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Quando l'antirazzismo è lotta di classe. Al nord, dopo lo sciopero autorganizzato dei braccianti di Nardò

Post n°6188 pubblicato il 03 Aprile 2012 da cile54

NARDO' ORA E' A PIACENZA

Cos'è che hanno in comune una piccola città pugliese con una città importante del centro nord? Apparentemente nulla, invece non è così. Esse sono accomunate dalla stessa immagine simbolica. Dalle braccia incrociate dei lavoratori immigrati che lottano per un futuro migliore e per uscire dalla schiavitù del ricatto. La voglia di lottare che questo segmento del lavoro esprime attraverso l'autorganizzazione e la partecipazione è impressionante. Dopo le rivolte esplosive di Rosarno, dopo lo sciopero autorganizzato dei braccianti di Nardò ci troviamo di fronte ai picchetti ed agli scioperi delle coopertative dei facchini del terziario nel piacentino. L'elemento di novità che queste lotte esprimono è dato dal fatto che l' antirazzismo non assume più una dimensione etica ma si esprime attraverso la lotta di classe nel mondo del lavoro. La Bossi Fini non è una legge razzista semplicemente ma una ferOce legge liberista che crea una gerarchia nel mondo del lavoro senza precedenti. Ancora una volta i sindacati classici sono in ritardo e non comprendono l'elemento di rottura che queste mobilitazioni esprimono. Pubblichiamo questi brevi articoli che esprimono molto bene quello che sta avvenendo a Piacenza.

1 torto fatto a uno è 1 torto fatto a tutti"...stiamo uniti!

.pubblicata da Nap Piacenza 

.Per chi vive a Piacenza è ormai impossibile non conoscere, almeno a grandi linee, i contorni della vicenda che da un anno a questa parte ha visto esplodere la rivolta dei lavoratori migranti del polo logistico. Invitiamo chi non è aggiornato a leggere le nostre note precedenti, mentre ci concentriamo sul fare un sintetico bilancio della situazione alla luce dell'enorme corteo che ieri, per l'ennesima volta, ha attraversato la città."1 torto fatto a uno è 1 torto fatto a tutti"..."esiste solo 1 razza: l'uomo", "o diritti o rivolta". Erano alcuni degli slogan scritti sui cartelloni che sfilavano sotto gli occhi dei piacentini assorti nello shopping del sabato pomeriggio. Signori, è tornata la lotta di classe.

1) cosa significa questa rivolta per la città? E'una domanda importante. Come è stato possibile che per 10 anni, dallo sbarco delle "cooperative" della logistica ad oggi, nessuno si sia reso conto delle condizioni di lavoro meschine a cui i padroni e i caporali sottoponevano questi ragazzi? Complicità o disattenzione delle istituzioni preposte? Quale di queste investe anche forze politiche e sindacali?  Gli episodi in cui si è evidenziata una possibile continuità delle finte cooperative ad ambienti mafiosi non inquietano tali soggetti?

2) quale la composizione di classe della rivolta? Certamente giovane, migrante, digitalizzata. Un mix fra gli wooblies di fine '800 in america e la rivolta di Piazza Tahrir. Ma soprattutto, una composizione in grado di produrre una rete quasi perfetta di copertura del territorio. Chi si avvicina alla GLS in questi giorni nota come le falci martello sui muri stiano migrando verso altri stabilimenti, come gli opuscoli del NAP, dei Sicobas e di Rifondazione siano incollati davanti ai cancelli con una velocità che solo l'autorganizzazione può dare, giorni prima che il militante o il quadro organizzativo compiano il giro di volantinaggio. Lo stesso dicasi per la dimensione di quartiere, laddove la zona di via Roma è ormai un grande fortino a cielo aperto. Qui addirittura i volantini dell'ultimo corteo sono stati tradotti dagli abitanti in altre lingue e anche in dialetti regionali dell'India. E' l'effetto moltiplicatore dell'entusiasmo giovanile, ma anche l'aver acquisito alcuni cardini della militanza da parte di chi ne era sempre stato tagliato fuori.

3) quale prospettiva per un movimento così di rottura? Chiaramente, aver mandato a farsi benedire decenni di rincoglionimento concertativo ha prodotto grande entusiasmo ma anche grande ostilità da parte dei pezzi del vecchio sistema sconfitto. Da qui i deliranti comunicati con deliranti accuse di violenza, da qui non solo l'ostilità ma l'incapacità di capire il coraggio di una scelta di lotta dura, di picchettaggio, di continuo rilancio. Il supporto di gruppi di lavoratori e studenti tradizionalmente riconducibili al sindacalismo concertativo costituisce una breccia nell'accerchiamento di cui sopra, ma una breccia che dovrà allargarsi per puntare all'alleanza "degli ultimi con i penultimi e i terzultimi".

