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Zone "franche" dove il diritto è morto. I Cie sono, per l'appunto, strutture tipiche di uno stato d'eccezione

Post n°4962 pubblicato il 17 Luglio 2011 da cile54

Lager di Stato per i migranti

 

La crisi economica, resa più devastante da una manovra finanziaria scandalosa, all'insegna della più pura "macelleria sociale", è quel che oggi attira, a giusta ragione, l'attenzione pubblica. Sicché la notizia che commentiamo, per quanto grave, rischia di passare inosservata, benché sia figlia della medesima politica: crudele verso i deboli, magnanima verso i ricchi e i potenti. Il 14 luglio scorso la Camera ha approvato il decreto-legge che, fra l'altro, prevede l'espulsione immediata degli immigrati "irregolari" e anche dei comunitari, per motivi di ordine pubblico, e prolunga fino a 18 mesi la detenzione nei Cie. In sostanza, persone che non hanno commesso alcun reato, che si sono limitate a esercitare il diritto di fuga, si troveranno a languire per un tempo così lungo, e senza alcuna garanzia dei diritti fondamentali, in luoghi che, soprattutto dopo gli esodi conseguenti alla rivoluzione tunisina e poi alla guerra in Libia, sono divenuti autentici lager. Usiamo il termine consapevolmente e non come figura retorica. Infatti, il sistema di detenzione amministrativa, inaugurato dalla legge Turco-Napolitano, è oggi divenuto talmente arbitrario, svincolato come è dalle regole di diritto più elementari, che è appropriato parlare di lager: lo status proprio dei lager nazisti - non parliamo della loro finalità - era d'essere sottratti al codice penale ed ai comuni procedimenti giudiziari.

I Cie sono, per l'appunto, strutture tipiche di uno stato d'eccezione, oggi dichiarato apertamente e praticato fattualmente: a tal punto che se ne impedisce l'ingresso a parlamentari, avvocati, giornalisti…

Sfruttando il clima di allarme sociale, creato ad arte in occasione dell'arrivo di qualche decina di migliaia di profughi e rifugiati, il governo e il suo ministro dell'Interno hanno proclamato lo stato di emergenza sul territorio nazionale e perfino nei paesi del Nord Africa. Poi, in modo tanto subdolo quanto incalzante, ne hanno approfittato per trasformare tendopoli protette da filo spinato o strutture fatiscenti approntate in fretta e furia in nuove fattispecie di lager, prive di qualsiasi regolamentazione giuridica. Così la tendopoli di Manduria (Taranto), come per miracolo, è diventata da un giorno all'altro un inedito Cai (Centro di accoglienza e identificazione). Cai era stata denominata la stessa ex caserma Andolfato di S. Maria Capua Vetere (Caserta), poi ri-trasformata nel giro di un giorno in un più classico Cie. E Cie è diventato, grazie a un'ordinanza, il centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio (Potenza). L'elenco non è completo, ma permette di cogliere il senso di queste rapide metamorfosi. Difficili perfino da descrivere, esse hanno la finalità di affidare alla sfera dell'arbitrio più puro la già arbitraria detenzione di persone innocenti quanto indesiderate. E tanto indesiderate quanto utili sia come capri espiatori, sia come cavie per sperimentare uno stato di polizia, sebbene sui generis. Si consideri, inoltre, che i lager di Stato, benché fisicamente differenziati, sono tutti protetti da fitte barriere di gabbie e reticolati: cosa buona, fra l'altro, ad alimentare nell'opinione pubblica l'immaginario paranoico che induce a percepire il migrante o il rifugiato come nemico o comunque persona pericolosa.

Non ci vuole una fantasia sfrenata per concepire come "vivano" (si fa per dire) i reclusi: persone che, per sperimentare la libertà, cercare la salvezza oppure il lavoro, d'un tratto si trovano imprigionati in un incubo: oltre alla privazione della libertà, cibo insufficiente, condizioni igieniche precarie, impossibilità di parlare con gli avvocati, perfino di telefonare a casa; e, se si protesta, pestaggi delle forze dell'ordine, cui seguono rivolte, atti di autolesionismo, suicidi e tentativi di suicidio…

Una notazione finale. Paradossalmente, questa negazione di ogni principio umanitario s'intreccia con la sfera dell'umanitario. A gestire un certo numero di Cie è, infatti, il Consorzio Connecting People, che già nel nome si avvale di una retorica umanitaria, "multiculturalista", perfino antirazzista. Connecting People è legato e finanziato dal consorzio cattolico Gino Mattarelli (Cgm). E questo, a sua volta, è partner e socio fondatore della Banca Etica. Si potrebbe allora concludere con uno slogan: «Come sono etici i lager italiani!»

 

Annamaria Rivera 

16/07/2011

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