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Ennesimo episodio di neonazismo che dovrebbe far risvegliare il popolo israeliano sui crimini del loro governo in Palestina

Post n°6132 pubblicato il 21 Marzo 2012 da cile54

Killer di razza

 

È successo in Francia, è successo in Afghanistan, è successo in Norvegia, ed è successo in Italia: la paranoia della guerra e la paranoia della crisi armano mani omicide che vanno a colpire capri espiatori immaginari e innocenti – bambini (e un adulto) ebrei, donne e bambini afgani, ragazzi socialisti norvegesi, ambulanti senegalesi. E la mano che ha ucciso il rabbino e i tre bambini a Tolosa è probabilmente la stessa – forse quella di un ex militare neonazista – che ha ucciso in questi stessi giorni tre soldati, neri e musulmani, colpevoli di indossare e quindi contaminare la preziosa uniforme della patria francese.

La paranoia razzista è ossessionata dall’idea della purezza, dell’identità immutabile e assoluta. L’antropologa Mary Douglas parlava dell’ossessione dell’«impurità» come «materia fuori posto», e materia fuori posto sembrano oggi i migranti in Europa, e da sempre gli ebrei. Aggiungerei che agli occhi degli armati occidentali in Afghanistan e in Iraq (e anche il reparto da cui era stato espulso il probabile assassino degli ebrei e dei neri di Tolosa era stato laggiù) sono materia fuori posto i civili, materia d’intralcio colpevole di essere lì, di non amarli, e di ingombrare le operazioni militari (come erano materia fuori posto gli abitanti di Civitella Val di Chiana o di Caiazzo o del Padule di Fucecchio, massacrati dai nazisti per farsi intorno terra bruciata).

In Furore di Steinbeck – romanzo di un’altra crisi – un contadino espropriato dalle banche cerca di capire chi è stato a portargli via la terra, e si accorge che sono poteri impersonali, senza volto. «A chi possiamo sparare?» si chiede, desolato. I razzisti, gli antisemiti, i neonazisti di oggi a chi sparare lo sanno benissimo – non alle banche senza nome, ma a persone in carne e ossa, che inquinano la purezza etnica e religiosa e che oggi ancor più di sempre sono additate come la causa di tutti i mali – il «complotto ebraico», i migranti che «portano via il lavoro», i rom che «sono nomadi, e allora continuino a migrare e vadano via di qui» – e nell’onda ormai lunga dei femminicidi nostrani, ci metterei le donne che non vogliano stare «al loro posto».

Nel caso di Tolosa, l’identità dei tre militari uccisi – neri e musulmani – era parsa irrilevante. È solo con la strage antisemita venuta dopo che si è colta la dimensione razzista di quegli omicidi: prima i musulmani, poi gli ebrei, a conferma del fatto che l’odio verso questi ultimi è la sintesi di tutte queste paranoie, di tutte queste ossessioni, e che non c’è razzismo che non finisca per diventare antisemitismo. Per questo, il rabbino e i tre bambini ebrei di Tolosa sono in primo luogo vittime che appartengono a un popolo, a una storia, a una religione e una discendenza specifiche e molte volte ferite; ma sono anche la sintesi di un orrore universale, scatenato e legittimato da opportunismi colpevoli e ormai, a quanto pare, fuori controllo.

Alessandro Portelli

20/03/2012

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