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Osservatorio sull’ideologia capitalista contemporanea. La nuova e ipocrita guerra coloniale italiana
Post n°4634 pubblicato il 27 Aprile 2011 da cile54
LIBIA: QUESTIONI DI STILE
In queste settimane di guerra, o meglio di non-guerra come direbbe l’Alice di Lewis Carroll (visto che tutti, dal presidente della Repubblica in giù, ci garantiscono quotidianamente che di guerra non si tratta bensì di “operazione aerea” per difendere i civili) abbiamo saputo molto delle nefandezze del dittatore libico, debitamente barbarizzato su tutti i rotocalchi e i programmi tv. Parlando della Francia, Tzvetan Todorov, uno dei pochi intellettuali influenti d’Oltralpe che hanno voluto sottrarsi al coro dei “bombardatori umanitari”, ha osservato: «Il capo nemico è designato solo in termini superlativi: è diventato il demente, il pazzo, l’aguzzino, il tiranno sanguinario, o addirittura descritto, con riferimento alle sue origini, come “astuto beduino”» [Tzvetan Todorov, Tutti i dubbi dei pacifisti, “la Repubblica”, 23 marzo 2011, p. 1]. In Italia, il paese dell’eleganza, si è insistito molto su volgarità e stravaganze: quelle assurde divise patchwork, i tabarri in cui si avvolge, gli occhiali da sole fascianti da lungomare di Milano Marittima, e poi il lifting (ho perfino letto l’intervista al chirurgo che l’ha operato, un brasiliano contattato da “Repubblica”) e le punture di botulino contro le rughe (ma perché le signore di Porta Romana o dei Parioli sì e il beduino narcisista no?), l’infermiera personale ucraina da cui non si separa mai, gli onnipresenti manifesti celebrativi, i monumenti al Libro Verde, la tenda beduina. E poi le donne: le mitiche guardie del corpo, le quaranta amazzoni vergini e dedite “anima e core” e soprattutto le hostess reclutate a Roma per la lezione sull’Islam (“versione di Muhammar”). Tema, quello delle donne, che si presta poi al collegamento immediato col super-cafone di casa nostra, altro donnaiolo inveterato (di modo che fare la guerra al raìs di Tripoli sia un po’ come farla anche a quello di Arcore). Beh, di che stupirsi? Si vede che funziona: i nostri popoli nutriti di star system e letture e visioni sempiterne di dive/i della moda e dello spettacolo evidentemente sono attenti a questi dettagli di stile. Ed è altrettanto ragionevole che siano più maldisposti verso un buzzurro africano che verso un europeo col nodo giusto alla cravatta: sono cose di cui nei parrucchieri e nei bar si parla molto, che credete? E come già spiegava uno dei primi teorici dell’imperialismo studiato attentamente anche da Lenin, l’economista inglese John Atkinson Hobson (1858-1940), se vuoi fare una guerra come si deve bisogna che conquisti il popolo, anche e soprattutto quello minuto, attraverso una adeguata demonizzazione del nemico “barbaro” e “incivile”. Così il suddetto popolo che, per definizione, non ha tempo e voglia di leggere bilanci, rapporti e studi economici che gli potrebbero far sorgere qualche sospetto sulle vere ragioni della guerra, il popolo - dicevo - marcerà compatto e felice verso la terra da conquistare. (Oggi poi al popolo non si chiede neanche più di marciare da nessuna parte: può benissimo rimanere a casa sua in poltrona, basta che dia il suo assenso guardando distrattamente il teleschermo). Perfettamente in linea con questo spirito, un articolo sulla “Stampa” all’indomani dello scatenamento della campagna militare, che ci propone un confronto in chiaro-scuro tra Gheddafi e Cameron ricco di suggestioni classiste e razziste: «È difficile immaginare due persone più diverse di Gheddafi e Cameron. L’analfabeta figlio di un pastore, un “cane matto”, aggressivo e iracondo, e il terzogenito di un magistrato e di un agente di borsa educato a Eton, il college privato più famoso della Gran Bretagna, che consegna ai suoi studenti un senso di autostima che tende a renderli emozionalmente distanti. Venerdì, prima di parlare alla Camera dei Comuni, Cameron ha studiato i dossier militari cullando la figlia Florence di sette mesi che faticava a dormire. Un padre guerriero che per non ritirarsi nel retrobottega della politica ha deciso di aggredire il contrario del suo mondo per ribadire il proprio, restando indifferente ai dubbi di Obama e allo scetticismo della Germania» [Andrea Malaguti, Il segreto di Cameron. “I Sas di Sua Maestà a fianco dei ribelli”, “La Stampa”, 21 marzo 2011, p. 7].
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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