. Però, se i terremoti sono imprevedibili e, in Italia, non finiscono mai, proviamo, almeno, a non rassegnarci alla riduzione mediale del dopo-terremoto, sepolto da fiumi di parole. Per rispetto. Nei confronti delle comunità e delle persone colpite dal sisma. E verso noi stessi.

Fonte: Repubblica.it

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per il weekend..ammesso che qualcuno abbia voglia di chiamarlo weekend

 
 
 

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