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“i sacrifici dobbiamo farli tutti ma di più chi non li ha fatti” Ancora con questa storia che stiamo tutti sulla stessa barca?

Post n°5484 pubblicato il 07 Novembre 2011 da cile54

Sostiene Bersani

 

Il discorso del segretario del Pd Pierluigi Bersani, rivolto alla folla che ha riempito ieri Piazza S.Giovanni andava ascoltato e valutato con attenzione. Concretezza la parola chiave: chi siamo, cosa vogliamo fare, con chi vogliamo farlo, proposte e prospettive di un leader riformista con cui è comunque necessario fare i conti, perché oggi parlano alla testa e alla pancia del Paese molto più delle bizze generazionali dei rottamatori o dei grandi narratori con il corpo dentro al recinto del governo e i sogni rivolti altrove. Ha parlato di politica, come serve, lanciando proposte con cui è difficile spesso convenire, evitando di toccare alcuni temi scottanti ma con il pragmatismo di chi vuole fare e ha deciso cosa fare. Se le sue fossero le parole dell’intero Pd e non della parte più ancorata alla realtà delle cose, si saprebbe bene con chi discutere e in che maniera sia possibile trovare forme di interlocuzione positiva, purtroppo così non è. Non a caso Bersani ha parlato molto ai tanti pugnalatori che si aggirano in quel caravanserraglio che è oggi il Pd, usando a volte l’ironia (quando ha indugiato sugli scopritori della flexsecurity), o cancellandone la stessa esistenza, nel reiterare l’intenzione di voler parlare ad una parte vasta e sana del paese. Su alcune cose è difficile, almeno nei titoli, non essere d’accordo: “in Italia non esiste una destra buona”, “il lavoro e i giovani vanno messi al centro di ogni programma”, “il territorio va salvaguardato dallo scempio operato in tanti anni”, “deve essere radicalmente modificata la politica fiscale in senso progressivo”, “vanno sostenute le richieste di accesso alla cittadinanza delle generazioni migranti e le leggi contro l’omofobia”, punti di una politica di stampo riformista e nella traduzione anglosassone Liberal che nel contesto attuale somigliano molto a parole di sinistra. Peccato che di fronte alla crisi strutturale per il riformismo non esista più storia. Da apprezzare poi anche la consapevolezza che non esistono leader carismatici di qualsiasi colore o uomini della provvidenza in grado di cambiare le sorti del Paese ma un lavoro comune e un impegno che deve vedere ogni soggetto impegnato per il bene della collettività. Ma poi scendendo nei contenuti è riemersa la necessità interclassista che è la ragione sociale stessa del Pd, il suo punto di forza ma anche il suo elemento di sostanziale insufficienza. Intanto sembra quasi che non abbia voluto comunicare ai propri elettori potenziali un messaggio secco ma inevitabile: i costi della crisi li farà pagare il prossimo governo e, al di là di alcune correzioni si tratterà di doversi adeguare ai diktat europei immediatamente, riducendo la spesa pubblica – non solo gli sprechi e i privilegi delle caste- senza avere grandi risorse da investire per l’onnipresente crescita. Servirebbe una patrimoniale che il Pd non può volere, servirebbe una rinegoziazione delle relazioni con la Bce che il Pd non può permettersi, servirebbe dismettere la paccottiglia guerrafondaia a cui con tanto lustro guarda il Capo dello Stato, servirebbe una legislazione in grado di far salire il potere d’acquisto di salari e pensioni medio basse e contemporaneamente mettesse un tetto agli emolumenti di manager pubblici e privati. Servirebbe colpire chi delocalizza le imprese, esporta i capitali, affitta in nero gli immobili, considera l’economia sommersa come strutturale e necessaria. Servirebbe affrontare l’evasione fiscale in maniera reale, sapendo di perdere in questa maniera anche il consenso di padroncini che voterebbero Pd. Servirebbe adeguare il welfare, la scuola, la ricerca ai parametri europei, togliere i fondi destinati alla Tav  o al Ponte per ricostruire un sistema di trasporti su ferro in grado di soddisfare i bisogni di un intero Paese. Servirebbe ricostruire rapporti preferenziali con i Paesi del bacino del Mediterraneo non fondati sul contrasto all’immigrazione, servirebbe mettere chi è in Italia in condizione di regolarizzarsi e di denunciare chi sfrutta le loro braccia per pochi euro al giorno. Ne guadagnerebbe il fisco e il bilancio dell’Inps ci rimetterebbe chi è convinto (Comuni e Regioni anche amministrate dal centro sinistra) di poter sub appaltare il welfare e i lavori più duri a persone senza diritti. In questa maniera non si uscirebbe certo dalla crisi ma resterebbero in piedi le fasce sociali più deboli e meno garantite. Invece il segretario del Pd insiste sulla parola magica delle liberalizzazioni. Ora, frantumare i privilegi medioevali degli Ordini e di categorie che sono vere e proprie corporazioni di intoccabili è giusto ma risolverebbe molto in termini di disavanzo di bilancio? Per il precariato Bersani ha una ricetta semplice: “ogni ora di lavoro a tempo indeterminato deve costare meno e ogni ora di lavoro precario deve essere pagata di più”. Possibile questo nel paese in cui i salari dei normali lavoratori dipendenti sono fra i più bassi d’Europa? Impossibile invece dire che il lavoro precario va combattuto punto e basta? E ancora “i sacrifici dobbiamo farlo tutti ma di più chi non li ha mai fatti” Caro Segretario, si può chiedere di fidarsi e di stringere la cinghia a chi non arriva più alla seconda settimana del mese in nome del fatto che pagheranno anche gli altri? Perché non aprire da questo punto di vista un conflitto diretto dicendo che chi, pensionato o lavoratore dipendente, peggio ancora finto imprenditore di se stesso a partita iva ma con gli orari e gli obblighi del subordinato, deve aver restituito il maltolto di questi venti anni di sbornia neoliberista per poter sperare in un futuro. Questo Bersani non lo dice ed è un suo merito, si apprezzi la schiettezza. Questo i suoi alleati di “sinistra” lo dicono, convinti che una volta al governo potranno modificare la rotta di una nave guidata in realtà da due ispettori del Fondo Monetario Internazionale, alleati illusi o peggio in malafede. E anche quello che di positivo ha affermato il segretario verrà messo a dura prova da una scelta di campo inaccettabile, quella dell’alleanza con i sedicenti moderati. Quella destra clericale e palazzinara che ha coperto Berlusconi finché poteva e che adesso tenta di riciclarsi come elemento affidabile della nuova repubblica. Quei partiti che hanno avuto e hanno nelle loro fila mafiosi e corruttori, il mondo gattopardesco che non affonda mai ad ogni cambio di regime. Bersani preferisce scendere a patti con questo mondo per nulla migliore dei berlusconiani (molti transfughi Pdl stanno già ricevendo  ciambelle di salvataggio con lo scudo crociato), si dichiara disponibile anche alla iattura del governo di transizione o di salvezza nazionale, quello che farebbe in tre mesi un lavoro incommensurabile di macelleria sociale, riportando poi presto il Paese alle urne, magari con una nuova legge elettorale. Se lo scenario è questo la proposta del fronte democratico, e della costruzione urgente di una sinistra di alternativa capace di tornare a contare è l’unica chance possibile per chi non ha più intenzione di gettare lacrime e sangue. Una chance che forse poco interessa a chi cerca solo fragili ed effimere poltrone governative.

 

Stefano Galieni

6/11/2011

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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