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Da anni l’Osservatorio epidemiologico monitora l’insorgenza di malattie legate alla produziione del Petrolchimico

Post n°4639 pubblicato il 28 Aprile 2011 da cile54

Mantova: tumori, Polo chimico sotto accusa. Ma l’Asl “smobilita”

  

Chi arriva a Mantova nulla può vedere, se non la bellezza della città dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Circondata dal fiume Mincio, boschi e stupende ville, nessuno penserebbe che alle sue spalle c’è uno dei Petrolchimici più grandi d’Italia. Che, ogni giorno, produce veleni. Da anni. Che si accumulano nelle acque, nell’aria e si depositano sui campi. Il suolo del Polo chimico è contaminato da sostanze come metalli, Benzene, Toluene, Etilbenzene, Stirene, idrocarburi e diossine.

 

Il sottosuolo è invaso da un lago di oli, benzine e petrolio. Ma una vera bonifica ancora non parte. Da tempo l’Asl locale, come Terra ha raccontato il 12 ottobre,  è allertata. Secondo i primi dati in città, specie nell’Alto mantovano, il tasso di tumori maligni è più alto del 6,4% rispetto alla media cittadina. L’Asl stessa ha annunciato di voler tenere ancor più sotto controllo la zona e indagare sulle cause dell’insorgenza di neoplasie, che molti individuano nella contaminazione causata, negli anni, dal Petrolchimico (di recente addirittura ampliato nella sua capacità produttiva). Pochi giorni fa, però, ecco l’annuncio a sorpresa.

 

Arriva più personale all’Asl per accelerare i tempi? Più fondi per rendere più accurato il lavoro e tranquillizzare la popolazione mantovana? Nient’affatto. Il nuovo dirigente dell’Asl locale, l’ingegner Mauro Borelli, appena insediatosi ha avviato un valzer di incarichi. Che sono andati subito a colpire al cuore la struttura che “controlla” il Petrolchimico: l’Osservatorio epidemiologico guidato da Paolo Ricci, il medico arrivato qui nel 1988 e che appena un anno dopo firmò  la prima diffida al Petrolchimico (allora Montedison). Borelli l’ha chiamata  “alleanza” con l’Asl di Cremona. Ma dev’essere un vizio del burocratese quello di definire le cose con un nome più aulico. Spesso per nascondere dell’altro. Alzi la mano chi ha mai sentito dire da un rappresentante delle istituzioni “aumentiamo il prezzo dei biglietti del trasporto pubblico”; piuttosto sarà una “rimodulazione” della tariffa.

 

Così come gli uffici pubblici sono “riorganizzati” e la spesa “riqualificata”. Le parole “tagli”, “riduzione”, “smantellamento” non compaiono mai. Un’amara regola alla quale non sembra sfuggire il caso dell’ufficio di Ricci, che ora, appunto, si “riorganizza”. “E’ la vecchia cordata negazionista che ritorna all’attacco dell’Osservatorio epidemiologico di Mantova”, attacca Gaspare Gasparini, promotore di un manifesto sottoscritto da 17 associazioni ambientaliste. Mai così numerose, a Mantova, proprio per fare fronte comune nei confronti dei pericoli che provengono dal Petrolchimico. E che qualcuno, ora, vorrebbe minimizzare.

 

Tra i primi atti del nuovo direttore generale dell’Asl c’è stato il trasferimento ad altro servizio della persona che curava la banca dati dell’Osservatorio epidemiologico, cioè quella struttura che raccoglie le informazioni cliniche per studiare le patologie della popolazione mantovana. Stupefacente la motivazione: “Ho trasferito la Banca Dati perchè all’Osservatorio mancava una persona. Tra l’altro la carenza di personale mi fu segnalata dallo stesso Ricci”. Già. Se il personale prima era carente, ora lo è ancor di più. Rimangono Paolo Ricci, isolato e demoralizzato, con i suoi pochi collaboratori, in un ufficio che i vertici Asl stanno lentamente ma chiaramente depotenziando.

 

Gli ambientalisti sottoscrittori del manifesto per Mantova stanno raccogliendo centinaia di firme in tutta la provincia a difesa dell’Osservatorio, struttura attorno alla quale si è stretta anche la solidarietà di numerosi studiosi e scienziati attraverso decine di fax arrivati nello studio di Borelli: tra gli altri, Benedetto Terracini (padre dell’epidemiologia italiana), Angelo Levis (professore emerito), Pietro Comba (Istituto superiore di sanità), Stefano Ferretti (presidente nazionale associazione italiana Registri Tumori), Franco Berrino e Paolo Crosignani (Istituto nazionale tumori di Milano), Paola Zambon, (responsabile registro Tumori del Veneto), Fabrizio Bianchi (Cnr di Pisa), Paola Pisani (università di Torino), Roberta Pirastu (università Sapienza di Roma), Roberto de Marco (università di Verona), Enzo Merler (Registro Mesoteliomi del Veneto), Stefano Silvestri (Istituto per la Prevenzione Oncologica di Firenze), Valerio Gennaro (Istituto Nazionale dei Tumori di Genova).

