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E’ un passo importantissimo che la giurisprudenza italiana fa nell’uscire dal moralismo cattolicheggiante

Post n°6116 pubblicato il 17 Marzo 2012 da cile54

I diritti civili, grazie alla Cassazione, hanno un futuro 

Sono single da molto tempo e non ho mai negato, anzi ho affermato, la volontà di arrivare un giorno ad una convivenza. Partendo da questa semplice considerazione del tutto personale, vi domando: perché mai a me, come a tutti coloro che sono omosessuali, dovrebbe essere negata la platea di diritti civili che lo Stato riconosce alle coppie eterosessuali. Non è una domanda retorica, anche se ne ho conosciuto la triste risposta sino ad oggi, ma è una domanda per chiunque ritiene che vi sia e vi debba essere una differenza di trattamento nelle relazioni legali, istituzionali e sociali tra la Repubblica Italiana e i suoi cittadini.

Se è vero che la Repubblica non tratta inegualmente nessuno (così almeno è il principio costituzionalmente espresso) e anzi valorizza le differenze tutte, allora verrebbe da dire che la sentenza della Corte di Cassazione non inventa nulla e non scopre nulla di nuovo quando afferma oggi, 15 marzo 2012 (teniamo bene a mente questa data), che le coppie omosessuali (e complessivamente non-eterosessuali) hanno diritto di vivere come tali e di veder riconosciuta – continua la suprema Corte – proprio una “vita familiare”.

E’ un passo importantissimo che la giurisprudenza italiana fa nell’uscire dal moralismo cattolicheggiante e tutto vaticano che insiste da sempre nel proclamare come indicibile la famiglia omosessuale e, di conseguenza, fuori da ogni norma di diritto, da ogni legge e da ogni etica comune, religiosa e filosofica l’unione tra due uomini, tra due donne, tra transgender e bisessuali.

Io lo so che leggendo queste frasi c’è chi è percorso da un brivido lungo la schiena o chi non concepisce nemmeno lontanamente una società dove tutte le persone, di qualunque espressione e orientamento sessuale, possano scegliere senza nessuna coercizione, recinto ideologico o costrizione cervellotica di derivazione clericale con chi stare, con chi voler passare una parte o tutta la vita, un momento come un’ora, come un giorno, un mese e così via nella relatività dei sentimenti e delle emozioni.

La Corte di Cassazione ci regala un momento di valorizzazione della libertà che promana dalla Costituzione e che per tanto tempo è stata soffocata, vilipesa e tradita nei suoi più angolari e forti parametri di sviluppo sociale, culturale e civile.

Perché di civiltà si tratta quando si allargano le maglie dei diritti e di inciviltà parimenti parliamo quando queste maglie vengono ristrette, fatte così piccole da non permettere che nemmeno vi possa passare il dubbio su un determinato tema singolare o plurale che sia e che ci si trovi davanti nel nostro quotidiano vivere.

E se la Cassazione respinge, sulla base della legge vigente, la possibilità di registrare in Italia il matrimonio omosessuale contratto in un paese estero, dichiara però che tutti i cittadini e le cittadine “possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.

Il principio giusnaturalistico che i Padri Costituenti misero a garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino all’articolo 2 viene quindi ripreso e affermato oggi proprio nel riconoscimento non di un privilegio ma di qualcosa che è stato negato da sempre e che così non doveva essere. Lo Stato non ha creato il diritto alla felicità e non lo può creare. Può solo prendere atto che questo diritto è un “diritto naturale”, appunto, e che compito della Repubblica (quindi delle istituzioni più la popolazione nel suo insieme) è proprio quello di adoperarsi in ogni frangente, in ogni modo, in ogni situazione per conferire a questo diritto la sua piena esplicazione ed eliminare ogni ostacolo, ogni barriera che potrebbe interferire con questo processo.

Ciò che i cattolici alla Giovanardi non capiscono (o non vogliono capire) è che un diritto assoluto non nega a nessuno quel diritto stesso: consentire il matrimonio e la vita di coppia familiare a due gay o a due lesbiche non inficia in nessun modo il diritto dei cittadini eterosessuali a contrarre il matrimonio e non influenza psicologicamente nulla e nessuno perché i sentimenti e gli istinti sessuali sono connaturati in noi. Solo i teorici della radice biologica dell’omosessualità possono inventarsi, quindi senza nessuna possibilità di provare ciò che affermano sul banco della scienza, l’idea della contaminazione, della conversione psicologica alla Povia cantata nella celeberrima “Luca era gay”.

Ma se Luca era gay e “adesso sta con lei”, ebbene che male c’è? Mica Luca ha tradito sé stesso. Luca non ha “cambiato idea” e nemmeno ha cambiato personalità. Semplicemente prima si sentiva attratto dagli uomini e poi dalle donne.

I quattro spiccioli di psicologia deviante secondo cui il soffocamento materno a base di overdosi di affetto starebbe a sostegno della natura omosessuale di un ragazzo sono appunto miserie del pensiero umano che non hanno mai trovato riscontro scientifico in nessuna analisi comportamentale.

La devianza, come veniva chiamata una volta, spaventava per un motivo semplicissimo e banale: l’insicurezza di molti uomini (le donne in questi frangenti sono sempre state tenute molto in disparte, come è giusto che fosse in una società patriarcale e maschilista a tutto tondo e a tutto giro di mondo) che vacillavano nei loro sentimenti e che temevano di “cascare” in una alterità che li avrebbe fatti sentire mezzi uomini, privi di virilità e quindi relegati al dileggio e al pubblico ludibrio.

Le cause più banali di un disagio sono sempre quelle più concrete e vere. Le soluzioni sono altrettanto semplici come ci ha dimostrato oggi la Corte di Cassazione. Da questo passo di grande importanza per il riconoscimento dei diritti civili in senso lato deve derivare un maggiore impegno di tutte e tutti noi, uomini e donne della sinistra, per abbattere l’ultimo ostacolo e, come repubblica, far proclamare allo Stato il diritto pieno alla vita di coppia laddove coppia ci sia e voglia esserci per chiunque, di qualunque sesso e istinto sessuale. Ma anche il diritto per il singolo. Non dimentichiamoci che senza diritto del singolo non c’è diritto del collettivo.

E se Oltretevere qualcuno con la mantella di ermellino rosica un po’…. beh… lasciatemi dire che mi fa piacere e che, semmai esiste, anche dio oggi ha un motivo per essere felice.

Marco Sferini

16 marzo 2012

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