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« Fa festa anche chi ha in...Il movimento per l'acqu... »

L’Istituto superiore di sanità rivela l’esito di uno studio sulle vittime per tumore. È una strage silenziosa.

Post n°5522 pubblicato il 14 Novembre 2011 da cile54

Mancate bonifiche, l’Iss accusa: «10mila morti»

 

«Nei 44 Sin (Siti di interesse nazionale, ndr), si sono verificati 10mila decessi per tutte le cause e 4.000 per tutti i tumori in eccesso rispetto ai riferimenti regionali. È una prima conferma del fatto che questi 44 Sin realmente rispondevano a un criterio di rischio sanitario esistente». È una strage silenziosa quella denunciata da Roberta Pirastu, epidemiologa dell’Istituto superiore di sanità (Iss). La ricercatrice rivela i primi, deflagranti, risultati del progetto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento) che analizza la mortalità nel periodo 1995-2002 della popolazione che abita nel raggio di cinque chilometri in 44 dei 57 Siti di interesse nazionale, condotto dall’Iss, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’università “La Sapienza” di Roma. I Sin sono aree in cui l’inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, è talmente esteso e grave da costituire un serio pericolo per la salute pubblica e l’ecosistema. In sostanza, 57 tra zone industriali, dismesse e non, porti, lagune, cave, discariche abusive ed ex miniere, indivuduate con un’apposita legge, che lo Stato dovrà bonificare. Cui si aggiungono quelli di competenza regionale. In totale, soltanto i Sin, occupano il 3 per cento del territorio nazionale, da Nord a Sud, con oltre 300 comuni coinvolti e circa 9 milioni di abitanti. Da Bagnoli (Napoli) a Porto Marghera (Venezia), dall’area ex Sitoco (Orbetello) a Porto Torres (Sardegna), da Gela (Sicilia) a Papigno (Terni), i 57 Sin perimetrati nel lontano 1998 sono da allora, quasi tutti, in attesa di bonifica. Perché quei terreni sono contaminati da sostante tossiche o cancerogene, come diossine, idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, amianto, solventi e policrorobifenili (Pcb).

 

 Il 20 ottobre scorso la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che ha più volte visitato i Sin e acquisito informazioni, ascolta Loredana Musumeci, direttore del Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria dell’Istituto superiore di sanità. «L’aspetto fondamentale che interessa la Commissione», spiega subito il presidente della Commissione, Gaetano Pecorella, è «proprio il progetto Sentieri, poiché in più di una città in cui siamo stati mancava completamente un registro epidemiologico». La dottoressa Musumeci arriva in commissione con degli appunti, perché lo studio epidemiologico non è ancora stato diffuso. Le maggiori preoccupazioni, ovviamente, derivano dall’amianto.

 

 «Fondamentalmente, dallo studio emerge - spiega la Musumeci - un eccesso di mesotelioma pleurico nei siti dove abbiamo presenza di amianto (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fribonit e Biancavilla), che copre un 10 per cento della mortalità in eccesso che abbiamo riscontrato nell’insieme. Nel dettaglio, nel periodo 1995-2002 nei Sin con amianto e altre sorgenti di inquinamento associabili sono stati riscontrati 416 casi di mesotelioma in eccesso rispetto all’atteso». E siamo solo all’inizio, perché «ci aspettiamo il massimo picco entro il 2020, visto che i tempi di latenza sono di almeno 30 anni». L’elenco, sembra un bollettino di guerra: «Eccessi di mortalità per tumore polmonare e malattie respiratorie a Gela e Porto Torres. Insufficienze renali, per le quali svolge un ruolo causale l’esposizione a metalli pesanti, nelle aree di Massa Carrara, Piombino, Orbetello, basso bacino del fiume Chienti e Sulcis-Iglesiente-Guspinese». Ad Orbetello, viene inoltre ipotizzata «un’esposizione della popolazione non solo attraverso le emissioni industriali» ma anche tramite «la catena alimentare, a partire dalla contaminazione dei sedimenti, visto che la laguna è caratterizzata da un allevamento intenso di acquacoltura». Nella zona di Trento nord, sono invece stati registrati «eccessi per malattie neurologiche», probabilmente causati da «piombo, mercurio e solventi organo-alogenati». Confermato anche «l’incremento dei linfomi non Hodgkin a Brescia, che si è messo in relazione all’esposizione a Pcb (policlorobifenili) diffusa in tutta l’area cittadina, comprese le aree agricole». Cui si aggiungono le malformazioni congenite. In questo caso, le condizioni morbose per i natali sono state osservate «a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres». Per il direttore del Dipartimento ambiente e prevenzione dell’Iss, «sono queste, in estrema sintesi, le risultanze dello studio Sentieri».

 

 Ma se la situazione è così grave, e in futuro potrà soltanto peggiorare, come mai lo Stato non interviene? Sempre nel mese di ottobre, Greenpeace ha pubblicato un rapporto sulla bonifica dei Sin. Dallo studio emergono sostanzialmente tre problemi che bloccano i lavori: «I numerosi contenzioni penali e amministrativi; il progressivo esaurimento dei fondi statali a disposizione per i continui tagli di bilancio; la legge 13 del 2009 che mette una pietra tombale sulle bonifiche». Partiamo dalle risorse, visto che sui ricorsi c’è poco da dire. Nel dicembre 2007 vengono previsti oltre 3 miliardi di euro per le bonifiche nel triennio 2010-2012, a causa della crisi economica ridotti a 1,7.

 

 Lo stanziamento doveva avvenire con la successiva legge di stabilità ma nel settembre 2009 la Cgil scrive al governo per denunciare che «scorrendo le tabelle della Finanziaria non si trova nessuna posta finanziaria dedicata alle bonifiche». Greenpeace aggiunge che «da allora non c’è stata nessuna novità». Le risorse, in pratica, non ci sono, tanto che è stato fatto un solo intervento (vedi box a fianco). A complicare ancora di più le cose, la legge 13 del 2009 che ha snaturato il principio del “chi inquina paga”. La nuova norma, voluta dal ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, stabilisce infatti che le imprese riconosciute responsabili potranno regolare il conto attraverso un negoziato diretto con lo Stato. Il risultato? L’Eni per bonificare nove siti industriali ha offerto 1,1 miliardi di euro, quando solo il progetto di bonifica di Porto Torres prevedeva uno stanziamento di 500 milioni.

 

Alessandro De Pascale

12/11/2011

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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