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La testimonianza di un'operaia, Stefania Fantauzzi, rappresentante sindacale della Fiom Cgil

Post n°6159 pubblicato il 27 Marzo 2012 da cile54

Fiat, quando l'azienda è la fedele imitazione del Gulag

È Stefania Fantauzzi, rappresentante sindacale della Fiom Cgil,a spiegarci tutto quello che in Fiat, a Termoli e in Italia, sta cambiando in peggio. Impossibile ammalarsi, impossibile dissentire dalle prescrizioni del nuovo contratto aziendale voluto da Marchionne e impossibile essere mamma, voler seguire i propri figli e rispettare tutte le regole che l’azienda impone. Stefania ci ha parlato anche di articolo 18 definendo le sue modifiche “la fine della democrazia”

Figli da seguire, orari di fabbrica da rispettare e operaie da ascoltare. È questa in sintesi la vita di una sindacalista Fiom Cigl della Fiat di Termoli. E Stefania Fantauzzi ha voluto proprio denunciare tutto quello che accade all’interno della fabbrica di Rivolta del Re e in generale anche negli altri stabilimenti Fiat italiani. Una situazione che nessuno oserebbe immaginare perché in pochi hanno il coraggio di parlare. Con i nuovi contratti che Marchionne ha fatto firmare, così ha esordito Stefania “è vietato dissentire, chi lo fa rischia quotidianamente di andare a casa”. “Un bel giorno - ci ha raccontato con la rabbia di chi vuole che le cose cambino - ci hanno messi davanti a uno schermo e ci hanno illustrato i nuovi contratti. Lo hanno fatto gente con la giacca e la cravatta che non si è mai sporcata, come me e come tanti altri, le mani con i macchinari della catena di montaggio”.

La nostra curiosità è andata naturalmente sul tipo di contratto che è stato somministrato agli operai. E la nostra donna coraggiosa, senza peli sulla lingua, ci ha spiegato tutto.

 “Ci hanno chiesto maggiore flessibilità tutto questo con un numero minore di operai in fabbrica. Hanno aumentato la possibilità di fare ore di straordinario, da 40 di prima alle 120 di oggi. Ma la cosa strana è che te le possono chiedere anche durante la pausa mensa se dovessero servire. Con il contratto vecchio venivano pagate il 50% in più rispetto a quelle ordinarie. Ora, mentendo, hanno detto che verranno aumentate al 70%. Ma questo avviene soltanto se arrivi alle terza ora della giornata. Le prime due hanno una maggiorazione del solo 25%. Tutto questo togliendo il tempo al recupero fisico di cui ciascun operaio ha bisogno. Usano una nuova metodologia imparata in Giappone dove sul posto di lavoro bisogna tenere tutto a portata di mano per stancarsi di meno. Ma questo serve soltanto ad aumentare la produzione non ad agevolare il lavoro degli operai della catena di montaggio. Noi siamo stati robotizzati. Ogni giorno quando si va sul posto di lavoro c’è una voce meccanica che ti dice tutto quello che devi fare. E’ un qualcosa che nessuno avrebbe immaginato anni fa prima che arrivasse Marchionne”.

Dopo dichiarazioni forti come queste era logico chiedere alla nostra operaia cosa pensasse lei e quale fosse la posizione del suo sindacato sulla riforma dell’articolo 18 che tutela(va) i lavoratori dai licenziamenti facili.

