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La carenza di endocannabinoidi sembrerebbe contribuire all'insorgere di Disturbi del Comportamento Alimentare

Post n°5470 pubblicato il 04 Novembre 2011 da cile54

Una pubblicazione sulla rivista scientifica Biological Psychiatry “Brain Type 1 Cannabinoid Receptor Availability in Patients with Anorexia and Bulimia Nervosa” dell'aprile 2011 ripropone il ruolo del sistema endocannabinoide. Questo importante sistema di modulazione fisiologica parrebbe potere divenire il nuovo target del trattamento farmacologico dei Disturbi del Comportamento Alimentare, in quanto la carenza di endocannabinoidi sembrerebbe contribuire all'insorgere di Disturbi del Comportamento Alimentare

Cannabis proibitissima, ma solleva dal dolore, ferma i tremori della sclerosi multipla e consola la schizofrenia Il sistema endocannabinoide è un complesso sistema endogeno di comunicazione tra cellule, è composto da recettori cannabinoidi, dagli endocannabinoidi (i loro ligandi endogeni) e le proteine coinvolte nel metabolismo e nel loro trasporto.

Questo sistema, identificato nel corso di studi sugli effetti del THC (delta-9-tetraidrocannabinolo), quale principale componente attivo della Cannabis, riveste ruolo di grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo, essendo coinvolto nella fisiologica risposta dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene in condizioni di stress e in particolari disturbi neuro-psichiatrici, quali ansia malgestita, depressione, fobie, disturbi da stress post-traumatico, ecc.

Si è inoltre ipotizzato, in base all’osservazione clinica, che il sistema degli endocannabinoidi svolga un importante ruolo nella protezione contro la neurotossicità e probabilmente, contro certe forme di epilessia, per tale ragione i farmaci che agiscono come antagonisti dei recettori CB1 dovrebbero essere attentamente monitorati, ad esempio, nei pazienti con ansia, epilessia o disturbi neurodegenerativi.

Si riconoscono due tipi di recettori, CB1 e CB2, identificate in molte regioni del cervello umano: corteccia, ippocampo, gangli basali, cervelletto, striato, amigdala e nucleo accumbens.

I recettori CB1 sono presenti nell’encefalo e la loro distribuzione è particolarmente marcata nelle regioni responsabili della coordinazione motoria e del movimento, dell’attenzione e delle funzioni cognitive complesse come il giudizio, l’apprendimento, la memoria e le emozioni. Si trovano CB1, anche se in quantità inferiore, in alcuni organi e tessuti periferici, quali ghiandole endocrine, ghiandole salivari, milza, cuore, nonché apparato riproduttivo, urinario e gastrointestinale.

Il loro ruolo è essenzialmente quello di proteggere il SNC dalla sovrastimolazione o dalla sovrainibizione prodotta da altri neurotrasmettitori attraverso un’azione di interferenza con il loro rilascio.

I recettori CB2 sono, invece, principalmente presenti a livello periferico, in particolare sulla superficie delle cellule immunitarie ove modulano il rilascio di citochine (molecole proteiche responsabili della regolazione della funzione immune e delle risposte infiammatorie) e partecipano ai meccanismi di regolazione della migrazioni delle cellule immunocompetenti, quindi la loro è più un’attività immunomodulatoria.

Rifacendomi ad uno schema pubblicato su Xapedia.it (Xagena2008 – Fonte: FDA, 2007) proverò a chiarire il ruolo e le applicazioni farmacologiche degli endocannabinoidi al fine di definire l’interesse clinico che queste sostanze rivestono:

·       Controllo del Dolore: studi su animali hanno indicato che il cannabinoide endogeno anandamide ed i ligandi del recettore dei cannabinoidi sono molto efficaci nei confronti del dolore, sia di origine neuropatica che infiammatoria. In effetti i recettori CB1 sono localizzati sulle vie del dolore nel cervello e nel midollo spinale e sui terminali periferici e centrali dei neuroni primari afferenti che mediano sia il dolore neuropatico che quello non-neuropatico.

·       Sclerosi multipla: in pazienti affetti da sclerosi multipla la clinica ha osservato che i cannabinoidi possono ridurre gli spasmi, la spasticità, i tremori. Le ricerche in corso indicano che l’attivazione dei recettori CB1 e CB2 mediante somministrazione esogena di agonisti, o favorendo il rilascio endogeno, può opporsi alla progressione della sclerosi multipla, rallentando il processo neurodegenerativo, riducendo l’infiammazione e promuovendo la rimielinizzazione.

