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La lotta agli infortuni, dalla Thyssen alla Eternit. Intervista a Raffaele Guariniello

Post n°5037 pubblicato il 04 Agosto 2011 da cile54

«Reprimere per insegnare a prevenire»

 

In questi mesi si è passati dal processo breve a quello lungo. Quali effetti sui procedimenti in corso ad esempio su quello Eternit.

Sarà necessario analizzare la norma nella sua struttura definitiva. Da quello che ho letto fino ad ora penso però che il testo finale necessiti di migliorie tecniche perché potrebbero sorgere dei problemi di interpretazione. Per quanto riguardA il processo Eternit la nuova norma sarà comunque ininfluente perché non applicabile ai procedimenti in corso.

 

Perché la sentenza del processo ThyssenKrupp viene considerata "storica"?

Gli strumenti utilizzati per le indagini sono stati per la prima volta in Italia molto penetranti ed incisivi. Analizzando le lettere che i dirigenti Thyssenkrupp si scambiavano abbiamo accertato la volontà dell'azienda, per quanto concerne la sicurezza sul lavoro, era volta ad contenimento dei costi quindi questo metteva a rischio la salute dei suoi dipendenti dolosamente. E' questo ciò che di cui abbisogna la giustizia italiana: strumenti potenti che portino ad una sentenza in breve tempo. Oggi quando capita un infortunio l'organo di vigilanza compie un sopralluogo e solo nei casi più gravi procede anche il pubblico ministero. Dopo mesi di attesa, perizie, consulenze, etc. si giunge ad un esito. Ma in certi casi è necessario andare ad indagare subito dentro la fabbrica, dentro i computer, dentro la corrispondenza che i vertici si scambiano e questo si può fare solo con le perquisizioni. Questo per capire se esistono o meno delle scelte aziendali volte a sacrificare la sicurezza dei lavoratori.

 

Gli imprenditori, specie dopo la sentenza Thyssen, hanno lamentato la mano eccessivamente pesante da parte della magistratura che, a loro dire, porrebbe degli ostacoli in un momento di grave crisi economica.

Ho avuto diversi incontri con imprenditori e devo dire che esiste un'alta sensibilità verso il problema della sicurezza sul lavoro. L'applicazione delle norme comporta problemi di ordine economico ma questo è necessario. E' indispensabile una crescita culturale diffusa da parte di tutte le parti sociali che devono dare un contributo affinché si abbattano gli infortuni e le malattie professionali.

 

Perché lei sostiene che basterebbero le leggi degli anni '50 per fare prevenzione?

Le norme di oggi sono sicuramente migliori rispetto quelle di ieri, ma se non vengono applicate non esiste miglioria che possa portare risultati concreti. E' necessaria una riflessione per quanto riguarda gli organi di vigilanza. E' vero che rispetto glia anni settanta, quando io ho iniziato la mia carriera, sono stati rafforzati, ma questo non basta. Oggi questi soggetti sono deboli numericamente ed hanno anche lacune di tipo professionale. Ad esempio le ispezioni non devono essere annunciate per ovvi motivi, ed i ruoli relativi alla vigilanza devono essere separati nettamente da quelli di consulenza. Anche perché una vigilanza distorta può portare a sanzioni penali. Sono le linee culturali e di comportamento che devono essere rivisitate. Non meno importante è intervenire sulla catena degli appalti. Talvolta i prezzi sono così bassi che le piccole aziende in fondo alla catena, è il campo dell'edilizia, decidono di trascurare la sicurezza per risparmiare. E' bene sottolineare che l'intero processo è illegale e responsabile penalmente è anche il committente iniziale. E' qui ritorniamo al salto di qualità etico culturale di cui si parlava in precedenza.

 

A quale velocità di muove la giustizia italiana?

I territori esprimono velocità molto diverse. Il problema è che alcune zone di questo paese sono ferme. I processi relativi alla sicurezza sul lavoro talvolta non si fanno proprio, oppure procedono ad un lentezza tale che poi tutto giunge in prescrizione. Al sud questo fenomeno è diffuso.

Per questo è necessario velocizzare i processi e non rallentarli con una normativa in tal senso.

 

Lei va in vacanza ad agosto?

Non ricordo più se siano trenta o quaranta anni che non vado in vacanza.

 

E' vero che ha chiesto il trasferimento presso la procura di Napoli?

Sì, per due ragioni. La prima: mi piacerebbe concludere la mia carriera in un luogo professionalmente stimolante ed anche molto impegnativo. La seconda: sono di origine napoletana e trovo la città bellissima e vissuta da persone anche molto simpatiche.

 

 

Maurizio Pagliassotti

03/08/2011

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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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