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Rischia la vita per i diritti Mohammed Kone, ragazzo ivoriano, per chiedere il riconoscimento dei propri diritti di rifugiato

Post n°5349 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da cile54

Crotone, rischia la vita per i diritti

Ha sfidato il vento per 4 ore a oltre 40 metri d’altezza, una corda al collo e la disperazione negli occhi, Mohammed Kone, un ragazzo ivoriano di 29 anni per chiedere il riconoscimento dei propri diritti di rifugiato. Nella mattinata fredda di Crotone ha scalato rapido la gru del cantiere aperto nella centralissima piazza Mazzini, si è stretto una corda attorno al collo ed è rimasto per ore sospeso nel vuoto, attaccato alla vita solo grazie al lungo cavo d’acciaio della gru. Soffiava un vento freddo, vento di tramontana. Ad ogni folata, il lungo braccio della gru sospeso sulla piazza del centro ondeggiava. E Mohammed, sospeso a 40metri d’altezza, ondeggiava con lui. Fra la vita e la morte, fra la speranza e la decisione di farla finita. Un gesto disperato, come disperata è la sua richiesta di diritti, lavoro, dignità. Sul posto sono arrivate immediatamente ambulanze e vigili del fuoco, ma sono state necessarie lunghe trattative per convincere il ragazzo a desistere dal suo intento, a provare a sperare ancora. In piazza, un gruppo sparuto di passanti osservava la scena. La città – nel frattempo – continuava la sua vita e la sua corsa. Portato a terra visibilmente provato, Mohammed è stato visitato dai medici del 118 e poi trasportato in ospedale per ulteriori controlli. Non è la prima volta che Crotone fa da scenario a quella che è ormai è divenuta la storia di ordinaria disperazione dei migranti richiedenti asilo. Poco più di una settimana fa, sempre a Crotone, un altro ragazzo era stato costretto a minacciare il suicidio per reclamare i propri diritti. Diallo Mamoude è salito su un albero davanti al tribunale di Crotone con un cappio al collo minacciando di gettarsi nel vuoto. Ma non era questo il proposito con cui Diallo quella mattina aveva lasciato il Centro immigrati Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, dove per sei mesi aveva atteso invano il permesso di soggiorno, e si era recato al palazzo di giustizia. Voleva parlare con uno dei componenti della commissione che vaglia le richieste di riconoscimento di status di rifugiato politico. Voleva spiegare, Diallo, che il “no” con cui quella commissione solo 24 ore prima aveva bocciato la sua richiesta, per lui era l’equivalente di una condanna. In Guinea Bissau, non ci può e non ci vuole tornare. Ma nessuno sembrava avere il tempo o la voglia di ascoltarlo. Ed era stato l’ennesimo no a spingere Diallo ad attraversare la strada, salire sull’albero che cresce nella piazza di fronte al tribunale e minacciare di farla finita. Anche in questo caso, solo l’intervento dei vigili del fuoco ha permesso che la protesta non si trasformasse in tragedia. Ma le storie di Mohammed o di Diallo sono ormai all’ordine del giorno. "In Calabria attualmente – ha denunciato il leader del movimento per i diritti civili Franco Corbelli - ci sono 1019 migranti. Di questi 1003 sono richiedenti asilo. Ci sono poi centinaia e centinaia di ricorsi pendenti da anni presso il Tribunale di Catanzaro di rifugiati che aspettano di ottenere la protezione umanitaria in Italia. Sono casi di disperazione di tanti poveri immigrati costretti ad aspettare anche degli anni prima di vedersi riconosciuto un loro diritto”. Migliaia e migliaia di uomini e donne costretti ad aspettare anni per una risposta alla propria richiesta di asilo politico e per l'ottenimento o il rinnovo del permesso di soggiorno, relegati ad una vita ai margini della società, condannati a divenire un esercito di disperati a disposizione di caporali e criminalità. "Un problema drammatico e dimenticato, una vera emergenza sociale” per Corbelli che ricorda “tanti sono i casi di migranti disperati che non conosciamo, che chiedono rispetto per i loro diritti. E' gente povera e disperata, che per protesta, per rivendicare i propri diritti, deve inscenare proteste clamorose, arrivando addirittura a minacciare il suicidio, come è ancora una volta successo ieri a Crotone. Spesso per questi migranti si consumano tragedie in solitudine, nel silenzio e nella indifferenza delle istituzioni. Non possiamo trattarli come fantasmi. Sono degli essere umani e come tali vanno trattati e rispettati". Ma dalle istituzioni è arrivato solo un assordante silenzio.

 

Alessia Candito

13/10/2011

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