·       Tumori: da ricerche ancora in corso emerge il dato, sicuramente da approfondire, ma altrettanto sicuramente da tenere in considerazione, relativo alla capacità dei cannabinoidi di interferire con la crescita tumorale. Il meccanismo d’azione sembrerebbe da riportare all’azione antiproliferativa, all’inibizione dell’angiogenesi e della migrazione delle cellule tumorali.

·       Disordini intestinali: esiste evidenza che certi disordini, caratterizzati da infiammazione del tratto gastrointestinale o da diarrea, possono essere associati ad un aumento dei livelli intestinali di endocannabinoidi e/o dell’espressione dei recettori CB1 mediante neuroni mesenterici. L’iperattività del sistema degli endocannabinoidi migliora almeno alcuni dei sintomi di queste malattie.

  • Disordini mentali: si ipotizza che l’anandamide abbia un ruolo protettivo nella schizofrenia

·       Eccitotossicità: quando il recettore dei cannabinoidi è deleto o bloccato farmacologicamente sembrerebbe che si potesse incorrere in crisi epilettiche più gravi

·       Disordini cardiovascolari: recettori CB1 sono stati trovati nel tessuto miocardico, dove mediano un effetto inotropo negativo (bradicardia) e a livello vascolare, dove determinano vasodilatazione. Questi effetti sono alla base dell’azione ipotensiva arteriosa dell’anandamide

·       Disordini oculari: gli endocannabinoidi ed i recettori dei cannabinoidi svolgono un importante ruolo nella regolazione della pressione intraoculare. Gli endocannabinoidi così come i recettori CB1 sono presenti nella retina. I cannabinoidi esercitano effetti neuroprotettivi contro la neurotossicità a livello retinico.

Gli endocannabinoidi sono sostanze prodotte dal cervello ed influiscono sulle funzioni cerebrali, come abbiamo visto, tra queste, nello studio in questione si fa riferimento all’effetto sull’appetito in una maniera che ricorda gli effetti dei derivati della cannabis, tra cui la marijuana e l’hashish. Queste ultime sono sostanze note ed abusate, oltre che autosomministrate con un mezzo quale è il fumo, davvero poco adeguato alle esigenze dell’organismo, senza controllo alcuno né per ciò che riguarda i dosaggi, né per ciò che riguarda la composizione chimica, ma questa è un’altra storia e si lega alle dinamiche sociali che si prendono cura più degli interessi delle organizzazioni criminali, che della salute della gente.

Proseguendo il nostro excursus nello studio effettuato nel 2010-11, si evidenzia un calo dell’appetito legato a deficit del funzionamento di questo sistema modulatore.

I ricercatori hanno valutato indirettamente lo stato del sistema in esame attraverso la rilevazione di aumento o diminuzione della densità dei recettori degli endocannabinoidi in differenti regioni cerebrali attraverso la tomografia ad emissione di positroni (PET – Positron Emission Tomography).

I risultati sono stati confrontati sulla base di 3 distinti gruppi di osservazione: anoressie, bulimie e controlli sani. Tra questi gruppi si è rilevato un notevole aumento di recettori CB1 nelle anoressie ed il risultato è coerente con una sorta di processo di compensazione impegnato nel defici del livello di endocannabinoidi o a ridotta funzionalità dei recettori CB1.

Le disponibilità dei recettori sono aumentate nei pazienti affetti da anoressia e da bulimia specie in una zona definita insula, una regione cerebrale che integra le percezioni del corpo, le informazioni gustative, la ricompensa e l’emozione. In questa tipologia di pazienti queste funzioni sono innegabilmente compromesse e il ruolo degli endocannabinoidi nel controllo dell’appetito, soprattutto se, come peraltro risulta essere, lo si considera legato alle altre percezioni disequilibrate cui facevo cenno, è intuitivo comprenderne l’importanza.

Lo studio riportato è ancora in corso, quindi non è ancora arrivato il giorno nel quale si potrà contare sull’utilizzo di un farmaco per curare queste sindromi, al momento trattate clinicamente osservando più protocolli “sperimentali”, o forse meglio dire “incasellati” in uno schema più legato alle tossicodipendenze che non ai disturbi del comportamento alimentare, quindi protocolli non consolidati, sia dal punto di vista farmacologico che psicoterapico, oltre che nutrizionale.

In ogni modo il fatto che il sistema endocannabiode possa divenire un bersaglio per lo sviluppo di nuovi farmaci per la cura di queste sindromi mi sembra un notevole passo in avanti, nella speranza che, accanto alla chimica in senso stretto, rimanga la sperimentazione relazionale così importante in questi casi.

Luisa Barbieri

03-11-2011

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