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Dignità del lavoro: i lavoratori bloccano il Porto di Trieste, da Genova rispondono “siamo solidali”

Post n°4724 pubblicato il 23 Maggio 2011 da cile54

“Basta con la guerra delle braccia”: A Trieste porto bloccato

 

I lavoratori bloccano il Porto di Trieste e le Organizzazioni Sindacali si vedono costrette a proclamare lo sciopero generale dei portuali triestini.

In risposta alle agitazioni dello scalo triestino, arriva la solidarietà dei portuali genovesi con messaggi di sostegno alla lotta dei loro colleghi e compagni.

I Porti italiani tornano ad infiammarsi, ad accendere la miccia è la vicenda della messa in liquidazione della Cooperativa Primavera che opera nel Porto di Trieste nell’ambito di quello che in gergo portuale è “l’articolo 16”: cioè lavori di carico e scarico delle navi, trasbordo, deposito, movimento merci e altri servizi portuali.

Operazioni e servizi svolti a favore dei terminalisti: i nuovi padroni dei Porti post-privatizzazione che, operando in regimi di semi monopolio e senza essere soggetti ad alcun controllo pubblico, possono permettersi di dettare legge negli scali italiani. A partire, ovviamente, dal fronte del lavoro, da sempre nel mirino di chi intende spazzare via diritti e tutele per allargare a dismisura i propri profitti.

Se nel Porto di Genova il nemico principale dei padroni delle banchine è la storica Compagnia Unica, a Trieste, l’elevata frammentazione del lavoro ha già creato un terreno favorevole ad ulteriori giri di vite.

Nel Porto di Trieste, infatti, anche quel poco che era rimasto della Compagnia Portuale è stato spazzato via dall’offensiva dei terminalisti che ora dispongono del controllo più assoluto sul “lavoro temporaneo” (articolo 17) avendo essi stessi costituito la società Minerva che si occupa delle prestazioni da rendere nei “picchi di lavoro”.

E dove non arrivano direttamente, i terminalisti scelgono di strangolare gli altri soggetti che organizzano il lavoro nel Porto in modo da imporre le condizioni che loro stessi stabiliscono.

Si tratta principalmente delle cooperative, autorizzate ad operare nel Porto triestino da una legge risalente al 1931, e che, prive di qualsiasi sostegno da parte di chi (Autorità Portuale in primis) dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione delle normative, si vedono costrette a sopravvivere quotidianamente in una selvaggia “guerra delle braccia”.

La concorrenza è spietata: nel Porto di Trieste sono autorizzate ad operare 34 imprese di operazioni e servizi portuali; essendo in sovrannumero i terminalisti possono metterle in concorrenza tra loro premendo per l’abbassamento delle tariffe. Cioè per abbassare il costo del lavoro e cancellare diritti e tutele.

E’ proprio questo l’elemento centrale su cui si gioca la quotidiana “guerra delle braccia”: nonostante esista una tariffa per le operazioni portuali deliberata dall’Autorità Portuale, i terminalisti cercano in ogni modo di abbassarla mettendo in concorrenza i lavoratori tra loro.

Chi accetta di subire gli abbassamenti tariffare imposti dai terminalisti lavora; gli altri no. È stato proprio il meccanismo di compressione del costo del lavoro a segnare il destino della Cooperativa Primavera che occupa 98 dipendenti: il fatturato della Cooperativa nei primi due mesi del 2011 è stato di 640mila euro a fronte di costi pari a 670mila.

Questo perché la Cooperativa Primavera applica correttamente il Contratto Nazionale di Lavoro: a dimostrazione del fatto che le tariffe pagate dai terminalisti sono ampiamente insufficienti a garantire il pagamento del lavoro così come previsto dal Contratto Nazionale.

Sul tema era intervenuto con una interrogazione urgente il consigliere regionale di Rifondazione Igor Kocijancic.

Sono i quattro terminalisti principali (Maneschi, TMT – Gruppo Gavio; Samer e Pacorini) a decidere le condizioni di lavoro nel Porto di Trieste, senza che chi deve controllare la corretta applicazione della tariffa e delle condizioni di sicurezza muova un dito per garantire il rispetto di quanto stabilito.

Succede così che non tutti i soggetti operanti in Porto applichino il Contratto Nazionale di Lavoro dei Porti; che dilaghi il lavoro nero; che le condizioni di sicurezza siano quantomeno preoccupanti.

“Nel 2006 bloccammo il Porto per quattro giorni – spiegano i portuali - a seguito di un grave incidente: ottenemmo in Prefettura un documento sulla sicurezza: quelle carte sono state prontamente chiuse in un cassetto e rimaste largamente inapplicate”. Per questo i portuali triestini non si fidano più di accordi e protocolli d’intesa destinati a rimanere soltanto sulla carta.

“Oggi siamo qui per la Cooperativa Primavera, ma domani potremmo ritrovarci a bloccare il Porto per uno qualsiasi degli altri soggetti che vi operano: per questo la battaglia di questi giorni è di tutti i lavoratori portuali, non solo quelli di una impresa”.

I portuali triestini chiedono che si superi la frammentazione del lavoro in tante imprese, tutte in spietata concorrenza tra loro, che venga costituito un unico soggetto del lavoro portuale, che venga applicato a tutti i Contratto Nazionale e che le tariffe pagate dai terminalisti consentano di coprire l’intero costo del lavoro, così come stabilito dalla norme.

Matteo Gaddi

22/5/2011

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