 “Qua di sicuro si vuole imbrogliare qualcuno. Questa riforma è la fine di un percorso di azioni illegittime del Governo Monti. Si crea così una società dove non esiste la democrazia. L’articolo 18 dovrebbe proteggere dai licenziamenti arbitrari e discriminatori. Era nato per difendere tre operai di Melfi licenziati senza giusta causa reintegrati a lavoro da una sentenza del Tribunale. Questa è una situazione che non va bene non soltanto per gli operai Fiat ma per tutti quelli che ogni giorno devono poter garantire la propria sopravvivenza e quella della loro famiglia. La cosa scandalosa è che si può licenziare se la fabbrica ha problemi economici. Altrettanto grave è il taglio che si fa sugli ammortizzatori sociali. Con le leggi precedenti si veniva assistiti per sette anni ora dopo due anni, se non trovi altra occupazione, non puoi più vivere. Non si tratta di benessere ma di pane quotidiano. Ora è più grave rispetto agli anni 40. In quei tempi se si veniva licenziati ci si dedicava all’agricoltura. Dopo 70 anni abbiamo venduto anche le terre e senza lavoro si rischia di non poter sfamare la nostra famiglia. Con il nuovo articolo 18 accade anche un’altra cosa gravissima. Prima era il giudice a decidere se reintegrare o meno il lavoratore. Ora è l’azienda che può licenziare arbitrariamente, solo se un operaio (a responsabilità individuale) sceglie di non condividere alcune parti del proprio contratto di lavoro. A venir penalizzato è soprattutto il sindacalista che lotta. Il quale difficilmente viene reintegrato dopo essere stato licenziato. Se fai parte di un sindacato dissidente come la Fiom nelle commissioni di fabbrica dove ci sono i sindacati aziendali nemmeno ti ascoltano”.

Ad una donna così non potevamo non chiedere se esistono differenze di trattamento sul posto di lavoro tra operai e operaie. Stefania non si smentisce e anche su questo argomento mostra tutta la sua grinta di lottatrice.

 “È ovvio che sia così. Innanzitutto gli uomini finiscono di lavorare e vanno a dormire per noi il recupero fisico è più difficile. Per questo riscuotiamo meno fiducia da parte del capo quando si tratta di far carriera. Solo il fatto che noi possiamo decidere di avere un figlio li spaventa. Ma io sono convinta di una cosa, i nostri figli sono il futuro della nostra società. Trascurare un bambino oggi significa creare un uomo con problemi domani. Non stargli accanto significa non rispettarlo. Un'operaia come me guadagna mille euro al mese. Per far stare bene i miei figli ho dovuto mandarli negli asili privati di Termoli, dove la retta costa 350 euro al mese per ognuno di loro. Per fortuna i miei tre bambini hanno età diverse e quindi non dovevano stare all’asilo tutti e tre insieme. In passato per il fatto di essere mamma ho avuto un’agevolazione di orario. Iniziavo a lavorare alle 7.45 e smettevo alle 16.15 Anche con quegli orari avevo difficoltà ad accompagnare mia figlia a scuola. A Termoli in nessun istituto scolastico le lezioni iniziano prima delle 8. Non esisteva modo di far collimare gli orari con quelli della Fiat. Ma ora per le donne Fiat è tutto finito nonostante siamo solo il 10% quelle con figli che avrebbero bisogno di questi orari. Nessuno capisce che è difficilissimo far lavorare una mamma su tre turni. Lavorare di notte significa far dormire i propri bambini da soli e dormire solo tre ore per poterli seguire. Andare in fabbrica nel turno pomeridiano invece vuol dire non vederli uscire da scuola (si inizia a lavorare alle 13.30) e non poterli seguire nelle loro attività”.

Ma la novità delle ultime ore è che in Fiat è vietato ammalarsi. È la stessa Stefania che ci illustra il problema dopo aver preso confidenza con il nostro organo di stampa

 “Ora ci sono nuovi turni e nuovi metodi di lavoro che hanno abbassato la possibilità di assentarsi dalla fabbrica. Il numero massimo di assenze tollerate si è notevolmente abbassato. La novità è che si riunisce una commissione sulla malattia che valuta situazione per situazione. E per chi chiede un numero di giorni inferiore ai sei è solo l’Inps a pagare la sua quota. Quello che spetta all’azienda viene scalato dallo stipendio. Ma accade anche che chi si ammala per periodi lunghi non ha diritto al premio di produzione di 600 euro che la Fiat mette a disposizione”.

Le situazioni appena descritte  non lasciano spazio a dubbi. La maggiore azienda automobilistica italiana ha cambiato il modo di rapportarsi con i propri dipendenti. Ai lettori tocca ora capire se in bene o in male.

Viviana Pizzi

26/03/2012 www.infiltrato.it

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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