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Teatro e società. Molto attuale l'attacco di Brecht al mondo immorale di banchieri e finanzieri

Post n°5024 pubblicato il 01 Agosto 2011 da cile54

La tragedia diventa farsa

 

Arriva a Trieste, nell'ambito del Festival dell'Operetta 2011, il capolavoro di Bertolt Brecht, "L'opera da tre soldi" nella realizzazione del Teatro Stabile di Napoli in collaborazione con Napoli Teatro Festival Italia. Brecht compone insieme a Kurt Weill "Die Dreigroschenoper" nel 1928, rifacendosi a "The Beggar's Opera" (1728-L'opera del mendicante) di John Gray. I tre soldi del titolo sono il costo medio del biglietto popolare di uno spettacolo, perché il drammaturgo di Augusta auspicava che il pubblico fosse soprattutto formato da proletari, cui lo spettacolo era dedicato. Ma inspiegabilmente alla prima a Berlino il pubblico fu principalmente borghese, e l'incredibile successo che l'opera riscosse da subito fu decretato proprio da quella classe sociale posta a scherno dell'opera specifica e di tutta la drammaturgia brechtiana.

 

Sorta di favola con un improponibile happy end, "L'opera da tre soldi" racconta le vicende del mondo dei mendicanti e degli straccioni a Londra inizio XX secolo, mentre la trasposizione del regista Luca De Fusco la colloca nell'immediato dopoguerra. Spettacolo multimediale utilizza con grande intelligenza le scenografie-video di Fabrizio Plessi che pone sulla ricostruzione della facciata del Real Albergo dei Poveri di Napoli una sequenza con funzione didascalica di numerosi video. La salvezza dalla forca di Messer per grazia della regina contrasta con la crudezza della vicenda narrata e Brecht spiega attraverso i suoi personaggi, con la sua specifica tecnica teatrale dello straniamento, come invece la vita sia in realtà molto più dura e impietosa rispetto a quella della finzione narrata.

 

Opera propriamente detta per impianto musicale e vocale, la messinscena napoletana ha cercato e trovato interpreti che sappiano cantare, recitare e ballare. Massimo Ranieri è un impeccabile Mackie Messer: delinquente raffinato e spietato, non meno spietato però del mondo delle banche e dell'establishment della finanza, come egli stesso proclama poco prima di quella che lui crede sarà la sua morte per impiccagione; Gaia Aprea delinea una Polly vivace e di gran temperamento anche musicale; Lina Sastri, al suo debutto brechtiano, si serve della sua maestria sul palcoscenico per il cammeo di Jenny, pur se a momenti convince forse meno degli altri interpreti, rimanendo un po' troppo distaccata e algida. Tutto il cast è di gran livello e offre conseguentemente un prodotto molto curato e coinvolgente, che apre il Festival dell'Operetta a produzioni che vanno oltre il luccichio dei lustrini e lo sfavillio delle paillettes, tipici dell'operetta propriamente intesa.

 

La morale che Brecht presenta è di un'attualità impressionante: non solo le vicende nazionali, ma anche quelle europee (Grecia in testa) e mondiali ricordano allo spettatore di come la storia (e non solo quella economica) sia manovrata da speculazioni dell'alta finanza. Il testo fu decisamente boicottato in Italia durante il fascismo e anche negli anni immediatamente successivi. La prima edizione italiana, rimasta insuperata a detta di tutti, andò in scena nel 1956 a Milano con la regia di Giorgio Strehler: in quell'occasione lo stesso Brecht volle essere presente e fu quella la prima volta che venne in Italia: di lì a pochi mesi morirà.

 

Interessante la riflessione che suggerisce per quest'edizione il regista: "Se al tempo della sua nascita il clima dell'Opera faceva prevedere l'arrivo di una grande tragedia, la nostra messinscena arriva dopo che la tragedia si è trasformata in una farsa". Speriamo abbia ragione, perché nell'oggi alcuni elementi per una nuova tragedia già ci sono...

 

Maria Pia Monteduro

27 luglio 2011

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