4) cosa significa questa rivolta per i giovani militanti? Sicuramente ha significato per tanti l'incontro con una dimensione di autorganizzazione e solidarietà che spesso rimaneva solo declamata o desiderata, una dimensione che nel lavoro politico di ogni giorno, dal picchetto ai volantingaggi "di quartiere"  ha spazzato via quella crosta di inutili discussioni su sfumature politiche e relazioni fra gruppi. Chi lotta davvero non ha bisogno delle credenziali degli interlocutori, lo legittima a seconda dei fatti e del sacrificio che vede.

5) quale passaggi nell'immediato? Innanzitutto è definitivamente compiuto il salto "fuori dalla fabbrica". Lo scandivano i cori di ieri (via la Lega da Piacenza!) e i cartelloni (cie=lager di stato). La presa di coscienza di classe passa anche attraverso la repressione e dopo la carica di 3 giovedi fa, la costante dimostrazione che "la polizia difende sempre i padroni", ieri legittimamente si è avuto qualche sbotto di rabbia nei confronti della forze dell'ordine. Un po' di parapaiglia in Piazza Cavalli e la minaccia di una prossima manifestazione sotto la questura. Siamo tutti consapevoli che non è Piacenza lo scenario in cui conviene provare un confronto muscolare, i ragazzi ne sono ben consapevoli e non cadranno in questo errore. Ma il prendere coscienza della realtà, il coraggio di denunciarlo...sono passaggi importantissimi che di solito richiedono anni, ma a volte avvengono nel tempo di un insulto o di una manganellata.

Con i nervi molto saldi, superiori ad ogni provocazione, bisogna intanto guardare alla risoluzione della vertenza GLS, la più calda in corso. Inutile ripetere la nostra paradossale situazione: chiediamo solo la legalità e l'applicazione del contratto di categoria, nonchè la cessazione del clima di intolleranza e minacce.

Perchè un torto fatto a uno, è un torto fatto a tutti..

QUANDO LA RABBIA ESONDA...CRONACA DI UNA MATTINA STUPENDA.

Impressionante? Enorme? Travolgente? E' difficile trovare l'aggettivo giusto per descrivere il corteo che ieri mattina ha attraversato Piacenza. Proviamoci in sintesi: da un anno a questa parte stiamo portando avanti la lotta nel polo logistico: condizioni di sfruttamento simil-schiaviste attuate da cooperative spurie sulla pelle di giovanissimi facchini migranti, facilmente ricattabili. Dopo la vittoria alla TNT (luglio 2011) e l'inizio della partita, acnora aperta, alla CEVA di Cortemaggiore, scatta la rivolta alla GLS di Piacenza (vedi video in bacheca).

Giovedì scorso, la repressione della protesta compie una salto di qualità (in negativo): il blocco dei cancelli viene sgomberato dalla polizia in tenuta antisommossa. Un ragazzo finisce all'ospedale. Il corteo di protesta, costruito in poche ore dal sindacato Sicobas, da Rifondazione Comunista e dal Network Antagonista Piacentino, si ritrova sabato mattina sotto al Respighi.

Si capisce subito che non sarà una mattina come le altre. Grazie al sacrificio degli organizzatori, le cifre sono alte, i vetri del liceo scientifico tremano sotto l'incedere della folla urlante. Ma quanti siamo? Probabilmente 10 per la questura, eppure quando ci riversiamo sullo Stradone Farnese la strada è occupata dal Dolmen sino allo svincolo con via Giordani, oltre 300 metri di corteo. Alla rabbia verso le (finte) cooperative si mescola l'orgoglio di chi diventa cittadino per la prima volta, e allora via la Lega da Piacenza, via il razzismo da Piacenza. Abbiamo fatto il nostro salto di qualità: la rabbia ha esondato dall'inferno del polo logistico ed è arrivata nel centro della città, sotto gli occhi dei giovani borghesi abituati a confrontarsi con problemi come il dove andare sabato sera o quale marca di scarpe comprare. Ma le chiacchere stanno a zero: la vigliaccheria del padronato (lo stesso in affari con la costruzione della TAV, a dimostrazione di come nessuna lotta si possa afrrontare slegata dal contesto generale, che si tratti di istruzione, lavoro o difesa dell'ambiente) ha riportato il "mostro" della lotta di classe in città, e abbiamo molta più benzina nei motori noi del loro fallito presente fatto di privilegi e usurpazioni.

