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A colloquio con Francesca Rigotti docente di dottrina politica e studiosa dei processi simbolici

Post n°5229 pubblicato il 20 Settembre 2011 da cile54
Foto di cile54

«La "natura" femminile? Il pretesto per trasformare tutte le donne in badanti»

«Ho tutte le colpe di questa terra. Sono comunista, femminista e atea». Francesca Rigotti insegna dottrina politica all'università di Lugano, è una studiosa di processi simbolici e delle metafore che si utilizzano non solo nel discorso filosofico, ma anche nel linguaggio della politica e dell'esperienza ordinaria. Le società umane - ha sostenuto nel suo intervento al Festival filosofia di Modena - ricorrono spesso ad analogie con i fenomeni naturali per descrivere processi culturali. Platone applicava la metafora del parto e della generazione all'atto della creazione intellettuale - all'interno del dialogo del "Teeteto", dedicato alla fondazione dell'episteme. «La donna nel mondo greco è considerata solo ricettacolo, incubatoio, terreno di coltura del seme maschile. E' solo agli uomini che è riservata la capacità di generare, o attraverso il corpo, riproducendosi nei figli, o attraverso l'anima, la conoscenza, la virtù». L'argomento del «così è, in quanto conforme a natura» è il più utilizzato dai fondamentalismi, da quelli religiosi alla tecnocrazia, ovunque insomma vi sia un presunto ordine naturale, eterno e immutabile, che debba dettare legge. Francesca Rigotti ha approfondito questi temi ne "Il pensiero delle cose", "La filosofia delle piccole cose" e "Partorire con il corpo e con la mente".

Judith Butler, uno dei suoi riferimenti, sostiene che il genere è una costruzione culturale. Di biologico non c'è nulla. Qual è il pericolo nel voler definire una presunta natura femminile per differenza da quella maschile?

Nel 2004 uscì una lettera di Ratzinger - a quel tempo cardinale - sulla posizione della donna nella Chiesa cattolica. Apparentemente si presentava come una riabilitazione della natura femminile, in realtà riduceva la donna alla funzione materna di cura e accudimento. Non posso più sentire questo discorso. Vedo tutte noi trasformate in badanti. Di fatto, è quello che facciamo. Se da domani, per ipotesi, tutte le donne smettessero di fare da stato sociale, di accudire i nipoti, di mantenere i figli, di lavorare per gli altri, crollerebbe l'intero sistema. Di questa ideologia - della donna come essere che si prende cura, contrapposta alla natura maschile aggressiva e guerriera - cadono talvolta prigioniere le stesse donne. Ho citato il caso di Edith Stein, ebrea, filosofa e fenomenologa, allieva brillantissima di Husserl, che la utilizzava solo per farle trascrivere i propri manoscritti. A un certo punto della sua vita Stein si convertì al cattolicesimo e finì in un convento. Fu una sorta di soluzione estrema, una scelta dettata da un complesso di inferiorità e da un desiderio di integrazione. Qualcosa del genere deve essere accaduto anche nel caso di Fouad Allam, che ha sentito il bisogno di convertirsi al cattolicesimo in mondovisione, per nascondere la propria origine. Sono paturnie di integrazione totale.

Anche il razzismo ricorre all'argomento della naturalizzazione di ciò che afferma. «Gli arabi sono aggressivi per natura», «gli omosessuali sono contronatura», «le donne sono fatte così» e via dicendo. Ma anche in altri campi ricorriamo ad analogie con i fenomeni naturali. E' solo un caso?

Quando ci mancano i vocaboli per parlare di questioni astratte ricorriamo all'analogia con fenomeni materiali. Lo sosteneva già Vico. Ricorriamo agli umani sensi e alle umane passioni per parlare delle cose che non conosciamo. Conosciamo il fenomeno generativo e lo applichiamo alla generazione delle idee.

Platone ricorre alla metafora del parto proprio nel dialogo dedicato all'episteme, alla conoscenza, al logos. Curioso, no?

Uno dei miti fondativi è quello del labirinto di Dedalo. Chi risolve il problema? Lo risolve Arianna dando il filo a Teseo. Quel filo - sostiene Giorgio Colli ne "La sapienza dei greci" - è il logos, il filo della ragione. Ma Teseo si impadronisce di questo logos che Arianna gli porge fisicamente, se ne appropria con un'operazione di astrazione. Il paradosso è che Arianna trova la soluzione, ma l'istante successivo il mito stabilisce che le donne non hanno il logos. La mitologia compie un'operazione sofisticata: utilizza la metafora della generazione femminile per descrivere l'atto della creatività intellettuale, che però viene riservata esclusivamente agli uomini

C'è un dibattito tra sostenitori dell'ermeneutica - Vattimo, per esempio - e sostenitori del ritorno al realismo, Ferraris in testa. Certo, non possiamo fare a meno dell'idea di verità, ma supporre un reale immutabile e indipendente dalla nostra attività non rischia di offrire un ancoraggio a discorsi autoritari?

Ho sentito di questi discorsi, anche qui al Festival. Quando sento dire che dovremmo tornare al realismo mi scatta un campanello d'allarme. Avverto il rischio di derive. Se non puoi avere più ideali la politica diventa pura amministrazione di una realtà sulla quale non hai più potere.

La realtà - come diceva il vecchio Marx - va pensata assieme alla sua negazione…

Se non è più possibile uno scarto rispetto alla realtà esistente è finita.

Tonino Bucci

18/09/2011

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