 

“A chi mi contesta questo tipo di riorganizzazione – s’è difeso Borelli dalle colonne de La Gazzetta di Mantova - rispondo che fino a prova contraria io sono il direttore generale dell’Asl”. L’obiettivo è arrivare a una maxi indagine sui tumori da condurre insieme a Cremona, dove – guarda caso – il manager Asl è considerato vicino alla stessa area politica di Borelli: la Lega Nord. Partito, che però, è in cortocircuito: il candidato presidente della Provincia, il parlamentare Gianni Fava, è contrario allo smembramento e difende a spada tratta l’Osservatorio Epidemiologico. «Una struttura che deve mantenere tutte le sue funzioni e risorse umane necessarie, con la necessaria autonomia scientifica», ha annunciato appena ieri, a testimonianza d’una divisione politica trasversale, e non strettamente partitica, degli schieramenti in campo. Anche il centrosinistra, infatti, è spaccato tra la sua anima industrialista e quella più attenta alle ragioni dell’ambiente e della salute.

 

La “saldatura” tra le due Asl è certificata da un nuovo studio che dovrebbe essere condotto da un “luminare” di fiducia dei due manager, il professor PierAlberto Bertazzi dell’Università di Milano. Lo stesso che realizzò uno studio preliminare, nel 2006, in cui è scritto: “Complessivamente, i risultati di questa indagine non hanno messo in luce differenze di rilievo nei livelli plasmatici di diossine, furani e PCB tra residenti vicino al petrolchimico e residenti nella zona centrale della città di Mantova”. Studio che nella sua versione definitiva pubblicata dopo due anni di acceso confronto tecnico, portò Bertazzi a “spostarsi” su posizioni più condivise con il resto del team medico al lavoro sull’indagine, squadra della quale faceva parte lo stesso Ricci e il professor Lorenzo Tomatis, che per un decennio ha diretto la IARC dell’OMS. Nello studio, infatti, ora si legge che “le concentrazioni plasmatiche di sostanze diossina-simili misurate nel campione di popolazione anziana residente nel centro storico di Mantova si collocano in un range medio-alto nel confronto con analoghe popolazioni che non hanno subito incidenti rilevanti con coinvolgimento di questa categoria di sostanze tossiche. La media e la mediana delle concentrazioni riscontrate invece nella popolazione anziana dei quartieri della zona industriale di Mantova risultano statisticamente più elevate delle prime”.

 

E ancora: “La natura causale dell’associazione fra sarcomi dei tessuti molli ed esposizione a sostanze diossino-simili osservata intorno al polo industriale di Mantova appare credibile”. Il Polo chimico di Mantova (che sorge a meno di cinquanta metri dalle case), inoltre, fa parte dei 44 Sin (Siti di Interesse Nazionale) esposti a rischio da inquinamento, mappati di recente dal progetto “Sentieri” a cui hanno lavorato esperti dell’Istituto superiore di sanità, della sede di Roma dell’Oms e dell’università Sapienza di Roma.

 

Intanto, è tuttora in corso il processo per la morte di 72 lavoratori al Petrolchimico avvenute tra i lavoratori tra il 1970 e il 1989. Sul banco degli imputati dodici tra ex manager ed ex direttori dello stabilimento Montedison, poi Montepolimeri e infine Montedipe, prima dell’avvento dell’Eni. Tutti sono accusati di omicidio colposo e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Gli ex operai, secondo l’accusa, sono stati stroncati da tumori dovuti alla prolungata esposizione a sostanze cancerogene come benzene, stirene e amianto. I sostituti procuratori Giulio Tamburini e Marco Martani hanno esaminato oltre duecento decessi di persone che avevano lavorato nel Petrolchimico di Mantova.

 

Alla fine avevano individuato 70 decessi e due operai ammalati (che di recente sono deceduti, portando a 72 il numero dei morti per i quali si procede). L’inchiesta ha preso l’avvio, otto anni fa, da uno studio epidemiologico condotto dall’Asl di Mantova. Proprio quella struttura che oggi Borelli vuol “riorganizzare”. Un “accorpamento” che, però, assomiglia molto più a un “colpo di spugna”, guarda caso proprio alle soglie della presentazione dei risultati sulla diversa incidenza delle malformazioni congenite nell’area cittadina di impatto del Petrolchimico. Anche questa a cura dell’Osservatorio epidemiologico, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.

 

Valerio Ceva Grimaldi

27/04/2011

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