Il corteo termina nel "ghetto" dei Giardini Margherita: ripartiremo da lì sabato 31, dalle ore 15:30, per un'altra manifestazione che dovrà essere ancora più grande, l'obiettivo è sfondare nella Piacenza del sabato pomeriggio, delle vasche in centro.

QUALCHE CONSIGLIO AI SINDACATI PIACENTINI SULLE LOTTE DEI LAVORATORI MIGRANTI

Nei giorni scorsi Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti hanno preso posizione in merito alla lotta dei lavoratori della Gls. Secondo questi sindacati i lavoratori hanno sbagliato: poichè hanno bloccato i cancelli, hanno adottato comportamenti e modalità violente. E' un'affermazione che mi fa rabbrividire: se i lavoratori avessero storicamente assunto la "legalità borghese" come limite invalicabile, il movimento operaio avrebbe fatto ben poca strada. E' chiaro che un'organizzazione sindacale può discutere sull'opportunità di adottare in quel dato momento quella determinata forma di lotta, su quanto convenga ai fini della lotta, ma non può sostenere che organizzare un picchetto è violenza. Perchè una dichiarazione del genere? Indubbiamente c'entra quanto stanno facendo da alcuni mesi a questa parte nel territorio piacentino i Si-Cobas: a fianco dei lavoratori migranti della logistica, stanno "macinando" iscritti e crescono di peso in alcune realtà produttive. C'è un problema di "concorrenza", che porta a considerare sbagliate a priori le lotte dei lavoratori poichè sostenute dai Si-Cobas. E' una modalità che provoca almeno due danni: impedisce la nascita di un fronte sindacale unito a fianco dei lavoratori del polo logistico, e accentua la diffidenza dei lavoratori proprio nei confronti delle organizzazioni sindacali più grandi. Perciò l'approccio ottuso che sta alla base di quella dichiarazione è parte del problema, e non certo la soluzione. E poichè i Si-Cobas stanno svolgendo a mio parere un ruolo utile, ma chiaramente insufficiente, provo a dare tre consigli ai sindacati più grandi. O meglio: a chi, tra i sindacati più grandi, è disponibile ad ascoltare. Perchè è innegabile che il "buco nero" dei diritti nella logistica piacentina esiste anche grazie alla connivenza di pezzi di istituzioni e di sindacato. E questa è peraltro la seconda ragione di quella dichiarazione.

a) Il ruolo "istituzionale" ed emendativo da parte del sindacato non tiene più. Può tenere nell'assenza del conflitto, non ora. Le lotte di questi mesi nascono da una domanda radicale di diritti e di democrazia dei lavoratori che chiede la rottura delle consuete pratiche istituzionalizzate ed emendative. Se si prosegue in quella direzione, i lavoratori si rivolgeranno ad altri. Come difatti è avvenuto. La priorità è mettersi in connessione con le ragioni di quelle lotte, non rifiutarle. La domanda radicale di diritti e di democrazia da parte dei lavoratori migranti è la reazione sana al tentativo di cancellare brutalmente la loro dignità. C'è sicuramente anche il rischio di derive massimaliste, ma l'alternativa non è tifare per chi soffoca le lotte, è cercare il confronto con i lavoratori;

b) Il sindacato deve essere sinonimo di democrazia e partecipazione. I lavoratori migranti discutono in assemblea, votano e infine delegano. La scelta di bloccare i cancelli alla Tnt, alla Ceva e alla Gls non nasce da un ordine dall'alto, ma da una discussione orizzontale e magari un pò disperata. Se un'organizzazione vuole avere a che fare con quella discussione, deve sapere mettere in discussione le proprie gerarchie e la propria verticalità;

c) Il sindacato e la questione morale. Non solo ovviamente il personale sindacale deve essere al di sopra di ogni sospetto, rompere ogni rapporto con i vari "capetti" interni agli stabilimenti, ma deve condividere fino in fondo le lotte dei lavoratori. Altro che condannare i picchetti: i sindacalisti dovrebbero farli con i lavoratori.

Nando Mainardi

segretario prc PRC Emilia Romagna

2 aprile 2012

 
 
 
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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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