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La legge contro la clandestinità dell’aborto che mette a rischio la salute e la vita delle donne, in Italia non è sopportata

Post n°6243 pubblicato il 16 Aprile 2012 da cile54

La gravidanza:la via crucis tutta italiana delle donne tra precariato, disoccupazione e obiezione alla 194

 

Crocifisse alle loro angoscia, crocifisse al desiderio negato di maternità, o crocifisse alla scelta di interrompere una gravidanza non voluta: perchè non si sentono pronte, perchè la gravidanza è frutto di violenza.

Nei giorni scorsi davanti ai consultori di Firenze, gruppi di fanatici equipaggiati con  cartelli con scritto “Concorso in omicidio” e “L’aborto è un omicidio difendi la vita”  e con nastri gialli (quelli utilizzati per delimitare il luogo dove si consuma un crimine) hanno manifestato contro la legge 194. Manifestazioni dai toni violenti, partite  qualche giorno dopo l’approvazione della Giunta comunale di Firenze, su iniziativa di Stefania Saccardi, assessore alla Sanità, di creare uno spazio per la sepoltura dei feti abortiti nel cimitero fiorentino di Trespiano.

E’ un altro attacco alla legge 194, ma soprattutto  all’autodeterminazione delle donne, colpevolizzate per una scelta intima, dolorosa e difficile che viene effettuata tra difficoltà sempre crescenti, dato che ad esempio in Toscana, il numero degli obiettori di coscienza è arrivato al 70% del personale medico addetto, e anche nelle altre regioni italiane è in costante crescita;  in alcune regioni  è quasi nulla la possibilità di abortire e le  donne che intendono abortire devono affrontare  un  vero e proprio calvario per esercitare un diritto garantito da una legge.

E mentre i consultori sono depotenziati, la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, in buona parte  neutralizzata, aumenta la violenza dei toni con i quali si attaccano i consultori, le donne e le scelte delle donne.

Pare che in Italia la maternità debba  essere vissuta purchè non sia una scelta della donna. Le donne che desiderano essere madri si trovano in una società dove i servizi per l’infanzia sono sempre più ridotti all’osso, ricattate dalla firma sulle dimissioni in bianco, o licenziate grazie ai contratti di precariato; lo scorso anno 800mila donne si sono licenziate a causa della gravidanza; quelle che invece non desiderano una gravidanza o che magari non possono permettersi a causa di difficoltà economiche, disoccupazione, cassintegrazione, malattia o chissà quali altri motivi, si ritrovano non solo a  dover affrontare il sempre più difficile percorso di interruzione di gravidanza ma anche a sopportare il peso di essere additate come “assassine”.

Quanto ai cosiddetti obiettori di coscienza della 194, mi sono sempre domandata se mai davvero  ne possegano una. Mi viene in mente quell’episodio avvenuto  al policlinico di Messina, l’estate scorsa, quando un grupo di medici obiettori lasciò senza assistenza una donna che aveva deciso di abortire , all’unicesima settimana di gravidanza, per gravi malformazioni al feto.  Abortì sola nel bagno dell’ospedale e senza assistenza.

  La legge 194 è sempre stata la legge contro la clandestinità dell’aborto che metteva a rischio  la salute e la vita delle donne, ed è là che in nome di una cultura che vive come una minaccia l’autodeterminazione delle donne, è nella clandestinità che quell’autodeterminazione si vuole far tornare.

Se alla violenza sulle donne, quella  che avviene nel privato delle relazioni, si somma la violenza di scelte istituzionali che untuosamente occultata dietro l’etica, portano alla stigmatizzazione di donne che decidono di abortire, o alla negazione di prestazioni sanitarie che sarebbero dovute per legge.  Mi domando in quale direzione arbitaria stia naufrango questo Paese, sempre più piccolo, sempre più asfittico, sempre più violento e determinato a cancellare quei diritti e quei riconsocimenti che ne avevano fatto un Paese più civile.

Il 13  febbraio del 2011 in un milione siamo scese in piazza per dire che non eravamo in vendita, oggi domando, se oltre alla “onorabilità” le donne italiane abbiano a cuore anche la libertà.  Perchè senza libertà non c’è dignità.

 

 

Nadia Somma

14 aprile 2012

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