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Cattive notizie Via altri 88mila posti. In 15 anni imposte locali cresciute del 138%

Post n°5100 pubblicato il 22 Agosto 2011 da cile54

«Più tasse, meno lavoro» Le cifre vere dell'Italia 2011

 

Istantenee di Ferragosto: le giovani coppie sono a secco e si stanno mangiando i risparmi delle famiglie di cui Tremonti e Berlusconi vanno tanto fieri; nel 2011 si prevedono altri 88mila posti di lavoro in meno; in 15 anni le tasse locali sono cresciute del 138%. Ce n'è quanto basta per gelare il sangue nelle vene, altro che afa. Su tutto questo incombono le misure extra del governo, che ancora non si sa bene quali saranno, visto il tira e molla in atto nella maggioranza, ma che già si sa chi andranno a colpire: lavoratori e pensionati, i tartassati di sempre.

Secondo i risultati del primo anno di lavoro del progetto "Welfare Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali" di Censis e Unipol, le famiglie giovani, cioè quelle i cui componenti hanno meno di 35 anni, non solo non riescono a risparmiare, ma sono anche costrette ad indebitarsi. Una tendenza ormai di lungo periodo (e quindi strutturale), segnalano Censis e Unipol, che sta mettendo a rischio la famosa solidità patrimoniale delle famiglie italiane, quella che, secondo il ministro dell'Economia, ci fa essere diversi dai greci (sic).

I numeri parlano chiaro. In base all'indagine, appena il 28% dichiara di essere riuscito a mettere da parte qualcosa nel corso dell'anno (è il 38% nella fascia di età 45-54 anni); il che significa che il resto (58%) arriva a malapena alla fine del mese avendo speso tutto il (magro) reddito. E anzi, un 5% (contro il 3,7 delle famiglie "più vecchie") nemmeno quello: deve fare prestiti per chiudere (si fa per dire) i conti.

Il guaio è che, oltretutto, si tratta di famiglie che, per lo più, non possono contare su alcun tipo di patrimonio, tantomeno immobiliare; solo circa il 20% per cento almeno si ritrova una casa di proprietà in cui vivere (3,7%) e anche un conto in banca (19%). Il 40%, quindi, vive in un appartamento in affitto: nell'83% dei casi da un privato; quasi il 16% abita nella casa di un parente; solo l'1% affitta da un ente pubblico. Stando così le cose, ben difficilmente queste famiglie saranno in grado di modificare, in meglio, la propria condizione. E anzi, saranno obbligate ad intaccare i patrimoni e i risparmi realizzati dei loro padri.

L'altro brutto dato viene da Unioncamere, che per il 2011 prevede un nuovo calo dei posti di lavoro: 88mila; in termini percentuali circa lo 0,7%, che si va ad aggiungere al -1,5% del 2010 e al -1,9 del 2009. Le più colpite sono le piccole e medie imprese e il Mezzogiorno; i settori soprattutto industria (meno 59mila unità), commercio e servizi.

Disoccupazione che avanza, stipendi sempre più magri e tasse sempre più alte. Ce ne eravamo più o meno accorti, ma in questo Ferragosto da lacrime e sangue anche ogni illusione viene spazzata via, perché c'è chi si è preso la briga di fare due conti: secondo la Cgia di Mestre, in 15 anni - tra il 1995 e il 2010 - le imposte locali sono cresciute, al netto dell'inflazione, di ben il 138%, per la precisione 137,9. In euro sonanti, significa che le amministrazioni locali hanno incassato 96,55 miliardi dieuro contro i 40,58 di quindici anni fa.

Spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia: «L'aumento della tassazione locale è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni '90. L'introduzione dell'Ici, dell'Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali» senza però che queste abbiano ricevuto «un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione. Pertanto, nei prossimi anni, alle Autonomie locali non resteranno che due strade da percorrere: o tagliare i servizi erogati o aumentare le entrate locali. In entrambi i casi a rimetterci saranno comunque i cittadini e le imprese».

Non sono all'orizzonte cambi di marcia. Tutt'al più si propone, tra le altre cose, di svendere il patrimonio pubblico, di privatizzare e liberalizzare. Come fa la "contromanovra" di Montezemolo. Il presidente della Ferrari, che evidentemente studia da candidato premier, ha presentato il suo "programma" di economia in dieci punti, che Paolo Ferrero, segretario del Prc, riassume così: «Un programma molto più a destra di Berlusconi in cui si propone di privatizzare tutto, di poter licenziare chiunque, di abolire le pensioni di anzianità e ovviamente di regalare un mucchio di soldi alle imprese. Come se non bastasse, in nome dell'equità sociale, viene proposto di sostituire il contributo di solidarietà per i redditi alti con una tassa patrimoniale dello 0,5% per i patrimoni al di sopra dei 10 milioni di euro. Cioè chi possiede 10 milioni di euro non paga nulla e chi ne possiede 11 (22 miliardi di vecchie lire), paga 5.000 euro l'anno di tasse. Siamo all'elemosina di stato. Di fronte a migliaia di famiglie che non arrivano alla fine del mese, colpisce che Montezemolo non si renda conto del carattere insultante della sua proposta: Montezemolo, vergognati!».

Invece, quel che serve per far crescere l'occupazione, dice ancora Ferrero, è «un forte intervento pubblico nell'economia. La disoccupazione è il prodotto delle politiche neoliberiste e delle privatizzazioni che Confindustria continua a proporre e perseguire. Nuovi posti di lavoro o li fa lo stato o non li fa nessuno».

 

Romina Velchi 

21/08/2011

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