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Rifiuti pericolosi dispersi da tre settimane a sud dell'isola di Gorgona. E dalla Calabria arriva una segnalazione

Post n°5803 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da cile54

Quei bidoni pericolosi e dispersi che rischiano di inquinare la Toscana

 

Ora in procura si indaga e in città si prepara la protesta. Diffusa, va da sé, anche su facebook: «Domenica manifestiamo a mezzogiorno al Porto Mediceo, perché in mare ci sono 40 tonnellate di rifiuti tossici».

 

Dispersi da quasi tre settimane, in un'area di circa 45 miglia quadrate a sud dell'isola di Gorgona, a una ventina di miglia dalla costa labronica. Rifiuti pericolosi, per l'uomo e per l'ambiente: quasi duecento bidoni pieni di catalizzatori Co/Mo, cioè a base di monossido di cobalto e molibdeno. Una sostanza usata in un passaggio della raffinazione del petrolio - la idrodesulfirizzazione - e molto costosa, tanto da essere «riattivata» ogni qual volta il ciclo produttivo la rende esausta.

 

Proprio il suo costo, e il fatto che non ci siano dubbi sulle responsabilità della Grimaldi Lines sulla perdita del pericoloso carico, potrebbero essere una sorta di assicurazione sulla vita dell'ambiente marino e delle popolazioni che si affacciano su quello specchio d'acqua: un'area protetta dal Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano, nel cuore del Santuario internazionale di mammiferi marini Pelagos.

 

 Ma certo è che le ricerche dei fusti, al momento, non hanno dato risultati. Ancor più grave il fatto che della vicenda non si sia saputo niente per più di dieci giorni. Fino a quando una segnalazione della Capitaneria di porto di Livorno, inviata il 27 dicembre alle guardie costiere di Vada, Castiglioncello e Cecina, e da queste girata l'indomani ai sindaci di Rosignano, Cecina e Bibbona, ha allertato la redazione locale del quotidiano livornese Il Tirreno.

 

 E poco per volta ha fatto sapere anche ai comuni cittadini che, in mezzo allo splendido mare toscano, ci sono duecento bidoni di sostanze tossiche. Visto che le ricerche, condotte per mare e con un elicottero, non stanno dando esito, gli investigatori ipotizzano che molto probabilmente i bidoni sono ancora chiusi, adagiati su un fondale che in quell'area oscilla fra i 120 e i 600 metri di profondità.

 

Ma non è escluso che qualche fusto si possa rompere: al riguardo i tossicologi spiegano che, in caso di perdite, cobalto e molibdeno che sono due metalli pesanti potrebbero legarsi alle proteine di molluschi, crostacei e invertebrati. Avviando una patologica catena alimentare. Eppure, nonostante la loro tossicità, il trasporto dei catalizzatori dovrebbe essere considerato di routine.

 

Così, nonostante il mare grosso e venti di burrasca, la sera del 16 dicembre scorso il traghetto «Venezia» della Grimaldi Lines salpa dal porto di Catania, portandosi dietro un paio di semirimorchi carichi di Co/Mo provenienti dal polo petrolchimico siracusano di Priolo Gargallo, di proprietà di una non meglio identificata ditta lussemburghese che rifornisce alcune raffinerie isolane.

 

Sui due semirimorchi ci sono 224 bidoni - in ognuno di essi circa 180 chili di monossido di cobalto e molibdeno - che affrontano una traversata segnata da un libeccio di oltre 70 nodi fino a Genova. Nel diario di bordo si segnala che l'ultima ispezione al carico viene fatta alle 4 del mattino.

 

Ma alle 7,30 del 17 dicembre, quando il «Venezia» accosta al porto del capoluogo ligure, si scopre che quasi tutti i bidoni sono finiti in mare e solo 26 fusti sono arrivati a destinazione. Mentre partono - in un incomprensibile segreto - le ricerche, la Capitaneria di porto di Livorno invia una diffida all'armatore, ordinando individuazione, recupero ed eliminazione dei 198 bidoni caduti in mare. La Grimaldi avrebbe dato conferma dell'impegno.

 

Il condizionale è d'obbligo, visto che ufficialmente la compagnia non sta offrendo, ormai da venti giorni, alcuna delucidazione su quanto accaduto. Alla fine anche la magistratura ha aperto un'inchiesta, indagando il comandante della «Venezia» per violazione delle norme che regolano il carico e il trasporto di rifiuti speciali.

 

Rifiuti che allarmano la Legambiente dell'Arcipelago Toscano: «Chiediamo che le autorità spieghino chiaramente ai cittadini quali siano le 'sostanze solide inorganiche autoriscaldanti' finite in mare». Perché l'unica certezza, non solo agli occhi degli ambientalisti elbani, è che si tratta di sostanze tossiche. Di qui anche la mobilitazione avviata a Livorno per domenica, con una iniziativa di piazza che vede già le adesioni di movimenti, sindacati di base, Pcl, Sc, Rifondazione e Sinistra ecologia libertà, il cui capogruppo comunale Lamberto Giannini ha chiesto una seduta speciale del consiglio in mare, nell'area del presunto «incidente». «In quel tratto di mare - ricorda Paolo Gangemi del Prc - solo nel luglio scorso è stata trovata una nave portacontainer ferma, con segni inequivocabili di attività di scarico. Non sarà che il Santuario dei mammiferi marini ha un fondale più profondo di altri?».

 

Riccardo Chiari

04.01.2012
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